Buongiorno, cari lettori. Ritorniamo con una storia che è frutto di un esperimento venutoci in mente qualche tempo fa. L'abbiamo battezzato scrittura a mani incrociate ed è particolare. In pratica, consiste nello scrivere un racconto senza un minimo di traccia e, appunto, a mani incrociate: una scrive un pezzo e l'altra ne scrive un altro che sia collegato. Spero vi piaccia e che sia riuscito.
Buona lettura, al prossimo capitolo. ^^
Syn ed Evra.
Aprì gli occhi e si
voltò. Non vedeva nulla, ma quella sensazione non
voleva abbandonarla. Un suono lontano la raggiunse.
“Che cos'è? Da dove
sta venendo? Ah, sì. Il telefono.” Lo tirò fuori dalla
piccola tracolla che si portava ovunque andasse e guardò il display. Il
suo
cuore smise di battere per un secondo. Non era possibile. Il suo ex la
cercava
ancora nonostante quello che era successo.
Sbuffò e lo cacciò
nella borsa. Non aveva voglia dell'ennesima litigata. Si
lisciò il vestito e riprese a camminare. Ripensò alla sua vita fino a
quel
momento. Per colpa di uno stupido errore ora si era ritrovata senza un
sostegno
fisso e con molti problemi, tra cui doversi mantenere da sola. Se
solo...
Scosse la testa
energicamente e aumentò il passo. Non si sarebbe lasciata
abbattere da questo. Aveva fatto una promessa e l'avrebbe mantenuta a
qualsiasi
costo. Questo era poco ma sicuro.
«Sareeya, ti prego,
girati!»
Si bloccò. Era stata
un sussurro, ma l'aveva riconosciuta; la sua era una
voce impossibile da dimenticare.
«Sareeya.»
Chiuse gli occhi e
prese un respiro profondo. Voleva scappare, ma sapeva
che l'avrebbe cercata ancora e ancora. Doveva affrontarlo, prima o poi.
Ma non
pensava così presto.
«Cosa c'è? Cosa vuoi
ancora da me?»
«Ti prego, rispondi!
Sono disperato. Non puoi lasciarmi così... Dammi
almeno una spiegazione.»
Si morse un labbro e
si guardò la punta delle scarpe. Era stato così
difficile andarsene.
«Reeya, ti prego. »
Si voltò e alzò lo
sguardo su di lui. Quando incontrò i suoi occhi verdi,
provò una voglia improvvisa di rifugiarsi tra le sue braccia. Quelle
braccia
che le facevano dimenticare tutto, lasciandole nel cuore la voglia di
stare con
lui e lui soltanto.
Tutto era cambiato
dalla litigata con i suoi genitori e da quando, sbattuta
la porta alle sue spalle, li aveva sentiti continuare. Si era messa a
fare le
valigie e la voce tuonante di suo padre le giunse alle orecchie. Era
sul punto
di ritornare per il secondo round, ma un nome le aveva gelato il sangue
nelle
vene. Un nome che sperava di aver dimenticato, sepolto per sempre nel
profondo
della sua mente.
Sentì un calore sulla
guancia e si riscosse dai suoi pensieri. Il suo ex la
stava carezzando con dolcezza. Strinse la mascella e si scansò. Ora che
si
trovava davanti a lui, non era più sicura della sua scelta.
«Lasciami andare. Tu
non sai quello che è accaduto.»
«Cos'è di così tanto
brutto da lasciarmi senza una parola?»
«Mio padre... No, non
ce la faccio...»
La prese per le
spalle e la guardò negli occhi color cioccolato. «Sareeya,
cosa ti spaventa?»
La giovane scosse la
testa. «Non posso dirti nulla.» “Amore mio.”
Si staccò da lui e lo
guardò cercando di rimandare indietro le lacrime. «Dimenticami,
Andrew. Fai finta che non sia mai entrata nella tua vita. Fallo per me,
ti
prego.»
Detto quello, gli
voltò le spalle e se ne andò, sperando che non la
seguisse. Altrimenti...
«È per caso... Cosa
ti ha detto mia madre? Riguardo al bambino?»
Si girò, stupita. “Come fa a
saperlo?”
«Non mi guardare
così. Sì, lo so. Mia madre se l'è fatto sfuggire e da
allora non ho fatto altro che cercarti.»
Sospirò affranta. Con
tutta la fatica che aveva fatto per nasconderglielo. Ora
sì che non sapeva più cosa fare.
Andrew si torturò un
labbro e la osservò con il cuore stretto in una morsa.
Non gli era mai piaciuto vederla soffrire. Voleva abbracciarla, ma
l'avrebbe
respinto di nuovo. L'unica cosa che poteva fare era aspettare e giocare
la sua
carta vincente.
Fu lei a fare la
prima mossa. Finalmente aveva capito che tutto quello che
era successo non era un completo errore. La madre di Andrew si
sbagliava.
S'incamminò verso di lui, tirò la maglia verso di sé e lo baciò. Sfiorò
le sue
labbra delicatamente e si allontanò di qualche centimetro. Non voleva
lasciarsi
andare, ma quando incontrò i suoi occhi verdi, dimenticò tutti i suoi
propositi. Gli carezzò una guancia e gli sorrise timida. Lui ricambiò
il
sorriso e le stampò un bacio sulle labbra, proprio come aveva fatto
lei. Invece
di allontanarsi, però, la prese tra le braccia e la baciò con una
passione
travolgente. Fu un momento magico che finì troppo presto. I due
rimasero
abbracciati per alcuni minuti, poi Andrew parlò.
«Lo sai, vero, che
nonostante tutto, non ti lascerò mai? Ah... Non ho avuto
modo di dirtelo, ma sono felice di questa situazione...» Era diventato
tutto
rosso, ma a lei non importava. Le sue parole l’avevano conquistata.
Si staccò dalle sue
braccia e si allontanò. Voleva stare accanto a lui, ma
aveva bisogno di schiarirsi le idee. Ora che lui sapeva del bambino era
inutile
scappare.
“Mi dispiace, Rosie.
Non riesco a mantenere la mia promessa. Perdonami.”,
pensò con una strana sensazione nel cuore.
«Sareeya, adesso non
te ne andare. Torniamo a casa... nostra.» sussurrò
lui.
«Casa nostra? Nostra?
Che significa? Capiscimi, non sai quanto mi faccia
felice, però cosa intendi?»
«Ho già fatto le
valigie. Non voglio più vivere sotto lo stesso tetto con
quell'arpia...»
Non riuscì a
trattenere un sorriso largo quanto l'oceano Indiano e luminoso
come il sole che stava per sorgere. Fece per saltargli tra le braccia,
ma il
suono trillante di un cellulare le fece rivoltare il cuore nel petto.
«Sareeya?» La voce di
sua madre le fece ghiacciare il sangue nelle vene.
Fece per chiudere, ma Andrew la fermò.
«Ascoltala.»
Lo guardò per un
istante e poi avvicinò il telefono all'orecchio. «Cosa
vuoi, Helene?»
«Stai bene?»
«Perché? Ti
interessa?» La freddezza nella sua voce la stupì. Il
comportamento dei suoi genitori l'aveva ferita profondamente, ma non
pensava di
poter diventare così indifferente.
«Capisco la tua
rabbia, figlia mia...»
«Ah, ora sono di
nuovo tua figlia? E poi, non capisci un bel niente. Se hai
qualcosa da dire, dilla adesso, altrimenti...»
«Non ti abbiamo detto
la verità su Rosaleen.»
Le parole che stava
per dirle le morirono sulle labbra. Tutta la rabbia che
sentiva svanì in un secondo.
«In... In che senso?»
«Non è morta... per
il bambino ma...» Sentirla singhiozzare le fece venire
un groppo in gola. Voleva sapere tutto, ma sapeva che non era ancora il
momento
giusto. Prese un bel respiro.
«Stasera ritorno a
casa.» Non aspettò la sua risposta. Chiuse la telefonata
e guardò Andrew. L'amore che aveva negli occhi le fece battere forte il
cuore.
Ricambiò il suo sorriso, finalmente felice.
«Sono fiero di te,
Reeya.» Il giovane la abbracciò e la baciò con tutto
l'amore che provava per lei.
«Adesso torniamo a
casa, Rew. Poi andremo a prendere le valigie.»
«Aspetta... Ho la
macchina e lì ho tutto perché...»
«Perché?»
«Il fatto è... Vivo
in macchina da due giorni, cioè da quando a mia madre è
sfuggito che ti ha fatto soffrire.»
«Allora andiamo.»
«Sei bellissima.»
Si voltò e gli regalò
un sorriso. Aveva scelto quell'abito solo per lui ed
era contenta della sua reazione.
Andrew si alzò dal
letto e la cinse con le braccia. Il suo profumo alla
fragola la avvolse con dolcezza. Le stampò un bacio sui capelli e le
carezzò la
pancia con una mano. Una sensazione di euforia gli solleticò il cuore e
non
riuscì a spegnere il sorriso sornione che aveva in faccia. Era più
forte di
lui. La amava come mai aveva fatto in vita sua.
«Dai, vestiti, così
andiamo al ristorante.»
Le tenne la portiera
aperta e poi salì anche lui. Uscì dal vialetto e prese
la statale.
«Imiti
Bryan di
Fast and Furious?»
La guardò confuso.
Lei sorrise. «Dovresti guardare la strada e non me.»
Andrew ricambiò il
sorriso, sornione. «Scusa, ma non riesco a staccarti gli
occhi di dosso.»
«Me ne sono accorta.»
Lui le fece la
linguaccia e le carezzò una guancia. Per tutto il tragitto
chiacchierarono del più e del meno. Arrivati al ristorante, scesero
dalla
macchina e qualcuno alle spalle disse: «I signori vogliano seguirmi,
prego.»
Sareeya rimase di
stucco; non si sarebbe mai aspettata un ristorante di
lusso.
«Dove mi hai portata?»
«In un posto speciale
per una persona speciale.»
«Ma quanto siamo
dolci stasera...»
Un sorriso apparve
sui loro volti e si bloccarono sulla porta.
«Scusatemi, ma
dovreste entrare.»
«Ci scusi lei. Ci
siamo distratti un attimo.»
Entrarono seguiti da
un cameriere sorridente. La prima cosa che saltò agli
occhi di Sareeya fu l'eleganza della sala. Non era sfarzosa, ma
semplice e
creava un'atmosfera non troppo romantica. Proprio come piaceva a lei.
Il
cameriere li accompagnò a un tavolo decorato con tre calle bianche e
una
tovaglia grigio perla.
«Te lo sei
ricordato.» Sfiorò i suoi fiori preferiti e fece per sedersi, ma
Andrew la fermò. Con un sorriso le tirò la sedia e le fece cenno di
accomodarsi. Una volta seduto anche lui, la fissò intensamente.
«Cosa c'è? Ho
qualcosa in faccia?»
«No.»
«E allora perché
continui a fissarmi?»
Per tutta risposta,
lui si alzò, si avvicinò a lei e si inginocchiò. La
giovane aggrottò la fronte, confusa. “Non
può essere... Non mi sta chied...”
Andrew mise una mano
in tasca e tirò fuori qualcosa. La guardò negli occhi
con serietà. Il cuore di Sareeya prese a battere all'impazzata.
«Reeya, ci conosciamo
da tempo e, nonostante tutto quello che abbiamo
passato, ho la certezza che tu sia la donna della mia vita. Ci ho
pensato molto
in questi ultimi tre giorni e...» Le prese le mani e le poggiò qualcosa
sui
palmi. «... penso che tu debba pettinarti i capelli, sono un po'
scompigliati.»
La giovane abbassò
gli occhi sul piccolo pettine che Andrew le aveva dato.
Per due lunghi attimi non seppe cosa dire e poi scoppiò a ridere.
Spinse il suo
ragazzo e si mise a posto i capelli. «Grazie per avermelo detto. Non
aspettavo
altro.»
Il giovane si unì
alla sua risata e ritornò al suo posto. In quel momento,
il cameriere si avvicinò al loro tavolo con una bottiglia di vino e due
bicchieri.
Quella fu la cena più
buona che Sareeya avesse mai mangiato. Antipasti
abbondanti, due primi da far emozionare, un secondo di carne squisito e
il suo
dolce preferito: la bavarese alle fragole, una vera bontà.
Ad un certo punto il
cameriere tornò. «I signori desiderano altro?»
«No, grazie. Ci porti
pure il conto.»
Sareeya lo guardò
torva. «Potevi anche farmi portare un caffè.»
«No, no. Gli potrebbe
far male...»
La giovane incrociò
le braccia sul petto e gli tenne il muso per gioco. «Come
no. Al massimo potrebbe far male a me...»
Andrew le sorrise e
pagò la cena. «Su, andiamo, musona.» Si alzò e senza
farsi notare da lei prese una calla dal vaso.
«Dove
andiamo?»
«Segreto.»
La ragazza sbuffò e
si voltò verso il finestrino. Le luci della città
giocavano sul vetro e rendevano le strade del centro magiche e
speciali. Ora
che ci pensava, tutta quella serata era speciale e sperò vivamente di
poter
tornare a casa con un sorriso.
Andrew fermò la
macchina e guardò fisso davanti a sé. Alla cena si era
divertito da matti, ma ora era giunto il momento di essere seri.
Sganciò la
cintura e scese dall'auto. Quando Sareeya lo raggiunse, la prese per
mano e
passeggiarono sul sentiero che portava nel cuore del piccolo boschetto.
Lì, un
gazebo in ferro battuto li aspettava pigro e tranquillo.
«Ma questo...»
«Già. È dove ci siamo
conosciuti.» Il cuore di lui partì in quarta. Cercò
di calmarlo, ma l'emozione era troppa. La fece accomodare su una sedia
e si inginocchiò
di fronte a lei.
«Vuoi fare un altro
scherzo?»
Lui sorrise e scosse
la testa. Le porse la calla e aspettò la sua reazione.
Sareeya lanciò uno sguardo al fiore e al suo interno vi vide un piccolo solitario con un diamante blu notte. Sgranò gli occhi sorpresa e si portò una mano alla bocca. «Andrew...»
Il giovane prese un respiro
profondo e le porse la domanda più difficile
della sua vita. «Sareeya Edwards, mi vuoi sposare?»