***
A
poco a poco il vialetto si stava svuotando sempre piu'. Era
mezzanotte e mezza passata e gli studenti della Fairy Tail High
School, con la poca lucidità rimastogli dopo vari ettolitri di
birra in corpo avevano deciso di ritornare alle proprie dimore.
Da
brava padrona di casa, Mira si era appostata al cancello d'uscita,
ringraziando ogni singola persona di essere venuta. Probabilmente
alcuni erano così sbronzi da non accorgersene minimamente.
Elfman,
in compagnia di Evergreen, si occupava di trasportare i corpi rimasti
nella sala hobby fuori nel vialetto. Una volta lì, la ragazza
pensava bene di svegliarli con sonori schiaffi.
“Questo
si che è lavoro di squadra! È da veri uomini!”
Ruggì Elfman, mostrando un ghigno determinato.
“Ed
io mi diverto un mondo” rispose Evergreen, sciogliendosi le
dita e dando una ripassata al muso di un ragazzo, che saltò
dalla sedia prima di barcollare, cadere a terra, rialzarsi e correre
via sotto le risate di entrambi.
Evergreen
si sistemò gli occhiali dal taglio sottile, sorridendo
malignamente.
“Peccato
che quello fosse l'ultimo” mormorò, guardandosi la mano
rossa che non la preoccupò minimamente.
“Che
disastro che c'è qui fuori” constatò Elfman,
osservando scocciato le decine di sedie buttate alla rinfusa per
tutto il vialetto, senza contare la sala hobby decisamente malconcia.
“Ehi,
ragazzi, io andrei se non vi dispiace” disse Bixlow, con in
mano la custodia della sua tastiera elettrica e un grosso zaino
grigio in spalla, probabilmente contenete mixer e amplificatore.
“Aspetta,
ti prendo le casse così non devi tornare a prenderle.”
Senza
alcuno sforzo, Elfman prese una grossa cassa acustica per ciascuna
mano e accompagnò il ragazzo fuori. Alle sue spalle, Evergreen
sorrideva maliziosa.
“Non
mi abituerò mai ai suoi muscoli.”
Rimasta
sola, cominciò a sistemare qualche sedia una dentro l'altra.
Erano tutti stanchi per la serata ma alla fine si era anche
divertita.
Uscita
dalla cucina, aveva trovato Elfman a parlottare con alcuni compagni
di squadra che conosceva solo di vista. Poiché desiderava
divertirsi, l'aveva letteralmente trascinato sulla pista da ballo
mentre ancora stava parlando. Probabilmente nella confusione aveva
urlato di lasciarlo andare, e Evergreen conosceva il perché:
Elfman odiava ballare. Ecco spiegato come intendeva divertirsi;
semplicemente stuzzicandolo.
Coinvolta
nel ritmo, strusciava il proprio corpo contro quello marmoreo del
compagno, che in pista era decisamente un pezzo di legno
assolutamente esilarante.
In
tutta sincerità poteva ammettere di essersi divertita e se
succedeva in compagnia di Elfman, allora l'importanza del sorriso
spontaneo mentre riponeva l'ennesima sedia raggiungeva picchi molto
piu' importanti.
Con
lui stava bene. Anche se era grosso, impacciato, rozzo e molto altro,
a lei piaceva. Che poteva farci?
Sfortunatamente
per lui, Evergreen non mostrava mai il suo lato romantico, al
contrario. Appariva continuamente autoritaria e minacciosa sotto
tutti i punti di vista. Un accenno alla sua diversa natura avveniva
solamente in presenza di piante e fiori, da sempre la sua passione.
I
ricordi la portarono a qualche mese prima, quando in una calda
giornata estiva, il lavoro al vivaio era piu' faticoso del solito.
C'erano
alcuni grossi vasi di ulivi appena arrivati ed era necessario
trasportarli altrove, poiché erano stati scaricati
praticamente in mezzo la strada.
Evergreen,
figlia del proprietario, leggeva attentamente sulla propria
cartelletta che tutte le piante fossero state consegnate e ne
verificava anche le condizioni. Mentre aspettava che il dipendente
tornasse con un carrellino, arrivò Elfman.
Il
sudore a imperlargli la fronte, la maglia blu scuro aderita al corpo
a risaltare enormemente ogni mastodontico muscolo e una bottiglia
d'acqua quasi vuota nella mano nonostante fosse solo mezzogiorno.
Il
ragazzo non era estraneo a Evergreen, poiché lavorava là
da molti anni, ma tra loro c'era sempre stato un rapporto
strettamente capo – dipendente, e a Elfman andava bene così.
Aveva
spesso sentito delle voci su quella donna, e non sempre erano
rassicuranti. Dicevano che era in grado di lamentarsi per una foglia
rotta, o il petalo di una rosa disgraziatamente strappato via per
colpa, a parole sue, dell'incapacità dei dipendenti, che non
capivano quanto le piante fossero sensibili. Da una parte era
ammirevole la dedizione e passione per il suo impegno, dall'altra un
vero strazio, e questo Elfman lo sapeva bene.
Non
appena lo vide, Evergreen assunse un cipiglio severo, come se stesse
cercando una valida motivazione per prendersela con lui. Elfman fece
finta di niente e tirò dritto.
“Ehi,
tu!”
Tutto
inutile. Se il capo chiama bisogna ubbidire.
“Sì?”
Chiese cautamente, raggiungendola.
“Non
vedi questi cinque vasi? Vanno portati dietro la serra.”
Evergreen
puntò il dito verso la costruzione di legno e nylon distante
una trentina di metri. Dietro questa, c'erano altri ulivi ed era stato
fatto posto per l'ordine del giorno dopo.
“Nel
magazzino qui dietro c'è un carrellino per trasportarli”
disse categorica, voltandosi a braccia conserte verso un altro
edificio, costruito con mattoni e una porta metallica senza piu'
traccia di verniciatura.
Si
voltò per aggiungere altro, ma le parole si persero nella sua
mente. Il ragazzo di poco prima se ne stava andando verso la serra in
tutta tranquillità con un vaso da 200kg in spalla. E stava
anche fischiettando!
“Ehi,
fermati!” Urlò, correndogli dietro. Elfman si bloccò,
leggermente scocciato. “Ma che stai facendo?” Gridò,
sbigottita.
Elfman
la guardò come se fosse impazzita.
“Sto
portando questo ulivo dietro la serra, come ha detto lei”
rispose semplicemente, sistemandosi meglio il peso sulla spalla.
“Ma
questa pianta, con tutto il vaso, peserà almeno 200kg!”
“Forse
250kg. Anzi, se non le dispiace...” e riprese a camminare,
cercando di capire cosa fosse preso a quella donna.
Lì,
in compagnia dei deboli accenni di vento che smuovevano appena i suoi
capelli, percepiva quanto non fosse sufficiente per attenuare
quell'improvviso caldo che l'aveva circondata. Il sole batteva
violentemente nel cielo ma era sicura che non fosse quello il
problema, perché si era sentita così nel momento in cui
i suoi occhi si erano posati su quel dorso incredibilmente virile.
Elfman
portò dietro la serra tre vasi, degli altri due se ne
occuparono gli altri dipendenti che erano tornati con un apposito
carrello per il trasporto.
Durante
quel lavoro, Evergreen non era riuscita un solo secondo a staccare
gli occhi da quel ragazzo. Alla domanda perché lo seguisse,
Evergreen aveva celato il suo imbarazzo dietro l'importanza della sua
posizione, e di conseguenza controllare che il lavoro fosse svolto
nel migliore dei modi.
Arreso
a quella nuova ombra, portò a termine l'incarico non con poca
fatica. Alla vista della sua bottiglia ormai vuota, si lasciò
sfuggire un sospiro stanco e deluso.
Un
paio di colpetti sulla spalla lo portarono a ritrovare gli occhiali
di Evergreen, che guardando da un'altra parte, gli aveva spiattellato
sulla faccia una nuova bottiglia d'acqua.
Incredulo,
e anche leggermente dolorante, Elfman la ringraziò.
“Hai
fatto un buon lavoro” si giustificò, per poi andarsene
via sotto gli occhi confusi di Elfman, che guardò poi la
bottiglia, prima di stapparla e berne un sorso.
“È
buona.”
I
ricordi si fermarono alla vista di Elfman che stava tornando. Non
seppe spiegarsi perché, ma gli corse incontro e l'abbracciò,
sorprendendolo per quell'improvviso gesto espansivo.
“Forza,
aiutami a sistemare dentro” lo rimbeccò, lasciandolo
andare ed entrando nella sala hobby. Elfman non poteva vederla, ma
stava sorridendo.
“Natsu,
sei un idiota!” Urlò Levy.
“Concordo
anch'io” disse Lucy, guardandolo male insieme a tutti gli
altri.
Il
ragazzo era seduto a terra e si grattava stancamente il capo con aria
colpevole: non avrebbe mai dovuto provare a verificare se possedesse
o no dei poteri. Non là dentro.
“Chi
lo dice a Mira?”
Il
solo nome fece rabbrividire tutti, persino Gray, che osservava
nervosamente il disastro che regnava in quel salotto.
“Non
potevo mica saperlo!” Ripeté per l'ennesima volta Natsu,
ma qualunque cosa dicesse non sarebbe di certo servita a salvarlo.
“Potevi
fermarti quando ti sei reso conto di cosa fare!” Ribatté
Lucy, trattenendosi dal dargli un pugno in testa perché sapeva
che si sarebbe fatta male. “Gray, dagli un pugno!”
Il
ragazzo colse la palla al balzo e mollò un potente destro
sulla testa del ragazzo che gli fece assaggiare la stoffa bruciata
del tappeto.
“Gray,
maledetto!” Ringhiò, avvolgendo la propria mano nelle
fiamme che sembrava aver imparato a controllare.
“Fermatevi,
non è assolutamente il momento!” Gridò Levy,
mettendosi in mezzo. I due continuarono comunque a guardarsi in
cagnesco.
“Scusate,
ma adesso che facciamo?” intervenne Wendy, osservando
leggermente preoccupata il tappeto e divano in parte bruciati. Non
poteva di certo definirsi un problema di poco conto.
“Lluvia
pensa di evitare il come sia avvenuto.”
Non
potevano di certo darle torto. Un simile danno avrebbe sicuramente
portato un certo costo nelle loro tasche, ma ancora peggio sarebbe
stato dirle come fosse successo. Come avrebbe reagito Mira a quella
storia di poteri venuti fuori nel piu' intrinseco mistero del
destino?
“Questa
Mira, è la padrona di casa?” Chiese Charle, che stava
cercando di mettere insieme i vari pezzi. Lucy annuì,
preoccupata.
“Esatto,
hai qualche idea su come giustificare tutto questo?” Chiese
speranzosa.
Charle
incrociò le zampe al petto e ci pensò su. Trovare un
modo di appiccare un incendio in salotto non era affatto facile. Solo
un vero idiota ci sarebbe riuscito.
“Potreste
dirle che vi è caduta una sigaretta sul divano e...”
“Nessuno
di noi fuma” l'anticipò Levy, ormai arresa.
“Allora
ditele che è stato Natsu, il solo nome del colpevole le
basterà.”
La
proposta accese gli occhi di tutti, tranne quelli del diretto
interessato, che nonostante i suoi nuovi poteri, temeva comunque il
peggio.
“Ehi,
ma volete tradirmi in questo modo?”
“Suvvia,”
lo rassicurò Lucy. “Con le tue nuove potenzialità
di certo sarai in grado di risarcire Mira in poco tempo.”
“Eh
no, non ci provate! Voi eravate insieme a me, quindi siete complici!”
“Io
con voi non c'entro assolutamente niente” disse tranquillamente
Gajeel, prima di andarsene.
“Dove
stai andando?” Chiese Gray.
“Non
avete visto fuori? La festa è finita ed io me ne torno a casa.
Ci vediamo.”
Inutili
le proteste, Gajeel aprì la porta e la richiuse alle sue
spalle. Dall'interno si potevano udire i passi attutiti lungo le
scale che stava discendendo velocemente.
Lluvia
osservò fuori dalla finestra, convenendo che in effetti non
c'era piu' nessuno. Con il trambusto che avevano causato e il tempo
passato a parlare non si erano resi conto dell'ora fatta.
“Direi
che è ora di andare anche per noi” propose Levy,
prendendo a braccetto Lucy per poi trascinarla via.
“E
noi che dovremmo fare?”
Lo
sguardo disperato di Natsu nel mezzo della zona semi distrutta dalle
fiamme provocò in Lucy una grande pena. Addolcì i suoi
occhi e gli sorrise.
“Dovrai
cavartela da solo, ciao!”
Così,
mentre Levy e Lucy uscivano di casa ridendo, Natsu si stava
autoproclamando morto. Di certo Mira avrebbe richiesto delle
spiegazioni e quel punto sarebbe stato parecchio problematico
raccontare tutto.
Gray
e Lluvia se ne andarono subito dopo e con loro Wendy e Charle. La
ragazzina rimase mortificata davanti lo sgomento del ragazzo, ma se
l'avessero trovata lì sarebbe stata nei guai e quindi doveva
andarsene prima possibile.
Alla
fine, rimasero solo Natsu e Happy, con Lisanna che ancora dormiva.
“Ehi,
Happy, che possiamo fare?”
Il
piccolo gatto blu si caricò in spalla la sua riproduzione di
ghiaccio con una certa fatica, dopodiché puntò i suoi
occhi in quelli di Natsu.
“Che
ne dici di scappare?”
Cinque
secondi dopo, in quel salotto rimase solo la dormiente Lisanna.
Natsu
ed Happy, senza farsi vedere, scavalcarono il muro e corsero via
attraverso la notte illuminata dai lampioni che, dopo una certa ora,
avevano diminuito la loro luminosità.
“Cosa
succederà quando Mira troverà quel disastro in
salotto?” Chiese Happy, cercando di tenere il passo.
Natsu
smorzò le labbra, preoccupato. Si sentiva in colpa per il
guaio che aveva provocato, ma dopo tutto quello che era accaduto non
se la sentiva di affrontare quella cara e dolce ragazza.
“Le
diremo la verità domani, promesso. Nel frattempo torniamo a
casa e dormiamoci su, abbiamo avuto una giornata pesante.”
Lungo
la strada, la mente corse alla sua camera da letto, dove sua madre
era bruciata tra le fiamme, per poi trasformarsi in quella sfera
luminosa.
Devo
andare, per ricongiungermi a te.
“Quelle
parole...”
Quando
le udì, non aveva neppure provato a interpretarle. Non ce
n'era motivo perchè quanto percepiva in quei momenti sembrava
totalmente sbagliato e fuori luogo. Ora, al chiarore della luna,
tutto sembra assumere una particolare sfumatura sovrannaturale.
“Ricongiungermi
a te... Che quella sfera, questi poteri e queste fiamme che adesso
bruciano dentro di me, che siano... Lei?”
Un
ragionamento non da sottovalutare. Poggiò la propria mano sul
petto e un sorriso malinconico gli sorse sulle labbra. Dopotutto,
quale calore potrebbe essere piu' forte se non quello dei sentimenti
di una madre?
Giunta
a casa, Lucy raggiunse immediatamente la sua camera. Il letto a una
piazza posto sotto la finestra, la scrivania a pochi passi con
diversi fogli impilati ordinatamente sopra, il tappetto morbido ai
piedi del letto e una porta semi aperta che mostrava nella penombra
un lavandino lucido; quello doveva essere il bagno.
Scostò
la sedia e si sedette, aprì una cassetto e tirò fuori
un foglio bianco con una penna.
Sicura,
la prese tra le mani e incominciò a scrivere.
Cara
mamma,
La
mia vita ha avuto una strana svolta oggi!
Quando
sono entrata alle Fairy Tail High School ero sicura che avrei trovato
degli amici, fatto tante cose divertenti e, ovviamente, mi sarei
impegnata nello studio.
Tutto
questo è accaduto velocemente, te l'ho raccontato nelle mie
lettere precedenti, ma oggi è stato qualcosa d'incredibile!
Vorrei
tanto dirti di cosa parlo ma purtroppo è un segreto, comunque
tranquilla perchè è qualcosa di assolutamente
meraviglioso che renderà i miei giorni di scuola molto piu'
interessanti.
Spero
tu stia bene, mi manchi tanto, ogni giorno che passa...
Ah,
non parlare di questa cosa con papà, chissà cosa
potrebbe pensare.
Un abbraccio,
Lucy
Una
volta terminato, piegò accuratamente il foglio e lo mise
dentro una busta da lettera. La sigillò per poi guardarla con
una certa nota triste e malinconica. Poggiò la busta sulla
scrivania e si sedette sul letto, sospirando.
“Mi
manchi molto, mamma.”
Dopo
una doccia e essersi infilata il pigiama, s'immerse nelle coperte e
spense la lampada, attendendo poi che il sonno la trascinasse con sé
fino alla mattina successiva.
Una
luce particolare a filtrarle attraverso gli occhi. È
fastidiosa ed è costretta ad aprirli per capire cosa sia. In
quel momento, capisce di non essere piu' nella sua camera.
Davanti
a lei si erge un immenso cielo stellato. Gli astri emanano bagliori
tra il blu e il rosso, probabilmente dipendente dallo loro distanza.
Le nebulose sono uno spettacolo senza precedenti; i colori variano
tra l'azzurro, l'arancio e il rosso uniti tra loro in una
luminescenza opacizzata e anche deframmentata. Sono corpi enormi e
contengono stelle probabilmente non ancora conosciute.
“Dove
sono? Si tratta dell'universo?”
Guardandosi
intorno, nota con enorme stupore il proprio corpo sospeso in
quell'immensità. Non prova alcun peso nei movimenti ma poi un
altro particolare le salta all'occhio: è circondata da un
bagliore sfumato, che sembra quasi proteggerla.
Improvvisamente,
qualcosa di enorme le passa sopra la testa, spaventandola. Viaggia
molto velocemente e lascia alle sua spalle una scia azzurra composta
da detriti e ghiaccio che non riescono a sopportare la forte
pressione di quella velocità, probabilmente di migliaia di
anni luce.
“Quella,
era una cometa!”
“Esatto,
principessa.”
Ancora
con i nervi a fior di pelle, mai si sarebbe aspettata di sentire la
voce di qualcuno proprio vicino a lei. Un urlo incontrollato le
sfugge e con occhi sbarrati, si ritrova l'ultimo essere che si
sarebbe aspettata di vedere.
“Ma
tu sei una cameriera” balbettò, in evidente disagio.
Ritrovarsi all'interno dello spazio tra le meraviglie dell'universo
con una cameriera dai corti capelli viola non era certo da tutti i
giorni.
“Devo
dedurre che non mi riconosce, principessa.”
“Ma
perché mi chiami principessa? Io mi chiamo...”
“Lucy,
lo so, principessa.”
La
discussione non sembrava avere un particolare senso logico, e per
Lucy fu comunque sicura di stare sognando. Che altro poteva essere?
“Principessa,
non ho molto tempo quindi mi ascolti bene per favore.”
Il
tono di voce, prima fermo e cordiale, ora sembrava essere una sorta
di ordine a cui Lucy non si sentì di sottrarsi. Incapace di
parlare, restò in attesa, mentre i loro corpi galleggianti
superavano un piccolo pianeta ricoperto da nubi scure.
“Abbiamo
cercato varie volte di contattarla, ma i nostri tentativi sono sempre
stati vani a causa della barriera che vi ha intrappolato. Senza avere
la possibilità di fare qualcosa, non abbiamo fatto altro che
attendere, fino a questo momento. La barriera si sta indebolendo e
tutti voi, a questo punto, siete in pericolo.”
Lontana
con la mente ed estrania al luogo e tempo, Lucy si sentiva preda
della confusione piu' totale. Man mano che ascoltava quelle parole,
sempre piu' domande le sorgevano spontanee e repentine, perché
davvero non capiva cosa stava succedendo.
Solo
le ultime tre parole, sembrarono destarla dalla confusione, le uniche
che l'allarmarono davvero.
“Siamo
in pericolo? Ma chi?”
La
preoccupazione della cameriera sorse non appena il suo corpo frizionò
dei rapidi schiarimenti; il tempo era scaduto.
“Tutti
voi principessa, siete in pericolo!” Urlò ancora, mentre
Lucy riusciva distintamente a vedere le stelle attraverso il suo
corpo.
“No,
aspetta, non conosco neppure il tuo nome!” Lucy le afferrò
la mano, stupendosi di esserci invece passata attraverso. Cercò
quegli occhi azzurri ancora una volta, dispiaciuti di non essere
riusciti a fare di piu'.
“Virgo,
principessa” sussurrò, prima di sparire in tanti
meravigliosi bagliori di luce che si dissolsero davanti gli occhi
increduli di Lucy.
Un
prepotente risucchio la tirò indietro, e quello che prima era
stato un viaggio lento e tranquillo, ora rappresentava una cupola
sfocata dalla velocità. Poi, tutto scomparve.
Lucy
si svegliò di soprassalto nel proprio letto. Il respiro
affannato e i capelli bagnati appiccicati sulla fronte e sul collo.
Il cuore le rimbombava violentemente nelle orecchie fino quasi a
fargliele scoppiare e l'aria calda intorno a lei non sembrava
soddisfare i suoi polmoni, che continuavano a richiedere sempre piu'
ossigeno.
Colma
d'ansia, si alzò velocemente dal letto per raggiungere il
bagno. Barcollò, si resse alla parete e la vista annebbiata
non l'aiutò a cercare l'interruttore della luce.
Una
volta dentro, aprì l'acqua del lavandino e si sciacquò
il viso piu' volte, riuscendo finalmente a ritrovare una leggera
regolarità nei respiri.
Esausta,
si accasciò lentamente a terra. Poggiò la schiena al
water e raccolse le gambe nude al petto, chiudendole tra le braccia.
I suoi occhi si concentrarono nel vuoto, oscurato dai ricordi di quel
sogno fin troppo reale, quello sguardo colmo di sofferenza scomparso
ironicamente tra bagliori simili a lucciole.
Prima
di sparire, aveva urlato di un pericolo incombente, una priorità
che aveva anteposto a sé stessa e a quanto le era successo. In
quel sogno, aveva percepito i sentimenti di quella ragazza; percepiva
rispetto, poi disperazione e infine rassegnazione poco prima di
sparire.
I
respiri si calmarono, confondendosi poi ai singhiozzi. In quel
piccolo angolino, Lucy pianse per una cameriera di nome Virgo,
scomparsa all'interno di un sogno.
Angolo
Autore:
Salve!
Che dire, qualcosa
adesso la sappiamo, e cioè che la barriera si sta indebolendo.
Ma perché sono in pericolo? Mah!
Elfman e Evergreen
sono tipi difficili sapete? Non sai bene cosa fargli fare .-.
Fatemi sapere
qualcosa su questo cap! ^^
Ringrazio: jaki
star, Kyros, bekkuzza_chan e LadyAstral, meno male che ci siete voi
^^
Grazie a tutti
coloro che seguono la mia storia! (mi pare che siano tanti)
Alla prossima!
Ciao!
Matt
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