SCUSATE il mostruoso ritardo ma davvero non sapevo
più cosa scrivere! Non è che adesso vada molto meglio, ma ho
scritto un capitolo troppo bello per non farvelo leggere (come sono modesta u.u) solo che è più avanti, quindi devo per
forza collegarlo al resto della storia! Ho notato che ultimamente le recensioni
sono calate… spero che almeno chi commentava questa mi resterà
fedele, perdonandomi per averli fatti attendere.
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato e i nove che mi
tengono tra i preferiti! Quest’estate ho in programma di finire tutte le
storie che ho in sospeso…quindi state pronti!!!
Baci a tutti
Temperance
11 – In which becoming friends isn’t too
difficult
“Allora, quando credi che dovrei parlarle?” Domandò
Chad, affiancandosi a Ryan a circa metà del viaggio di ritorno.
“Ciao non si usa più?”
“Dai, Evans, sono nervoso…è
dell’amore della mia vita che stiamo parlando, non di caramelle!”
Ryan ridacchiò al sentire le parole ‘amore
della mia vita’ pronunciate da Chad Danforth, ma lasciò correre: non
era mai stato tenuto in maggiore considerazione da un appartenente ai Wildcat e
non voleva sprecare la sua occasione per conquistarsi almeno un po’di
amicizia.
“Ok, scusa… Beh, per me prima le parli e meglio
è.” Dichiarò, sicuro.
“Sì, quello lo sapevo pure io… ma prima
quando? Prima di stasera? O prima della fine dell’anno?”
“Io opterei per ora, visto che non hai niente di
meglio da fare, oltre che camminare.”
“Ora sto parlando con te.”
“Smetti e vai da lei. Non mi sentirò solo, te
lo prometto.”
“Ma Ryan…”
“Fila!”
Inutile dire che Chad non abbandonò il suo nuovo
quasi amico fino a quella sera, quando Ryan lo minacciò di spingerlo a
calci fino alla tenda di Taylor, se non si fosse sbrigato ad andarci da solo.
Così, con il discorso pronto, provato e riprovato, il
ragazzo si avvicinò al luogo dove il suo destino si sarebbe compiuto. O,
almeno, questo erano i termini in cui la sua mente pensava in quel momento.
Sta di fatto che il suddetto luogo fosse più vuoto di
una scatola vuota.
“Si vede che non era destino…”
Sussurrò, prima che un minuscolo e arrabbiatissimo Ryan apparisse
davanti ai suoi occhi e, senza che questo aprisse bocca, seppe già
ciò che voleva dirgli. “No. Devo parlarle ora o non lo farò
più…”
Pochi minuti prima.
“Io vado in bagno!”
“Bagno?” Domandò Sharpay, affrettandosi a
raggiungere la soglia della tenda, la maglietta infilata solo per la testa.
“C’è un bagno e tu non me l’hai mai detto?”
Ignorando l’adorabile uscita della sua compagna,
Taylor afferrò una torcia e un rotolo di carta igienica e si
avviò a grandi passi verso il “bagno”, conducendo, nel
frattempo, un intrigante monologo interiore.
Non si capacitava, infatti, di come potesse essere giunta
incolume al terzultimo giorno di una gita a stretto contatto con Sharpay Evans.
Si poteva essere più stupide, assurde, cretine, superficiali e insulse
di quella ragazza? No, era la sua risposta. Malgrado tutto, però, era
stata decisamente meno drammatica di quanto avrebbe mai potuto pensare.
Era vero, Sharpay era effettivamente
la creatura più irritante ed inutile del pianeta e, forse,
dell’universo, ma sapeva anche, ogni tanto, mostrare qualche microscopico
barlume di ragione che poi si adoperava immediatamente a coprire con un surplus
di cretinate extra. Come la sera prima, quando le aveva parlato di Chad e di come loro due avrebbero dovuto assolutamente fare
pace, per la salute mentale di tutto il gruppo.
Mentre rifletteva su quanto Sharpay
avesse ragione da vendere, dimenticò per un attimo di tenere
sott’occhio il sentiero e, un secondo dopo aver deciso di dare ascolto
alla bionda, si ritrovò a rotolare giù lungo una parete
praticamente perpendicolare al terreno.
°Ci siamo, ora muoio…°
Pensò, atterrando pesantemente su di un tappeto di foglie.
Ok, forse non sarebbe morta…
Mettendosi a sedere, Taylor si guardò intorno,
cercando una via d’uscita da quella sottospecie di burrone in cui si era
infilata che non implicasse il dover essere campioni olimpici
d’arrampicata.
Stava giusto imprecando, alla ricerca della torcia che le era sfuggita di mano durante la caduta, quando un
familiare urlo squarciò il silenzio notturno e Sharpay
le rovinò sulla schiena, facendola piombare di nuovo a terra.
“Ahio!”
esclamò, spostandosi di dosso la bionda, che si sedette, tossicchiando,
sul terreno umido.
“Mi hai mentito.” Si lamentò
l’altra. “E illusa. Non c’è
nessun bagno qui, solo questo maledetto buco!”
“No, non ci voglio credere. Sharpay Evans, dimmi che non mi hai seguita pensando che io
avessi davvero trovato un bagno
pubblico.” Pregò Taylor, costernata.
“Dovevo capirlo che mi stavi solo prendendo in
giro…”
“Non ti stavo prendendo in giro!
Intendevo semplicemente dire che uscivo per…per soddisfare i miri bisogni
fisiologici, ecco.”
“E non potevi dire così fin dall’inizio?!”
“Sharpay, era semplice da
capire, non pensavo che avessi sul serio frainteso!”
“Beh, forse hai sopravvalutato il
mio cervello. È questo che cerchi di dire, che sono stupida?”
“SÍ!” Rispose Taylor, esasperata. “Sì, è proprio quello che sto dicendo!
Se tu non fossi stata così stupida ora non saremmo bloccate in due qui
dentro!”
“E ci saresti da sola. Non sarebbe peggio, scusa?”
“No, perché così tu mi saresti venuta a
cercare…”
“…e sarei comunque caduta in questo
maledettissimo buco!”
Le due rimasero a guardarsi in cagnesco per un po’,
poi dalle labbra di Sharpay sfuggì un nuovo urlo, degno di un coyote, seguito da poche e
altrettanto strillate parole.
“QUALCOSA MI STRISCIA SULLA
GAMBA!!!!”
“Ryan!” esclamò Chad,
facendo improvvisamente irruzione nella tenda dell’amico.
“Che succede?” Domandò Ryan, spaventato,
alzandosi a sedere di scatto e facendo rotolare di lato Kelsi,
che sonnecchiava appoggiata al suo petto.
“Ryan, tua sorella e Taylor sono sparite!”
“Saranno andate in bagno, no?” Chiese la
ragazza, mettendosi seduta e cercando di recuperare una parvenza di
lucidità.
“Ho già guardato, non ci sono!
E poco fa ho sentito un urlo provenire dall’interno del bosco. Ragazzi,
era Sharpay! Ho paura che siano nei
guai!”
“Ok, Chad,
calmati, ho capito. Vedrai che non è niente, mia sorella ha
probabilmente strillato perché Taylor si è rifiutata di rifinirle
la manicure. Vai a dorm…”
“EVANS, TUA SORELLA E LA
MIA RAGAZZA SONO DA QUALCHE PARTE NEL
BOSCO, PROBABILMENTE IN PERICOLO DI VITA, QUINDI TU
ORA ALZI IL CULO E VIENI CON ME!” Esplose Chad,
afferrando Ryan per il maglione.
“Ok, ok, arriviamo.” Intervenne Kelsi. “Ryan, prendi le nostre torce e tu cerca di calmarti. Vedrai che le troviamo.”
Taylor scoppiò a ridere, tenendo tra due dita il
mostruoso essere che aveva spaventato a morte Sharpay.
“Eh sì, Evans, dubito che uscirai viva da
quest’incontro ravvicinato del terzo tipo.”
“Che…che cos’è?”
Domandò Sharpay, tremando come una foglia.
“Un verme.” Rispose semplicemente la mora,
sventolando l’animale sotto al naso dell’altra.
“PORTALO VIA!”
Scuotendo la testa, Taylor ripose l’invertebrato a
terra e si sedette accanto a Sharpay.
“Ti rendi conto di quanto sei ridicola quando fai
così?”
“Non sono affatto…oh,
d’accordo. Sì, me ne rendo conto benissimo ma io sono Sharpay Evans, no? La gente si aspetta che io mi comporti
così.”
“Che vuol dire! Se la gente
si aspettasse che tu ti faccia suora lo faresti?”
“No, che c’entra?”
“È esattamente la stessa cosa, Sharpay!”
“No che non lo è. Io
la mia maschera me la sono costruita da sola…mi piace essere come
sono..”
“E non ti senti mai sola?”
La bionda sospirò, appoggiando il mento tra le
ginocchia.
“Praticamente sempre.” Ammise, senza trovare il
coraggio di guardare negli occhi scuri di Taylor.
E poi la mora fece una cosa che Sharpay
non si sarebbe mai aspettata da lei. In uno slancio d’affetto, le
lanciò le braccia al collo e la strinse forte,
pensando che, forse, anche essere rimaste bloccate in quel posto poteva avere i
suoi lati positivi.
“Amiche?” Domandò, tendendo una mano alla
bionda.
“Non esageriamo… facciamo affezionate
conoscenti.”
“Ci sto!”
“Ah, e…Taylor… dovresti
davvero fare pace con Chad. Certo, è il
più irritante e noioso nel suo gruppo di idioti irritanti e
noiosi… ma sareste perfetti insieme.”
“Già…peccato che io e te
moriremo ibernate qui e oggi e non avrò mai l’occasione nemmeno di
dargli un bacio.”
“SHARPAY! TAYLOR!”
la voce di Ryan risuonò improvvisamente da qualche parte sopra di loro,
seguita da quelle di Chad e Kelsi, anche loro intenti
a chiamare a squarciagola le due latitanti.
Taylor e Sharpay si guardarono per
un secondo negli occhi, stipulando un tacito accordo che stabiliva che
ciò che era successo nel burrone sarebbe rimasto nel burrone, poi si
avvicinarono alla parete più che poterono e si produssero in un grido
forte almeno quanto quello provocato dall’innocente vermiciattolo.
“SIAMO QUI!!!!”
Pochi secondi dopo, il raggio di una torcia illuminò
l’interno della cavità e il viso paffuto di Kelsi apparve sopra di
loro.
“Ragazzi, sono qui.” Chiamò la
compositrice e, poco dopo, anche Chad e Ryan
apparvero con altri due coni di luce fredda.
“Mi hai fatto spaventare a morte!”
Esclamò Chad, non appena Taylor ebbe raggiunto
l’uscita, aggrappata alla corda che il coach Bolton,
prontamente avvisato dai ragazzi, le aveva lanciato.
“Chad ha ragione, che vi
è saltato in mente?” Domandò Ryan alla sorella, mentre
Kelsi e l’insegnante guardavano la scena di poco discosti, sentendosi
sollevati, ma anche vagamente divertiti.
“È stata colpa mia.” Biascicò Sharpay, in modo che solo suo fratello potesse sentirla.
Ryan la guardò con tanto d’occhi, onde poi
posarle una mano sulla fronte.
“Tu che ammetti di essere colpevole?
Pay, vai
in tenda, subito: tu stai male!”
Sharpay gli fece una linguaccia
per poi avviarsi a passo di marcia verso il campo.
“Siamo state davvero fortunate che ci abbiate
trovate…siete stati grandi.” Balbettò Taylor, senza osare
guardare Chad negli occhi.
“È stata Kelsi a trovarvi…se fosse stato
per me e Ryan, probabilmente sareste ancora là in fondo.”
“Beh, però ci avete cercate.”
“Tay, ascolta…a
proposito dell’altro giorno…”
“Ho esagerato…mi dispiace.”
“E io sono stato un cretino, avrei dovuto ridarvi
subito i vestiti.”
“Amici?”
“Neanche per sogno!” Sorrise Chad,
chinandosi a posarle un dolce bacio sulle labbra.
Continua….