Quando
Musa si
svegliò quasi si stupì di trovarlo ancora accanto
a lei.
Era
notte fonda, ma
le sembrava di aver dormito un'eternità.
Alzò
piano la testa
dal cuscino, osservando il suo viso addormentato.
Era
ancora più
bello mentre dormiva. Si stava stretti in due in un letto singolo, ma
lui sembrava un angelo perso nel paradiso, al cospetto di Dio.
Gli
mise una mano
sul petto quasi senza accorgersene, poggiandola delicatamente sui
suoi addominali scolpiti dai duri allenamenti di Fonterossa.
Osservando
il suo
viso sereno, Musa non poté fare a meno di pensare che presto
tutto
quello sarebbe finito, lasciando spazio ad un futuro che nessuno
conosceva.
Poi
si addormentò
di nuovo, cullata dal suono del suo respiro.
E
quando si svegliò
per la seconda volta, accanto a lei non c'era più nessuno.
~
Erano
passate quasi tre
settimane dal giorno in cui Musa era tornata a
Melody.
Il
tempo passava, e lei
continuava a vivere in un mondo alternativo, un mondo diverso da
quello comune, nella speranza che qualcosa, nella sua vita, potesse
improvvisamente prendere una piega diversa.
Jason
continuava
a ripeterle che la vita privata non doveva influenzare il lavoro,
altrimenti emergere nel mondo della musica sarebbe stato ancora
più
complicato.
Ma
nonostante si
sforzasse, Musa non riusciva a dargli ascolto.
Anzi,
la sua opinione
era del tutto contraria: prima veniva la sua vita privata, poi il
proprio lavoro.
Eppure
ce la metteva
tutta per impegnarsi, ma i risultati erano sempre gli stessi.
“Tuo
padre ha
ragione”, diceva Jason,
“quell'uomo ha compromesso anche
la tua più grande capacità”.
Quando
tornava a casa,
lei e suo padre quasi non si scambiavano una parola.
Lui
tentava di iniziare
una conversazione, ma lei rispondeva a monosillabi, chiaramente
distratta.
Poi
un giorno il suo
cellulare trillò.
From:
Riven
To:
Musa
[No
subject]
Devo
vederti.
Incontriamoci al bar vicino a casa tua, quello dove siamo andati la
prima volta che sono venuto su Melody.
Ci
vediamo alle
16:30.
Quando
lo lesse, Musa non
riuscì a credere a quel messaggio.
Spalancò
gli occhi e
quasi le mancò il respiro.
Una
piccola speranza si
accese dentro il suo cuore.
Forse
Riven
voleva chiarire, aveva capito di avere sbagliato...e per la prima
volta dopo quasi un mese, le labbra di Musa si
aprirono in un
piccolo sorriso.
Era
sicura che le cose
si sarebbero messe a posto, così tornò a casa e
si preparò.
Quando
vide il diario
sul suo letto, lo prese istintivamente.
Aveva
intenzione di
restituirglielo, in fondo era sempre stato suo.
Quando
Musa
arrivò lo trovò già lì:
indossava abiti semplici e leggeri, e non
era cambiato per nulla.
La
fata pensò che in
fondo erano passate solo tre settimane.
Quando
si sedette di
fronte a lui, gli sorrise leggermente, speranzosa in una
riappacificazione.
Poi
ordinarono un
cocktail fresco e si guardarono intensamente negli occhi.
“Pensavo
avessi
cancellato il mio numero”, disse ad un tratto la fata.
“Volevo
vederti
un'ultima volta”, le rispose il ragazzo.
Il
viso di Musa
si rabbuiò improvvisamente, e il suo cuore perse un battito.
Senza
accorgersene,
aprì leggermente la bocca sorpresa.
Pensava
che volesse
vederla per fare pace.
Invece
era esattamente
il contrario.
Musa
fissò il
suo bicchiere per qualche minuto, per poi sussurrare
irritata:”Mi
vuoi lasciare di nuovo?”
Riven
la guardò
per qualche secondo.
“Io
ti ho già
lasciato”, mormorò.
“Volevo
solo dirti
una cosa”, aggiunse.
Lei
lo guardò con
sguardo vuoto. Ormai si aspettava soltanto un'ultima pugnalata al
cuore.
“Lo
so che hai preso
tu il mio diario”, disse il ragazzo.
“Puoi
tenertelo se
vuoi”
La
fata lo guardò
spalancando gli occhi quasi come aveva fatto quando aveva letto il
suo messaggio.
Allora
se n'era
accorto! Ma perché non le aveva detto niente?
“I-io...ce
l'ho qui”,
mormorò, per poi tirarlo fuori dalla piccola borsa,
poggiandolo sul
tavolino nella sua direzione.
Lui
lo guardò, poi
spostò lo sguardo su di lei.
Lei
lo abbassò, e per
caso cadde esattamente sul piccolo nome stampato sulla copertina.
Poi
lo osservò ancora.
“Chi
è Lorelei?”,
sussurrò.
Si
guardarono negli
occhi qualche minuto, esaminandosi come se non si vedessero da anni.
“E'
mia madre”,
rispose il ragazzo.
“Era
mia madre”, si
corresse.
“Io
non l'ho mai
conosciuta. Mio padre ha perso la testa quando se n'è
andata. Ed è
diventato ciò che è adesso”
Poi
spostò lo sguardo
sul tavolo.
“A
me non serve.
Ormai ho letto e riletto tutto ciò che c'è
scritto. Puoi tenerlo”
Lei
lo guardò
sorpresa.
Poi
si ricordò dei
bellissimi disegni che c'erano alla prima e all'ultima pagina del
diario.
“La
donna nei
disegni...è lei?”, chiese in un sussurro.
Lui
incrociò il suo
sguardo per l'ennesima volta.
Poi
avvicinò il viso
al suo, incrociando le braccia al tavolo.
“Sei
tu”, mormorò.
Lei
si avvicinò
impercettibilmente verso quel viso stupendo, ma la suoneria del suo
cellulare la interruppe.
Lo
prese senza staccare
lo sguardo dagli occhi del ragazzo.
Voleva
dirgli qualcosa,
ma lui la anticipò.
“Vedo
che hai
compagnia. Buona fortuna, ragazzina”
Poi
si alzò,
lasciandola lì, col cellulare in mano a fissare il vuoto.
Lei
lentamente rispose.
“Ciao
Musa,
sono Daisuke, volevo solo sapere come
stavi!”, disse una
voce.
Ma
lei non parlò,
continuando a fissare il vuoto davanti a sé.
Il
vuoto della sua
vita, il vuoto dello spirito delle parole, il vuoto di quello che
sarebbe dovuto essere il proprio futuro.
Senza
di lui.
Continua...
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