Vernice
A casa ho sempre avuto
tanta, ma tanta vernice. Avrei potuto sporcare l'Europa.
Avevo un secchio di vernice bianca, un colore bugiardo e masochista.
Avevo un secchio di vernice viola, un colore triste e allegro allo
stesso tempo. Per questo nessuno lo capiva.
Avevo un secchio di vernice arancione, un colore solitario. Troppo
acceso per essere un allegro giallo e troppo spento per essere un
passionale rosso.
Avevo un secchio di vernice nera, un colore muto. C'era sempre qualcuno
che diceva le cose prima di lui, vendendole come realtà.
Avevo un secchio di vernice grigia, un colore inflazionato. Lo odiavano
tutti ma poi lo mettevano ovunque.
E con i miei secchi di vernice coloravo e infettavo la città.
Scaraventavo la vernice sui muri, sui palazzi e sugli alberi. Una
macchia a destra, una a sinistra. Cantavo ballate macabre mentre
gettavo la vernice bianca e canzoni di non-amore mentre gettavo la
vernice nera. Scagliavo il grigio addosso ai bambini urlando loro che
Babbo Natale non esiste; i bambini sorridevano e mi ringraziavano.
Sputavo i buoni propositi nella vernice arancione e li vedevo mentre si
scioglievano come cera al sole. La vernice viola la buttavo sui nobili.
Il viola è uno di quei colori che detestano e quindi avrei
potuto fare in modo che lo amassero crudelmente, ma i miei buoni
propositi erano spariti nella vernice arancione.
A casa ho sempre avuto una Stella. Era precipitata dal cielo
perché la Luna non la voleva, aveva troppe punte.
"La Luna è aristrocratica e corrotta da tutte le siringhe
che si è autoconficcata nel suo petto invisibile" mi
urlò la Stella senza nemmeno salutarmi. Andai a controllare
e vidi le siringhe. La Stella e io diventammo buoni amici e lei mi fu
sempre accanto mentre gettavo la vernice. Mi fece conoscere l'azzurro,
un colore subdolo e malefico imprigionato nella purezza. Mi fece
conoscere il blu, un colore che usai per far scomparire il rosso e il
giallo. La vernice arancione fu contenta e si innamorò del
blu. Mi abbandonarono per sposarsi e i miei buoni propositi ritornarono.
Conobbi una ragazza, ci frequentammo per quattro giorni.
Il primo giorno lei rimase affascinata dalle mie vernici e mi
aiutò gettando per la città secchi di vernice
rosa, un colore immobilizzato nella sua stessa essenza. Non mi piaceva
il rosa ma per tutto il giorno usai solo quel colore. La Stella mi
sussurrava di stare attento e di non inquinare le mie vene, ma io non
le diedi ascolto.
Il secondo giorno la ragazza riportò in vita il rosso e me
lo scaraventò addosso. Io ero contento e feci la stessa
cosa. La Stella mi diceva che era tutta una Fantasmagoria inconsistente
ma io non le diedi ascolto.
Il terzo giorno la ragazza era distratta, gettava a caso barattoli di
vernice senza colore, ammirando la realtà. La Stella mi
ripeteva di gettarle addosso un secchio di vernice marrone e scappare.
Io presi la vernice verde e la scaraventai addosso alla stella,
cospargendola di invidia. Lei andò ad osservare la Luna e a
mangiarsi le sue ginocchia inesistenti per l'invidia. La Luna fu
grottescamente contenta di vedere quella scena e si tolse le siringhe
dal corpo celeste.
Il quarto giorno trovai la ragazza che dipingeva con un pennello
insieme ad uno stupido pittore realista. Le gettai addosso un secchio
di vernice grigia, poi uno di vernice bianca, poi uno di vernice
marrone. Non successe niente. La Stella mi disse che non sempre il
giusto risiede nel bello.
Mi odiai profondamente. Gettai un libro Nonsense nella vernice nera
perché faceva ridere e mi aveva ingannato. Colorai la mia
casa di verde e distillai la mia rabbia in un barattolo di vernice
senza colore, senza odore, senza sapore. Andai insieme alla Stella
davanti alla Luna. Insieme le lanciavamo offese e ingiurie, scagliando
una freccia a forma di realtà. La Luna smise di essere
aristocratica e si conficcò di nuovo centinaia di siringhe
piene di una soluzione allucinante. Il giorno dopo la Stella era
scomparsa.
Adesso passo il tempo a gettare vernice su chi sporca i fogli
consapevolmente, su chi crede nel vero amore e su chi crede che il
Nonsense faccia ridere, chiedendomi se la gente ha paura della
verità.