The Boy Who Waited 3
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Lo
so, vi avevo promesso di aggiornare mercoledì scorso ma ho avuto
davvero delle settimane di fuoco xD Tra studio, ospiti a casa, i miei
amici che mi trascinavano ovunque e stanchezza incredibile non ho
proprio avuto il tempo. Perdonatemi ç_ç
In compenso godetevi un capitoletto più lungo del solito, anche se vi avverto... pain.
Fluff, angst, fluff. Spero di non distruggervi, e che arriverete "sani" (relativamente) alle note finali.
Enjoy cwc
Soundtracks
che ho
ascoltato scrivendo il capitolo
(Come sempre ci sono le soundtrack a "tema", e con questo capitolo vi è l'aggiunta di due nuove tracce dei Sleeping at Last.
Mi hanno anche ispirato col testo) Intanto vi posto quella con cui
iniziare a leggere, le altre le troverete nel corso del capitolo ;)
1. https://www.youtube.com/watch?v=YJsF7sHpaPs
The Boy who Waited
Too
late
Quando Castiel tornò
sulla Terra per la quarta volta, il suo radar angelico lo
trasportò in un giardino che non aveva mai visto prima.
Una palla colorata gli ruzzolò accanto alle gambe e
rischiò di farlo inciampare, costringendolo a fare un passo
di lato. Un ragazzino biondo arrivò subito dopo, ridendo ed
afferrando la palla gonfiabile.
Quando lo notò, tuttavia, impallidì spaventato.
«Zio...?» chiamò debolmente,
indietreggiando.
Castiel sapeva che avrebbe dovuto tranquillizzarlo, magari rivelandogli
che aveva solo commesso un errore di calcoli e sbagliato casa.
Allargò le braccia e si preparò a dir qualcosa
quando una voce abbastanza rauca gli giunse alle orecchie, insieme
all'uomo che era appena emerso sull'uscio.
«Che succede, John?»
Quella voce...
Castiel alzò il volto nello stesso istante in cui l'uomo
sulla porta faceva altrettanto.
Il volto dell'uomo si distese.
«Cas...?»
Allora non aveva sbagliato.
«Dean...» rispose Castiel, ma qualcosa gli si
agitò nello stomaco.
Osservò il bambino, poi il giardino, ancora smarrito.
Il bambino raggiunse Dean e gli si aggrappò al fianco, e il
cacciatore gli accarezzò i capelli sorridendo.
«Eih Cas, questo è John. John, questo è
Castiel.»
«Piacere...» balbettò il ragazzino
porgendogli timidamente una mano.
Castiel guardò Dean, confuso, e Dean si limitò ad
annuire.
«C-ciao John» disse Cas, stringendogli brevemente
la mano. Il ragazzino si schiarì la gola, e notando il
disagio Dean decise di intervenire.
«Cas è un vecchio amico di famiglia.
Papà sarà felice di vederlo, quando
tornerà stasera!»
Papà? si interrogò Cas, mentre i pezzi del puzzle
iniziavano a incastrarsi.
«Torna a giocare, dai!» Dean diede una pacca sulla
spalla del ragazzino, e quello corse via, in direzione di una piscina
dove una ragazzina identica a lui agitava i piedi. La piccola aveva i
capelli biondi legati in due codine e urlò quando il bambino
la gettò in acqua.
«Sono ragazzi» rise Dean perso a fissarli,
scuotendo piano la testa.
Cas tuttavia non riusciva a distogliere lo sguardo da lui.
C'era qualcosa di profondamente sbagliato e diverso in Dean.
Forse nei capelli, adesso meno folti e vagamente ingrigiti, o forse nel
volto stanco e scolorito, o nelle leggere rughette ai lati degli occhi
e della bocca.
Dean si voltò a guardarlo, e Cas si sentì come
scoperto a frugare di nascosto.
Arrossì e distolse lo sguardo, con un brivido che gli
attraversava la spina dorsale.
Quei ragazzini, papà...
«Sono i figli di Sam?»
Dean annuì.
«Sì» confermò, senza
aggiungere altro.
Castiel sentiva i suoi occhi addosso. Si morse il labbro inferiore.
«Quanti... quanti anni...»
«Sono passati? Dieci» rispose Dean come se stesse
parlando del tempo. Tuttavia, Cas poteva percepire una certa tensione
nella sua voce. «Mary e John hanno otto anni, sai? E ce
n'è un terzo, lì dentro» il suo volto
si intenerì al pensiero «il piccolo Adam. Ha solo
sei mesi, vuoi vederlo?»
Dieci anni, pensò però Cas, avvertendo
all'improvviso la gola secca.
«Certo» disse invece, sperando che la voce non
tremasse troppo.
Dean si mosse subito verso la casa, senza guardarlo, e Cas si
affrettò a stargli dietro. «Dean...»
«E' piccolissimo, devi vederlo. Ha preso tutto da
Sammy.»
«Dean...» ripeté Cas, senza demordere.
«Io... mi dispia-»
«Se ti stai chiedendo dov'è Sam, lui e Adrianne
sono andati a fare shopping. Delle ragazzine, vero? Gliel'ho detto
anche io. Lui si è incazzato. Dettagli» rise con
forse troppo entusiasmo, mentre superavano il salotto e la cucina,
diretti probabilmente alla camera del neonato «E quindi mi ha
chiesto di fargli da baby-sitter. Non che mi dispiaccia, sia chiaro.
Quei marmocchi, loro... è bello stare con loro,
sai?»
«Dean!»
Castiel gli afferrò il polso, costringendolo a fermarsi.
Dean si voltò a fronteggiarlo, con un secco: "Che
c'è?" e all'improvviso a Cas tremavano le ginocchia.
Non aveva il coraggio di chiedergli perché stesse cercando
di evitare il discorso, perché stesse straparlando per non
affrontarlo.
Castiel però non gliel'avrebbe permesso.
«Mi dispiace, Dean!» gli comunicò con
eloquenza, strattonandogli piano il braccio. «Io non potevo
immaginare... ti giuro che non dipende da me. Non credevo che sarebbe
passato tanto tempo, te l'avevo promesso e...»
Gli occhi pizzicavano e non sapeva spiegarsi perché
«E io volevo mantenere la promessa. Te lo giuro, devi
credermi.»
«Okay» replicò Dean, atono, scrollando
le spalle. Gli fece un cenno con la testa verso la porta.
«Comunque la stanza di Adam è da quella
par-»
«Dean, parlo seriamente!» Cas gli tirò
di nuovo il polso e a quel punto Dean esplose.
Forse si era trattenuto fino a quel momento, forse era inevitabile.
Strattonò il polso dalla presa di Castiel, con un movimento
brusco, e gli si pose davanti, furioso.
«Che vuoi, Cas? CHE CAZZO DOVREI DIRE?!»
Castiel aprì bocca per rimediare... la situazione gli stava
sfuggendo di mano.
Ma Dean non gliene diede il tempo.
«Che dovrei dire?! Che va tutto bene? Che va bene che mi hai
abbandonato di nuovo, dopo che mi avevi promesso che saresti tornato?
Vuoi che ti dica che non è cambiato niente, che è
tutto apposto, tanto cosa vuoi che siano dieci fottuti ed interminabili
anni. E' questo che vuoi? Che ti dica che io sto bene?
Perché non è così, Cas! Non sto bene!
E niente va bene! Quindi, dimmi. Cosa vuoi, Cas? COSA?»
Castiel si ritrovò totalmente preso alla sprovvista.
«Io... io non lo so. Volevo solo... farti capire.»
«E ho capito, dannazione! Questo dovrebbe forse far meno
male? Perché...» Dean si portò un pugno
alle labbra, quasi per frenarsi. Poi distolse gli occhi lucidi.
«Lasciamo perdere» si trattenne, deglutendo
«Non voglio parlarne. Non voglio allarmare i ragazzi,
né svegliare Adam. Che tra parentesi è nell'altra
stanza, se vuoi vederlo. E se non vuoi vederlo vaffanculo.»
«Dean...» tentò ancora debolmente Cas,
sollevando una mano, ma Dean era schizzato già via, diretto
alla stanza e reggendo la porta per lui.
Cas sospirò e riabbassò il braccio, rassegnato.
Poi cautamente seguì l'amico all'interno della camera. (Qui)
Dean richiuse la porta, immergendoli nella semi-oscurità
delle quattro mura, e si volse verso di lui con un dito sulle labbra,
ad intimargli silenzio.
Cas annuì, non avendo altra scelta, e Dean avanzò
con passi felpati fino ad una culla dalle sfumature bluastre.
Mentre Dean rivolgeva al piccolo una vocina infantile e comunicava in
bambinese, Cas ne approfittò per dare una veloce occhiata
alla stanza: le pareti erano colorate a rappresentare paesaggi allegri,
montagne, fiori colorati, ed un cielo più azzurro di quello
reale.
Il pavimento era cosparso di giocattoli di tutti i tipi, da peluches, a
robot metallici, a dinosauri, e perfino un lungo trenino sul quale Cas
inciampò senza ritegno.
Al tramestio prodotto dal suo piede in fallo, che lo buttò
dritto su una cassettiera piena di libri, il bimbo si
svegliò e iniziò a frignare.
Castiel cercò di riemergere dal cumulo di libri per bambini
che gli erano piovuti addosso, e Dean si voltò un attimo per
soccorrerlo. Poi però il bimbo pianse più forte e
Dean deviò traiettoria e andrò a prenderlo in
braccio.
«No, va tutto bene, va tutto bene, è solo lo zio
Cas che è un po' svitato» cercò di
consolarlo Dean coccolando il bambino tra le braccia, con un dito
vicino alla sua bocca.
Il bimbo continuò a piangere, rosso in volto, e ad agitare i
pugnetti.
«Ah!» sbuffò Dean, esasperato,
regalandogli un'occhiataccia. «Ecco adesso l'hai svegliato.
Hai idea di quanto ci abbia messo per farlo addormentare?»
«Scusa» sibilò Castiel, spostando con
sgarbo il trenino incriminato e rimettendosi in piedi. Si
spolverò il trench e poi agitò due dita.
La cassettiera si rialzò magicamente e i libri tornarono al
loro posto, in una sequenza ordinata.
Dean lo guardò con tanto d'occhi, agitato.
«Ma che ti salta in mente?! E se ti vedesse
qualcuno?»
«Non c'è nessuno in questa stanza, Dean»
replicò Castiel, levando un sopracciglio «a parte
me e te e... lui. A meno che non pensi che un bambino che non sa
neanche parlare possa denunciarmi.»
Dean tramontò gli occhi al soffitto e poi lo
ignorò, concentrando tutta la sua attenzione sul piccolo,
che continuava a vagire, con grossi lacrimoni che gli emergevano dalle
palpebre.
«Oh no, no, ti prego, fermati... eeeih piccolo Adam? Chi
è il bambino più bello del mondo? Eh? Ma sei
tu!» tentò Dean inutilmente mentre il piccolo
simulava un conato dallo stress.
«Forse ha fame» tentò Cas, avvicinandosi
piano e sporgendosi oltre la spalla di Dean.
«Nah, gli ho dato il biberon mezz'ora fa. Non può
avere ancora fame!»
«Beh, mi ricorda qualcuno...» provò a
scherzare Cas alzando su di lui un'occhiata giocosa.
Dean si bloccò un attimo, come se stesse processando, poi si
voltò a guardarlo, e sollevò un sopracciglio.
Tuttavia, il suo tentativo di rimanere impassibile e duro nei suoi
confronti svanì non appena i loro sguardi si incrociarono.
Dean ghignò, riabbassando lo sguardo, sempre con quel
sorriso dolce che a Cas era tanto mancato.
Dieci anni... dieci lunghi anni.
Come aveva potuto...
Perdersi dieci preziosi anni della vita di Dean. Non era giusto.
Cas si costrinse a guardare qualcos'altro che non fossero le lentiggini
del cacciatore, o le sue lunghe ciglia, e così si
ritrovò a scrutare la culla del bimbo.
Proteso sopra la culla vi era un archetto azzurro, e ad esso appese
delle stelline colorate, dei pianeti e, Castiel aguzzò la
vista, perfino degli angioletti.
Erano i classici angeli che gli umani amavano rappresentare, con le
faccette tonde e il pancino scoperto, il corpo celato solo da un drappo.
Eppure, uno degli angioletti, quello più centrale, era stato
modificato. Qualcuno gli aveva cucito un piccolo trench addosso, e una
cravatta blu.
Cas avvertì come un pugno allo stomaco. Distese il volto,
socchiuse le labbra.
Oh Dean... pensò e cercò subito i suoi occhi.
Ma Dean non lo stava guardando. Stava ancora agitando dolcemente Adam,
dandogli piccole pacche tra le scapole per farlo calmare.
Ma niente.
«Posso... posso provare io?» si offrì
Cas, sentendosi in debito. Dean gli rivolse uno sguardo accigliato,
sicuramente pronto a rifiutare, ma poi Adam pianse più forte
e capitolò.
Si lasciò scivolare il bimbo di nuovo sulla piega del
gomito, e poi lo porse all'angelo.
Castiel si limitò a poggiargli due dita sulla fronte, e il
bambino si calmò all'istante.
Ora che poteva guardarlo meglio, assomigliava davvero a Sam, a
differenza di John e Mary che erano biondi come la mamma.
Il piccolo Adam aveva radi capelli castani, lo stesso naso un po'
all'insù di Sammy, e perfino i medesimi occhi verdi.
«Hai usato il tuo mojo angelico?» volle informarsi
Dean, diffidente, rivolgendogli un'occhiata indagatoria.
«No» obiettò Cas, sincero, e perfino lui
era stupito di come il bimbo si fosse calmato all'improvviso. Forse era
solo spaventato dalla presenza di uno sconosciuto.
Contento comunque di aver fatto un favore a Dean, fece per allontanare
le dita dalla fronte del piccolo, che quello gliele afferrò,
ridendo e agitando i piedini dalla gioia.
Le sue dita erano minuscole, e stringevano quelle di Cas come se
fossero un orsacchiotto, poi iniziò a mordicchiarle.
«Oh, io non... non so come spiegarlo»
cercò di giustificarsi Cas, in imbarazzo, ma
sentì Dean ridere e così rialzò gli
occhi.
Dean lo guardava con una dolcezza che faceva male.
«A quanto pare gli piaci.»
Cas si chiese se stesse ancora parlando del bambino, o di se stesso, ma
Dean strinse di nuovo Adam, che quindi lasciò la presa su
Cas, e poi lo sollevò un po' per guardarlo negli occhi.
«E così ti piace lo zio Cas, eh? Ah,
monellaccio!»
Gli soffiò nel pancino e quello iniziò a ridere,
muovendosi tutto. Dean rise con lui e poi lo adagiò di nuovo
nel box, accarezzandogli la testa e avvicinandogli il ciuccio.
«Se gli fai questo effetto, dovrei invitarti più
spesso» ghignò Dean, ancora curvo sul box.
Castiel allungò una mano per stringergli la spalla ma quando
Dean si raddrizzò sulla schiena, la ritirò e
strinse i pugni.
Desiderava davvero dimostrargli di essere dispiaciuto, e scusarsi, ma
temeva che Dean potesse reagire male.
E gli restava così poco tempo da passare con lui, prima che
il portale reclamasse di nuovo la sua presenza, che non voleva
sprecarlo a litigare.
Ogni attimo era prezioso, e lui voleva solo che Dean fosse felice.
Forse sentendosi osservato, Dean si voltò a rintracciare il
suo sguardo «Eih, che ne dici se usciamo da qui? Non vorrei
che inciampassi in qualche altro trenino e rischiassi di svegliarlo,
sai...»
«Dean!» lo rimbeccò Cas, offeso, e Dean
scoppiò a ridere, all'improvviso incurante del bambino, e
gli diede perfino un buffetto sulla nuca.
Quando smise di ridere si asciugò perfino gli occhi, e prima
di uscire dalla stanza, mosse una mano a bloccare il petto di Castiel.
«A parte gli scherzi, sono davvero felice di
rivederti» gli rivelò, con un filo si voce, e Cas
si perse nei suoi occhi, incapace di dire altro.
«E così, questo è stato l'ottavo
compleanno dei gemelli» concluse Dean, girando l'ultima
pagina dell'album di famiglia. «So che queste robe non si
usano più, ora con facebook e tutta la questione delle foto
online ma... non mi sono mai davvero fidato della tecnologia.»
«E' bello» lo interruppe però Castiel,
sporgendosi al suo fianco per guardare meglio la foto.
Lo scatto ritraeva una crostata gigante, con la fantasia di una
trappola del diavolo in cima, e dietro due sorridenti John e Mary. Sam
e Adrianne erano abbracciati sullo sfondo, tenendo ognuno la spalla del
figlio che aveva davanti.
Adrianne aveva il pancione, notò Castiel.
E poi la ragazza coi capelli rossi, Charlie se Castiel non ricordava
male, e Garth e la sua fidanzata, e infine eccolo lì, Dean.
Bello come lo ricordava, con un sorrisone che andava da orecchio a
orecchio, e gli occhi brillanti.
Castiel si ritrovò inconsciamente a sorridere a sua volta.
«Oh, e per inciso, ti giuro che l'idea della crostata di mele
non è stata mia. Sammy mi odierà a vita per
questo, ma quando John e Mary erano piccoli io li ingozzavo di
crostate, e così adesso la adorano quasi quanto
me.»
Dean ridacchiò e Castiel sentì vibrare il suo
stomaco, dal momento che aveva un braccio a contatto con lui. L'aveva
allungato per lisciare la foto ed evitare i riflessi della plastica che
rischiavano di accecarlo, e quando si accorse del calore
ritirò il braccio con foga, in imbarazzo.
«E la trappola del diavolo invece?»
domandò per cambiare argomento. «Idea
tua?»
Il sorriso di Dean si incrinò. Il suo sguardo si fece
distante.
«Già» confermò e Cas si
sentì un mostro per avergli spento la gioia in una parola.
«Scusami, non volevo...»
«Fa niente» Dean cercò una posizione
più comoda sul divano «Come puoi immaginare
continuo tutt'ora a cacciare. Penso che non smetterò
mai...»
«E Sam? Ha mollato definitivamente?»
Dean si massaggiò la spalla, poi si voltò verso
di lui, ma ancora senza guardarlo.
Si leccava le labbra come alla ricerca di qualcosa da dire.
«Lui si è proposto di aiutarmi un paio di volte,
nei casi più intricati» rivelò,
finalmente guardandolo.
Aveva gli occhi pieni di paiuzze verdi. Il tempo passava impietoso ma i
suoi occhi erano sempre gli stessi.
«Ma mi sono rifiutato» si agitò di nuovo
sul posto, chiudendo l'album e alzandosi per riporlo nella libreria.
«Voglio dire, non potevo chiedergli tanto. Ora lui
è felice, ha una famiglia, dei bambini, non... non possono
perderlo. Se gli succedesse qualcosa non potrei mai
perdonarmelo.»
Cas notò le sue spalle tendersi sotto la maglietta e
così si alzò per raggiungerlo.
«E tu, allora?» domandò, veemente e
apprensivo «a te non ci pensi? Se a te succedesse
qualcosa?»
«A chi importerebbe?»
«A Sam!» rispose Castiel, sconvolto.
Dean rise senza allegria.
«E a me!» continuò Castiel afferrandogli
la spalla e costringendolo a voltarsi.
«Dean, non puoi davvero pensare...»
«Io non ho niente Cas!» Dean afferrò la
mano dell'angelo dalla sua spalla e la allontanò, non senza
una certa aggressività «E chi non ha niente non ha
niente da perdere...»
«Non puoi davvero pensare di non contare nulla!»
Cas non poteva credere alle sue orecchie. Erano passati dieci anni ma
Dean non era affatto cambiato.
«A me importa. E importerà sempre.»
Dean rise con amarezza, scuotendo la testa e sfuggendogli dal campo
visivo.
«Certo, sicuro.»
«Dean...»
«Se te ne fosse davvero importato qualcosa saresti rimasto,
Cas. Ma non è successo.»
Ed eccolo di nuovo. Castiel sospirò, sentendosi stremato.
Sapeva che prima o poi il discorso sarebbe riemerso.
Ed era giusto così: Dean aveva il pieno diritto di essere
arrabbiato. Cas sapeva che prima o poi avrebbero affrontato il
discorso, ma questo non lo rese più pronto, o forte.
«Io... tu sai che se dipendesse da me...»
«Fino a quando starai? Mezzanotte? E poi volerai via come
sempre?»
Cas non rispose, si limitò a guardarlo, cercando di
trasmettergli tutto il suo dolore, il suo senso di colpa, il suo
rimpianto. Dean si morse l'interno della guancia forse per non urlare.
Poi gli diede nuovamente le spalle.
Gli stava sfuggendo. Ogni secondo di più.
Ad ogni visita Dean era più distante.
Gli stava sfuggendo dalle mani come tutta quella situazione, e l'unico
desiderio di Cas era di richiudere le dita, e trattenerlo, e stringerlo
al petto, ma appena provava a muoversi non era rimasto più
nulla. Le sue mani erano di nuovo vuote. Dean non era più
lì.
«Scusami...» continuò Dean, con la voce
spezzata. Cas si chiese se non stesse piangendo, ma non ebbe il
coraggio di chiederglielo o di assicurarsene di persona. Dean si
strinse la base del naso, l'altra mano sul fianco, e fece qualche passo.
«Scusami. Sto rovinando tutto, ancora una volta...»
«No, sono io che sto rovinando tutto...»
«Non è colpa tua Cas!» Dean si
voltò a fronteggiarlo, lasciandolo attonito per un istante.
«Ho aspettato per dieci anni questo momento e adesso sei qui
e io sto facendo lo stronzo e sto rovinando tutto io... io...»
Ed eccoli lì gli occhi lucidi. Cas istintivamente
allungò una mano per catturare le lacrime ma Dean lo
precedette e si strofinò gli occhi con rabbia.
«Che coglione. Scusami. Sto bene» prese un grande
respiro e poi annuì, quasi per autoconvincersi. O convincere
Castiel.
«Non pensiamo a quando andrai via.»
«Dean...»
«Se ci pensiamo già ora è come se te ne
stessi già andando, no? E invece sei qui. Durerà
poco ma non importa, tu sei qui, è questo che importa. Non
voglio rovinare questo momento. Birra?»
Cas stava per ripetere "Dean", ma l'ultima richiesta gli fece deglutire
ogni replica.
Si limitò a sollevare un angolo della bocca, e Dean sorrise.
Un sorriso vero, e Cas non ebbe cuore di dirgli che restava solo poco
più di un'ora.
Perché sapeva che questa separazione l'avrebbe spezzato.
Avrebbe spezzato Dean, e avrebbe spezzato lui stesso.
Cas non voleva che quel momento arrivasse.
Avrebbe desiderato poter fermare le lancette, e il tempo, e sorridere a
Dean e annunciargli che sarebbe restato con lui per sempre.
Anche se per sempre non esisteva per Dean, esisteva per Cas, e tanto
bastava.
Ma il solo fatto di non potergli donare questa gioia dilaniava Cas come
una coltellata al cuore.
Avrebbe dato tutto, qualsiasi cosa, per poter restare con Dean.
E invece non disse niente. Rimase a fissarlo mentre gli dava la
schiena, diretto alla cucina per prendere due birre.
Rimase a guardarlo mentre gli scivolava dalle dita, senza poter far
nulla per trattenerlo.
**
(Qui)
{a ripetizione fino alla fine ahah}
«Ti manca bere birra, lì sulle nuvole?»
lo interrogò Dean, distratto, portandosi la bottiglia alle
labbra e traendone un lungo sorso.
Erano sdraiati vicini sul prato, le braccia distese che si sfioravano,
e lo sguardo rivolto alle stelle.
«Un po'» dovette ammettere Cas che lo
imitò: la birra era agrodolce come la ricordava, come tutte
le volte che l'aveva bevuta al fianco di Dean e Sam, in passato.
Quando ancora dovevano fermare l'apocalisse e Dean l'aveva portato in
quel luogo di perdizione che gli umani chiamavano bordello.
Sorrise al ricordo, gli occhi puntati al cielo, e Dean parve
insospettirsi del suo improvviso cambiamento perché
sollevò un po' il volto, per scrutarlo meglio.
«Io direi molto» lo corresse notando la sua
espressione.
Castiel tornò al presente, ruotando il collo per incontrare
il suo sguardo.
E sorrise.
Semplicemente sorrise.
Perché tutto il tempo in paradiso svaniva di fronte a questi
unici attimi sulla terra: era solo in questi momenti che si sentiva
davvero a casa.
Con Dean accanto.
Perfino sdraiati su un giardino umido, con gli steli d'erba che gli
solleticavano il collo e le mani, e le formiche che gli zampettavano
indisturbate sul trench, e il profumo di terra bagnata, e i fiori, e lo
zigare delle cicale, e lo stormire del vento sugli alberi, e il profumo
di dopobarba e di giacca di pelle di Dean.
Tutto questo sapeva di vivo.
Di bello.
Di casa.
Rimasero a fissare il cielo per un po', poi Dean ruppe il silenzio.
«Lo facevi mai questo, in paradiso?»
«Cosa?» si informò Cas, corrugando la
fronte.
Dean aveva ancora gli occhi puntati al cielo, e le labbra sollevate
come un bambino rilassato.
«Guardare le stelle. Lo facevate mai?»
Castiel lo imitò e tornò a guardare il cielo blu
puntellato di piccole lucine.
«Non proprio» rispose, perché "no" era
troppo definitivo.
«Davvero? Chissà che palle...»
«Non abbiamo molto tempo per noi stessi, lì in
Paradiso.»
«Già, dovere, dovere e ancora dovere,
vero?»
«Sì, e qualche uccisione di demoni di tanto in
tanto.»
Cas non ebbe bisogno di voltarsi per accorgersi che Dean stava ridendo.
Sentì lo sbuffo della sua risata e d'istinto sorrise anche
lui.
«Io e Sam lo facciamo sempre, invece»
continuò Dean, concedendosi un altro sorso di birra.
«E' rilassante. Semplicemente stare seduti sull'Impala, o
sdraiati a terra, a guardare il cielo. Non abbiamo mai avuto davvero
una casa, e guardare le stelle era un po' come tornarci,
capisci?»
«Sì, capisco» e capiva davvero: provava
lo stesso quando riabbracciava Dean. Qualcosa dentro di lui
però gli suggerì di tenere la bocca chiusa a
riguardo.
«Perché sai... basta che ci pensi... chiunque,
alzando lo sguardo, scorge il cielo. Che ti trovi in America, o in
Europa, o in Australia, o perfino in Antartide... o in Paradiso...
comunque alzi gli occhi e il cielo e le stelle son sempre
lì, uguali per tutti. E' come stare sotto lo stesso tetto,
sai? Come essere protetti, in un certo senso. E collegati. Ti fa...
sentire meno solo.»
Castiel strinse le palpebre, cercando di non farsi sommergere dalle
emozioni.
Dean doveva essersi sentito molto solo in quegli anni, ed era per colpa
sua...
«E tutte le stelle... continuano a brillare. Anche dopo
milioni di anni, sono sempre lì, nello stesso posto. Sai
quante generazioni si sono rincorse sotto di loro? Gli antichi romani
guardavano le stesse stelle che guardiamo noi. Ti fa pensare a quanto
il tempo sia relativo, a quanto noi umani siamo piccoli e
insignificanti, e a quanto sia breve la nostra vita.»
«Non siete piccoli e insignificanti»
ribatté Cas, ma Dean lo interruppe nuovamente, agitando una
mano come per spiegarsi.
«Nel grande disegno, sì. In passato pensavo che
avessi tutto il tempo del mondo...»
Castiel, come una calamita, si ritrovò a guardarlo: aveva
pure i capelli ingrigiti e il volto più teso, ma era sempre
lo stesso. Lo stesso Dean.
Non era cambiato niente.
Non per Cas.
«Rimandavo sempre tutto, cercando un'occasione migliore, un
momento migliore. Ma poi ho capito che le occasioni vanno prese al
volo, perché poi non si ripresentano più. Che non
esiste un momento migliore, esiste solo il momento. E poi ti ritrovi ad
essere vecchio, e ad aver rinunciato a tutto, e per cosa? Per
l'orgoglio. Pensi di avere il tempo per fare tutto, e il giorno dopo
è già troppo tardi. E' sempre troppo
tardi.»
La gioia e la calma che prima avevano animato Dean sembravano averlo
totalmente abbandonato, adesso.
«Ho passato la vita a crearmi problemi, a pensare che la mia
esistenza non valesse nulla, che fossi solo un soldatino obbediente, e
poi una macchina da guerra, e... e solo lo strumento di
papà. Ho incolpato Sammy per questo, per troppo tempo... ho
pensato che l'unico mio compito fosse quello di proteggerlo. Di
difenderlo, e di impedire che gli succedesse qualcosa di grave, ma che
a me succedesse, quello non aveva importanza. Io non avevo importanza.
E mi ci è voluto un po' per realizzare che invece era un
miracolo.»
«Cosa?» domandò Castiel, piegando un po'
il capo.
Dean fece una smorfia. «Esistere. Esserci. Respirare. Vivere.
Assaporare ogni momento come se fosse l'ultimo. Diciamo che ho imparato
cosa significa.»
Cas batté le palpebre, chiedendosi se Dean non stesse
parlando di lui.
Si sentì nuovamente in colpa e Dean scosse la testa, con una
risatina veloce.
«No, va tutto bene, Cas. Sono felice di riaverti. So che
andrai via, e non sono sicuro se tornerai, ma intanto cerco di vivere
questi momenti come se non dovessi tornare mai più. Come le
stelle... continuano a splendere anche dopo che sono morte, sai? Nel
momento successivo alla loro morte brillano ancora di più,
quasi a non voler far sapere al mondo che sono morte. Dio, questo
discorso non ha senso, sembra quello de Il Re Leone.»
«Non è che brillano di più»
lo corresse Cas, con fare tecnico «E' che si trasformano in
supernove e quindi...»
«Oh, va al diavolo!» Dean lo spintonò
giocosamente e poi scoppiò a ridere «Non rovinare
l'atmosfera! Avevo fatto un bel discorso poetico,
dannazione...»
Cas si sollevò sui gomiti per guardarlo in faccia.
«Scusa.»
«Dai, scherzavo» lo tranquillizzò Dean
agitando una mano, come a scacciare una mosca molesta.
Rimasero in silenzio, regolato solo dallo zigare delle cicale, durante
il quale Dean fissava il cielo, scrutando le stelle, e Cas fissava
Dean, desiderando che quel momento non dovesse finire così
presto.
Poi Dean spostò gli occhi, incontrò i suoi e
assunse un'espressione interrogativa.
Cas si limitò a fare una smorfia.
«Posso chiederti una cosa?»
Se anche Dean fosse rimasto sorpreso dalla richiesta, non lo diede a
vedere.
«Certo.»
«Perché il giorno del matrimonio di Sam tutti sono
scoppiati a ridere quando ho afferrato il bouquet?»
Dean spalancò gli occhi e iniziò a ridere,
battendo perfino le mani.
«Oh, ecco, ora lo stai facendo anche tu. Potresti spiegarmi
perché? Che c'è di così
divertente?»
«Ancora te lo ricordi...» Dean non sembrava
crederci «Assurdo...»
«Per me non è passato molto tempo, ricordi? E
comunque, mi avevi promesso che l'avresti spiegato quando ci saremmo
rivisti.»
Dean annuì, colpevole. «Era una sciocchezza, Cas.
Una tradizione di noi umani... sai, se una persona afferra il bouquet
significa che si sposerà presto. Noi l'abbiamo afferrato in
contemporanea, quindi significava che ci saremmo sposati»
Dean rise ancora, al ricordo «Forse per questo sono single.
Il destino voleva che sposassi te.»
Castiel si chiese se fosse serio oppure no, e optò per la
seconda. Improvvisamente entusiasta, preparò un'altra
domanda.
«Raccontami della tua vita, Dean.»
«Cosa?» replicò Dean, preso alla
sprovvista.
«Sì» insistette Cas iniziando a
giocherellare con uno stelo d'erba «Mi hai raccontato per una
giornata della vita di Sam, e sono curioso... tu come stai? A parte la
caccia, cosa fai?»
Dean allungò la bocca a papera, come se ci stesse
riflettendo.
«Niente di che...» si portò
distrattamente la bottiglia alle labbra e si regalò tre
lunghi sorsi. «La solita vita. Licantropi, vampiri, fantasmi,
Djinn, e altri bastardi soprannaturali. La mia baby resta sempre con
me, anche se ho dovuto riparlarla almeno tre volte in questi dieci
anni. Inizia a fare un po' i capricci, ma la capisco, gli anni passano
per tutti... a me inizia a far male la schiena, a lei il motore, a
quanto pare.»
«E sei sposato?» chiese Cas, cercando di non
risultare troppo interessato.
Dean corrugò le sopracciglia e poi lo guardò come
se fosse pazzo.
«Sposarmi, io? Nah. E comunque ho più di
cinquant'anni, Cas.»
«E allora?» Cas inclinò di nuovo il
capo, confuso.
«E allora?» Dean rise di gusto, battendo perfino la
testa sul terreno per lo sfogo. Quando si fu calmato parlò
con la voce più acuta. «Non sono mica un attore
famoso, che mi vado a cercar moglie a quest'età! E poi...
non sono il tipo.»
«Che significa?»
«Ma fai sempre domande, tu?» lo
rimbrottò Dean, per gioco.
«Scusa.»
«No, è okay. Ho avuto un po' di storie in
effetti...» Dean aveva di nuovo lo sguardo distante, remoto,
gli occhi persi nel cielo infinito, e Cas si sentì
nuovamente fuori posto.
Ripensò al momento in cui si erano salutati, dopo il
matrimonio di Sam. A quanto ancora era giovane e pieno di speranze, il
suo cacciatore.
E a come adesso invece sembrava spento. Nonostante le belle parole
sulle stelle, Cas poteva avvertire l'immenso vuoto che divorava Dean.
Si sentì un verme per esserne, forse, la causa.
«Sono stato con una certa Carmen tra le storie
più, ehm, importanti... quasi tre anni. Ma poi non ha
funzionato. E' finita...»
«Oh, mi dispiace» gli rivelò Cas, e si
infilò le unghie nei palmi per combattere l'istinto di
stringerlo. Di... semplicemente di toccarlo, per assicurarsi che fosse
ancora lì.
Perché Dean era lì, ma i suoi occhi no. I suoi
occhi erano da un'altra parte.
«Beh, non dispiacerti. Tutte le cose finiscono. E' la
vita...»
Cas non riusciva a guardarlo, ridotto così.
«Dean, io...»
«Devo fare due passi» ribatté Dean,
freddo, e si mise in piedi in un attimo, allontanandosi.
Cas si maledisse tra i denti, poi saltò su per raggiungerlo.
Dean adesso ondeggiava davanti al frigo, reggendosi su di esso con una
mano, l'altra che stringeva ancora la birra.
Cas si fermò sull'uscio, preso in contropiede da quella
visione tanto penosa.
«Dean...»
«Mi dispiace...» biascicò quello,
stringendo la mascella.
Cas notò che gli tremavano le braccia, e così
accorse per sorreggerlo. Gli sfiorò il braccio teso e Dean
reagì come un cane che protegge i suoi cuccioli.
«Lasciami stare!»
Si voltò di scatto per allontanare Cas e la birra gli
sfuggì di mano.
Cas si riparò col braccio ma la bottiglia esplose e alcuni
cocci dovettero averlo colpito, almeno a giudicare dal dolore che gli
bruciò improvvisamente il gomito e il collo.
Dean parve tornare al presente solo quando vide il sangue, e
sussultò.
«Non fa niente» cercò di rimediare Cas,
il trench macchiato di birra, alzando le braccia per far vedere che
stava bene.
«Non fa niente, posso curarmi coi poteri, non fa...»
«Mi dispiace, non volevo!»
Cas si ritrovò stretto dalla presa solida di Dean, mentre lo
costringeva a mostrargli il braccio colpito.
«Porca puttana...» sussurrò Dean come
perso in se stesso, mentre rimuoveva i cocci.
Cas si ritrovò a trasalire quando il vetro lasciava la sua
pelle, facendo emergere il sangue, che poi gli colava sul braccio.
«Non fa niente, Dean, faccio da solo...» Cas si
portò due dita al collo e la ferita scomparve.
Dean però era rimasto immobile, con il suo braccio tra le
mani, il volto basso e le spalle che singhiozzavano.
Cas capì troppo tardi che stava piangendo.
«Oh no, ti prego, non farlo...» lo
supplicò, mentre Dean gli stringeva quasi spasmodicamente la
stoffa del trench strappata e insanguinata.
«Non volevo ferirti, Cas... non ti farei mai del
male.»
«Lo so» tentò di rassicurarlo Castiel ma
fu inutile. Dean scosse la testa e la rialzò per guardarlo.
«Credevo di potercela fare!» spiegò, con
le lacrime che spiccavano sulle guance. «Questa volta credevo
che l'avrei superata, ma non ci riesco... stai per andartene e ho
rovinato perfino quei pochi momenti in cui potevamo stare assieme. Sono
uno stronzo, sono un...»
Castiel poggiò l'altra mano su quelle di Dean, e le strinse
per trasmettergli un po' di calore.
«No, non lo sei. Io lo sono. Perché ti ho lasciato
andare. Perché continuo a farlo, ma... posso
prometterti...»
«No» lo respinse Dean, duro.
Cas aprì la bocca, e poi la richiuse, interdetto.
«Cos-»
«Non promettermi nulla. Più nulla. Sappiamo
benissimo come va a finire, poi...»
Castiel strinse le labbra, cercando di respirare, e gli occhi
bruciavano, e lui voleva solo sfiorare Dean e strappargli via tutto il
dolore e la sofferenza col suo mojo angelico.
«Dean...»
«E' difficile senza di te, Cas...»
Cas batté le palpebre, confuso dal cambio di discorso.
«No, fammi finire» Dean era deciso, adesso.
«Non mi importa più nulla. Tanto tra poco andrai
via, e io non voglio che tu vada via senza saperlo.»
«Sapere cosa?» adesso Cas iniziava seriamente a
preoccuparsi. Era qualcosa di grave?
«Non ho più nulla da perdere, giusto?»
Dean allungò una mano fino a sfiorargli la guancia e la
curva della mascella.
Cas poteva sentire sulla pelle il calore cocente delle dita di Dean, le
cui punte si erano arricciate tra i suoi capelli.
Spalancò gli occhi, sormontato da una serie di sensazioni
differenti a cui non sapeva dare un nome.
«Dean...?» lo richiamò, confuso,
guardando distrattamente la mano che gli stringeva un lato del viso.
Dean lo ignorò, e anzi allungò anche l'altra mano
ad afferragli l'altro lato del volto.
«Voglio farti sapere perché continuo ad
aspettarti, perché non riesco a stare con qualcun altro,
perché vorrei che non mi lasciassi....»
Cas avrebbe voluto dire qualcosa, ma sentiva le labbra inchiodate, il
respiro bloccato, e tutto il suo campo visivo era occupato dal volto di
Dean: erano così vicini che poteva contargli tutte le
lentiggini e i peli delle sopracciglia. E le paiuzze più
chiare nelle pozze verdi che erano i suoi occhi.
«Ho cercato di negarlo per anni, Cas, anni, ma adesso non ce
la faccio più. Non posso permetterti di andar via, e... e
magari non ci vedremo più. E io non mi
dimenticherò mai di te, e non vorrei che tu ti dimenticassi
di me, quindi...»
«Io non mi dimenticherò mai di te!» Cas
si sentiva quasi offeso dall'accusa. Dean rise un po' scuotendo la
testa, poi si passò la lingua sulle labbra e Cas
sentì il calore aumentare.
«Io non voglio perderti...» riprese Dean, muovendo
piano il pollice sulla sua guancia.
Cas chiuse gli occhi, trasportato da quel calore, e sentì
Dean farsi ancora più vicino, ad eliminare la distanza che
li separava.
Sentiva il suo respiro caldo sulle labbra e deglutì, in
attesa.
E poi qualcosa trillò.
Dean si arrestò improvvisamente.
Cas riaprì gli occhi, confuso, e vide Dean allontanarsi, e
mollare la presa sul suo volto, per guardarsi il polso.
«E' ora...»
Cas impiegò qualche attimo per realizzare cosa stava
succedendo.
Dean catturò il suo sguardo e adesso appariva completamente
perso. Come un bambino che cerca i suoi genitori in aeroporto.
«Cosa?»
«Il portale» spiegò Dean, e aveva il
respiro corto in questo momento. Schizzò in piedi come morso
da uno spillo e Cas lo imitò, con più calma.
Il cacciatore si stava leccando le labbra, in evidente ansia, e faceva
di tutto per non guardarlo. Cosa stava succedendo, prima? Dean stava
per baciarlo?
Cas non riusciva a capacitarsene.
Si sentiva travolto dalle emozioni, e queste gli impedivano di pensare
in modo lucido.
E forse proprio questo offuscamento lo portò a prendere una
decisione.
«Resterò con te.»
«Cosa?» Dean spalancò gli occhi, stupito
quanto lui, se non di più.
Cas distese le spalle. «Non mi importa se il portale si
chiuderà. Voglio restare.»
«Cas, non era pericoloso?» Dean sembrava seriamente
preoccupato adesso «E le ali? Insomma... non rischi di
morire?»
«Forse» rispose Cas, scrollando le spalle
«E allora? Tornare indietro senza di te sarebbe peggio di
morire.»
Dean reclinò un po' la testa, colpito.
«Cas...»
Le lancette continuavano a scorrere.
«Farà male?» domandò Dean,
ancora non del tutto convinto.
«Credo di sì. Ma non importa.»
Aveva appena finito di dirlo che una fitta gli colpì il
petto.
Cas si piegò con gli occhi quasi di fuori e una mano a
coprirsi la bocca, colto da un conato di sangue.
«CAS!» lo richiamò Dean terrorizzato. Lo
resse per le spalle mentre Cas guardava sconvolto il liquido rosso che
gli bagnava le dita.
Una nuova fitta gli colpì la schiena e Cas cadde
letteralmente in ginocchio, con un urlo.
«NO!» Dean sbatté a terra con lui e
cercò ancora di non farlo cadere, scuotendolo un po' come
per tenerlo sveglio.
«CAS!»
Castiel si sentiva bruciare dentro: come se la sua grazia gli stesse
liquefacendo gli organi interni e la pelle soprastante per emergere.
Guardò Dean come per trasmettergli che stava bene, che stava
facendo questo per lui e avrebbe accettato tutto il dolore, che se lo
meritava per averlo lasciato andare tante volte in passato, ma Dean non
sembrava capire.
«Vai» gli ordinò, con gli occhi lucidi.
«Cosa?» Cas cercò di reprimere un altro
conato di sangue, e si strinse il petto lì dove una nuova
fitta gli aveva attraversato lo stomaco.
«No, Dean, io voglio restare...»
«Devi andare via...»
«Ma non capisco, io credevo che tu volessi...»
«Vai, Cas» Dean era deciso, adesso. Cas non capiva.
Il rifiuto di Dean gli fece più male delle fitte.
«Ma io... io voglio restare con te.»
«Non così» Dean gli strinse ancora di
più le spalle. «Attraversa il portale,
Cas...»
«No...» si ribellò Cas debolmente,
cercando di sfuggire alla sua presa «No, tu non
capisci...»
«Vuoi restare con me?» capitolò Dean,
riottenendo la sua attenzione.
Cas annuì, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dalla
bocca.
«Allora vai su in Paradiso, e mettiti d'accordo con gli altri
angeli. Trova un modo per restare definitivamente qui. Se è
proprio quello che vuoi...»
Cas annuì partecipe, mentre una nuova fitta rischiava di
fargli perdere i sensi.
«Chiederò di rendermi umano, allora...»
«Certo» rispose Dean, che però non
sembrava davvero ascoltarlo.
«Mi farò togliere la grazia!»
continuò Castiel, ispirato «E tornerò
qui.»
«Sì.»
Cas sorrise, tra i rantoli, poi guardò un'ultima volta Dean.
«Allora a dopo.»
«Sì, a dopo...»
Cas, finalmente soddisfatto, gli sorrise un'ultima volta.
Stava per volare via, che Dean gli strinse il trench, come se si stesse
dimenticando qualcosa.
«Cas...»
Cas lo guardò. C'era una lacrima negli occhi di Dean?
«Ti...»
Cas non senti il resto della frase, perché il portale
l'aveva reclamato. Sparì con un'ultima immagine degli occhi
verdi di Dean.
«... amo» concluse Dean alla stanza vuota.
Ringraziò il favore dell'oscurità che aveva
impedito a Cas di notare la sua espressione.
Non ci sarebbe stata una prossima volta, un dopo.
Gli angeli non gli avrebbero mai permesso una cosa del genere, Cas non
sarebbe più tornato e questo Dean lo sapeva.
Si lasciò ricadere contro il frigorifero, la mano tra i
capelli e gli occhi lucidi a fissare la stoffa dei suoi jeans.
Addio Cas, pensò con un groppo alla gola, abbracciandosi le
ginocchia e affondando la testa tra le spalle, nei singhiozzi.
To be
continued >> Parte 4 (aka Dolore)
~•~Angolo Autrice~•~
Emh... lo so, mi odiate. LO SO.
Inutile dire che il podio per la theme-song di questo capitolo l'ha
conquistato "Saturn" dei Sleeping at Last. Insomma l'ho ascoltata a
ripetizione anche mentre sceglievo le immagini giuste per il banner. Il
testo di questa canzone più l'immagine che vedete qui sopra mi
hanno ispirato per la scena sul giardino a guardare le stelle.
Volevo si cogliesse il senso di, umh, "infinito". Di questo tempo che esiste solo per gli esseri umani. Il profondo senso di solitudine che prova Dean. Il vuoto che ha dentro. L'assenza di Cas ç_ç
Vorrei dire così tante cose su questo capitolo che sicuramente me le scorderò tutte.
Innanzitutto l'avevo già detto che sarebbe tornato il riferimento al bouquet dello scorso capitolo, vero?
Poi c'è un altro riferimento con la scena della bottiglia di
birra -che rimanda alla scena del primo capitolo- e anche alla frase
"Per sempre". Se ricordate -sicuramente no xD- negli scorsi capitoli la
frase era "Il per sempre non esisteva per Dean e non esisteva per Cas"
ora invece è "non esisteva per Dean MA esisteva per Cas".
E siccome tutta la storia è un POV di Cas, è un po'
diciamo una... consapevolezza nuova. Come dire, se prima il problema
era il portale che impediva a Cas di restare, adesso il vero problema
è il tempo.
Aaaah lo so sono una bastarda ç__ç
Premetto anche che il capitolo non doveva AFFATTO uscire così.
Innanzitutto la scena iniziale col bimbo non era prevista. Ci ho
pensato dopo, e non mi è dispiaciuta. Insomma un po' di fluff ci
stava, e poi ho tipo il kink per Cas e Dean with babies cwc
L'ultima scena invece, E' STATA DEL TUTTO UNA SORPRESA. I personaggi si sono scritti da soli.
Nella mia testa Cas lo salutava come sempre allo scoccare della
mezzanotte, poco dopo che era tornato Sam, e Dean prometteva di
aspettarlo. Sa di già sentito giusto? Non avrebbe apportato vere
e proprie modifiche.
E invece è uscita così.
E la preferisco... cioè mi spiego. In questa nuova versione si
vede che Dean ha perso le speranze xD e Cas finalmente si è dato
una mossa e si è deciso a far qualcosa. Diciamo che all'inizio
ero titubante per questa versione perchè il problema della loro
separazione si spostava da un motivo interno -gli impegni di Cas- ad un
fattore esterno -il portale che EFFETTIVAMENTE impedisce loro di stare
insieme- però... però capirete tutto nel prossimo
capitolo cwc
Se qualcuno di voi si sta chiedendo perché non li ho fatti
baciare -eddai c'erano quasi, vuoi dar loro qualche gioia?- il senso
è semplice: sono cattiva xD
Nella versione originale doveva anche tornare Sam. Qui no. Ho reso,
come dire, la loro separazione più brusca possibile. L'assenza
del bacio è molto semplice: una cosa è aspettare qualcuno
con la consapevolezza che questa persona ti ama, e che quindi sai che
tornerà da te e l'attesa è più dolce. Un'altra
è rimanere nel dubbio e nell'incertezza, e pensare che quella
persona non tiene a te allo stesso modo, e quindi altri sensi di colpa
per non aver pensato ad agire prima e roba così xD insomma se
Dean non si dispera abbastanza non sono contenta, e in più Cas
ancora non ha realizzato davvero tutta la questione "amore". Not yet. Ma ripeto, vi rimando al prossimo capitolo dove capirete TUTTO.
E sarà una mazzata. Io ho pianto scrivendolo. COMUNQUE ho
scritto un poema di note o.o è che mi piace la chiarezza, e
spesso non sono sicura che certi significati che inserisco arrivino a
voi lettori e quindi boh ci tenevo a spiegarli, ecco >.>
Ora giuro che scappo, alla prossima! <3 NON FUCILATEMI
P.P.S: Siccome qualcuno mi ha chiesto. Ebbene c'è un significato anche nei banner.
Tipo nello scorso Dean che guarda in alto (verso il cielo aka
paradiso/Cas) e Cas che guarda in basso (verso la Terra aka
umanità/Dean), mentre nell'immagine centrale Dean guarda in
basso e Cas in alto, della serie ognuno al suo posto. Ancora una volta
ad indicare la distanza. In questa invece ho messo prima l'abbraccio
dello scorso capitolo, poi l'immagine centrale che rappresenta la
solitudine e l'attesa di Dean (del resto THE BOY WHO WAITED mica
carciofi) -in più l'Impala è un po' la trasposizione di
Dean. Quando Dean dice che ha dovuto ripararla così come a lui
inizia a venire il mal di schiena... è come se succedessero le
stesse cose a entrambi xD- eee nell'ultima imm c'è Cas -o meglio
la sua ombra- che torna. Scendendo direttamente dal portale. Anche lui
da solo e circondato dalla desolazione. METAFORE. METAFORE OVUNQUE.
Okay la smetto, vi giuro che sono una persona normale. I SWEAR.
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
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