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Autore: xMoonyx    02/07/2014    6 recensioni
[post finale alternativo season 9]
La guerra è finita. Con un unico portale difettoso a collegare i loro mondi, Dean e Castiel riusciranno a vedersi di sfuggita solo per pochi istanti, prima che scada il tempo loro concesso.
E quando Cas tornerà le volte successive, capirà che il tempo non scorre alla stessa velocità, tra Paradiso e Terra.
Se solo si potesse ricucire il portale...
---
Dean è sempre stato abbandonato nella sua vita: prima sua madre, poi suo padre, poi Sam, e adesso anche Castiel.
Ma questa volta è diverso.
Questa volta Castiel ha promesso. E quindi Dean lo aspetterà.
Ma fino a quando una promessa può rimanere tale prima di tramutarsi in illusione?
[Destiel]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Ezekiel, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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The Boy Who Waited 3 Advertisement
Lo so, vi avevo promesso di aggiornare mercoledì scorso ma ho avuto davvero delle settimane di fuoco xD Tra studio, ospiti a casa, i miei amici che mi trascinavano ovunque e stanchezza incredibile non ho proprio avuto il tempo. Perdonatemi ç_ç
In compenso godetevi un capitoletto più lungo del solito, anche se vi avverto... pain.
Fluff, angst, fluff. Spero di non distruggervi, e che arriverete "sani" (relativamente) alle note finali.
Enjoy cwc



Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo (Come sempre ci sono le soundtrack a "tema", e con questo capitolo vi è l'aggiunta di due nuove tracce dei Sleeping at Last. Mi hanno anche ispirato col testo) Intanto vi posto quella con cui iniziare a leggere, le altre le troverete nel corso del capitolo ;)
1. https://www.youtube.com/watch?v=YJsF7sHpaPs


The Boy who Waited

Too late


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Quando Castiel tornò sulla Terra per la quarta volta, il suo radar angelico lo trasportò in un giardino che non aveva mai visto prima.
Una palla colorata gli ruzzolò accanto alle gambe e rischiò di farlo inciampare, costringendolo a fare un passo di lato. Un ragazzino biondo arrivò subito dopo, ridendo ed afferrando la palla gonfiabile.
Quando lo notò, tuttavia, impallidì spaventato.
«Zio...?» chiamò debolmente, indietreggiando.
Castiel sapeva che avrebbe dovuto tranquillizzarlo, magari rivelandogli che aveva solo commesso un errore di calcoli e sbagliato casa.
Allargò le braccia e si preparò a dir qualcosa quando una voce abbastanza rauca gli giunse alle orecchie, insieme all'uomo che era appena emerso sull'uscio.
«Che succede, John?»
 Quella voce...
Castiel alzò il volto nello stesso istante in cui l'uomo sulla porta faceva altrettanto.
Il volto dell'uomo si distese.
«Cas...?»
Allora non aveva sbagliato.
«Dean...» rispose Castiel, ma qualcosa gli si agitò nello stomaco.
Osservò il bambino, poi il giardino, ancora smarrito.
Il bambino raggiunse Dean e gli si aggrappò al fianco, e il cacciatore gli accarezzò i capelli sorridendo.
«Eih Cas, questo è John. John, questo è Castiel.»
«Piacere...» balbettò il ragazzino porgendogli timidamente una mano.
Castiel guardò Dean, confuso, e Dean si limitò ad annuire.
«C-ciao John» disse Cas, stringendogli brevemente la mano. Il ragazzino si schiarì la gola, e notando il disagio Dean decise di intervenire.
«Cas è un vecchio amico di famiglia. Papà sarà felice di vederlo, quando tornerà stasera!»
Papà? si interrogò Cas, mentre i pezzi del puzzle iniziavano a incastrarsi.
«Torna a giocare, dai!» Dean diede una pacca sulla spalla del ragazzino, e quello corse via, in direzione di una piscina dove una ragazzina identica a lui agitava i piedi. La piccola aveva i capelli biondi legati in due codine e urlò quando il bambino la gettò in acqua.
«Sono ragazzi» rise Dean perso a fissarli, scuotendo piano la testa.
Cas tuttavia non riusciva a distogliere lo sguardo da lui.
C'era qualcosa di profondamente sbagliato e diverso in Dean.
Forse nei capelli, adesso meno folti e vagamente ingrigiti, o forse nel volto stanco e scolorito, o nelle leggere rughette ai lati degli occhi e della bocca.
Dean si voltò a guardarlo, e Cas si sentì come scoperto a frugare di nascosto.
Arrossì e distolse lo sguardo, con un brivido che gli attraversava la spina dorsale.
Quei ragazzini, papà...
«Sono i figli di Sam?»
Dean annuì.
«Sì» confermò, senza aggiungere altro.
Castiel sentiva i suoi occhi addosso. Si morse il labbro inferiore.
«Quanti... quanti anni...»
«Sono passati? Dieci» rispose Dean come se stesse parlando del tempo. Tuttavia, Cas poteva percepire una certa tensione nella sua voce. «Mary e John hanno otto anni, sai? E ce n'è un terzo, lì dentro» il suo volto si intenerì al pensiero «il piccolo Adam. Ha solo sei mesi, vuoi vederlo?»
Dieci anni, pensò però Cas, avvertendo all'improvviso la gola secca.
«Certo» disse invece, sperando che la voce non tremasse troppo.
 Dean si mosse subito verso la casa, senza guardarlo, e Cas si affrettò a stargli dietro. «Dean...»
«E' piccolissimo, devi vederlo. Ha preso tutto da Sammy.»
«Dean...» ripeté Cas, senza demordere. «Io... mi dispia-»
«Se ti stai chiedendo dov'è Sam, lui e Adrianne sono andati a fare shopping. Delle ragazzine, vero? Gliel'ho detto anche io. Lui si è incazzato. Dettagli» rise con forse troppo entusiasmo, mentre superavano il salotto e la cucina, diretti probabilmente alla camera del neonato «E quindi mi ha chiesto di fargli da baby-sitter. Non che mi dispiaccia, sia chiaro. Quei marmocchi, loro... è bello stare con loro, sai?»
«Dean!»
Castiel gli afferrò il polso, costringendolo a fermarsi.
Dean si voltò a fronteggiarlo, con un secco: "Che c'è?" e all'improvviso a Cas tremavano le ginocchia.
Non aveva il coraggio di chiedergli perché stesse cercando di evitare il discorso, perché stesse straparlando per non affrontarlo.
Castiel però non gliel'avrebbe permesso.
«Mi dispiace, Dean!» gli comunicò con eloquenza, strattonandogli piano il braccio. «Io non potevo immaginare... ti giuro che non dipende da me. Non credevo che sarebbe passato tanto tempo, te l'avevo promesso e...»
Gli occhi pizzicavano e non sapeva spiegarsi perché «E io volevo mantenere la promessa. Te lo giuro, devi credermi.»
«Okay» replicò Dean, atono, scrollando le spalle. Gli fece un cenno con la testa verso la porta. «Comunque la stanza di Adam è da quella par-»
«Dean, parlo seriamente!» Cas gli tirò di nuovo il polso e a quel punto Dean esplose.
Forse si era trattenuto fino a quel momento, forse era inevitabile.
Strattonò il polso dalla presa di Castiel, con un movimento brusco, e gli si pose davanti, furioso.
«Che vuoi, Cas? CHE CAZZO DOVREI DIRE?!»
Castiel aprì bocca per rimediare... la situazione gli stava sfuggendo di mano.
Ma Dean non gliene diede il tempo.
«Che dovrei dire?! Che va tutto bene? Che va bene che mi hai abbandonato di nuovo, dopo che mi avevi promesso che saresti tornato? Vuoi che ti dica che non è cambiato niente, che è tutto apposto, tanto cosa vuoi che siano dieci fottuti ed interminabili anni. E' questo che vuoi? Che ti dica che io sto bene? Perché non è così, Cas! Non sto bene! E niente va bene! Quindi, dimmi. Cosa vuoi, Cas? COSA?»
Castiel si ritrovò totalmente preso alla sprovvista.
«Io... io non lo so. Volevo solo... farti capire.»
«E ho capito, dannazione! Questo dovrebbe forse far meno male? Perché...» Dean si portò un pugno alle labbra, quasi per frenarsi. Poi distolse gli occhi lucidi.
«Lasciamo perdere» si trattenne, deglutendo «Non voglio parlarne. Non voglio allarmare i ragazzi, né svegliare Adam. Che tra parentesi è nell'altra stanza, se vuoi vederlo. E se non vuoi vederlo vaffanculo.»
«Dean...» tentò ancora debolmente Cas, sollevando una mano, ma Dean era schizzato già via, diretto alla stanza e reggendo la porta per lui.
Cas sospirò e riabbassò il braccio, rassegnato.
Poi cautamente seguì l'amico all'interno della camera. (Qui)
Dean richiuse la porta, immergendoli nella semi-oscurità delle quattro mura, e si volse verso di lui con un dito sulle labbra, ad intimargli silenzio.
Cas annuì, non avendo altra scelta, e Dean avanzò con passi felpati fino ad una culla dalle sfumature bluastre.
Mentre Dean rivolgeva al piccolo una vocina infantile e comunicava in bambinese, Cas ne approfittò per dare una veloce occhiata alla stanza: le pareti erano colorate a rappresentare paesaggi allegri, montagne, fiori colorati, ed un cielo più azzurro di quello reale.
Il pavimento era cosparso di giocattoli di tutti i tipi, da peluches, a robot metallici, a dinosauri, e perfino un lungo trenino sul quale Cas inciampò senza ritegno.
Al tramestio prodotto dal suo piede in fallo, che lo buttò dritto su una cassettiera piena di libri, il bimbo si svegliò e iniziò a frignare.
Castiel cercò di riemergere dal cumulo di libri per bambini che gli erano piovuti addosso, e Dean si voltò un attimo per soccorrerlo. Poi però il bimbo pianse più forte e Dean deviò traiettoria e andrò a prenderlo in braccio.
«No, va tutto bene, va tutto bene, è solo lo zio Cas che è un po' svitato» cercò di consolarlo Dean coccolando il bambino tra le braccia, con un dito vicino alla sua bocca.
Il bimbo continuò a piangere, rosso in volto, e ad agitare i pugnetti.
«Ah!» sbuffò Dean, esasperato, regalandogli un'occhiataccia. «Ecco adesso l'hai svegliato. Hai idea di quanto ci abbia messo per farlo addormentare?»
«Scusa» sibilò Castiel, spostando con sgarbo il trenino incriminato e rimettendosi in piedi. Si spolverò il trench e poi agitò due dita.
La cassettiera si rialzò magicamente e i libri tornarono al loro posto, in una sequenza ordinata.
Dean lo guardò con tanto d'occhi, agitato.
«Ma che ti salta in mente?! E se ti vedesse qualcuno?»
«Non c'è nessuno in questa stanza, Dean» replicò Castiel, levando un sopracciglio «a parte me e te e... lui. A meno che non pensi che un bambino che non sa neanche parlare possa denunciarmi.»
Dean tramontò gli occhi al soffitto e poi lo ignorò, concentrando tutta la sua attenzione sul piccolo, che continuava a vagire, con grossi lacrimoni che gli emergevano dalle palpebre.
«Oh no, no, ti prego, fermati... eeeih piccolo Adam? Chi è il bambino più bello del mondo? Eh? Ma sei tu!» tentò Dean inutilmente mentre il piccolo simulava un conato dallo stress.
«Forse ha fame» tentò Cas, avvicinandosi piano e sporgendosi oltre la spalla di Dean.
«Nah, gli ho dato il biberon mezz'ora fa. Non può avere ancora fame!»
«Beh, mi ricorda qualcuno...» provò a scherzare Cas alzando su di lui un'occhiata giocosa.
Dean si bloccò un attimo, come se stesse processando, poi si voltò a guardarlo, e sollevò un sopracciglio.
Tuttavia, il suo tentativo di rimanere impassibile e duro nei suoi confronti svanì non appena i loro sguardi si incrociarono. Dean ghignò, riabbassando lo sguardo, sempre con quel sorriso dolce che a Cas era tanto mancato.
Dieci anni... dieci lunghi anni.
Come aveva potuto...
Perdersi dieci preziosi anni della vita di Dean. Non era giusto.
Cas si costrinse a guardare qualcos'altro che non fossero le lentiggini del cacciatore, o le sue lunghe ciglia, e così si ritrovò a scrutare la culla del bimbo.
Proteso sopra la culla vi era un archetto azzurro, e ad esso appese delle stelline colorate, dei pianeti e, Castiel aguzzò la vista, perfino degli angioletti.
Erano i classici angeli che gli umani amavano rappresentare, con le faccette tonde e il pancino scoperto, il corpo celato solo da un drappo.
Eppure, uno degli angioletti, quello più centrale, era stato modificato. Qualcuno gli aveva cucito un piccolo trench addosso, e una cravatta blu.
Cas avvertì come un pugno allo stomaco. Distese il volto, socchiuse le labbra.
Oh Dean... pensò e cercò subito i suoi occhi.
Ma Dean non lo stava guardando. Stava ancora agitando dolcemente Adam, dandogli piccole pacche tra le scapole per farlo calmare.
Ma niente.
«Posso... posso provare io?» si offrì Cas, sentendosi in debito. Dean gli rivolse uno sguardo accigliato, sicuramente pronto a rifiutare, ma poi Adam pianse più forte e capitolò.
Si lasciò scivolare il bimbo di nuovo sulla piega del gomito, e poi lo porse all'angelo.
Castiel si limitò a poggiargli due dita sulla fronte, e il bambino si calmò all'istante.
Ora che poteva guardarlo meglio, assomigliava davvero a Sam, a differenza di John e Mary che erano biondi come la mamma.
Il piccolo Adam aveva radi capelli castani, lo stesso naso un po' all'insù di Sammy, e perfino i medesimi occhi verdi.
«Hai usato il tuo mojo angelico?» volle informarsi Dean, diffidente, rivolgendogli un'occhiata indagatoria.
«No» obiettò Cas, sincero, e perfino lui era stupito di come il bimbo si fosse calmato all'improvviso. Forse era solo spaventato dalla presenza di uno sconosciuto.
Contento comunque di aver fatto un favore a Dean, fece per allontanare le dita dalla fronte del piccolo, che quello gliele afferrò, ridendo e agitando i piedini dalla gioia.
Le sue dita erano minuscole, e stringevano quelle di Cas come se fossero un orsacchiotto, poi iniziò a mordicchiarle.
«Oh, io non... non so come spiegarlo» cercò di giustificarsi Cas, in imbarazzo, ma sentì Dean ridere e così rialzò gli occhi.
Dean lo guardava con una dolcezza che faceva male.
«A quanto pare gli piaci.»
Cas si chiese se stesse ancora parlando del bambino, o di se stesso, ma Dean strinse di nuovo Adam, che quindi lasciò la presa su Cas, e poi lo sollevò un po' per guardarlo negli occhi.
«E così ti piace lo zio Cas, eh? Ah, monellaccio!»
Gli soffiò nel pancino e quello iniziò a ridere, muovendosi tutto. Dean rise con lui e poi lo adagiò di nuovo nel box, accarezzandogli la testa e avvicinandogli il ciuccio.
«Se gli fai questo effetto, dovrei invitarti più spesso» ghignò Dean, ancora curvo sul box.
Castiel allungò una mano per stringergli la spalla ma quando Dean si raddrizzò sulla schiena, la ritirò e strinse i pugni.
Desiderava davvero dimostrargli di essere dispiaciuto, e scusarsi, ma temeva che Dean potesse reagire male.
E gli restava così poco tempo da passare con lui, prima che il portale reclamasse di nuovo la sua presenza, che non voleva sprecarlo a litigare.
Ogni attimo era prezioso, e lui voleva solo che Dean fosse felice.
Forse sentendosi osservato, Dean si voltò a rintracciare il suo sguardo «Eih, che ne dici se usciamo da qui? Non vorrei che inciampassi in qualche altro trenino e rischiassi di svegliarlo, sai...»
«Dean!» lo rimbeccò Cas, offeso, e Dean scoppiò a ridere, all'improvviso incurante del bambino, e gli diede perfino un buffetto sulla nuca.
Quando smise di ridere si asciugò perfino gli occhi, e prima di uscire dalla stanza, mosse una mano a bloccare il petto di Castiel.
«A parte gli scherzi, sono davvero felice di rivederti» gli rivelò, con un filo si voce, e Cas si perse nei suoi occhi, incapace di dire altro.

*
(Qui)

«E così, questo è stato l'ottavo compleanno dei gemelli» concluse Dean, girando l'ultima pagina dell'album di famiglia. «So che queste robe non si usano più, ora con facebook e tutta la questione delle foto online ma... non mi sono mai davvero fidato della tecnologia.»
«E' bello» lo interruppe però Castiel, sporgendosi al suo fianco per guardare meglio la foto.
Lo scatto ritraeva una crostata gigante, con la fantasia di una trappola del diavolo in cima, e dietro due sorridenti John e Mary. Sam e Adrianne erano abbracciati sullo sfondo, tenendo ognuno la spalla del figlio che aveva davanti.
Adrianne aveva il pancione, notò Castiel.
E poi la ragazza coi capelli rossi, Charlie se Castiel non ricordava male, e Garth e la sua fidanzata, e infine eccolo lì, Dean.
Bello come lo ricordava, con un sorrisone che andava da orecchio a orecchio, e gli occhi brillanti.
Castiel si ritrovò inconsciamente a sorridere a sua volta.
«Oh, e per inciso, ti giuro che l'idea della crostata di mele non è stata mia. Sammy mi odierà a vita per questo, ma quando John e Mary erano piccoli io li ingozzavo di crostate, e così adesso la adorano quasi quanto me.»
Dean ridacchiò e Castiel sentì vibrare il suo stomaco, dal momento che aveva un braccio a contatto con lui. L'aveva allungato per lisciare la foto ed evitare i riflessi della plastica che rischiavano di accecarlo, e quando si accorse del calore ritirò il braccio con foga, in imbarazzo.
«E la trappola del diavolo invece?» domandò per cambiare argomento. «Idea tua?»
Il sorriso di Dean si incrinò. Il suo sguardo si fece distante.
«Già» confermò e Cas si sentì un mostro per avergli spento la gioia in una parola.
«Scusami, non volevo...»
«Fa niente» Dean cercò una posizione più comoda sul divano «Come puoi immaginare continuo tutt'ora a cacciare. Penso che non smetterò mai...»
«E Sam? Ha mollato definitivamente?»
Dean si massaggiò la spalla, poi si voltò verso di lui, ma ancora senza guardarlo.
Si leccava le labbra come alla ricerca di qualcosa da dire.
«Lui si è proposto di aiutarmi un paio di volte, nei casi più intricati» rivelò, finalmente guardandolo.
Aveva gli occhi pieni di paiuzze verdi. Il tempo passava impietoso ma i suoi occhi erano sempre gli stessi.
«Ma mi sono rifiutato» si agitò di nuovo sul posto, chiudendo l'album e alzandosi per riporlo nella libreria.
«Voglio dire, non potevo chiedergli tanto. Ora lui è felice, ha una famiglia, dei bambini, non... non possono perderlo. Se gli succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.»
Cas notò le sue spalle tendersi sotto la maglietta e così si alzò per raggiungerlo.
«E tu, allora?» domandò, veemente e apprensivo «a te non ci pensi? Se a te succedesse qualcosa?»
«A chi importerebbe?»
«A Sam!» rispose Castiel, sconvolto.
Dean rise senza allegria.
«E a me!» continuò Castiel afferrandogli la spalla e costringendolo a voltarsi.
«Dean, non puoi davvero pensare...»
«Io non ho niente Cas!» Dean afferrò la mano dell'angelo dalla sua spalla e la allontanò, non senza una certa aggressività «E chi non ha niente non ha niente da perdere...»
«Non puoi davvero pensare di non contare nulla!» Cas non poteva credere alle sue orecchie. Erano passati dieci anni ma Dean non era affatto cambiato.
«A me importa. E importerà sempre.»
Dean rise con amarezza, scuotendo la testa e sfuggendogli dal campo visivo.
«Certo, sicuro.»
«Dean...»
«Se te ne fosse davvero importato qualcosa saresti rimasto, Cas. Ma non è successo.»
Ed eccolo di nuovo. Castiel sospirò, sentendosi stremato. Sapeva che prima o poi il discorso sarebbe riemerso.
Ed era giusto così: Dean aveva il pieno diritto di essere arrabbiato. Cas sapeva che prima o poi avrebbero affrontato il discorso, ma questo non lo rese più pronto, o forte.
«Io... tu sai che se dipendesse da me...»
«Fino a quando starai? Mezzanotte? E poi volerai via come sempre?»
Cas non rispose, si limitò a guardarlo, cercando di trasmettergli tutto il suo dolore, il suo senso di colpa, il suo rimpianto. Dean si morse l'interno della guancia forse per non urlare.
Poi gli diede nuovamente le spalle.
Gli stava sfuggendo. Ogni secondo di più.
Ad ogni visita Dean era più distante.
Gli stava sfuggendo dalle mani come tutta quella situazione, e l'unico desiderio di Cas era di richiudere le dita, e trattenerlo, e stringerlo al petto, ma appena provava a muoversi non era rimasto più nulla. Le sue mani erano di nuovo vuote. Dean non era più lì.
«Scusami...» continuò Dean, con la voce spezzata. Cas si chiese se non stesse piangendo, ma non ebbe il coraggio di chiederglielo o di assicurarsene di persona. Dean si strinse la base del naso, l'altra mano sul fianco, e fece qualche passo.
«Scusami. Sto rovinando tutto, ancora una volta...»
«No, sono io che sto rovinando tutto...»
«Non è colpa tua Cas!» Dean si voltò a fronteggiarlo, lasciandolo attonito per un istante.
«Ho aspettato per dieci anni questo momento e adesso sei qui e io sto facendo lo stronzo e sto rovinando tutto io... io...»
Ed eccoli lì gli occhi lucidi. Cas istintivamente allungò una mano per catturare le lacrime ma Dean lo precedette e si strofinò gli occhi con rabbia.
«Che coglione. Scusami. Sto bene» prese un grande respiro e poi annuì, quasi per autoconvincersi. O convincere Castiel.
«Non pensiamo a quando andrai via.»
«Dean...»
«Se ci pensiamo già ora è come se te ne stessi già andando, no? E invece sei qui. Durerà poco ma non importa, tu sei qui, è questo che importa. Non voglio rovinare questo momento. Birra?»
Cas stava per ripetere "Dean", ma l'ultima richiesta gli fece deglutire ogni replica.
Si limitò a sollevare un angolo della bocca, e Dean sorrise.
Un sorriso vero, e Cas non ebbe cuore di dirgli che restava solo poco più di un'ora.
Perché sapeva che questa separazione l'avrebbe spezzato.
Avrebbe spezzato Dean, e avrebbe spezzato lui stesso.
Cas non voleva che quel momento arrivasse.
Avrebbe desiderato poter fermare le lancette, e il tempo, e sorridere a Dean e annunciargli che sarebbe restato con lui per sempre.
Anche se per sempre non esisteva per Dean, esisteva per Cas, e tanto bastava.
Ma il solo fatto di non potergli donare questa gioia dilaniava Cas come una coltellata al cuore.
Avrebbe dato tutto, qualsiasi cosa, per poter restare con Dean.
E invece non disse niente. Rimase a fissarlo mentre gli dava la schiena, diretto alla cucina per prendere due birre.
Rimase a guardarlo mentre gli scivolava dalle dita, senza poter far nulla per trattenerlo.


**
(Qui)
{a ripetizione fino alla fine ahah}

«Ti manca bere birra, lì sulle nuvole?» lo interrogò Dean, distratto, portandosi la bottiglia alle labbra e traendone un lungo sorso.
Erano sdraiati vicini sul prato, le braccia distese che si sfioravano, e lo sguardo rivolto alle stelle.
«Un po'» dovette ammettere Cas che lo imitò: la birra era agrodolce come la ricordava, come tutte le volte che l'aveva bevuta al fianco di Dean e Sam, in passato.
Quando ancora dovevano fermare l'apocalisse e Dean l'aveva portato in quel luogo di perdizione che gli umani chiamavano bordello.
Sorrise al ricordo, gli occhi puntati al cielo, e Dean parve insospettirsi del suo improvviso cambiamento perché sollevò un po' il volto, per scrutarlo meglio.
«Io direi molto» lo corresse notando la sua espressione.
Castiel tornò al presente, ruotando il collo per incontrare il suo sguardo.
E sorrise.
Semplicemente sorrise.
Perché tutto il tempo in paradiso svaniva di fronte a questi unici attimi sulla terra: era solo in questi momenti che si sentiva davvero a casa.
Con Dean accanto.
Perfino sdraiati su un giardino umido, con gli steli d'erba che gli solleticavano il collo e le mani, e le formiche che gli zampettavano indisturbate sul trench, e il profumo di terra bagnata, e i fiori, e lo zigare delle cicale, e lo stormire del vento sugli alberi, e il profumo di dopobarba e di giacca di pelle di Dean.
Tutto questo sapeva di vivo.
Di bello.
Di casa.
Rimasero a fissare il cielo per un po', poi Dean ruppe il silenzio.
«Lo facevi mai questo, in paradiso?»
«Cosa?» si informò Cas, corrugando la fronte.
Dean aveva ancora gli occhi puntati al cielo, e le labbra sollevate come un bambino rilassato.
«Guardare le stelle. Lo facevate mai?»
Castiel lo imitò e tornò a guardare il cielo blu puntellato di piccole lucine.
«Non proprio» rispose, perché "no" era troppo definitivo.
«Davvero? Chissà che palle...»
«Non abbiamo molto tempo per noi stessi, lì in Paradiso.»
«Già, dovere, dovere e ancora dovere, vero?»
«Sì, e qualche uccisione di demoni di tanto in tanto.»
Cas non ebbe bisogno di voltarsi per accorgersi che Dean stava ridendo. Sentì lo sbuffo della sua risata e d'istinto sorrise anche lui.
«Io e Sam lo facciamo sempre, invece» continuò Dean, concedendosi un altro sorso di birra. «E' rilassante. Semplicemente stare seduti sull'Impala, o sdraiati a terra, a guardare il cielo. Non abbiamo mai avuto davvero una casa, e guardare le stelle era un po' come tornarci, capisci?»
«Sì, capisco» e capiva davvero: provava lo stesso quando riabbracciava Dean. Qualcosa dentro di lui però gli suggerì di tenere la bocca chiusa a riguardo.
«Perché sai... basta che ci pensi... chiunque, alzando lo sguardo, scorge il cielo. Che ti trovi in America, o in Europa, o in Australia, o perfino in Antartide... o in Paradiso... comunque alzi gli occhi e il cielo e le stelle son sempre lì, uguali per tutti. E' come stare sotto lo stesso tetto, sai? Come essere protetti, in un certo senso. E collegati. Ti fa... sentire meno solo.»
Castiel strinse le palpebre, cercando di non farsi sommergere dalle emozioni.
Dean doveva essersi sentito molto solo in quegli anni, ed era per colpa sua...
«E tutte le stelle... continuano a brillare. Anche dopo milioni di anni, sono sempre lì, nello stesso posto. Sai quante generazioni si sono rincorse sotto di loro? Gli antichi romani guardavano le stesse stelle che guardiamo noi. Ti fa pensare a quanto il tempo sia relativo, a quanto noi umani siamo piccoli e insignificanti, e a quanto sia breve la nostra vita.»
«Non siete piccoli e insignificanti» ribatté Cas, ma Dean lo interruppe nuovamente, agitando una mano come per spiegarsi.
«Nel grande disegno, sì. In passato pensavo che avessi tutto il tempo del mondo...»
Castiel, come una calamita, si ritrovò a guardarlo: aveva pure i capelli ingrigiti e il volto più teso, ma era sempre lo stesso. Lo stesso Dean.
Non era cambiato niente.
Non per Cas.
«Rimandavo sempre tutto, cercando un'occasione migliore, un momento migliore. Ma poi ho capito che le occasioni vanno prese al volo, perché poi non si ripresentano più. Che non esiste un momento migliore, esiste solo il momento. E poi ti ritrovi ad essere vecchio, e ad aver rinunciato a tutto, e per cosa? Per l'orgoglio. Pensi di avere il tempo per fare tutto, e il giorno dopo è già troppo tardi. E' sempre troppo tardi.»
La gioia e la calma che prima avevano animato Dean sembravano averlo totalmente abbandonato, adesso.
«Ho passato la vita a crearmi problemi, a pensare che la mia esistenza non valesse nulla, che fossi solo un soldatino obbediente, e poi una macchina da guerra, e... e solo lo strumento di papà. Ho incolpato Sammy per questo, per troppo tempo... ho pensato che l'unico mio compito fosse quello di proteggerlo. Di difenderlo, e di impedire che gli succedesse qualcosa di grave, ma che a me succedesse, quello non aveva importanza. Io non avevo importanza. E mi ci è voluto un po' per realizzare che invece era un miracolo.»
«Cosa?» domandò Castiel, piegando un po' il capo.
Dean fece una smorfia. «Esistere. Esserci. Respirare. Vivere.
Assaporare ogni momento come se fosse l'ultimo. Diciamo che ho imparato cosa significa.»
Cas batté le palpebre, chiedendosi se Dean non stesse parlando di lui.
Si sentì nuovamente in colpa e Dean scosse la testa, con una risatina veloce.
«No, va tutto bene, Cas. Sono felice di riaverti. So che andrai via, e non sono sicuro se tornerai, ma intanto cerco di vivere questi momenti come se non dovessi tornare mai più. Come le stelle... continuano a splendere anche dopo che sono morte, sai? Nel momento successivo alla loro morte brillano ancora di più, quasi a non voler far sapere al mondo che sono morte. Dio, questo discorso non ha senso, sembra quello de Il Re Leone
«Non è che brillano di più» lo corresse Cas, con fare tecnico «E' che si trasformano in supernove e quindi...»
«Oh, va al diavolo!» Dean lo spintonò giocosamente e poi scoppiò a ridere «Non rovinare l'atmosfera! Avevo fatto un bel discorso poetico, dannazione...»
Cas si sollevò sui gomiti per guardarlo in faccia.
«Scusa.»
«Dai, scherzavo» lo tranquillizzò Dean agitando una mano, come a scacciare una mosca molesta.
Rimasero in silenzio, regolato solo dallo zigare delle cicale, durante il quale Dean fissava il cielo, scrutando le stelle, e Cas fissava Dean, desiderando che quel momento non dovesse finire così presto.
Poi Dean spostò gli occhi, incontrò i suoi e assunse un'espressione interrogativa.
Cas si limitò a fare una smorfia.
«Posso chiederti una cosa?»
Se anche Dean fosse rimasto sorpreso dalla richiesta, non lo diede a vedere.
«Certo.»
«Perché il giorno del matrimonio di Sam tutti sono scoppiati a ridere quando ho afferrato il bouquet?»
Dean spalancò gli occhi e iniziò a ridere, battendo perfino le mani.
«Oh, ecco, ora lo stai facendo anche tu. Potresti spiegarmi perché? Che c'è di così divertente?»
«Ancora te lo ricordi...» Dean non sembrava crederci «Assurdo...»
«Per me non è passato molto tempo, ricordi? E comunque, mi avevi promesso che l'avresti spiegato quando ci saremmo rivisti.»
Dean annuì, colpevole. «Era una sciocchezza, Cas. Una tradizione di noi umani... sai, se una persona afferra il bouquet significa che si sposerà presto. Noi l'abbiamo afferrato in contemporanea, quindi significava che ci saremmo sposati» Dean rise ancora, al ricordo «Forse per questo sono single. Il destino voleva che sposassi te.»
Castiel si chiese se fosse serio oppure no, e optò per la seconda. Improvvisamente entusiasta, preparò un'altra domanda.
«Raccontami della tua vita, Dean.»
«Cosa?» replicò Dean, preso alla sprovvista.
«Sì» insistette Cas iniziando a giocherellare con uno stelo d'erba «Mi hai raccontato per una giornata della vita di Sam, e sono curioso... tu come stai? A parte la caccia, cosa fai?»
Dean allungò la bocca a papera, come se ci stesse riflettendo.
«Niente di che...» si portò distrattamente la bottiglia alle labbra e si regalò tre lunghi sorsi. «La solita vita. Licantropi, vampiri, fantasmi, Djinn, e altri bastardi soprannaturali. La mia baby resta sempre con me, anche se ho dovuto riparlarla almeno tre volte in questi dieci anni. Inizia a fare un po' i capricci, ma la capisco, gli anni passano per tutti... a me inizia a far male la schiena, a lei il motore, a quanto pare.»
«E sei sposato?» chiese Cas, cercando di non risultare troppo interessato.
Dean corrugò le sopracciglia e poi lo guardò come se fosse pazzo.
«Sposarmi, io? Nah. E comunque ho più di cinquant'anni, Cas.»
«E allora?» Cas inclinò di nuovo il capo, confuso.
«E allora?» Dean rise di gusto, battendo perfino la testa sul terreno per lo sfogo. Quando si fu calmato parlò con la voce più acuta. «Non sono mica un attore famoso, che mi vado a cercar moglie a quest'età! E poi... non sono il tipo.»
«Che significa?»
«Ma fai sempre domande, tu?» lo rimbrottò Dean, per gioco.
«Scusa.»
«No, è okay. Ho avuto un po' di storie in effetti...» Dean aveva di nuovo lo sguardo distante, remoto, gli occhi persi nel cielo infinito, e Cas si sentì nuovamente fuori posto.
Ripensò al momento in cui si erano salutati, dopo il matrimonio di Sam. A quanto ancora era giovane e pieno di speranze, il suo cacciatore.
E a come adesso invece sembrava spento. Nonostante le belle parole sulle stelle, Cas poteva avvertire l'immenso vuoto che divorava Dean.
Si sentì un verme per esserne, forse, la causa.
«Sono stato con una certa Carmen tra le storie più, ehm, importanti... quasi tre anni. Ma poi non ha funzionato. E' finita...»
«Oh, mi dispiace» gli rivelò Cas, e si infilò le unghie nei palmi per combattere l'istinto di stringerlo. Di... semplicemente di toccarlo, per assicurarsi che fosse ancora lì.
Perché Dean era lì, ma i suoi occhi no. I suoi occhi erano da un'altra parte.
«Beh, non dispiacerti. Tutte le cose finiscono. E' la vita...»
Cas non riusciva a guardarlo, ridotto così.
«Dean, io...»
«Devo fare due passi» ribatté Dean, freddo, e si mise in piedi in un attimo, allontanandosi.
Cas si maledisse tra i denti, poi saltò su per raggiungerlo.
Dean adesso ondeggiava davanti al frigo, reggendosi su di esso con una mano, l'altra che stringeva ancora la birra.
Cas si fermò sull'uscio, preso in contropiede da quella visione tanto penosa.
«Dean...»
«Mi dispiace...» biascicò quello, stringendo la mascella.
Cas notò che gli tremavano le braccia, e così accorse per sorreggerlo. Gli sfiorò il braccio teso e Dean reagì come un cane che protegge i suoi cuccioli.
«Lasciami stare!»
Si voltò di scatto per allontanare Cas e la birra gli sfuggì di mano.
Cas si riparò col braccio ma la bottiglia esplose e alcuni cocci dovettero averlo colpito, almeno a giudicare dal dolore che gli bruciò improvvisamente il gomito e il collo.
Dean parve tornare al presente solo quando vide il sangue, e sussultò.
«Non fa niente» cercò di rimediare Cas, il trench macchiato di birra, alzando le braccia per far vedere che stava bene.
«Non fa niente, posso curarmi coi poteri, non fa...»
«Mi dispiace, non volevo!»
Cas si ritrovò stretto dalla presa solida di Dean, mentre lo costringeva a mostrargli il braccio colpito.
«Porca puttana...» sussurrò Dean come perso in se stesso, mentre rimuoveva i cocci.
Cas si ritrovò a trasalire quando il vetro lasciava la sua pelle, facendo emergere il sangue, che poi gli colava sul braccio.
«Non fa niente, Dean, faccio da solo...» Cas si portò due dita al collo e la ferita scomparve.
Dean però era rimasto immobile, con il suo braccio tra le mani, il volto basso e le spalle che singhiozzavano.
Cas capì troppo tardi che stava piangendo.
«Oh no, ti prego, non farlo...» lo supplicò, mentre Dean gli stringeva quasi spasmodicamente la stoffa del trench strappata e insanguinata.
«Non volevo ferirti, Cas... non ti farei mai del male.»
«Lo so» tentò di rassicurarlo Castiel ma fu inutile. Dean scosse la testa e la rialzò per guardarlo.
«Credevo di potercela fare!» spiegò, con le lacrime che spiccavano sulle guance. «Questa volta credevo che l'avrei superata, ma non ci riesco... stai per andartene e ho rovinato perfino quei pochi momenti in cui potevamo stare assieme. Sono uno stronzo, sono un...»
Castiel poggiò l'altra mano su quelle di Dean, e le strinse per trasmettergli un po' di calore.
«No, non lo sei. Io lo sono. Perché ti ho lasciato andare. Perché continuo a farlo, ma... posso prometterti...»
«No» lo respinse Dean, duro.
Cas aprì la bocca, e poi la richiuse, interdetto. «Cos-»
«Non promettermi nulla. Più nulla. Sappiamo benissimo come va a finire, poi...»
Castiel strinse le labbra, cercando di respirare, e gli occhi bruciavano, e lui voleva solo sfiorare Dean e strappargli via tutto il dolore e la sofferenza col suo mojo angelico.
«Dean...»
«E' difficile senza di te, Cas...»
Cas batté le palpebre, confuso dal cambio di discorso.
«No, fammi finire» Dean era deciso, adesso. «Non mi importa più nulla. Tanto tra poco andrai via, e io non voglio che tu vada via senza saperlo.»
«Sapere cosa?» adesso Cas iniziava seriamente a preoccuparsi. Era qualcosa di grave?
«Non ho più nulla da perdere, giusto?»
Dean allungò una mano fino a sfiorargli la guancia e la curva della mascella.
Cas poteva sentire sulla pelle il calore cocente delle dita di Dean, le cui punte si erano arricciate tra i suoi capelli.
Spalancò gli occhi, sormontato da una serie di sensazioni differenti a cui non sapeva dare un nome.
«Dean...?» lo richiamò, confuso, guardando distrattamente la mano che gli stringeva un lato del viso.
Dean lo ignorò, e anzi allungò anche l'altra mano ad afferragli l'altro lato del volto.
«Voglio farti sapere perché continuo ad aspettarti, perché non riesco a stare con qualcun altro, perché vorrei che non mi lasciassi....»
Cas avrebbe voluto dire qualcosa, ma sentiva le labbra inchiodate, il respiro bloccato, e tutto il suo campo visivo era occupato dal volto di Dean: erano così vicini che poteva contargli tutte le lentiggini e i peli delle sopracciglia. E le paiuzze più chiare nelle pozze verdi che erano i suoi occhi.
«Ho cercato di negarlo per anni, Cas, anni, ma adesso non ce la faccio più. Non posso permetterti di andar via, e... e magari non ci vedremo più. E io non mi dimenticherò mai di te, e non vorrei che tu ti dimenticassi di me, quindi...»
«Io non mi dimenticherò mai di te!» Cas si sentiva quasi offeso dall'accusa. Dean rise un po' scuotendo la testa, poi si passò la lingua sulle labbra e Cas sentì il calore aumentare.
«Io non voglio perderti...» riprese Dean, muovendo piano il pollice sulla sua guancia.
Cas chiuse gli occhi, trasportato da quel calore, e sentì Dean farsi ancora più vicino, ad eliminare la distanza che li separava.
Sentiva il suo respiro caldo sulle labbra e deglutì, in attesa.
E poi qualcosa trillò.
Dean si arrestò improvvisamente.
Cas riaprì gli occhi, confuso, e vide Dean allontanarsi, e mollare la presa sul suo volto, per guardarsi il polso.
«E' ora...»
Cas impiegò qualche attimo per realizzare cosa stava succedendo.
Dean catturò il suo sguardo e adesso appariva completamente perso. Come un bambino che cerca i suoi genitori in aeroporto.
«Cosa?»
«Il portale» spiegò Dean, e aveva il respiro corto in questo momento. Schizzò in piedi come morso da uno spillo e Cas lo imitò, con più calma.
Il cacciatore si stava leccando le labbra, in evidente ansia, e faceva di tutto per non guardarlo. Cosa stava succedendo, prima? Dean stava per baciarlo?
Cas non riusciva a capacitarsene.
Si sentiva travolto dalle emozioni, e queste gli impedivano di pensare in modo lucido.
E forse proprio questo offuscamento lo portò a prendere una decisione.
«Resterò con te.»
«Cosa?» Dean spalancò gli occhi, stupito quanto lui, se non di più.
Cas distese le spalle. «Non mi importa se il portale si chiuderà. Voglio restare.»
«Cas, non era pericoloso?» Dean sembrava seriamente preoccupato adesso «E le ali? Insomma... non rischi di morire?»
«Forse» rispose Cas, scrollando le spalle «E allora? Tornare indietro senza di te sarebbe peggio di morire.»
Dean reclinò un po' la testa, colpito. «Cas...»
Le lancette continuavano a scorrere.
«Farà male?» domandò Dean, ancora non del tutto convinto.
«Credo di sì. Ma non importa.»
Aveva appena finito di dirlo che una fitta gli colpì il petto.
Cas si piegò con gli occhi quasi di fuori e una mano a coprirsi la bocca, colto da un conato di sangue.
«CAS!» lo richiamò Dean terrorizzato. Lo resse per le spalle mentre Cas guardava sconvolto il liquido rosso che gli bagnava le dita.
Una nuova fitta gli colpì la schiena e Cas cadde letteralmente in ginocchio, con un urlo.
«NO!» Dean sbatté a terra con lui e cercò ancora di non farlo cadere, scuotendolo un po' come per tenerlo sveglio.
«CAS!»
Castiel si sentiva bruciare dentro: come se la sua grazia gli stesse liquefacendo gli organi interni e la pelle soprastante per emergere.
Guardò Dean come per trasmettergli che stava bene, che stava facendo questo per lui e avrebbe accettato tutto il dolore, che se lo meritava per averlo lasciato andare tante volte in passato, ma Dean non sembrava capire.
«Vai» gli ordinò, con gli occhi lucidi.
«Cosa?» Cas cercò di reprimere un altro conato di sangue, e si strinse il petto lì dove una nuova fitta gli aveva attraversato lo stomaco.
«No, Dean, io voglio restare...»
«Devi andare via...»
«Ma non capisco, io credevo che tu volessi...»
«Vai, Cas» Dean era deciso, adesso. Cas non capiva.
Il rifiuto di Dean gli fece più male delle fitte. «Ma io... io voglio restare con te.»
«Non così» Dean gli strinse ancora di più le spalle. «Attraversa il portale, Cas...»
«No...» si ribellò Cas debolmente, cercando di sfuggire alla sua presa «No, tu non capisci...»
«Vuoi restare con me?» capitolò Dean, riottenendo la sua attenzione.
Cas annuì, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dalla bocca.
«Allora vai su in Paradiso, e mettiti d'accordo con gli altri angeli. Trova un modo per restare definitivamente qui. Se è proprio quello che vuoi...»
Cas annuì partecipe, mentre una nuova fitta rischiava di fargli perdere i sensi.
«Chiederò di rendermi umano, allora...»
«Certo» rispose Dean, che però non sembrava davvero ascoltarlo.
«Mi farò togliere la grazia!» continuò Castiel, ispirato «E tornerò qui.»
«Sì.»
Cas sorrise, tra i rantoli, poi guardò un'ultima volta Dean.
«Allora a dopo.»
«Sì, a dopo...»
Cas, finalmente soddisfatto, gli sorrise un'ultima volta.
Stava per volare via, che Dean gli strinse il trench, come se si stesse dimenticando qualcosa.
«Cas...»
Cas lo guardò. C'era una lacrima negli occhi di Dean?
«Ti...»
Cas non senti il resto della frase, perché il portale l'aveva reclamato. Sparì con un'ultima immagine degli occhi verdi di Dean.



«... amo» concluse Dean alla stanza vuota.
Ringraziò il favore dell'oscurità che aveva impedito a Cas di notare la sua espressione.
Non ci sarebbe stata una prossima volta, un dopo.
Gli angeli non gli avrebbero mai permesso una cosa del genere, Cas non sarebbe più tornato e questo Dean lo sapeva.
Si lasciò ricadere contro il frigorifero, la mano tra i capelli e gli occhi lucidi a fissare la stoffa dei suoi jeans.
Addio Cas, pensò con un groppo alla gola, abbracciandosi le ginocchia e affondando la testa tra le spalle, nei singhiozzi.




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To be continued >> Parte 4 (aka Dolore)






~•~Angolo Autrice~•~
Emh... lo so, mi odiate. LO SO.
Inutile dire che il podio per la theme-song di questo capitolo l'ha conquistato "Saturn" dei Sleeping at Last. Insomma l'ho ascoltata a ripetizione anche mentre sceglievo le immagini giuste per il banner. Il testo di questa canzone più l'immagine che vedete qui sopra mi hanno ispirato per la scena sul giardino a guardare le stelle.
Volevo si cogliesse il senso di, umh, "infinito". Di questo tempo che esiste solo per gli esseri umani. Il profondo senso di solitudine che prova Dean. Il vuoto che ha dentro. L'assenza di Cas ç_ç
Vorrei dire così tante cose su questo capitolo che sicuramente me le scorderò tutte.
Innanzitutto l'avevo già detto che sarebbe tornato il riferimento al bouquet dello scorso capitolo, vero?
Poi c'è un altro riferimento con la scena della bottiglia di birra -che rimanda alla scena del primo capitolo- e anche alla frase "Per sempre". Se ricordate -sicuramente no xD- negli scorsi capitoli la frase era "Il per sempre non esisteva per Dean e non esisteva per Cas" ora invece è "non esisteva per Dean MA esisteva per Cas".
E siccome tutta la storia è un POV di Cas, è un po' diciamo una... consapevolezza nuova. Come dire, se prima il problema era il portale che impediva a Cas di restare, adesso il vero problema è il tempo.
Aaaah lo so sono una bastarda ç__ç
Premetto anche che il capitolo non doveva AFFATTO uscire così. Innanzitutto la scena iniziale col bimbo non era prevista. Ci ho pensato dopo, e non mi è dispiaciuta. Insomma un po' di fluff ci stava, e poi ho tipo il kink per Cas e Dean with babies cwc
L'ultima scena invece, E' STATA DEL TUTTO UNA SORPRESA. I personaggi si sono scritti da soli.
Nella mia testa Cas lo salutava come sempre allo scoccare della mezzanotte, poco dopo che era tornato Sam, e Dean prometteva di aspettarlo. Sa di già sentito giusto? Non avrebbe apportato vere e proprie modifiche.
E invece è uscita così.
E la preferisco... cioè mi spiego. In questa nuova versione si vede che Dean ha perso le speranze xD e Cas finalmente si è dato una mossa e si è deciso a far qualcosa. Diciamo che all'inizio ero titubante per questa versione perchè il problema della loro separazione si spostava da un motivo interno -gli impegni di Cas- ad un fattore esterno -il portale che EFFETTIVAMENTE impedisce loro di stare insieme- però... però capirete tutto nel prossimo capitolo cwc
Se qualcuno di voi si sta chiedendo perché non li ho fatti baciare -eddai c'erano quasi, vuoi dar loro qualche gioia?- il senso è semplice: sono cattiva xD
Nella versione originale doveva anche tornare Sam. Qui no. Ho reso, come dire, la loro separazione più brusca possibile. L'assenza del bacio è molto semplice: una cosa è aspettare qualcuno con la consapevolezza che questa persona ti ama, e che quindi sai che tornerà da te e l'attesa è più dolce. Un'altra è rimanere nel dubbio e nell'incertezza, e pensare che quella persona non tiene a te allo stesso modo, e quindi altri sensi di colpa per non aver pensato ad agire prima e roba così xD insomma se Dean non si dispera abbastanza non sono contenta, e in più Cas ancora non ha realizzato davvero tutta la questione "amore". Not yet. Ma ripeto, vi rimando al prossimo capitolo dove capirete TUTTO.
E sarà una mazzata. Io ho pianto scrivendolo. COMUNQUE ho scritto un poema di note o.o è che mi piace la chiarezza, e spesso non sono sicura che certi significati che inserisco arrivino a voi lettori e quindi boh ci tenevo a spiegarli, ecco >.>
Ora giuro che scappo, alla prossima! <3 NON FUCILATEMI

P.P.S: Siccome qualcuno mi ha chiesto. Ebbene c'è un significato anche nei banner. Tipo nello scorso Dean che guarda in alto (verso il cielo aka paradiso/Cas) e Cas che guarda in basso (verso la Terra aka umanità/Dean), mentre nell'immagine centrale Dean guarda in basso e Cas in alto, della serie ognuno al suo posto. Ancora una volta ad indicare la distanza. In questa invece ho messo prima l'abbraccio dello scorso capitolo, poi l'immagine centrale che rappresenta la solitudine e l'attesa di Dean (del resto THE BOY WHO WAITED mica carciofi) -in più l'Impala è un po' la trasposizione di Dean. Quando Dean dice che ha dovuto ripararla così come a lui inizia a venire il mal di schiena... è come se succedessero le stesse cose a entrambi xD- eee nell'ultima imm c'è Cas -o meglio la sua ombra- che torna. Scendendo direttamente dal portale. Anche lui da solo e circondato dalla desolazione. METAFORE. METAFORE OVUNQUE.
Okay la smetto, vi giuro che sono una persona normale. I SWEAR.


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