Non so cosa esattamente sia
questa storia, il che è
tutto dire.
Ho visto il film
“Il Principe Caspian” e mi è venuta la
voglia di rileggere i
romanzi di Narnia. Tutti. Oggi stavo leggendo
“L’ultima battaglia” –
esattamente il passo in cui catturano Eustachio – e mi
è venuta in mente questa
storiella. Sono sempre stata un’accesa sostenitrice di questa
coppia – be’, io
ho tifato un po’ per tutti, compresi Cor e Aravis e
Polly e Digory – e ho voluto rendere
giustizia a quello che l’autore non ha mai voluto scrivere.
Ovviamente, le parti in corsivo sono state inventate da me tranne la
prima che si riferisce al giorno in cui Eustachio e Jill finiscono a
Narnia, quando Jill piange dietro la palestra. La seconda è
ambientata dopo la "Sedia d'argento" e prima de "L'ultima Battaglia",
la terza il giorno prima della Battaglia e l'ultima parte in corsivo
qualche minuto prima della battaglia.
- Un armigero
trascinava verso l'entrata della stalla qualcuno che urlava e
sclaciava; quando passarono accanto al fuoco e vennero illuminati dalla
fiamma, furono facilmente riconoscibili: la vittima del soldato di
Carlormen, purtroppo, era Eustachio.
[...]
Eustachio fu gettato dentro come un sacco di patate e l'armigero chiuse
la porta.
[...]
Jill si era ricordata di voltare il viso dall'altra parte. "Visto che
non riesco a smettere di piagere, dovrò cercare di non
bagnare le frecce e l'arco " pensò. -
Le Cronache di Narnia - L'ultima
Battaglia, pag 1108 - Volume Unico -
Jill
Light
Blue Eyes
I
soldati di Calormen mi trascinano verso quella
maledetta stalla e io non ho neanche la forza di oppormi.
Riesco solo ad alzare il viso verso la roccia bianca e vi vedo, tutti.
Tirian,
il volto teso e l’espressione disperata, Poggin il nano,
stupito, Diamante,
Enigma, Alidifuoco... e tu, Jill.
Mi guardi, disperata. I tuoi occhi celesti sono velati di lacrime che
cerchi di
non versare, senza successo.
Non piangere per me, Jill.
Non mi merito le tue lacrime, né la tua disperazione e
neanche i tuoi occhi
puntati nei miei.
Il tuo viso, anche visto da lontano, è di una bellezza
assurda. La pelle
candida, le guance arrossate, le labbra dischiuse. E i morbidi boccoli
che ti
ricadono dolcemente sulle spalle, sulla schiena, attorno al viso da
bambola.
Chiudo gli occhi, ma dentro di me ho ancora il ricordo dei tuoi occhi
color
cielo puntati nei miei.
Jill
Lacrime.
Singhiozzi.
Disperazione.
Anche quella volta piangevi.
Quella volta in cui ti sono venuto in contro, dietro la palestra.
Avevo sentito i tuoi singhiozzi.
Avevo sentito le tue lacrime.
E sono venuto da te, per cercare di rimediare a quelle lacrime.
Perché, in fondo, sapevo che era colpa di quello che ero
stato precedentemente.
Sapevo che era colpa di quelle parole dette con l’intenzione
di ferire, sapevo
che era colpa di quei gesti minacciosi, sapevo che ero io la causa di
quelle
lacrime.
O meglio, il ragazzo che ero stato.
Per questo sono venuto da te.
Per rimediare.
Per cancellare le parole, i gesti, i ghigni che avevo rivolto
sprezzante a te.
Non avevo idea della verità.
Non avevo idea che il passato non si sarebbe cancellato solo
perché ti avrei
consolata.
E ogni volta che ti guardo, sento l’invisibile perso di
quelle parole maligne
sulle mie spalle.
Sento
ancora l’intensità del tuo sguardo su di me e
apro gli occhi.
“Eustachio”
Le tue labbra – morbide e rosee – sillabano il mio
nome, silenziosamente, senza
emettere alcun suono, eppure io me ne accorgo.
Jill.
Le tue lacrime mi colpiscono come uno schiaffo. I tuoi singhiozzi mi
trafiggono
come una spada.
Perché, ancora una volta, stai piangendo, Jill.
E, ancora una volta, io sono la causa delle tue lacrime, dei tuoi
singhiozzi,
della tua disperazione.
Jill.
Scuoto la testa, impercettibilmente, come a dirti di smettere di
piangere, ma
tu non mi ascolti, come al solito.
Non mi hai mai ascoltato, Jill. Sei sempre stata testarda.
E continui a piangere.
Per colpa mia.
Jill.
Odio e indifferenza, prima. Quando ero ancora un ragazzino immaturo.
Amicizia.
E non oso dire qualcosa di più, perché quel
qualcosa di più mi intimorisce, mi
spaventa e mi allontana da te.
Lontano da te la mia mente torna lucida, ogni paura mi sembra stupida e
quello
che definisco “qualcosa in più” svanisce
all’apparire della razionalità.
Ma quando sono con te, la mia mente si annebbia e l’unica
cosa che percepisco è
la tua risata, l’unica cosa che riesco a vedere è
il tuo sorriso e quel
“qualcosa in più” torna a premere
dolorosamente contro il mio cuore.
“Eustachio...”
La tua mano delicata mi sfiora la guancia, il tuo sorriso mi annebbia
il
cervello.
“Jill..”
La mia voce trema.
Tu poggi la testa sul mio petto, i tuoi riccioli biondi premono contro
il
leggero tessuto della mia camicia, le tue mani mi stringono la schiena,
delicate.
“Non mi sento a mio agio, qui. Voglio tornare a
Narnia”
Le mie mani ti accarezzano il volto, il mio cuore batte più
veloce del normale
e riesco a sentirne persino il rumore.
“Quando Narnia avrà bisogno di noi, ci
chiamerà”
Tu ti stringi ancora di più a me e la tua guancia sfiora la
mia camicia.
Sorridi.
Sento quel sorriso nella tua voce angelica.
“Eustachio?”
Abbasso il mio sguardo verso di te e incontro i tuoi meravigliosi occhi
color
cielo.
Rabbrividisco, ma non ti allontano.
“Si?”
“Grazie” dici, con un sorriso timido sul tuo volto
e le tue guance candide
diventano un po’rosse.
Sorrido a mia volta e continuo ad accarezzarti la guancia rovente di
imbarazzo.
Ed ecco che la verità pesa di nuovo sulle mie spalle: nonostante quando sono con
te la mia mente
sia annebbiata, i momenti di lucidità sono questi.
Quelli in cui la mia razionalità non interviene a dirmi che
sto sbagliando.
Quelli in cui mi rendo conto di essermi innamorato di te, Jill Pole.
Quando
ti vidi per la prima volta, allo Sperimentale, tu non eri che una
bambina.
Minuta, fragile, spaventata da quella gente che ti circondava.
Avevi un volto piccolo e innocente e quegli occhi azzurri –
grandi e limpidi,
che mi avevano abbagliato dal primo momento – spiccavano sul
candore della tua
pelle. Un ammasso di riccioli biondi circondava il tuo piccolo volto,
donandoti
l’aspetto di un angelo.
Volevo venire da te, chiederti se avevi bisogno d’aiuto, ma
non lo feci.
Mi ricordo di te, Jill, quando eravamo a scuola. Sempre seduta in
ultima fila,
con gli occhi azzurri rivolti alla finestra e l’espressione
sognante. Ogni
tanto perdevo la mia aria da primo della classe e mi imbambolavo a
guardarti,
così fragile e minuta, con quel viso innocente ed un sorriso
meraviglioso.
Jill.
Adesso sei cresciuta, Jill, ma sei sempre la stessa. Sempre fragile
– come se
da un momento all’altro potessi spezzarti – e
magra. Il tuo volto è cambiato,
maturato, i tratti tondi e infantili sono diventati più
marcati, ma hai sempre
quell’espressione sognante. Il tuo sorriso è
ancora innocente e i boccoli
biondi ti circondano ancora il viso pallido, come un’aureola.
E quegli occhi,
Jill, i tuoi occhi... non sono mai
cambiati. Limpidi, chiari, grandi e innocenti...quegli occhi che sono
lo
specchio della tua anima.
Ogni volta che li guardo mi sento qualcosa dentro, qualcosa che mi fa
stare
bene e male allo stesso tempo. Un’emozione impossibile da
descrivere con le
parole.
Quante volte ho pensato di dirtelo? Molte, ma nessuna di tutte quelle
volte te
l’ho detto, perché avrei rovinato la nostra
amicizia.
E per me non c’è niente di più prezioso
al mondo di te, Jill Pole.
Jill.
Paura.
Terrore.
Sentimenti che mi attanagliano le viscere, qui, mentre ti guardo.
Lo faccio spesso, sai?
Da quando siamo venuti per la prima volta a Narnia. Ti guardavo nel
sonno,
perché mentre dormivi avevi un’aria
così tranquilla che anche io mi rilassavo.
Ma ora non lo faccio per rilassarmi, per tranquillizzarmi.
Ormai non ho più speranze. Non sopravvivremo
un’altra notte,Jill e lo so
benissimo.
Non cerco pace, non cerco sogni, illusioni o speranze mentre ti guardo.
Cerco il tuo sguardo, l’unico che vorrei vedere questa notte.
E per sempre.
Con una mano ti accarezzo i riccioli biondi, che ti danno
l’aspetto di un
piccolo angelo.
Mi chino su di te e ti stringo a me, per paura che tu possa andartene
via per
sempre. Come sarà.
“Eustachio?”
La tua voce è cristallina, pura come il tuo aspetto.
“Non riesco a dormire” mormoro, il viso affondato
nei tuoi capelli. Tu sospiri
e ti volti verso di me. La mia presa attorno alla tua vita svanisce e
tu mi
sorridi dolcemente.
“Hai paura?”
Prendo le tue mani, incrocio le nostre dita e ti guardo a lungo prima
di
annuire, mordendomi l’interno della guancia.
“Anche io” dici, liberando le tue mani dalle mie e
posando la tua testa sulla
mia spalla. Ti stringo a me, per non perderti.
Sei così piccola, Jill. Così fragile. Eppure, in
te, hai una forza che spaventa.
Ma questa notte, la tua forza è svanita e sei solo un
delicato angelo tra le
mie braccia.
La maschera di ragazza pronta a tutto che non si spaventa di niente
è crollata
e tu non sei altro che Jill, una ragazza che sta per affrontare
qualcosa più
grande di lei.
Non piangi. Solo due piccole lacrime ti solcano le guance e mi bagnano
la
casacca, ma non singhiozzi, non urli.
Perché anche tu sai che non servirebbe a niente.
“Jill..”
Alzi lo sguardo e i tuoi occhi mi trafiggono.
“Eustachio...”
Poggi la testa sul mio petto ed ascolti battito del mio cuore impazzito.
“Cosa c’è?”
Ti guardo e ti stringo a me.
Questa è la nostra ultima notte, Jill.
L’ultima notte in cui potrò vederti dormire o
stringerti a me, disperatamente.
Eppure, neanche stavolta ce la faccio.
“Niente”mormoro, arrossendo.
Tu alzi di nuovo lo sguardo e mi fai un piccolo sorriso.
“Eustachio...”
Uno sguardo di rimprovero.
“No, davvero” mormoro, accarezzandoti il viso
pallido. “Nulla”
“Sicuro?”
“Sì”
E, anche se so che non potrò mai più dirtelo,
resto in silenzio, con il tuo
viso premuto contro il mio petto e il mio cuore che va a mille,
inconsapevole
della verità che cade ancora una volta sulle mie spalle:
è finita.
Ti
guardo un’ultima volta per conservare il tuo volto
–
meraviglioso e devastato dalla disperazione – come ultimo
ricordo della mia
vita.
E’ tutto finito, Jill. Tra poco io sarò
là dentro e la mia vita finirà così,
senza che io ti abbia detto la verità, senza che una sola
volta abbia potuto
baciare le tue labbra.
Mettiti in salvo, Jill.
Non restare a guardarmi mentre mi trascinano verso la mia fine. Scappa,
porta
Tirian con te. Per Narnia non è finita se qualcuno ancora ci
crede. Aslan
verrà. Lui ci ha sempre ascoltato e ci è venuto
in contro quando ne avevamo
bisogno.
Non soffrire per me, Jill. Non sono che un ragazzo, uno sconosciuto, in
fondo.
Siamo diventati amici quasi per caso e con la mia amicizia hai
dimenticato
tutto quello che ti avevo fatto prima.
Ma io ho sempre ricordato tutto il dolore che ti ho causato.
Dimenticami, Jill.
Dimentica Eustachio Scrubb, un vecchio compagno di scuola e di
avventure,
qualcuno di cui tra qualche anno scorderai l’aspetto e
persino il carattere. Di
me non ti resterà che il nome. Ti ronzerà nella
testa in quei giorni d’autunno,
in cui guardi la pioggia dalla finestra, assalita dalla malinconia.
“Eustachio...”
Il tuo volto vicino al mio è di una bellezza devastante.
Ti accarezzo la guancia candida e poso un bacio sulla tua fronte,
mentre tu
arrossisci furiosamente.
“Andrà tutto bene” dico, ma neanche io
ci credo tanto.
Tu mi guardi a lungo, poi mi abbracci disperata, ma non piangi.
“Ne sei convinto?” chiedi, con la tua voce
cristallina.
“No” mormoro, chinandomi su di te e baciando la tua
tempia. “E’ finita”
“Lo penso anche io”
Ti scosti da me e mi guardi per un’ultima volta, poi ti
volti, impugni l’arco e
ti incammini.
“Eustachio?”
Ti volti, il tuo volto è disperato. I tuo occhi sono intensi
come fiamme e i
boccoli biondi ti circondano dolcemente il viso.
“Jill...”
La mia mano cerca di raggiungerti, ma tu ti scosti, singhiozzante. Ma
nessuna
lacrima solca il tuo volto.
Un guerriero non piange.
“Mi mancherai”
Un sussurro senza speranze di un futuro.
“Anche tu” ho la bocca impastata e le lacrime mi
offuscano gli occhi. “Jill..”
Vorrei potertelo dire, ma a che servirebbe?
A rendermi conto di quello che non avrò mai,
perché la mia vita finirà oggi
stesso?
“Si?”
“Sei stata una grande amica”
Sorridi, disperata.
“Anche tu...”
Ti
guardo per l’ultima volta, mi stanno per portare
nella stalla.
Sei così irrimediabilmente bella, Jill. Tirian ti posa un
braccio sule spalle e
tu continui a piangere, disperata per me e per la mia sorte, ma anche
per
quello che succederà a te, a Tirian...a Narnia.
Ti guardo un’ultima volta, sperando in tuo sorriso che so non
arriverà.
I tuoi occhi sono ancora puntati nei miei.
Le tue labbra sillabano ancora il mio nome in silenzio.
“Ti amo” dico, ma so che tu non mi hai sentito.
Mi trascinano dentro.
Tu volti il viso. Tirian ti ha detto che non devi farti vedere piangere
e
cercare di non bagnare arco e frecce. Tu lo ascolti. Per la prima volta
in
tutta la tua vita fai quello che ti dice qualcun altro . Avrei voluto
esserci,
per sorridere trionfante e dirti che qualcuno era riuscito a farti
ragionare.
Ma io non ci sarò. Non ci sarò mai più.
L’ultimo ricordo della mia vita saranno degli occhi.
Azzurri.
Limpidi.
Grandi.
Pieni di lacrime.
I tuoi occhi.
Gli occhi di Jill Pole.
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