Nota dell’Autrice:
Questo capitolo è una
compilation di scene col motivo comune dell’inverno e del
tempo natalizio. La stagione festiva si fa pesante quando Regina prende
una decisione a proposito del principe e deve sopportarne le
conseguenze. Aspettatevi problemi parentali, piaceri invernali, e verso
la fine un momento cruciale per la relazione tra Regina e Daniel.
Capitolo 15
Twelve
Days of Christmas
Il fuoco crepita nel focolare.
È l’unica cosa che
alleggerisca le sue orecchie dal silenzio teso e pieno di disagio della
tavola natalizia. L’intera
casa ne sta pagando il prezzo.
L’odore di pino che arriva da dietro di lei porta con
sé la visione dell’albero di Natale come lo ha
visto quella mattina – riccamente decorato, con la stella
dorata sulla sua cima che tocca l’alto soffitto, i suoi rami
più bassi segati via per far spazio al mucchio di regali che
non c’era. Non
che abbia importanza. Lei si è data
il regalo migliore, e nonostante il prezzo, non può evitare
di sentire che è il meglio che avrebbe potuto ottenere.
Regina
punzecchia svogliatamente la sua cialda con la forchetta. Cora
sibila pericolosamente. Regina si mette in bocca un pezzettino della
pasta e si obbliga a masticare e ad inghiottire, attenta ad eludere gli
occhi di entrambi i suoi genitori. Il sentimento è fuori
luogo, specialmente in quello che dovrebbe essere un momento di amore e
gioia, ma non può evitarlo – vorrebbe che entrambi
sparissero; sua madre per ciò che ha fatto, suo padre per
ciò che ha mancato di fare.
«Mangia»
dice Cora seccamente. Regina accoltella la
sua cialda con più vigore del necessario.
«Marmocchia ingrata». Questo non è
affatto il peggio che lei abbia sentito dalla notte prima,
così si limita ad abbassare ulteriormente la testa sul
piatto per nascondere un sorrisetto che la coglie di sorpresa. La mamma
si arrabbierà con se stessa per questo – per aver
perso la calma, dimenticando le buone maniere davanti al proprio
oltraggio; un linguaggio simile, dopotutto, non si addice ad una
signora. «Non incurvarti su quel piatto!» soffia
tra i denti. Regina avverte un movimento debole e pieno di disagio al
capo opposto del tavolo. Nessun suono ulteriore arriva da quella
direzione, però. Lei si dà una scrollata mentale.
Cosa mi aspettavo?
Regina
posa la propria forchetta e spinge via il piatto in un movimento
composto ma deciso.
«Regina».
C’è un margine
pericoloso e minaccioso nella voce di Cora.
«Ho
finito la mia colazione, madre. Posso essere
scusata?» Da dove vengono quell’audacia, quella
fermezza sia nel suo sguardo che nella sua voce? Regina sente un breve
momento di sorpresa mista ad orgoglio ed una sensazione di compimento.
«No,
non sarai certamente scusata!»
Così
Regina rimane seduta, avvertendo in qualche modo che
sua madre, questa volta, non può resistere a lungo. Avendo
pronunciato la battuta con perfetta neutralità e cortesia,
Regina è consapevole che Cora non ha niente da rimproverare,
nessun modo di bollare il suo comportamento come insolente.
Sostanzialmente, è caduta in una trappola che si
è creata da sola – dopotutto
c’è, sembra, un certo potere nelle vuote cortesie,
e lei potrebbe averlo appena scoperto. Le cerchie di corte hanno
mostrato a Regina quanto veleno, ridicolo, o semplicemente disinteresse
si possa trasmettere emettendo qualche frase socialmente accettabile e
apparentemente educata. Ironicamente, la detestabile vita sociale a cui
Cora ha sottoposto sua figlia ha dato un’arma a Regina.
I
suoi sospetti sono presto confermati. «Vai nella tua
stanza» sibila Cora. «Non dimenticare
ciò che hai la fortuna di avere» continua mentre
Regina inizia ad alzarsi senza una parola. «Devo ancora
ideare una punizione adeguata al tuo crimine. Ma arriverà.
Come arriveranno altre misure preventive».
Crimine.
Perché è ancora sorpresa che le sue
azioni vi equivalgano agli occhi di sua madre? La punizione
sarà spaventosa, questo è certo.
Regina
non rimpiange niente.
Regina si guarda al braccio del
principe, condotta lungo il sentiero
vividamente illuminato che zigzaga tra gli arbusti modellati
artificialmente, e riconosce a stento la persona che sta osservando.
Chi è quella creatura sottomessa intrappolata in strati di
tessuto lussuoso, che perde tempo prezioso ripetendo meccanicamente
frasi che ormai sono radicate così profondamente nel suo
cervello che lei non è più nemmeno consapevole di
star pronunciando quelle parole? Non io, rabbrividisce interiormente,
lei mi assomiglia a stento ormai. Con
riluttanza, d’istinto,
i suoi occhi vacanti seguono il braccio del principe mentre lui le
indica un cespuglio di rose. La piccola gemma rosa che lui le porge non
è ancora sbocciata – ed ora non lo farà
mai. Lei l’annusa distrattamente, e non sente il
più debole soffio di profumo. Bello alla vista,
ma questo
è tutto ciò che ha da offrire.
«Come cresce una
rosa?»
«Milady…?»
Il viso lievemente accigliato
di lui le fluttua davanti. Lei ripete la domanda, risoluta, e lo guarda
attentamente. Il principe riguadagna presto la sua calma, come sempre.
«Da un seme piantato nel terreno» replica
pazientemente, come se stesse spiegando la più semplice
delle cose ad una bambina piccola.
«Chi deve piantare il seme,
in che momento
dell’anno, e in quale terreno? Quanto spesso deve essere
annaffiato, e potato? Quando fiorisce?»
«Forse a milady farebbe
piacere parlare di fiori col
giardiniere reale? Sono belli, non è vero?» Lui fa
lampeggiare i suoi denti perfetti in un ampio sorriso.
E, per la prima volta da secoli,
Regina non si sente né
frustrata né rassegnata in sua presenza. Per la prima volta,
ricambia il suo sorriso con uno dei propri – uno genuino.
«Penso di no, Vostra
Altezza, vi ringrazio. In effetti, temo
che non dovremo più vederci».
«Scusatemi? Vi ho
offeso?»
«Di certo voi, come me,
siete consapevole di dove
è diretto questo corteggiamento». Chiaramente, il
principe non è abituato ad una tale franchezza, ma a Regina
non importa. «Credo non sia che giusto dirvi prima e non poi
che questa situazione non è più
sostenibile».
«Milady… La
vostra impazienza mi lusinga. Io
stesso sono ugualmente impaziente di compiere il prossimo passo, ma mi
dicono che è necessario un certo decoro». Regina
scuote la testa – com’è riuscita anche
solo a mantenere questa mascherata tanto a lungo? Come di consueto, il
principe la fraintende. «Molto bene, milady.
Parlerò con mio padre. Credo che i tempi siano maturi
–porteremo avanti il fidanzamento».
«No. Non possiamo
sposarci». Lo shock è
chiaramente impresso sul volto di lui: alcuno è mai stato
tanto audace quanto questa sciocca ragazza col sangue di una comune
nelle vene? «Non capite? Non abbiamo niente in comune. Dovete
anche essere consapevole del fatto che non c’è
nessuna reale affinità tra noi. Voi non sapete nulla di me,
persino dopo settimane, e non sembrate curarvene molto. Vedete? Non
obbiettate – niente del vostro viso suggerisce che questo sia
falso, anche se le vostre labbra potrebbero essere adesso sul punto di
formare parole melense che sostengano il contrario». Colto
sul fatto, lui abbassa gli occhi per un breve momento, e chiude la
bocca. «È meglio per entrambi farla finita prima.
Come potremmo, in simili circostanze, formare una famiglia, tanto meno
governare un intero regno in prosperità?»
La voce
della ragione è qualcosa che non avevi mai pensato di
sentire da me – o da alcuna ragazza, apparentemente. Da
qualche parte in fondo alla sua mente altrimenti perfettamente chiara,
si registra un senso di apprensione, il cui vestito ha un orlo
frusciante che striscia sul pavimento piastrellato della stanza di sua
madre. «Addio, Vostra Altezza». Regina si guarda
girare sui tacchi, e affrettarsi verso il palazzo con un passo svelto e
leggero. Sì, questa ragazza la riconosce. Rompe in una corsa
lieve e gioiosa e, incontrando la figura, si fonde con lei senza
difficoltà. Un pensiero finale la induce a voltarsi indietro
e dirgli: «Vi prego, non serbate rancore verso la mia
famiglia».
L’angolo
sembra vuoto senza l’usuale abete, e il
focolare sembra abbandonato senza il piatto dei tradizionali biscotti
di Natale sulla sua mensola. Forse avrebbe dovuto almeno provare a
portare un’immagine di gioia festiva nella casa.
L’albero
soleva significare che lui e suo padre avevano
trascorso il pomeriggio nei boschi, parlando in toni sommessi, e
portando a casa con loro un po’ del fresco odore silvestre e
del vivido fogliame per competere con la monotonia dei colori della
stagione. Gli ornamenti avrebbero significato che erano stati al lavoro
per molte sere nell’angolo del focolare, intagliando legno ed
intrecciando della paglia. Lo strano pacchetto che ognuno di loro
avrebbe trovato sotto l’albero avrebbero contenuto qualcosa
di mondano, come posate recentemente intagliate per sostituire il
vecchio set rovinato, o persino un paio di calze calde di pura lana se
erano riusciti a mettere da parte qualche soldo.
Non
solo non ci sono biscotti da sistemare su un piatto
quest’anno, ma comunque non c’è
più ragione di metterli sulla mensola del camino. Daniel
è cresciuto un bel po’, e sua madre, fosse stata
ancora viva, avrebbe dovuto pensare ad un nascondiglio differente per
trattenerlo dal rubarne uno in un momento di debolezza. La zuppa di
funghi di lei sarebbe stata più cremosa e saporita di quella
che è riuscito a preparare per la sua solitaria cena di
Natale.
La
candela tremola mentre lui mette giù il suo cucchiaio, e
Daniel va ad assicurarsi che la finestra sia chiusa come si deve. Il
suo sguardo viaggia sino alla villa che gli ammicca con le sue finestre
illuminate. Può quasi distinguere l’albero nella
sala da pranzo – alto e rigoglioso, riccamente decorato,
pensa. Lei sarà seduta accanto ad esso proprio ora, con i
rami più bassi che le sfiorano la guancia mentre comincia ad
aprire i propri regali? Forse più tardi riuscirà
a uscire di nascosto e a venire a dargli un rapido saluto…
Più probabilmente no.
«Buon
Natale, mamma, papà. Buon Natale,
Regina». Il suo sussurro appanna brevemente la finestra, e
lui la strofina con una manica per pulirla e riuscire a vedere il
profilo sfocato dell’albero. Adesso sei tutta la famiglia che
ho.
Le
campanelle della slitta suonano. Un sonoro scricchiolio risuona
quando la frusta disegna un arco aggraziato attraverso
l’aria. Le labbra di Regina si contraggono alla vista di uno
dei cani che danza tra le gambe dei cavalli, mandando pezzi di neve a
volare in aria. Mucchi di pelliccia morbida sono impilati sui sedili,
pronti ad offrire riparo dal freddo pungente. Uno scroscio di risate
accompagna lo scintillio accecante della neve calciata verso
l’alto da piedi in corsa. Una piccola folla di cuochi e
valletti si raduna lì attorno, nascondendo la slitta dalla
vista, poi si disperdono rapidamente – i muscoli dei cavalli
si tendono per un momento, e la slitta sbalza in avanti. Un paio di
tracce chiaramente marcate appaiono impresse sul biancore immacolato
dietro la slitta, poco a poco.
Il
vetro della finestra è freddo contro la sua fronte, e lei
lascia andare le tende per premere i palmi contro il vetro liscio. Le
tende si chiudono dentro di lei, accarezzandole la schiena mentre lo
fanno. Le punte delle sue dita pizzicano al retrogusto del gelo
esterno. È quasi come se ora lei fosse fuori
nell’aria gelata dell’inverno, tormentando la neve
con dita nude, non inguantate. Quasi.
Le
campanelle di una slitta suonano. Regina appoggia la guancia contro
il telaio della finestra e le sue dita iniziano a tracciare disegni
distratti sulla finestra appannata.
Il
bussare alla porta la meraviglia – la mamma non bussa mai,
e nessun altro è autorizzato ad entrare. Forse è
una domestica? O…? No, lui non oserebbe.
«Posso
entrare?»
«Papà?
Sei
tu…»
…dopotutto. «La mamma si
arrabbierà». Perché ha detto questo?
Sembra
aver colpito; lui evita i suoi occhi per un momento.
«Ti ho portato un libro nuovo per trascorrere il
tempo» offre quietamente e lo mette sopra al cassettone.
«Grazie».
Quel che vuole più di ogni
altra cosa è che lui lo faccia smettere, che ponga una fine
a questa sofferenza – ma non è così
ingenua.
«Tesoro…
non guardi? Per favore?» La sua
voce trema appena. «Cora,
per favore…»
Lei
cede, per il suo bene, ed esamina la copertina con occhi assenti.
«Ma mamma,
io…» Questo è
troppo crudele, le parole della mamma troppo dolorose. Il disprezzo, la
delusione e la rabbia nelle sue parole tagliano più
profondamente dei coltelli.
«Ho
pensato potesse piacerti, bambina – mentre sei
tenuta lontana dagli animali veri e vivi» prova di nuovo lui,
flebilmente.
Non
è il libro ciò di cui lei ha bisogno. Ma
è questo che fa il papà; offre piccoli conforti
in momenti duri. Momenti che richiedono mezzi molto più
radicali – se solo lui… «Cora, ti prego,
lasciala stare…»
Perché
il papà sembra sempre occupare
così poco spazio? Potrà non essere un uomo
grosso, ma anche così, sembra cercare costantemente di
ridursi alla minor taglia possibile. La mamma, d’altra parte,
sembra torreggiare su uomini molto più alti di lei.
«Stanne fuori, folle!» E lui si fa piccolo
nell’ombra della mamma, mentre Regina rimane esposta alla sua
ira che consuma tutto.
«Tesoro…
Mi dispiace». Lui non fa nessun
movimento verso di lei ma si limita a restare inchiodato sul posto,
curvo come sempre. «Avrei dovuto sostenerti… Avrei
dovuto tener testa a tua madre. Temo di non essere il padre che meriti,
o di cui hai bisogno».
«Papà!»
esclama Regina. Le sue parole
l’hanno colpita profondamente, e lei realizza che darebbe
qualsiasi cosa per non averlo sentito pronunciarle. «Non dire
questo!»
«Ma
è vero» obietta lui col triste
fantasma di un sorriso, inconsapevole della sua angoscia.
«Non
dirlo mai!» protesta lei ad alta voce. Forse
fa così male perché è quello che stava
pensando segretamente prima che lui lo esprimesse? Forse se lo merita
per aver pensato male di lui – lui tra tutti, che
è sempre stato nient’altro che gentile con lei.
«Papà, io ti voglio bene. La mamma
è… una persona difficile a cui tenere
testa». E prima che lui possa dire alto, lei gli avvolge
attorno le proprie braccia.
Solo
quando sente le lacrime di lui inzupparle la spalla realizza di
essere, in effetti, quella che lo sta confortando. Un vuoto divorante
prende posto nel suo cuore – un sentimento che conosce bene
– e anche mentre abbraccia la cosa più vicina ad
un alleato che abbia, la solitudine si abbatte su di lei come
l’onda di una marea.
Quando
apre la finestra, è già lì, che
disturba lo strato liscio di neve sul suo davanzale. Scintilla con un
tocco chiaro, nitido, diverso da quello del luccichio sparso e smorzato
della neve. L’estremità che si allunga e che punta
in alto proietta una lunga ombra scura.
Regina
si sporge, allungando il collo, e fissa la faccia di una curiosa
bestia dentosa che scopre le sue zanne ghiacciate da sotto il tetto
incappucciato di neve.
Una
volta era un dolce, quando lei era piccola.
Combattendo
l’inquietante apatia, lei s’impone di
allungare la mano verso il ghiaccio isolato caduto sulla sua finestra.
Brilla ancor più splendente quando lei spazza via la neve, e
manda sprazzi accecanti; Regina chiude gli occhi davanti alla sua
indomita nitidezza. È freddo e spiacevole al tocco, e lei
non riesce a capire come una volta poteva fingere che fosse una
squisitezza – ma se lo porta comunque alla bocca e lo sonda
cautamente con la lingua.
*
Quando
lui apre la porta ed esce, una goccia agghiacciante gli si
schianta sul naso. Un’altra lo colpisce dritto
nell’occhio mentre lui si ferma per meravigliarsi della linea
a zigzag che pende da sopra. Il modo in cui la luce del sole passa
obliquamente attraverso i ghiaccioli abbondantemente schierati lo
incanta.
Una
volta era un dolce. Potrebbe esserlo ancora.
Incapace
di resistere, Daniel tende una mano, ma è di gran
lunga troppo alto; dovrà saltare. Occorre qualche tentativo,
ma alla fine riesce a staccare un lungo frammento.
Ronzinante
nitrisce dentro le stalle.
Il
cono lucente è freddo e rinfrescante nelle sue mani, e
lui non riesce ad afferrare come la pura meraviglia dei ghiaccioli
possa mai perdere il suo fascino. Devono essercene tonnellate fuori
dalla finestra di Regina, che fanno capolino da sotto il tetto
innevato. Il sole deve lanciare raggi dorati, e in cambio la foresta
ghiacciata di punte deve lanciare scintille dorate.
L’acqua
gocciola nei suoi palmi mentre si scioglie sotto il
calore delle sue mani, ed ha un gusto dolce e puro.
È
difficile credere che la sua detenzione stia giungendo ad
una fine, ed ancora più difficile immaginare che avrebbe
provato così poca gioia alla prospettiva.
«…niente
più sciocchezze,
Regina!» La mamma ha davvero pestato i piedi? «Mi
stai ascoltando? Non tollero questo comportamento!»
Regina
annuisce una volta e tiene la testa china. Con la mamma che la
tempesta di regole recentemente forgiate e misure punitive, potrebbe
essere o un pessimo o un ottimo momento per questi pensieri; in ogni
modo, non c’è nulla che lei possa fare a proposito.
Uscita
furtivamente dalla propria stanza il giorno di Natale con due
pacchetti confezionati con cura, Regina aveva sentito una fitta di
senso di colpa nel trovare vuoto l’albero sontuosamente
addobbato. Ciononostante, era andata a posare i due pacchetti sotto di
esso: Per la mamma,
e Per il papà,
dicevano le etichette.
Sta
dritta con il viso distolto, fissandosi i piedi, mentre la mamma
continua instancabilmente la sua scenata. Come vorrebbe che avesse
detto qualcosa allora! Ma no – come adesso il rimprovero
è parte della punizione, così lo era il silenzio
appuntito mentre scartava il regalo. Regina si domanda
perché la mamma non l’abbia semplicemente lasciato
impacchettato – anche quella sarebbe stata una chiara
asserzione. Forse era curiosa. In ogni modo, Regina non ha mai saputo
come la mamma abbia trovato il dono che lei ha scelto con tanta cura.
«…la
tua detenzione è finita. Come ho
detto, però, terrò un occhio su di te –
giorno e notte, Regina, finché non vedrò almeno
una qualche intenzione di miglioramento. È
chiaro?» Il vestito della mamma fruscia, e il suo profumo le
punge le narici – si è avvicinata, imponendo la
propria presenza su di lei in modo ancor più pressante.
Regina
annuisce.
«Guardami».
Lei obbedisce. L’espressione
sul viso della mamma è la stessa che ha indossato per giorni
– un’espressione distaccata di rabbia fredda.
«La cena sarà servita tra un momento.
Vestiti». Senza ulteriori parole, si gira per andarsene.
Disperatamente,
Regina prorompe: «Mamma? L’hai mai
usato – almeno una volta?»
Lei
non si gira nemmeno a guardarla mentre risponde. «Usato
cosa?»
La
crosta sottile e ghiacciata in cima alla coperta di neve risplende
alla luce ricca del sole d’inverno, e scricchiola
deliziosamente sotto i loro piedi. Per un po’, Regina cammina
in silenzio, curiosando la campagna con occhi larghi e brillanti. Poi,
di punto in bianco, scoppia in una risata argentina tanto contagiosa
che presto Daniel si ritrova piegato in due per
l’ilarità.
«Sono
tornata» ansima alla fine lei in risposta ad
una domanda mai posta. È di nuovo libera di uscire, libera
da balli e principe, e per qualche giorno persino dalla mamma
– come può non ridere?
Daniel
ricambia un largo sorriso; in qualche modo si sente incapace di
parlare, il suo petto pieno sino ad esplodere di un calore che il sole
non può eguagliare. Si limita a puntare verso la loro
destra, nella sfera d’ottone nel chiaro cielo biancastro.
In
mezzo al paesaggio nevoso giace il lago orlato da un boschetto di
alberi incappucciati di neve. La sua superficie è uno
specchio lucente grigio-azzurro cosparso di pezze casualmente
distanziate di morbidezza bianca. Regina rimane senza fiato alla vista.
«Facciamo
a gara sino a quella roccia» dice
d’impulso subito dopo, e sfreccia oltre a lui con una risata
spensierata che risuonano dietro di lei. Assicurando le due paia di
pattini sulle sue spalle con un ampio sorriso, Daniel inizia a correre.
Il
ghiaccio è tanto spesso quanto sperava, e lui ritira il
proprio piede con soddisfazione sapendo che saranno al sicuro. Regina
lo oltrepassa sui propri pattini ed atterra sulla propria schiena nel
momento in cui i suoi pattini toccano il ghiaccio. Un Daniel
pietrificato si precipita ad aiutarla, e lei ammette tra le risate di
non aver mai pattinato prima. Lui inizia a spiegare, ma Regina gli
afferra impazientemente le mani con uno scintillio allegro negli occhi,
e le gambe di Daniel si muovono al momento opportuno, mostrandole come
fare e guidandola.
«Più
veloce!» grida lei. Lui le stringe
le mani più forte.
«Allora
aiutami!» replica, ed è
impressionato da quanto velocemente capisce come si fa.
I
loro dintorni diventano una macchia indistinta mentre guadagnano
velocità, lui che la traina dalle mani in un movimento
all’indietro, lei che spinge in avanti con
un’espressione gioiosa che s’intona a quella di
lui. Le lame dei loro pattini disegnano archi e zigzag sul ghiaccio.
Quando Daniel grida di tenersi forte e li fa roteare in un cerchio,
Regina perde l’equilibrio. In uno sforzo disperato di
proteggerla, Daniel la attira a sé con uno strattone e
atterra duramente sulla propria schiena, ammortizzando la caduta di
Regina col proprio corpo. L’aria viene sbalzata fuori da lui
per qualche battito cardiaco.
«Stai
bene?» farfuglia freneticamente. Un terribile
momento di shock lo invade mentre sente le spalle di lei alzarsi ed
abbassarsi rapidamente. «Regina? Regina!» La spinge
in su con cura, ansioso di vedere il suo viso – un viso, nota
con perplessità, contorto da risate silenziose.
L’equivalente reale della pietra che gli cade dal petto
sarebbe più che sufficiente per spaccare il più
solido strato di ghiaccio.
Ci
vuole un momento prima che Regina si riprenda abbastanza da sedersi
sul ghiaccio accanto a lui, continuando a stringergli le mani. Abbassa
lo sguardo su di lui, poi lo alza sul cielo, sugli alberi,
sull’argine innevato, e di nuovo su di lui, con
nient’altro che esultanza. «Sono viva, Daniel. Sono
viva».
«Buon
tardo Natale, Regina».
Gli
occhi di lei si aprono con un colpetto alle sue parole.
«Daniel…» dice ansimando, ed i suoi
occhi si riempiono di lacrime. Niente poteva prepararla per questo,
eppure capisce immediatamente. «Per me?»
«Certo
che è per te» replica Daniel.
«Ricordo che mi hai detto che non ti è mai stato
permesso di decorare il tuo albero perché è un
lavoro da servitori – e ho pensato che dovresti
farlo». Una bolla di felicità si dilata nel suo
stomaco alla vista della sua gioia.
«Dovremmo
farlo insieme». Lei gli fa un cenno,
già dentro sino al gomito alla scatola degli ornamenti
natalizi sotto l’alberello.
Stelle,
fiocchi di neve e cuori di diverse forme e dimensioni trovano
la loro strada dalla scatola alla mano ai rami; ghirlande e renne ed
angeli si uniscono a loro. Quando l’albero è
appropriatamente adornato, Regina lo guarda di traverso e torna a
rovistare nella scatola. Daniel stende il palmo con un sorriso.
«Va’
avanti» annuisce, e Regina mette
l’elaborata cometa in cima all’albero. Entrambi
stanno indietro per ammirare il risultato. È piccolo e
semplice, le pagliuzze gialle degli ornamenti graziosamente contrastate
contro gli aghi verdi.
«Il
mio primo albero di Natale» dice quietamente
lei. Poi aggiunge con una stretta alla sua mano:
«Grazie».
«Assomiglia
anche solo remotamente ad un angelo?»
Mentre
lei si rialza aiutandosi con braccia e gambe, procedendo
cautamente così da non rovinare il proprio lavoro, il
cappuccio le scivola via. I suoi capelli sono bagnati e pesanti di
grappoli di neve che si scioglie rapidamente aggrovigliati qua e
là. Essendo arrivata ad una distanza sicura
dall’impronta nella neve attentamente scolpita, Regina inizia
a scrollarsi e a spazzare via i rimanenti gruppi di neve dai lunghi,
scuri sipari dei suoi capelli tirati sopra la sua spalla.
«Sì»
annuisce Daniel con un sorriso
inconsapevole; ma non è l’angelo di neve che sta
guardando. Tu
sì.
È
il dodicesimo giorno di Natale. Rami di alloro coprono i
pavimenti, aspettando di essere portati via, così come le
corone, le ghirlande e le candele. Il grande pino piove aghi asciutti e
sbiaditi mentre numerosi servitori lottano per farlo passare attraverso
la porta. I cuochi portano in giro piatti di avanzi di biscotti e
torte, che ora saranno dati loro poiché possano dividerli
con le loro famiglie.
Regina
guarda l’ultimo ramo di agrifoglio decorato che viene
raccolto da un valletto. La sala sembra già squallida e
inutile spogliata di tutte le decorazioni festive. Quando
l’uomo propone di lasciarle un ricordo, comunque, lei rifiuta
– queste vacanze non hanno esattamente creato le memorie
più piacevoli.
Quando
l’ultimo cuoco se ne va, la casa torna nuovamente
silenziosa – la mamma è ancora via e il
papà non si è fatto vedere molto negli ultimi
giorni. Regina è proprio sul punto di girarsi e dirigersi
verso la propria stanza quando dei passi affrettati entrano nella sala.
«Daniel?»
esclama sorpresa. «Non vieni
mai dentro casa».
«Sono
nei guai?» domanda lui con un gran sorriso.
Sperava di essere abbastanza fortunato da imbattersi in lei mentre era
lì.
«Non
lo so… lo sei?» dice lei con un
cipiglio. «Oh…» Fa un mezzo sorriso
quando capisce. «Cosa stai facendo?»
«Sto
aiutando con le pulizie. Mi è stato promesso
qualcuno di quei biscotti zuccherati in cambio». Lui le fa
l’occhiolino. «La cucina è
vicina».
Questa
volta lei sta al gioco. «Un pagamento? E io che
pensavo fossi caritatevole».
«Mi
dispiace deluderti». Daniel struscia un
po’ i piedi prima di continuare. «Oltretutto
ammetto che avevo un altro motivo».
«Oh?»
Lei alza un sopracciglio.
«Volevo
chiederti se t’interesserebbe venire a
tirare giù l’albero di Natale con me. È
una tradizione proprio come decorarlo, capisci».
«Verrò
dopo cena» sorride lei.
«Così
e basta?»
«Cosa
vuoi dire?»
«È
solo… Di solito dobbiamo stare
così attenti a fare tutto di nascosto. È strano
avere tanta libertà». Proprio mentre dice queste
parole realizza quanto più intensamente lei debba provarlo.
«Lo
so. È per questo che sono così
felice che riusciamo a stare insieme di più in questi giorni
– voglio sfruttarlo al meglio. Mi sei mancato,
Daniel».
«Anche
tu mi sei mancata».
Per
un momento si limitano a stare lì, guardandosi,
sorridendo. Daniel è quello che distoglie gli occhi, anche
se non lo fa perché lo vuole.
«Cosa
c’è?» chiede lei con una
nota di preoccupazione, toccandogli lievemente il braccio mentre lo fa.
«Farei
meglio ad andare» replica lui, senza
incontrare il suo sguardo.
«No,
aspetta. Stai bene?»
«Certo»
dice casualmente lui. Poi, notando
l’espressione confusa sul suo volto, sente una fitta di senso
di colpa. «Va tutto bene. Sono solo davvero felice di poterti
vedere più spesso». È la
verità, discute con l’altra voce
nella sua testa,
adesso è
più vero che mai. E questo, per
così dire, capita essere la cosa esatta che gli causa
preoccupazione. Perché non è l’intera
verità, sospetta – e il sospetto cresce con ogni
giorno che passa.
«Ti
credo» dice lei dopo averlo guardato per un
po’ negli occhi, e gli stringe le braccia.
«Anch’io. Dovresti sapere che hai salvato il mio
Natale quest’anno. E, be’, forse non solo il
Natale…»
Smette
di parlare, arrossendo lievemente.
Il
suo sorriso illumina la stanza, e tutti i guai sembrano svanire.
Daniel
si inclina verso Regina e, magicamente, lei fa lo stesso, e
nessuno dei due sembra ricordarsi di girare la guancia, o forse
scelgono di non farlo, o forse è solo più grande
di loro – le loro labbra si toccano leggermente per il
più breve dei momenti.
Lo
stomaco di lui sembra essere scomparso, ma il cuore gli martella con
un’intensità inaudita. Quando si separano, si
fissano l’un l’altra ad occhi spalancati. Nessuno
dei due parla. Il momento sembra interminabile. Il colore sale alle
guance di lei, un cremisi scuro, e lui sente a propria volta
un’ondata di calore. Cos’ha fatto? Non ha nemmeno
mai osato pensare pensieri simili prima, e adesso ha oltrepassato tutti
i limiti! Ora cosa succederà alla loro amicizia?
«Ci
vediamo dopo, Regina» dice Daniel con voce
roca, e fugge.
Regina
rimane immobile anche dopo che lui se n’è
andato, anche se le sue mani scattano alle sue labbra. È
davvero successo? Cosa significa? I baci sulle labbra sono abituali tra
amici? Non avendone altri all’infuori di Daniel, Regina non
lo sa.
Il
suo sguardo assente vaga verso il soffitto; hanno dimenticato il
vischio.
Ci
vuole un po’ prima che Regina realizzi di star sorridendo
scioccamente. È ancora ferma nella sala, inchiodata sul
posto, e il suo cuore sembra ancora mettere a dura prova la sua gabbia
toracica, anche se ora in una maniera più calma e regolare.
In una maniera felice.
NdT:
Per restare in tema natalizio (anche se sì, lo so, non
è proprio il periodo giusto), spero che questo capitolo
possa considerarsi un bel regalo.
Grazie mille a robydesy
per aver aggiunto questa storia alle preferite!
Il prossimo aggiornamento arriverà venerdì 11,
se
ce la faccio :)
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