Questo capitolo è ambientato per la maggior parte in un giorno preciso,
il 24 aprile del 1671. Per capirci un po' di più sull'avvenimento
potete wikizzarvi qui
oppure fregarvene del tutto.
John Hart è un personaggio presente nella seconda stagione di
Torchwood, potreste trovare qualche spoiler su quest'ultima. Ah, e i
Saturniani (tradotto alla cavolo, vabbé) sono i famosi Vampiri di
Venezia dell'omonimo episodio, solo un po' più piccoli e a quanto pare
commestibili :P
- Dovevo essere sotto l’influsso di qualche strana sostanza
- borbottò Clara, guardando con sospetto i vassoi ricolmi di cibo. -
Oppure ho sempre avuto un filtro di percezione.
- Di che stai parlando? C’era qualcosa nel
vino? - Ada si premurò di annusare il calice in cui avevano appena
bevuto, ma non notò niente di strano. Nemmeno lei aveva molta voglia di
assaggiare quegli strani crostacei, a dire la verità.
- Era linguaggio figurato. Volevo dire, come
ho fatto finora a non trovarlo attraente? - Da dietro le stoviglie
d'argento e cristallo sbirciava il Dottore, sottile ed elegante nei
suoi abiti seicenteschi, raggiungere i tavoli del banchetto senza
troppa fretta.
- Non lo so proprio - ridacchiò Ada, che sin
dalla prima stagione di The Thick of It aveva sempre trovato Peter
Capaldi di una bellezza raffinata ma in questa particolare
mise, con i calzoni al ginocchio che lasciavano scoperte le
gambe magre, il Dottore le sembrava soltanto buffo. - Gli mancava
proprio una parrucca con i boccoli per aprirti il cuore, chissà.
Dovresti vederlo vestito da Richelieu… quinto scaffale nella libreria
gialla del salottino cinese. Trovi tutte le serie della BBC che in
questa dimensione non sono mai andate in onda.
- No, non credo che lo farò, ma grazie…
attenta, arriva.
Il Dottore si sedette accanto a lei, proprio
di fronte al ministro Colbert, che odorava di aglio a distanza e
sembrava badare soltanto al suo piatto, e si sistemò il fazzolettone in
modo da nascondere le strane macchie rosse sotto la marsina.
- Brutte notizie, vero? Dimmi… dimmi che quel
sangue non è tuo - bisbigliò Honey, impallidendo un poco.
- Magari lo fosse. Che ne dici di saltare
questa portata? Non voglio più sentir parlare di pesce. È una tortura.
Quel povero Maestro delle Cerimonie…
Si alzarono e quando furono abbastanza
lontani dal tavolo lei espresse la sua preoccupazione. Aveva ancora in
mano il bicchiere, tra l'altro. - Hai cercato di salvarlo?
- Non avrei potuto comunque, sapevo che era
predestinato... ma vieni anche a chiedermelo? Menomale che mi conosci!
No, quando sono arrivato nelle sue stanze era già stato ucciso.
- Come sarebbe a dire? Madame de Sévigné
raccontò, cioè, racconterà che si è trattato di un suicidio.
- Credetemi, non lo è stato, niente affatto.
È solo così che sembrerà perché ho rimaneggiato un poco la scena del
crimine, ma la storia non è affatto come ve
l’hanno raccontata. È un affare molto più torbido e voglio riannodare
tutti i fili. - Abbassò la voce ad un sussurro. - La marchesa di
Montespan… non fissarla, fai finta di niente.
Honey cercò di puntare altrove lo sguardo;
finse di ammirare le ghirlande appese al portico. - Non dirmi che è un
alieno. Non dirmi che è una piovra gigante.
- È una spia dell’Agenzia del Tempo.
Maledetti. Quel tizio con la parrucca più chiara, che sta sempre alle
costole del Duca d’Orléans… non guardarlo adesso…
- Sì. ce l’ho presente, è impossibile non
notarlo, sembra che sia impregnato di ormoni. È lui la piovra gigante?
Perché tocca il sedere a qualsiasi paggio gli capiti tra le mani -
s’informò lei.
- Spiritosa. E a proposito di spirito, quanto
hai bevuto esattamente? Comunque, si chiama capitano John Hart.
- Come ho fatto a non riconoscerlo? - si
agitò Ada. Era nella seconda stagione di Torchwood. Aveva avuto una
relazione con Jack Harkness e aveva salvato suo fratello Grey, per poi
ritrovarsi in suo potere. Non era sicura di voler sapere cosa stesse
combinando alla corte del Re Sole.
- Ti ho chiesto quanto hai bevuto, ma non era
una battuta, la mia. Non voglio assolutamente spaventarti, ma la cara
marchesa farebbe di tutto per mantenere la sua copertura, dal partorire
una dozzina di figli del Re al lasciar cadere una polverina magica nel
bicchiere delle rivali. Tu stai bene, vero? - Esaminò a sua volta il
calice, ficcandovi il naso dentro senza troppi complimenti.
Honey iniziò a sudare freddo, ma ovviamente
era soltanto l’ansia. - Sì, penso proprio di sì, ma perché dovrebbe
avvelenare me? Non sono una sua rivale, io! Sto con te, non aspiro
certo a diventare la nuova favorita di quel puzzone…
Il Dottore sembrò compiaciuto e le porse il
braccio. - Già, tu stai con me e ora andremo a scambiare due paroline
con quell’infame. Non il Re Puzzone, intendo, ma il capitano Hart.
Il Duca era impegnato a sguazzare nella
fontana con il Cavaliere di Lorena. Entrambi ubriachi persi, non si
accorsero nemmeno del gentiluomo vestito di blu e della bella dama che
puntavano dritti verso il loro affascinante compagno.
- Incredibile come ci si possa far trascinare
dagli eventi, capitano. - esordì il Dottore.
La mano dell’ex Agente del Tempo corse alla
spada, ma lui lo prevenne. - Non mi azzarderei, se fossi in te. Cosa
c’era in quel carico?
- E tu chi saresti? No, aspetta, lasciami
indovinare. Te ne vai in giro nel tempo con una bella ragazza, ficchi
il naso in giro… devi essere il famoso Dottore di cui parlava Jack.
- L’hai detto… ora ti pregherei di rispondere.
- E va bene, curiosone interstellare. Erano
pesci alieni, avrei dovuto intercettarli al porto, ma sono stato
trattenuto. Così ho pensato che, scambiandoli con i rifornimenti per il
banchetto...
- Che razza di pesci alieni?
- Saturniani. Molto piccoli, per la verità,
praticamente avannotti. Pare che abbiano perso il loro pianeta e siano
giunti attraverso una crepa nello spazio-tempo.
- I Saturniani non sono pesci, sono… va bene,
sono quello che sono, ma tu sei a conoscenza di ciò che è successo a
Venezia un secolo fa? Avreste voluto davvero che questa volta
provassero a colonizzare il Mare del Nord? E credevo di averle chiuse
tutte, quelle maledette crepe! Oh… ma certo. - Ragionò in fretta, senza
perdere di vista Hart. Erano su una linea temporale abortita. La TARDIS
aveva viaggiato consapevolmente su uno schifo di tentacolo reciso del
Tempo invece che sulla realtà per cui si era quasi auto-eliminato
dall’esistenza. Vecchia mascalzona.
- Mi sembra un po’ tardo, il vostro amico,
madame. Ricomincerò da capo: l’intento era sin dall’inizio quello di
fermarli. Per questo abbiamo predisposto navi da pesca per catturare
l’intero branco.
- E hai deciso di darli da mangiare agli
ospiti del principe! - Clara aveva letto solo qualche pagina del
resoconto sui profughi di Saturnyne, ma bastava poco per rendersi conto
che il capitano aveva una coscienza alquanto elastica. - Noi siamo
gente che ha viaggiato molto, ma… bleah.
- Lo senti, Honey? Io sono tardo.
Lui è uno spudorato, insensibile, pazzo assassino, ma io sono tardo.
- Sei giunto alla conclusione sbagliata,
amico, e questo basta per lasciarmi dire ciò che mi pare. - Provò
nuovamente a raggiungere l’elsa della spada, ma questa volta il Dottore
decise una volta per tutte di disattivare il congegno che vi era
inserito. - Vuoi davvero vendicare quei pesciolini? E la prossima volta
metterai su una fondazione per salvare le Balene Astrali?
- Mi basta che ammetti le tue colpe. Non puoi
farlo davanti alla corte o cambieresti gli eventi, ma questo lo sai già
molto bene. Dillo a me, dimmi perché hai ucciso François Vatel.
- Oh. Quel tizio. - Il capitano Hart sembrava
annoiato. - Sospettava troppo. Era entrato nel panico, minacciava di
salire su un cavallo e arrivare fino al porto a controllare perché non
fosse ancora arrivato nulla. Ho dovuto eliminarlo, chiaro?
- Cristallino. Ora faresti un favore a questo
pianeta e oltre se te ne tornassi da dove sei venuto.
- Non può - dichiarò Ada, trionfante. -
L’Agenzia del Tempo non esiste più, e lui è stato condannato per tanti
di quei crimini che se dovessimo stare a contarli non arriveremmo in
tempo prima che finiscano i dolci.
- Oh, buono a sapersi. Dirò alla marchesa di
Montespan che sei stato richiamato per un affare urgente. Continuerà a
sfornare pargoli per Sua Maestà anche senza di te, capitano. - Puntò il
cacciavite sonico contro la manica ricamata della marsina di Hart, e
con una breve sequenza di impulsi gli riprogrammò il manipolatore,
facendolo svanire dal 1671 e dalle loro vite.
- Dov’è andato il nostro cucciolone? -
biascicò il Duca d’Orleans, completamente inzuppato ma sorridente. -
Tra poco inizia lo spettacolo delle marionette!
Il Dottore sospirò a fondo. Avrebbe potuto
rimandarlo nel suo secolo, dove probabilmente avrebbe affrontato
un’esecuzione; invece aveva optato per un pianeta semideserto dove per
un po’ avrebbe dovuto cavarsela da solo e schiarirsi le idee. Lo
disprezzava, ma non voleva scendere al suo livello di indifferenza per
la vita altrui. - È ora di andare.
- Restiamo solo qualche minuto, possiamo?
Soltanto una fetta di torta, per onorare Monsieur Vatel. - Non era più
solo la golosità a spingere Clara, ma un impulso sincero a dare un
significato a quella giornata di grottesca tragedia.
- Credo si possa fare - sorrise lui, la voce
quieta e complice, la sua rabbia ormai placata. Ancora una volta la
Storia non sarebbe cambiata; ciò che sarebbe stato tramandato era solo
la punta dell’iceberg, ed era giusto così, anche se quel senso di
frustrazione restava a tingere d’amaro i suoi ricordi. Sì, aveva
bisogno di un dolce alla panna, di sentire il sapore di zucchero a velo
e vaniglia, e di assaggiarlo dalle labbra di Honey…
Oh, no, che cosa gli veniva in mente?
Cosa… no, era fuori discussione. Era
pericoloso anche solo pensarlo.
Turbato, si diede dei colpetti sulla testa
per scacciare quell’immagine, tanto che persino il Duca e il Cavaliere
di Lorena si convinsero che dovesse essere molto, molto più ubriaco di
loro.
*
Se la conferenza con la Federazione era stata
più o meno una passeggiata, ricostituire rapporti di buon vicinato con
gli Atraxi si rivelò un’impresa mortificante. L’episodio del
Prigioniero Zero non era stato affatto dimenticato; il Dottore dovette
mostrarsi davvero umile e convincerli che quell’insopportabile sfoggio
di vanità durante il loro precedente incontro, a Leadworth, fosse
dovuto ad una temporanea instabilità mentale post-rigenerazione.
Ma era importante compiere uno ad uno tutti i
passi per scongiurare una nuova Guerra del Tempo. Meglio sentire le
mani prudere di stizza che immaginarle macchiate di sangue.
Così trascorrevano i giorni, in attente
strategie diplomatiche e ricercando sottilità da un capo all’altro
dell’Universo.
E di notte Clara si immergeva nella lettura,
scoprendo cose che nemmeno viaggiando altri mille anni con il Dottore
avrebbe potuto vivere: pianeti ormai distrutti, razze estinte, creature
la cui esistenza lui aveva sfiorato più di un millennio prima e che ora
nessuno, tranne lui, ricordava e rimpiangeva. Ecco che tra quelle
pagine essi tornavano in vita, proprio come lui li aveva amati e odiati
e combattuti e sorpresi.
Affermare che non avesse più pensato alle
parole di Jenny sarebbe stata una bugia. Era stato come ricevere una
brutta notizia dal proprio medico, come quando sei di fronte alla
lavagna luminosa e lui ti fa notare una macchia sulla tua radiografia.
Ma ancora peggio, era come se quel medico ti avesse dato la sua
diagnosi in una lingua sconosciuta e non potessi nemmeno cercare una
cura, perché…
Perché non bisogna mai cambiare il passato. E
il loro futuro era ormai il passato di Jenny, un futuro in cui Honey,
ma soprattutto lei, era probabilmente solo un ricordo.
Ci pensava mentre sorseggiava un tè
immaginario, ma non per questo meno squisito, nel salottino cinese del
palazzo, e leggeva delle miniere di Zeiton-7 su Varos. Ci rimuginava su
mentre faceva l’amore con Ada nella radura, e la vedeva così serena,
così ottimista una volta tanto, da non poterle proprio confessare di
aver compreso ciò che a lei era sfuggito…
- Non so quando. So soltanto che lo incontrerai.
Ma smetteva di lambiccarsi quando il Dottore
tornava dall’aver chiesto scusa all’imperatore di una galassia, o
riscosso un pegno di gratitudine e stima dagli abitanti di un pianeta
senza nome, sotto forma di coordinate per trovare un leggendario
corridoio dimensionale.
Iniziava a dipingere sogni impazienti.
Era coraggiosa, lo era sempre stata, e per
loro avrebbe dato fondo a quel coraggio, avrebbe continuato a
sorridere, ma non poteva più attendere.
- Dottore, raccontaci di Gallifrey...
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