Buongiorno
a tutti!
Incredibile
ma vero, torno su queste pagine.
Un
altro capitolo di questa storia che avevo abbandonato più di
un anno fa,
ma come ho sempre detto, mi faccio un impegno di terminarla e, nel
frattempo,
continuo a rimaneggiare gli eventi.
Approssimativamente
ho in mente quello che succederà nei prossimi capitoli,
ma adesso, onde evitarvi un lungo giro nei pezzi già
pubblicati, vi lascio un
piccolo riassunto per riportarci nelle atmosfere calde e assolate della
California.
Dove eravamo
arrivati:
Isabella è
una
potente e ricca ragazza di Boston. In seguito della morte dei genitori,
eredita
l’azienda di famiglia: le industrie explosion. Purtroppo
è giovane e non ha il
carisma per dirigerle, assume quindi un assistente personale Jacob, che
di
fronte al mondo sarà l’amministratore delegato,
mentre in realtà sarà lei a
dirigere la baracca.
Edward Cullen
è un
ragazzo al quale viene affidata la tenuta vinicola di famiglia, in
quanto suo
padre Carlisle, è malato e non è fisicamente in
grado di sostenere l’impegno.
Dopo quattro anni,
la tenuta dei Cullen ha problemi economici e pare che le industrie
explosion
siano interessate a rilevare l’ipoteca.
Quando Isabella
decide, con Emmett e Jacob, di andare in California a visitare di
persona la
tenuta Cullen, per un caso, incontrano Edward, Jasper e Rosalie. I tre
invitano
i bostoniani alla tenuta, ospitandoli per il pranzo. Bella, vista la
villa, se
ne innamora e decide di fare di tutto per averla. Nella stesso tempo,
Edward,
inizia ad interessarsi alla ragazza, come se lei fosse la chiave per
salvare la
sua azienda.
Con un continuo
tira e molla, i due passano la giornata e la serata insieme, quando,
dopo un
infuocato tango, la ragazza fugge, spaventata dalle sensazioni provate.
Nel
frattempo Emmett e Rosalie, sembrano trovarsi affiatati.
Isabella torna
all’albergo, dove aveva lasciato la festa campestre,
accompagnata da Reneesme.
Al bar dell’Hotel, incontrano Jacob, lasciato a gestire una
crisi informatica
con la sede di Boston, e Renèe, una donna che asserisce di
conoscere Isabella,
in quanto l’ha partorita.
Isabella
così
scopre di essere nata da un utero in affitto e si ripromette di fare
altre
domande a Renée.
Il problema
informatico alla sede sembra rientrato anche se non si sa ancora chi lo
abbia
causato.
Quando il gruppo
dei tre bostoniani, Renée e Reneesme sono in procinto di
recarsi dai Cullen, il
mattino dopo, arriva anche Phil, l’ex marito di
Renée.
Edward e Bella si
scambiano un bacio nella cantina dell’azienda vinicola e
ambedue capiscono che
la loro attrazione va oltre i loro piani di acquisizione.
Phil dichiara di
essere il padre biologico di Bella e che lei è figlia sua e
di Renée e non
degli Swan. Edward decide di aiutare Isabella a scoprire cosa ha in
mente lo
zio.
Vengono trovati
tre certificati di nascita di Bella con nomi diversi dei genitori, e
sorgono
dei dubbi sull’incidente dove hanno perso la vita i coniugi
Swan.
Isabella e gli
altri decidono di recarsi alla tenuta dei Cullen per contribuire alla
vendemmia…
E
adesso, Buona Lettura!
---ooOoo---
Quella sera
Isabella non faticò ad addormentarsi, nonostante i pensieri,
le rivelazioni e
gli incubi che sicuramente sarebbero sopraggiunti non appena avesse
chiuso gli
occhi.
Era stata
una giornata stancante, con una marea di notizie da assimilare e altre
da
affrontare.
Quella
specie di vacanza era stata un vero fallimento. Si era ritrovata con
una nuova
madre, un falso nuovo padre, in pratica una nuova vita.
Anche la
persona più forte di questa terra si sarebbe sentita persa
davanti a tutte
queste cose. Lei non era diversa dagli altri.
Il cielo
scuro venne squarciato da un fulmine rosso, talmente vivo e pulsante da
sembrare doloroso anche agli occhi. Si sentiva come se avesse corso per
cinquanta miglia. Era accaldata e stanca e voleva solo una doccia
rinfrescante
e un letto. Eppure, neanche la pioggia che cominciava a cadere sempre
più
fitta, sembrava darle sollievo.
Era
circondata da vigne e non riusciva a trovare una casa. Le sembrava di
essere in
un deserto, nonostante non fosse così arido lì
intorno.
Ancora un
lampo squarciò il cielo con la sua fosca luce rossa.
Ormai non
sentiva più le gambe a forza di correre. Guardando i piedi
si trovò le dita
sanguinanti e niente scarpe. Voleva fermarsi, era esausta.
All’improvviso
sentì una mano afferrarle il braccio e costringerla a
voltarsi.
“Sei
mia
figlia, tutto quello che è tuo è mio”.
Una voce autoritaria e cattiva anticipò
un viso scarno e pallido, circondato da radi capelli e qualche filo di
barba.
Non era
Phil, l’avrebbe riconosciuto… sembrava
più… suo padre, Charlie.
Lui era
morto, non poteva essere qui.
“Papà”
mormorò.
“Tu
sei mia
figlia! Tutto quello che è tuo è mio, anche il
tuo sangue! Tu sei mia figlia!”
riusciva a vedere in trasparenza le piante alle spalle della figura che
le
artigliava ancora il braccio. Questa divenne sempre più
evanescente sino a
sparire, ma alcune dita stringevano ancora la sua carne.
Quando
abbassò gli occhi vide dei viticci che si infilavano nei
suoi muscoli e
sembravano succhiare il suo stesso sangue.
Si
guardò
attorno, pronta a chiedere aiuto a qualcuno ma quei rami diventavano
sempre più
caldi e lei ancora più debole.
“Isabella,
non ti succederà niente di brutto. Lasciati andare con me,
vedrai che sarai al
sicuro”.
“Edward”
riconobbe la voce e si voltò.
Era davanti
a lei e stava succhiando il sangue che usciva dalle sue braccia. Non
riusciva a
muoversi, voleva fuggire ma non poteva, le sue gambe erano fisse al
terreno.
Guardò
in
basso e vide un tronco, lei coperta di foglie… era diventata
una vite.
Guardò
spaventata Edward che le sorrideva tranquillo e lanciò un
urlò.
“Bella…
Bella!” la voce di Emmett era vicina anche se non riusciva a
vederlo.
“Dio,
Bella, svegliati!”. Una mano la scuoteva forte e finalmente
Isabella aprì gli
occhi rimanendo accecata dalla luce del mattino.
“Santo
cielo! Stavi facendo un incubo? Urlavi. Mi hai messo una paura
addosso…”
borbottò il suo amico, sospirando sollevato prima di
accasciarsi su un angolo
del letto.
“Come
hai
fatto ad entrare?” biascicò la ragazza tirando
indietro i capelli.
La faccia
imbarazzata di Emmett fece capire a Bella che la spiegazione non
sarebbe stata
delle migliori.
“Ho
scassinato la porta. Fai mettere la riparazione sul mio conto. Stavo
venendo a
chiamarti per la colazione, ma quando ti ho sentita urlare mi sono
spaventato.
Tu non urli
mai! Così ho dato una spallata”. Si
massaggiò il bicipite come se fosse
indolenzito e sorrise per scusarsi.
Beh, almeno
era stato affettuoso, la principessa non avrebbe dovuto arrabbiarsi ed
in
effetti, decise di accantonare l’episodio e di affrontare la
deliziosa
colazione che l’albergo preparava ogni mattina.
“Forza,
lasciami preparare per questa giornata di lavoro e scendo a farti
compagnia”
disse allegra scalciando le lenzuola.
“Vuoi
davvero andare a vendemmiare?”. Emmett era davvero stupito.
Lavoro manuale per
la principessina? Inconcepibile.
“Certo”
rispose convinta dal bagno. Appunto.
Nel giro di
un'ora i tre bostoniani erano nuovamente alla tenuta Cullen.
Quando il
suv entrò nella corte, sembrava fossero arrivati in una
realtà alternativa: vi
erano auto e una miriade di persone che non si riusciva a credere.
“Ciao,
Isabella, bene arrivata!” urlò Renée,
accogliendo i nuovi arrivati con un gran
sorriso.
“Renée!
Quanta gente!” esclamò stupita la ragazza.
“Sì,
sono
arrivati quasi tutti, anche Eleazar e Carmen che stanno aiutando Esme e
Rosalie
in cucina…” e qui venne interrotta da un
entusiasta Emmett che si propose per
l’aiuto.
“E
uno ce
lo siamo giocato” annunciò Jacob ridendo.
“Guarda!
Credo che lì ci sia Reneesme che ti sta
aspettando” disse complice Isabella e
Jake, come un pesce preso all’amo, si diresse verso la
moretta senza rivolgere
altre attenzioni al suo capo.
“Sonoma
fa
bene all’amore a quanto pare. Abbiamo già accasato
due baldi giovanotti con le
ragazze migliori sulla piazza” esclamò
Renée guardando allontanarsi i giovani,
poi si rivolse a Isabella “Tu, invece? Con Edward, come
va?”.
Tra tante
domande imbarazzanti, questa fatta in modo così diretto fu
la peggiore che si
potesse fare.
Bella
iniziò ad arrossire e balbettare sconclusionata, scatenando
le risate della
donna.
“Oh,
ragazza! Non pensavo che fossimo già a questo
punto!”.
‘Quale
punto?’ Pensò la principessa mentre cercava di
riprendere possesso delle sue
funzioni vitali.
“Ciao,
Isabella, ben arrivata” disse Edward affiancando le due donne.
Mentre la
ragazza ritornava ad arrossire, Renée ricominciava a ridere.
“Mi
sono
perso qualche cosa?” chiese perplesso il ragazzo e Isabella
ne approfittò per
spingerlo lontano dalla donna negando vigorosamente.
“Allora,
capo, da che parte devo iniziare? Quali saranno i miei
compiti?” chiese la
bostoniana con tono entusiasta.
“Mi
accompagnerai a raccogliere i grappoli... lavoro manuale modello
base” sorrise
alzando le spalle.
Ormai i
lavoranti erano pronti all'inizio dei filari pieni di grappoli maturi.
Il sole
si stava alzando prepotente sulle loro teste e tutti erano protetti da
cappellacci in paglia o bandane colorate. Isabella e Edward si
trovarono ai
lati di una fila di viti guardandosi negli occhi, pronti a raccogliere
i
grappoli brillanti al sole.
Un lungo
fischio, seguito da un urlo di giubilo, dette inizio alla vendemmia e
le mani
sapienti e volenterose cominciarono a staccare i frutti dalla pianta.
Le piccole
roncole recidevano decise e le cassette, man mano riempite, avanzavano
spinte
dai piedi dei lavoranti.
Un lavoro
antico eppure sempre attuale.
“Così
va
bene?”. Il lavoro non era facile e quella lama
pericolosamente vicina alle dita
la faceva tremare. Come faceva Edward ad essere così sicuro?
Era molto più
avanti di lei e ogni tanto si fermava aiutandola sul suo lato. Era
ovvio, lui
ci era cresciuto a vendemmiare, per lei invece era solo un passatempo
del
momento, ma, data la sua natura lievemente competitiva, non riusciva
comunque a
perdonarsi questa palese debolezza.
“Va
benissimo, Isabella. Non ti preoccupare di fare in fretta, ti aiuto
io” rassicurò
il ragazzo, spostando un ricciolo dalla fronte di lei.
Un gesto
naturale ed intimo che fece sorridere Renée, intenta a
lavorare lì vicino.
Tutto
questo era assurdo! Aveva ricevuto delle notizie terribili in quei due
giorni
e, nonostante tutto, quello che la faceva arrossire era una lieve
carezza dalla
mano di un ragazzo che neanche conosceva.
“Meglio
che
andate avanti o mi dovrete seguire con le cassette”. Jasper,
che seguiva con il
trattorino, li incitò a proseguire prima di sorpassarli.
Erano una delle ultime
coppie e sicuramente sarebbero rimasti indietro pesantemente se non
fosse stato
per Alice che si era piazzata più avanti.
“Hai
più
pensato a quanto abbiamo scoperto ieri?”. Edward
approfittò della calma
relativa per chiedere un parere su quello che gli aveva quasi tolto il
sonno la
notte precedente.
Suo zio
Phil aveva in mente qualche cosa, altrimenti non avrebbe avuto senso
impelagarsi in documenti falsi e annunci plateali. Sperava solo che non
volesse
fare del male a quella ragazza che stava davanti a lui. Isabella non si
meritava un trattamento simile.
Poteva
essere una viziata signorina di città e una imprenditrice
che voleva prendere
possesso della sua tenuta, ma non per questo la odiava al punto di
farle del
male.
Anzi, a ben
pensarci, non la odiava per niente.
“No,
ho
cercato di dormire e ho avuto una nottata piena di incubi. Non so cosa
pensare.
Tu hai scoperto qualcos’altro?”. Un altro grappolo
cadde nella cesta.
“Mi
sono
dilettato a guardare le notizie della morte dei tuoi
genitori… sono abbastanza
misteriose, a dire il vero” replicò Edward.
Un brivido
percorse la schiena della ragazza che iniziò a sudare freddo.
“Misteriose?”.
Isabella sapeva che era stato un incidente aereo, dovuto alle avverse
condizioni meteorologiche, non per altro.
“Non
c’era
un piano di volo e i contatti con i controlli, sporadici. Se mi
trovassi in
prossimità di nuvole nere continuerei a parlare in modo
ininterrotto, invece il
pilota ha ridotto al minimo le comunicazioni. L’ho trovato
strano”.
“Hanno
detto che vi erano dei disturbi e non si riusciva a
comunicare” ribatté
Isabella.
“In
Missouri? Lì è piatto come una tavola da surf,
come poteva essere difficile
comunicare?”.
L’esclamazione
di Edward lasciò la ragazza con la bocca aperta. Questo
pensiero apriva a
scenari davvero drammatici.
“Isabella,
vieni con me” ordinò Edward lasciando il coltello
nella cesta ormai piena.
“Ma…
il
lavoro?”.
“Ormai
Alice ha preso il nostro posto ed io ti devo mostrare alcune cose.
Andiamo”. Il
ragazzo passò sotto i viticci e prese per mano la
principessa di Boston per
trascinarla verso la villa dei Cullen.
La frescura
che li accolse nell’atrio fu più che ben venuta,
anzi, sembrava quasi di essere
entrati in una cella frigorifera.
Edward le
indicò le scale, incitandola a salire e la precedette lungo
al corridoio sino
alla porta di una camera che aprì senza esitazione.
All’interno
la luce del sole filtrava attraverso le tende leggere assieme
all’aria calda
che la finestra aperta consentiva di entrare.
“La
tua
camera?” chiese Bella.
“Esatto,
Sherlock” risposte Edward dirigendosi verso la scrivania dove
spiccava l’unico
plico di fogli del ripiano per altro pulito.
“Devo
preoccuparmi?” ridacchiò la ragazza indicando il
letto con il mento.
Evidentemente
Cullen era piuttosto distratto, visto che strabuzzò gli
occhi senza capire a
cosa lei si riferisse. Poi l’illuminazione lo fece scoppiare
nella risata più
allegra.
“Tranquilla,
la tua virtù è salva per ora. Certo…
se tu volessi approfittare di questo popò
di fisico mi dichiaro a tua completa disposizione per pratiche
ortodosse e non”
puntualizzò facendole l’occhiolino.
“Posso
capire le pratiche ortodosse… è il 'non' che mi
preoccupa” rispose sorridendo
la ragazza.
“Allora?
Vuoi dirmi di cosa si tratta?” insistette subito dopo.
“Volevo
ragionare con te su questo” e prese i fogli distribuendoli
sul letto in modo di
avere la più ampia visuale di tutti i dati.
Si vedeva
che non lo faceva con intenzione, ma Isabella si sentiva agitata. Era
assurdo,
lo sapeva, ma trovarsi lì nella sua camera era soffocante.
I tabulati
erano davanti a loro, in ordine cronologico. I tre certificati di
nascita su un
lato e gli spostamenti approssimativi di Phil nel periodo
dell'incidente dei
coniugi Swan, sull'altro lato.
“Hai
cercato anche tuo zio?” chiese lei stupita. Edward
sollevò le spalle con
noncuranza.
“Volevo
confrontare i movimenti di Phil con i tuoi genitori... Hai capito
qualche cosa
con Emmett per il tuo testamento?”.
“Ha
chiesto
una copia all'ufficio legale a Boston” rispose la ragazza,
“Anche se credo di
aver indicato come beneficiari i miei parenti, all'epoca avevo ancora i
miei
genitori...” mormorò assorta.
“Maledizione...”.
Isabella sbarrò gli occhi spaventata
all’esclamazione del ragazzo.
“Cosa
c’è?”
chiese.
“Immagina
se, al posto di indicare il nome avessi solo indicato il termine
genitori? Cosa
farebbe Phil se ti capitasse qualcosa?”
“Diventerebbe
padrone di tutte le Industrie Explosion” esalò.
“Milionario”
confermò Edward.
“Non
può
essere! Emmett non può essere stato così
superficiale”.
“Per
questo
che esistono quei certificati. Cosa potrebbe succedere se tutta la base
del
testamento saltasse?”.
I due
ragazzi si guardarono e lei sentì un brivido gelido
scorrerle lungo la schiena.
Era davvero in pericolo? Che fine aveva fatto la sua vacanza?
“Dobbiamo
essere sicuri che non si avvicini a te, sino a quando non saremo sicuri
di
quello che vuole fare” esclamò Edward
irrigidendosi.
“Credi
che
sia anche responsabile dell’incidente dei miei?”.
Sarebbe stato terribile se
Phil fosse stato responsabile di quella tragedia.
“Onestamente
non lo so” rispose sottovoce il ragazzo “Sai che
non mi è particolarmente
simpatico ma non credo che ne sia responsabile. Vedi qui? Era in Europa
in quel
periodo e lui non è tipo da avere complici, soprattutto
persone che aspettano
anni per avere il bottino. Non ho prove in questo senso ma il mio sesto
senso
mi dice che non ha avuto niente a che fare con
quell’incidente. Questo non
significa che non potrebbe partecipare a qualche cosa adesso, visto
l’impegno
che ci ha messo per prepararsi il terreno” così
dicendo indicò un appunto sul
certificato che indicava i genitori di Isabella. Era una data di otto
anni
prima. All’epoca gli Swan erano ancora vivi e Phil aveva
già divorziato da
Renèe. Sembrava davvero un piano maturato nel tempo.
Isabella
sbuffò affranta e si passò una mano sulla fronte,
volgendo lo sguardo alle
pareti della stanza. Era tutto confuso nella sua testa,
c’erano tanti punti su
cui soffermarsi e pensare. Non riusciva a digerire tutte quelle
informazioni.
I suoi genitori
erano stati uccisi? Era stato davvero un incidente? Phil era suo padre
oppure
no?
Non poteva
credere a una cosa simile! Suo padre era Charlie Swan! E sua madre
Elisabeth!
Ne era certa.
Cercò
di
non soffermarsi sul ragazzo seduto al suo fianco.
L’attrazione che provava per
lui era ormai chiara anche alla sua mente refrattaria. Non voleva ma ne
era
ammaliata. La voglia di baciarlo e farsi stringere da lui era pure
superiore al
desiderio di fare chiarezza in tutto quel mistero. Dannazione!
Improvvisamente
si accorse di essersi fissata su un poster che raffigurava la volta
celeste con
le costellazioni e un simbolo come due i maiuscole davanti.
Soprapensiero
chiese: “Cos’è?” indicando
l’immagine.
“Il
segno
dei gemelli. Sono nato a giugno” rispose Edward tranquillo.
Qualcosa si
insinuò nella mente di Isabella. Quel simbolo le era
famigliare. Ci si era
imbattuta ultimamente… o almeno i suoi sistemi informatici
ci si erano
imbattuti.
Guardò
ancora sul letto.
Tutti quei
fogli.
“Sei
tu che
hai cercato di violare i nostri sistemi informatici!”
esclamò fissando Edward.
---ooOoo---
Angolino mio:
sono tornata!
Come
già detto, continuo a rimaneggiare questa
storia. Non riesco ad appassionarmi come con le altre. Forse il tipo di
scrittura, la perdita di motivazioni, non so.
Sono stata un
po’ lontana da efp e adesso spero di
tornare a pieno ritmo, se non altro per terminare le storie che ho in
sospeso
(tra cui la vecchissima e mia amata AAA Affittasi moglie).
Spero che ci
siate ancora per leggere cosa
succederà a questi due testoni…
Per ora, alla
prossima settimana
baciotti
|