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Autore: gaccia    16/07/2014    8 recensioni
Isabella, ricca e potente, proprietaria delle Industrie Explosion di Boston se la vedrà con Edward, testardo e indomabile responsabile dell'azienda vinicola di famiglia a Sonoma. Un detto latino recitava In Vino Veritas (nel vino la verità) leggete se è vero
Genere: Generale, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buongiorno a tutti!

Incredibile ma vero, torno su queste pagine.

Un altro capitolo di questa storia che avevo abbandonato più di un anno fa, ma come ho sempre detto, mi faccio un impegno di terminarla e, nel frattempo, continuo a rimaneggiare gli eventi.

Approssimativamente ho in mente quello che succederà nei prossimi capitoli, ma adesso, onde evitarvi un lungo giro nei pezzi già pubblicati, vi lascio un piccolo riassunto per riportarci nelle atmosfere calde e assolate della California.

 

 

Dove eravamo arrivati:

Isabella è una potente e ricca ragazza di Boston. In seguito della morte dei genitori, eredita l’azienda di famiglia: le industrie explosion. Purtroppo è giovane e non ha il carisma per dirigerle, assume quindi un assistente personale Jacob, che di fronte al mondo sarà l’amministratore delegato, mentre in realtà sarà lei a dirigere la baracca.

 

Edward Cullen è un ragazzo al quale viene affidata la tenuta vinicola di famiglia, in quanto suo padre Carlisle, è malato e non è fisicamente in grado di sostenere l’impegno.

 

Dopo quattro anni, la tenuta dei Cullen ha problemi economici e pare che le industrie explosion siano interessate a rilevare l’ipoteca.

 

Quando Isabella decide, con Emmett e Jacob, di andare in California a visitare di persona la tenuta Cullen, per un caso, incontrano Edward, Jasper e Rosalie. I tre invitano i bostoniani alla tenuta, ospitandoli per il pranzo. Bella, vista la villa, se ne innamora e decide di fare di tutto per averla. Nella stesso tempo, Edward, inizia ad interessarsi alla ragazza, come se lei fosse la chiave per salvare la sua azienda.

 

Con un continuo tira e molla, i due passano la giornata e la serata insieme, quando, dopo un infuocato tango, la ragazza fugge, spaventata dalle sensazioni provate. Nel frattempo Emmett e Rosalie, sembrano trovarsi affiatati.

 

Isabella torna all’albergo, dove aveva lasciato la festa campestre, accompagnata da Reneesme. Al bar dell’Hotel, incontrano Jacob, lasciato a gestire una crisi informatica con la sede di Boston, e Renèe, una donna che asserisce di conoscere Isabella, in quanto l’ha partorita.

 

Isabella così scopre di essere nata da un utero in affitto e si ripromette di fare altre domande a Renée.

Il problema informatico alla sede sembra rientrato anche se non si sa ancora chi lo abbia causato.

Quando il gruppo dei tre bostoniani, Renée e Reneesme sono in procinto di recarsi dai Cullen, il mattino dopo, arriva anche Phil, l’ex marito di Renée.

 

Edward e Bella si scambiano un bacio nella cantina dell’azienda vinicola e ambedue capiscono che la loro attrazione va oltre i loro piani di acquisizione.

 

Phil dichiara di essere il padre biologico di Bella e che lei è figlia sua e di Renée e non degli Swan. Edward decide di aiutare Isabella a scoprire cosa ha in mente lo zio.

Vengono trovati tre certificati di nascita di Bella con nomi diversi dei genitori, e sorgono dei dubbi sull’incidente dove hanno perso la vita i coniugi Swan.

 

Isabella e gli altri decidono di recarsi alla tenuta dei Cullen per contribuire alla vendemmia…

 

E adesso, Buona Lettura!

 

---ooOoo---

 

Quella sera Isabella non faticò ad addormentarsi, nonostante i pensieri, le rivelazioni e gli incubi che sicuramente sarebbero sopraggiunti non appena avesse chiuso gli occhi.

Era stata una giornata stancante, con una marea di notizie da assimilare e altre da affrontare.

Quella specie di vacanza era stata un vero fallimento. Si era ritrovata con una nuova madre, un falso nuovo padre, in pratica una nuova vita.

Anche la persona più forte di questa terra si sarebbe sentita persa davanti a tutte queste cose. Lei non era diversa dagli altri.

 

Il cielo scuro venne squarciato da un fulmine rosso, talmente vivo e pulsante da sembrare doloroso anche agli occhi. Si sentiva come se avesse corso per cinquanta miglia. Era accaldata e stanca e voleva solo una doccia rinfrescante e un letto. Eppure, neanche la pioggia che cominciava a cadere sempre più fitta, sembrava darle sollievo.

Era circondata da vigne e non riusciva a trovare una casa. Le sembrava di essere in un deserto, nonostante non fosse così arido lì intorno.

Ancora un lampo squarciò il cielo con la sua fosca luce rossa.

Ormai non sentiva più le gambe a forza di correre. Guardando i piedi si trovò le dita sanguinanti e niente scarpe. Voleva fermarsi, era esausta.

All’improvviso sentì una mano afferrarle il braccio e costringerla a voltarsi.

“Sei mia figlia, tutto quello che è tuo è mio”. Una voce autoritaria e cattiva anticipò un viso scarno e pallido, circondato da radi capelli e qualche filo di barba.

Non era Phil, l’avrebbe riconosciuto… sembrava più… suo padre, Charlie.

Lui era morto, non poteva essere qui.

“Papà” mormorò.

“Tu sei mia figlia! Tutto quello che è tuo è mio, anche il tuo sangue! Tu sei mia figlia!” riusciva a vedere in trasparenza le piante alle spalle della figura che le artigliava ancora il braccio. Questa divenne sempre più evanescente sino a sparire, ma alcune dita stringevano ancora la sua carne.

Quando abbassò gli occhi vide dei viticci che si infilavano nei suoi muscoli e sembravano succhiare il suo stesso sangue.

Si guardò attorno, pronta a chiedere aiuto a qualcuno ma quei rami diventavano sempre più caldi e lei ancora più debole.

“Isabella, non ti succederà niente di brutto. Lasciati andare con me, vedrai che sarai al sicuro”.

“Edward” riconobbe la voce e si voltò.

Era davanti a lei e stava succhiando il sangue che usciva dalle sue braccia. Non riusciva a muoversi, voleva fuggire ma non poteva, le sue gambe erano fisse al terreno.

Guardò in basso e vide un tronco, lei coperta di foglie… era diventata una vite.

Guardò spaventata Edward che le sorrideva tranquillo e lanciò un urlò.

 

“Bella… Bella!” la voce di Emmett era vicina anche se non riusciva a vederlo.

“Dio, Bella, svegliati!”. Una mano la scuoteva forte e finalmente Isabella aprì gli occhi rimanendo accecata dalla luce del mattino.

“Santo cielo! Stavi facendo un incubo? Urlavi. Mi hai messo una paura addosso…” borbottò il suo amico, sospirando sollevato prima di accasciarsi su un angolo del letto.

“Come hai fatto ad entrare?” biascicò la ragazza tirando indietro i capelli.

La faccia imbarazzata di Emmett fece capire a Bella che la spiegazione non sarebbe stata delle migliori.

“Ho scassinato la porta. Fai mettere la riparazione sul mio conto. Stavo venendo a chiamarti per la colazione, ma quando ti ho sentita urlare mi sono spaventato.

Tu non urli mai! Così ho dato una spallata”. Si massaggiò il bicipite come se fosse indolenzito e sorrise per scusarsi.

Beh, almeno era stato affettuoso, la principessa non avrebbe dovuto arrabbiarsi ed in effetti, decise di accantonare l’episodio e di affrontare la deliziosa colazione che l’albergo preparava ogni mattina.

“Forza, lasciami preparare per questa giornata di lavoro e scendo a farti compagnia” disse allegra scalciando le lenzuola.

“Vuoi davvero andare a vendemmiare?”. Emmett era davvero stupito. Lavoro manuale per la principessina? Inconcepibile.

“Certo” rispose convinta dal bagno. Appunto.

 

Nel giro di un'ora i tre bostoniani erano nuovamente alla tenuta Cullen.

Quando il suv entrò nella corte, sembrava fossero arrivati in una realtà alternativa: vi erano auto e una miriade di persone che non si riusciva a credere.

“Ciao, Isabella, bene arrivata!” urlò Renée, accogliendo i nuovi arrivati con un gran sorriso.

“Renée! Quanta gente!” esclamò stupita la ragazza.

 

“Sì, sono arrivati quasi tutti, anche Eleazar e Carmen che stanno aiutando Esme e Rosalie in cucina…” e qui venne interrotta da un entusiasta Emmett che si propose per l’aiuto.

“E uno ce lo siamo giocato” annunciò Jacob ridendo.

“Guarda! Credo che lì ci sia Reneesme che ti sta aspettando” disse complice Isabella e Jake, come un pesce preso all’amo, si diresse verso la moretta senza rivolgere altre attenzioni al suo capo.

“Sonoma fa bene all’amore a quanto pare. Abbiamo già accasato due baldi giovanotti con le ragazze migliori sulla piazza” esclamò Renée guardando allontanarsi i giovani, poi si rivolse a Isabella “Tu, invece? Con Edward, come va?”.

Tra tante domande imbarazzanti, questa fatta in modo così diretto fu la peggiore che si potesse fare.

Bella iniziò ad arrossire e balbettare sconclusionata, scatenando le risate della donna.

“Oh, ragazza! Non pensavo che fossimo già a questo punto!”.

‘Quale punto?’ Pensò la principessa mentre cercava di riprendere possesso delle sue funzioni vitali.

 

“Ciao, Isabella, ben arrivata” disse Edward affiancando le due donne.

Mentre la ragazza ritornava ad arrossire, Renée ricominciava a ridere.

“Mi sono perso qualche cosa?” chiese perplesso il ragazzo e Isabella ne approfittò per spingerlo lontano dalla donna negando vigorosamente.

 

“Allora, capo, da che parte devo iniziare? Quali saranno i miei compiti?” chiese la bostoniana con tono entusiasta.

“Mi accompagnerai a raccogliere i grappoli... lavoro manuale modello base” sorrise alzando le spalle.

Ormai i lavoranti erano pronti all'inizio dei filari pieni di grappoli maturi. Il sole si stava alzando prepotente sulle loro teste e tutti erano protetti da cappellacci in paglia o bandane colorate. Isabella e Edward si trovarono ai lati di una fila di viti guardandosi negli occhi, pronti a raccogliere i grappoli brillanti al sole.

Un lungo fischio, seguito da un urlo di giubilo, dette inizio alla vendemmia e le mani sapienti e volenterose cominciarono a staccare i frutti dalla pianta.

Le piccole roncole recidevano decise e le cassette, man mano riempite, avanzavano spinte dai piedi dei lavoranti.

Un lavoro antico eppure sempre attuale.

 

“Così va bene?”. Il lavoro non era facile e quella lama pericolosamente vicina alle dita la faceva tremare. Come faceva Edward ad essere così sicuro? Era molto più avanti di lei e ogni tanto si fermava aiutandola sul suo lato. Era ovvio, lui ci era cresciuto a vendemmiare, per lei invece era solo un passatempo del momento, ma, data la sua natura lievemente competitiva, non riusciva comunque a perdonarsi questa palese debolezza.

“Va benissimo, Isabella. Non ti preoccupare di fare in fretta, ti aiuto io” rassicurò il ragazzo, spostando un ricciolo dalla fronte di lei.

Un gesto naturale ed intimo che fece sorridere Renée, intenta a lavorare lì vicino.

 

Tutto questo era assurdo! Aveva ricevuto delle notizie terribili in quei due giorni e, nonostante tutto, quello che la faceva arrossire era una lieve carezza dalla mano di un ragazzo che neanche conosceva.

“Meglio che andate avanti o mi dovrete seguire con le cassette”. Jasper, che seguiva con il trattorino, li incitò a proseguire prima di sorpassarli. Erano una delle ultime coppie e sicuramente sarebbero rimasti indietro pesantemente se non fosse stato per Alice che si era piazzata più avanti.

 

“Hai più pensato a quanto abbiamo scoperto ieri?”. Edward approfittò della calma relativa per chiedere un parere su quello che gli aveva quasi tolto il sonno la notte precedente.

Suo zio Phil aveva in mente qualche cosa, altrimenti non avrebbe avuto senso impelagarsi in documenti falsi e annunci plateali. Sperava solo che non volesse fare del male a quella ragazza che stava davanti a lui. Isabella non si meritava un trattamento simile.

Poteva essere una viziata signorina di città e una imprenditrice che voleva prendere possesso della sua tenuta, ma non per questo la odiava al punto di farle del male.

Anzi, a ben pensarci, non la odiava per niente.

“No, ho cercato di dormire e ho avuto una nottata piena di incubi. Non so cosa pensare. Tu hai scoperto qualcos’altro?”. Un altro grappolo cadde nella cesta.

“Mi sono dilettato a guardare le notizie della morte dei tuoi genitori… sono abbastanza misteriose, a dire il vero” replicò Edward.

Un brivido percorse la schiena della ragazza che iniziò a sudare freddo.

“Misteriose?”. Isabella sapeva che era stato un incidente aereo, dovuto alle avverse condizioni meteorologiche, non per altro.

“Non c’era un piano di volo e i contatti con i controlli, sporadici. Se mi trovassi in prossimità di nuvole nere continuerei a parlare in modo ininterrotto, invece il pilota ha ridotto al minimo le comunicazioni. L’ho trovato strano”.

“Hanno detto che vi erano dei disturbi e non si riusciva a comunicare” ribatté Isabella.

“In Missouri? Lì è piatto come una tavola da surf, come poteva essere difficile comunicare?”.

L’esclamazione di Edward lasciò la ragazza con la bocca aperta. Questo pensiero apriva a scenari davvero drammatici.

“Isabella, vieni con me” ordinò Edward lasciando il coltello nella cesta ormai piena.

“Ma… il lavoro?”.

“Ormai Alice ha preso il nostro posto ed io ti devo mostrare alcune cose. Andiamo”. Il ragazzo passò sotto i viticci e prese per mano la principessa di Boston per trascinarla verso la villa dei Cullen.

 

La frescura che li accolse nell’atrio fu più che ben venuta, anzi, sembrava quasi di essere entrati in una cella frigorifera.

Edward le indicò le scale, incitandola a salire e la precedette lungo al corridoio sino alla porta di una camera che aprì senza esitazione.

All’interno la luce del sole filtrava attraverso le tende leggere assieme all’aria calda che la finestra aperta consentiva di entrare.

“La tua camera?” chiese Bella.

“Esatto, Sherlock” risposte Edward dirigendosi verso la scrivania dove spiccava l’unico plico di fogli del ripiano per altro pulito.

“Devo preoccuparmi?” ridacchiò la ragazza indicando il letto con il mento.

Evidentemente Cullen era piuttosto distratto, visto che strabuzzò gli occhi senza capire a cosa lei si riferisse. Poi l’illuminazione lo fece scoppiare nella risata più allegra.

“Tranquilla, la tua virtù è salva per ora. Certo… se tu volessi approfittare di questo popò di fisico mi dichiaro a tua completa disposizione per pratiche ortodosse e non” puntualizzò facendole l’occhiolino.

“Posso capire le pratiche ortodosse… è il 'non' che mi preoccupa” rispose sorridendo la ragazza.

 

“Allora? Vuoi dirmi di cosa si tratta?” insistette subito dopo.

“Volevo ragionare con te su questo” e prese i fogli distribuendoli sul letto in modo di avere la più ampia visuale di tutti i dati.

Si vedeva che non lo faceva con intenzione, ma Isabella si sentiva agitata. Era assurdo, lo sapeva, ma trovarsi lì nella sua camera era soffocante.

I tabulati erano davanti a loro, in ordine cronologico. I tre certificati di nascita su un lato e gli spostamenti approssimativi di Phil nel periodo dell'incidente dei coniugi Swan, sull'altro lato.

“Hai cercato anche tuo zio?” chiese lei stupita. Edward sollevò le spalle con noncuranza.

“Volevo confrontare i movimenti di Phil con i tuoi genitori... Hai capito qualche cosa con Emmett per il tuo testamento?”.

“Ha chiesto una copia all'ufficio legale a Boston” rispose la ragazza, “Anche se credo di aver indicato come beneficiari i miei parenti, all'epoca avevo ancora i miei genitori...” mormorò assorta.

“Maledizione...”. Isabella sbarrò gli occhi spaventata all’esclamazione del ragazzo.

“Cosa c’è?” chiese.

“Immagina se, al posto di indicare il nome avessi solo indicato il termine genitori? Cosa farebbe Phil se ti capitasse qualcosa?”

“Diventerebbe padrone di tutte le Industrie Explosion” esalò.

“Milionario” confermò Edward.

“Non può essere! Emmett non può essere stato così superficiale”.

“Per questo che esistono quei certificati. Cosa potrebbe succedere se tutta la base del testamento saltasse?”.

I due ragazzi si guardarono e lei sentì un brivido gelido scorrerle lungo la schiena. Era davvero in pericolo? Che fine aveva fatto la sua vacanza?

 

“Dobbiamo essere sicuri che non si avvicini a te, sino a quando non saremo sicuri di quello che vuole fare” esclamò Edward irrigidendosi.

“Credi che sia anche responsabile dell’incidente dei miei?”. Sarebbe stato terribile se Phil fosse stato responsabile di quella tragedia.

“Onestamente non lo so” rispose sottovoce il ragazzo “Sai che non mi è particolarmente simpatico ma non credo che ne sia responsabile. Vedi qui? Era in Europa in quel periodo e lui non è tipo da avere complici, soprattutto persone che aspettano anni per avere il bottino. Non ho prove in questo senso ma il mio sesto senso mi dice che non ha avuto niente a che fare con quell’incidente. Questo non significa che non potrebbe partecipare a qualche cosa adesso, visto l’impegno che ci ha messo per prepararsi il terreno” così dicendo indicò un appunto sul certificato che indicava i genitori di Isabella. Era una data di otto anni prima. All’epoca gli Swan erano ancora vivi e Phil aveva già divorziato da Renèe. Sembrava davvero un piano maturato nel tempo.

 

Isabella sbuffò affranta e si passò una mano sulla fronte, volgendo lo sguardo alle pareti della stanza. Era tutto confuso nella sua testa, c’erano tanti punti su cui soffermarsi e pensare. Non riusciva a digerire tutte quelle informazioni.

I suoi genitori erano stati uccisi? Era stato davvero un incidente? Phil era suo padre oppure no?

Non poteva credere a una cosa simile! Suo padre era Charlie Swan! E sua madre Elisabeth! Ne era certa.

 

Cercò di non soffermarsi sul ragazzo seduto al suo fianco. L’attrazione che provava per lui era ormai chiara anche alla sua mente refrattaria. Non voleva ma ne era ammaliata. La voglia di baciarlo e farsi stringere da lui era pure superiore al desiderio di fare chiarezza in tutto quel mistero. Dannazione!

Improvvisamente si accorse di essersi fissata su un poster che raffigurava la volta celeste con le costellazioni e un simbolo come due i maiuscole davanti.

Soprapensiero chiese: “Cos’è?” indicando l’immagine.

“Il segno dei gemelli. Sono nato a giugno” rispose Edward tranquillo.

 

Qualcosa si insinuò nella mente di Isabella. Quel simbolo le era famigliare. Ci si era imbattuta ultimamente… o almeno i suoi sistemi informatici ci si erano imbattuti.

Guardò ancora sul letto.

Tutti quei fogli.

“Sei tu che hai cercato di violare i nostri sistemi informatici!” esclamò fissando Edward.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

sono tornata!

Come già detto, continuo a rimaneggiare questa storia. Non riesco ad appassionarmi come con le altre. Forse il tipo di scrittura, la perdita di motivazioni, non so.

Sono stata un po’ lontana da efp e adesso spero di tornare a pieno ritmo, se non altro per terminare le storie che ho in sospeso (tra cui la vecchissima e mia amata AAA Affittasi moglie).

Spero che ci siate ancora per leggere cosa succederà a questi due testoni…

 

Per ora, alla prossima settimana

baciotti

 

  
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