Capitolo XI
La mia dolce caduta
Daniel poteva sentire il
respiro dolorante di Sharon, il suo petto che si alzava e abbassava
lentamente come una marea, il sangue che gli colava dalle scapole per
tutto il corpo e... Il battito d'ali.
“Non ci credo..”
sussurrò quasi a sé stesso lasciando quasi la presa su
di lei.
Lentamente e dolorante
Sharon cominciò a salire di quota lanciando un urlo sommesso a
ogni battito.
Mi fa male tutto, mi
sento lacerata dentro... Ho le ali? Sento qualcosa che si muove e fa
male, Daniel sembra inorridito...
Appena
raggiunsero di nuovo la stanza Sharon crollò sul pavimento
esausta e dolorante, il sangue le cominciò a colare anche sul
viso e lungo le braccia, mentre le mani incontravano schegge di vetro
rotto sul pavimento.
Si
sentiva lo stomaco in subbuglio e le sembrava che un coltello le
avesse scavato nella carne fino a toccarle l'osso e poi lo avessero
rigirato per provocarle fitte di dolore, un conato di vomito le
risalì la gola per fermarsi in bocca.
Daniel
si era allontanato un po' per cercare di mettere a fuoco la
situazione a dir poco surreale, guardava Sharon come se fosse un
alieno e una paura profonda lo pervase ma la scacciò subito.
“Non
è stata la pietra a trasformarti, ma per lo meno ti sei
trasformata” disse facendo un ghigno agghiacciante Judith.
Sharon
era immobile, sentiva il sangue seccarsi sulla pelle e il respiro
bloccarsi quando vide sulla porta Artes che la guardava con gli occhi
sgranati.
Judith
si rintanò nell'ombra e quando ne riuscì non era più
la persona che avevano incontrato all'ingresso dell'Altair, aveva i
capelli scuri come la notte, la pelle bianchissima e gli occhi neri,
completamente neri e delle ali grandi e possenti rosso sangue tanto
che Sharon pensò che anche lui stesse sanguinando.
“Phanterus”
sussurrò Artes avvicinandosi ai ragazzi a terra.
“Tranquilli,
il vero Judith dorme come un bambino sotto la stanza di Sharon”
il ragazzo fece un mezzo sorriso compiaciuto poi sbatté le ali
per creare un po' di vento.
“Perché
sei qui?” chiese Daniel rialzandosi e barcollando un po'.
“Nel
mondo dei demoni girano veloci le storie. Mi è giunta voce che
una Nephilim aveva la Trinità. Sapete
meglio di me la storia di quell'arma e il suo potere, ma una Nephilim
non può tenere un'arma sacra perciò ho voluto
stuzzicarla fino a far rinascere la sua vera indole..”.
Il
demone restava fermo ma sembrava quasi che i raggi della luna
venissero assorbiti dal suo corpo per rilasciare altra oscurità,
o forse era solo la vista di Sharon che si stava appannando sempre di
più.
“E
perché interessa proprio a un demone quell'arma? Ti ricordo
che non sei un angelo, moriresti al suo tocco” sibilò
Daniel.
Phanterus
inarcò un sopracciglio divertito, per quanto malvagio, oscuro
e demone potesse essere la sua bellezza era agghiacciante.
“Ti
ricordo, mezzosangue, che tutti i demoni prima erano gloriosi e forti
angeli del Paradiso. Almeno quelli come me, poi ci sono quelle bestie
immonde che non sono altro che i nostri schiavetti, ma i veri demoni
siamo noi.” gli
occhi del demone brillarono quando ricordò di essere stato un
angelo e il loro nero diventò ancora più scuro.
“La
tua presenza non è gradita, non capisco nemmeno come sei
riuscito ad entrare nell'Altair visto il grado di protezione”
rifletté Artes che aiutò Sharon a sedersi, sebbene la
toccasse a malapena.
“Dopo
che siete entrati voi il portale si è indebolito parecchio
grazie a Sharon e quindi non è riuscito a riconoscere che metà
del sangue che mi scorre nelle vene è corrotto, maligno”
fece una pausa, quasi fiero di quello che era, poi assottigliando lo
sguardo disse, “Come quello suo” e con un dito affusolato
indicò la ragazza pallida e dolorante.
“Ma
per favore smettila” sussurrò Sharon cercando di
rimettersi in piedi nonostante il dolore lancinante, “Come può
il mio sangue esse maligno e corrotto se posso maneggiare la Trinità?
Sono l'equivalente di un angelo in Paradiso, solo che come si usa
dire sono caduta”
“Tu
non sei caduta. Sennò saresti come me, Bael, Lilth e tutti gli
altri demoni, saresti ciò che il cielo odia di più”
il demone si avvicinò di più a Sharon sotto gli occhi
severi dei ragazzi e si lasciò scivolare affianco a lei,
“Secondo te, i Nephilim da dove derivano? Voi che ci date la
caccia, che volete ucciderci, voi che portate rancore per noi adesso
ditemi secondo voi chi vi ha generato?” la sua voce era
suadente quanto terrificante tanto che Sharon ebbe un brivido che
risuonò per le ali.
“Prima
che ti uccida, sparisci” sussurrò Sharon affaticata.
“E'
così che si tratta un tuo pari? Io che potevo dirti tante cose
interessanti, tipo come è morta tua madre...” il suo
sguardo maligno si spostò sui ragazzi in piedi e fermi come
statue e disse “O di come Daniel e Artes provino una forte
attrazione per te”.
A quel
punto era troppo. Daniel invocò la sua diafana in un lasso di
tempo così piccolo che Sharon non lo vide nemmeno e forse
nemmeno il demone. L'arma scintillava tra le sue mani come una stella
e si muoveva veloce e tagliente nell'aria ma Phanterus non sembrava
preoccuparsene.
Dentro
di Sharon una voce stava gridando, la stessa che nell'Altair di
Venezia le chiedeva di uscire fuori, forte, dolce e rabbiosa.
Invoco Trinitatis.
Sharon
capì subito che quello era latino, ma nonostante lei non lo
parlasse sapeva benissimo che significava “Invoca la Trinità”.
Dopo un
profondo respiro si portò al centro della stanza dove Daniel
continuava ad attaccare Phanterus senza avere risultati e invocò
l'arma. Gli occhi del demone si puntarono sulla ragazza, il loro nero
fu illuminato da un fascio di luce accecante e quando la luce sparì
la ragazza aveva in mano la spada.
“Meraviglioso”
sussurrò il demone distraendosi e permettendo a Daniel di
trafiggerlo e spingerlo a terra abbastanza velocemente da saltargli
addosso e bloccarlo con le gambe in vita.
“Muoviti
e ti taglio la gola” sibilò Daniel con un rivolo di
sangue che gli colava sulla fronte.
“Cos'è
ti da fastidio che la guardo, che la desidero?” lo provocò
il demone guardando Sharon e leccandosi il labbro superiore.
Daniel
caricò un pugno e lo sferrò sul labbro del ragazzo
lasciandogli un profondo spacco dal quale usciva del sangue nero e
rosso, il demone in tutta risposta glielo sputò in faccia.
Sharon
si avvicinò al demone e gli puntò la spada sulla gola,
esattamente sotto il mento pizzicandolo con la punta.
“Phanterus
mi dispiace salutarci in questo modo, avrei preferito diversamente ma
sai come vanno queste cose” disse con un accenno di sorriso
Sharon che aveva cominciato a spingere l'arma creando una ferita che
lo fece sanguinare.
“Tranquilla
non ti libererai di me. Non meriti un Nephilim di questo genere,
meriti di meglio. Meriti me” sogghignò il demone
scoppiando poi in una grassa risata.
Daniel
prese la sua diafana e gliela conficcò nel cuore, una, due
volte tanto che la lama ormai era intrisa di sangue nero e viscido,
ma prima che potesse dare l'ultimo colpo Phanterus si liberò e
prima di sparire Sharon gli trafisse la spalla destra con la Trinità,
un colpo tanto forte che lo attraversò.
Sharon lasciò cadere
l'arma che si dissolse tornando da dove era venuta e subito dopo
anche lei seguì l'arma sul pavimento, stava così male
che pensò di stare per morire.
Le ali le fremevano come in
preda a una crisi e lentamente cominciarono ad appiattirsi sulla sua
schiena, diventando quasi due linee sottili azzurre. Daniel buttò
la diafana intrisa di sangue e si precipitò a prendere Sharon
in braccio sporcandole il vestito di altro sangue, era così
lento il suo respiro che per un momento il ragazzo ebbe davvero paura
che Sharon fosse morta.
“Vado a prendere
vestiti nuovi e libri per la medicazione, inoltre cercherò di
contattare la Corte e trovare Judith” disse in modo confuso e
nervoso Artes correndo fuori dalla stanza.
“Ho visto la tua
espressione” sussurrò Sharon aprendo leggermente gli
occhi, “Era piena di terrore, paura... Sono un mostro”.
“Tu
non sei un mostro” mormorò piano Daniel con la voce che
gli tremava, se non avesse avuto la vista appannata Sharon avrebbe
giurato che lui stava piangendo.
“Si”
si limitò a rispondere lei, sentiva il sangue in bocca.
“Sei
la persona più bella che io abbia mai conosciuto, la ragazza
più dolce e testarda” accennò a un sorriso, “Sei
la luce in una vita di oscurità, sei come una droga nelle
vene, almeno nelle mie. Ho sempre voglia di te, di starti vicino,
toccarti, proteggerti fino a pensare di star perdendo la testa...”
ci fu un lungo silenzio nel quale Daniel prese una lunga boccata
d'aria e poi continuò, “Volevo dirtelo in circostanze
migliori e in situazioni più romantiche, ma sento che se
dovessi perderti prima di dirtelo ne morirei”.
Sharon
cominciava ad avere l'udito sempre più basso come se qualcuno
le stesse mettendo delle mani sopra le orecchie.
“Sharon
io mi sto innamorando di te, ogni giorno di più, ogni secondo
sempre più”.
Ma la
ragazza non sentì quell'ultima frase, era già svenuta
facendo cadere la testa di lato e le braccia flosce lungo i fianchi,
Daniel la guardò per un momento e poi la strinse a sé
delicatamente ma con quel dolore e quella forza che si riserva agli
abbracci di addio.
Artes era appoggiato su un
muro davanti la porta della stanza di Sharon, dopo che era tornato
con più di trenta Nephilim alle calcagna inviati dalla Corte
aveva ritrovato la ragazza tra le mani di Daniel completamente in un
lago di sangue mentre lui la guardava come se fosse morta.
Stava ricordando come alla
vista di Sharon i Nephilim lanciarono sguardi stupiti, pieni di
orrore ed emozione, come biasimarli d'altronde ti crescono dicendoti
che gli angeli possono essere solo di sesso maschile e che le donne
sono impure e poi ti trovi davanti ad un angelo donna.
Il
ragazzo sollevò lo sguardo, un via vai di gente saliva e
scendeva dalla torre anche solo per guardare la porta. Judith era
stato ritrovato privo di sensi in fondo alle scale della torre e
adesso era sotto interrogatorio da più di un'ora, da alcuni
membri secondari della Corte.
La
notizia di Sharon aveva sconvolto la Corte più di quanto lui
non si aspettasse e le misure che erano state prese per proteggerla e
guarirla erano a dir poco agghiaccianti, nessun Nephilim di sesso
maschile poteva avvicinarsi a lei, la torre in cui stava doveva
essere tenuta sotto controllo almeno da dieci Nephilim guerrieri sia
fuori che dentro.
“Hey
Artes, tutto bene? Sei leggermente pallido” disse una voce
stanca e sofferente.
Daniel
era comparso affianco a lui e lo stava scrutando con i suoi grandi
occhi verde ghiaccio, erano gonfi e con cerchiature nere, le ferite
stavano cominciando a sparire dopo l'incantesimo che gli aveva fatto
ma sulla sua pelle c'erano ancora molti segni e lividi della
colluttazione.
“Hai
assistito all'interrogatorio di Judith?” chiese lui senza
rispondere alla domanda del compagno.
Daniel
fece un cenno con la testa e si poggiò al muro guardando anche
lui la porta, poi disse “Ha detto di essere stato attaccato
dopo che ci ha lasciato negli archivi, il demone lo ha sorpreso alle
spalle e lo ha messo al tappeto. Poi quando si è risvegliato
ha capito che era successo qualcosa. Lo ha ripetuto per ore ma non
sembra convincere gli inquisitori”.
“E'
successo tutto troppo in fretta non credi? Manco il tempo di scoprire
chi era Sharon che già l'avevano raggiunta e l'avevano
trasformata, se così si può dire” sussurrò
Artes con voce sommessa e chiudendo gli occhi lasciando che la testa
batté sul muro.
“Già,
comunque gli inquisitori vogliono interrogare anche noi, anzi
soprattutto me che ero presente al momento...” Daniel lasciò
che la frase gli morisse in bocca per rivolgere il suo sguardo a tre
figure snelle e longilinee.
Salivano
le scale lentamente e con il volto coperto da un cappuccio, portavano
la stessa tunica di Artes solo che questa era color panna con diverse
cuciture dorate, dal cappuccio si intravedevano delle ciocche di
capelli lunghi.
“Sono
delle guaritrici donna” sussurrò Artes a Daniel per
fargli capire.
“Ma
io pensavo che...”.
“Risalgono
alla battaglia in cui i genitori di Sharon sono morti, perciò
hanno esperienza ed ecco perché esistono. La Corte le avrà
chiamate per curarla”.
Le mani
lungo i fianchi delle donne erano ricoperte di cicatrici e di un
colorito pallidissimo, senza guardarli le tre figure li superarono
entrando lentamente nella stanza.
“Artes
Migliec, Daniel Hareal gli inquisitori vi stanno aspettando”
disse una voce profonda richiamando l'attenzione dei due ragazzi.
Quando
Sharon aprì gli occhi era nella sua stanza in cima alla torre,
sopra di lei tre donne la stavano guardando con profonda ammirazione
ed emozione. Si mise sui gomiti constatando che il dolore lancinante
tra le scapole e la colonna vertebrale era quasi sparito, anche il
sangue era sparito dai suoi vestiti e capelli, ora indossava una
tunica bianca con i bordi e le cuciture in oro che si intonavano ai
suoi capelli tutti boccoli e sciolti che le ricadevano sul viso.
Le tre
donne senza dire una parola si inchinarono vicino al letto abbassando
la testa come in attesa di una punizione e quando Sharon si mise
seduta sentì delle piume solleticarle il braccio e la vita.
“Ehm,
uhm... Che succede?” sussurrò la ragazza ancora
stordita.
“Mia
signora abbiamo l'onore di rivolgerle la parola? L'ira celeste non si
abbatterà su di noi per averle mancato di rispetto?”
disse una donna, dalla voce sembrava molto anziana e quando la guardò
negli occhi vide che era una donna con i capelli raccolti in uno
chignon da cui uscivano parecchi capelli neri striati di bianco ma
non sembrava anziana.
“Certo
che potete parlarmi, non vedo perché tutte queste cerimonie”.
“Ma
lei è una
creatura di Dio, un angelo mandato per salvarci”.
Sharon
si irrigidì immediatamente a quelle parole e cominciò a
ricordare perché si trovava in quella stanza e quelle donne
gli si rivolgevano in quel modo, muovendo lentamente una mano
tremante se la portò dietro la schiena e la poggiò
delicatamente sentendo un osso sottile che formava un arco ricoperto
di piume soffici.
Sono un angelo.
Sharon
sentì come se le avessero tirato un pugno nello stomaco e poi
subito dopo il suo cuore cominciò a battere così forte
da sentirlo nella testa, il sangue le pulsava sotto le vene e un
senso di angoscia la stava invadendo.
“Si
sente bene?” chiese una donna visibilmente preoccupata.
Non
riusciva più a parlare, era come se lentamente stesse
annegando in un mare ghiacciato, cominciò a tremare e non per
il freddo ma per il ricordo di quanto era successo quella notte.
Phanterus, la trasformazione, Daniel che precipitava, Judith che
spariva, la faccia di Artes... Il Divinium.
Senza
accorgersene Sharon era corsa fuori dalla sua stanza, giù per
le scale a una velocità inaudita mentre le tre donne le
gridavano di fermarsi.
Come
poteva fermarsi? Come poteva restare in quella condizione? Artes,
Daniel dov'erano adesso?
Arrivata
in fondo alle scale vide un'orda di Nephilim che la guardavano
attoniti, in meno di qualche secondo però tutti si stavano
inginocchiando davanti a lei abbassando la testa e lasciando tra loro
uno spazio libero in cui lei potesse passare.
Le ali
ebbero un fremito e si sollevarono di poco poi Sharon avanzò
lentamente tra i Nephilim e quando li superò ricominciò
a correre, dove nemmeno lei lo sapeva.
Si fermò
quando vide su una porta la figura snella e muscolosa di Daniel
evidentemente contratta. Lui alzò lo sguardo e restò
impietrito quando vide Sharon, era a piedi nudi con la veste che le
arrivava fino alle ginocchia e le ali che spuntavano dietro le sue
spalle, i capelli dorati sul viso e un'espressione distrutta sul
volto come la sua.
“Daniel...”
sussurrò lei prima di buttarsi nelle sue braccia affondando il
viso nel petto di lui.
Il
ragazzo rimase per un momento fermo come se gli avessero sparato poi
si lasciò andare e le mise le mani lungo i fianchi.
“Non
dovresti essere qui...” borbottò l'altro tenendo le
labbra sui capelli di lei.
“Cosa
sta succedendo? Perché si inchinano tutti... Io non voglio,
voglio...” le lacrime che le rigavano in volto sembravano fuoco
su ghiaccio e la fecero sussultare prima di continuare la frase, “Non
so cosa voglio. Ma di una cosa sono sicura voglio te”.
Daniel
si irrigidì completamente le mani sui fianchi di lei per poco
non caddero, la testa che sembrava girargli come una giostra, si rese
conto che non stava più respirando e quando capì quello
che stava succedendo una mano finì tra i capelli di Sharon
delicata ma forte.
Lei alzò
la testa leggermente e Daniel non riuscì a resistere
all'impulso di baciarla, anche se sapeva che era totalmente sbagliato
quello che desiderava e che stava facendo.
Poggiò
delicatamente le labbra su quelle di lei, morbide e calde, il bacio
fu ricambiato e presto dalla dolcezza passò alla passione, le
mani di lui prima sui capelli adesso erano scese lungo i fianchi e
stringevano come per non farla scappare mentre lei lo tirava verso di
sé incastrandogli le mani dietro la nuca. Il ragazzo si sentì
come se avesse bevuto così tanto da avere le allucinazioni non
riusciva a reggersi in piedi per quanto lui fosse al muro e presto al
suo posto ci fu Sharon, l'aveva sollevata dai fianchi e l'aveva
appoggiata delicatamente contro la parete mentre lei gli stava
annodando le gambe alla vita.
“No...”
ansimò Daniel sulle labbra di lei staccandosi lentamente.
“Perché...”.
“E'
sbagliato, non possiamo farlo, io non posso farlo”
la voce del ragazzo era piena di rabbia e tristezza.
“Cosa
c'è di sbagliato?!” chiese Sharon poggiandogli una mano
sulla guancia sul quale lui si strofinò.
“Sei
un angelo, Sharon. Hai il sangue del Paradiso, sei una creatura pura
e io sono un Nephilim... Metà sangue umano, impuro. Gli angeli
non possono avere relazioni con dei Nephilim...” cercò
di dire, la voce soffocata.
“Io
non sono un angelo! Sono Sharon! E non mi interessa, voglio stare con
te!” gridò l'altra.
“Non
lo capisci? Ti porteranno via”.
“Chi?”.
“La
Corte, probabilmente ti rinchiuderanno nella Contea al Paradisium a
studiarti a fare esperimenti su di te. Io non voglio ma lo faranno,
non lasceranno una angelo donna con
la Trinità andare per il mondo. Devi scappare e per farlo devi
dimenticarti di me, di Artes, del Divinium della ricerca di mia
madre, di tutto” Daniel parlava con un tono di voce tra il
dolce e la paura, cercando di nascondere tutte le altre emozioni e
Sharon notò che ci riusciva abbastanza bene.
“Non
posso nascondermi” rispose lei fredda con un improvvisa rabbia
che le saliva nel petto.
“Si
invece, i demoni ti hanno sempre trovata perché viaggiavi con
noi ma se tu andassi... Vai lontano cerca riparo in una chiesa o da
qualche parte dove né la Corte né i demoni possono
trovarti” la voce di Daniel era ormai un filo di voce.
“Ma io...”.
“Sharon stanno
arrivando, scappa! Artes ti aprirà un portale sulla torre,
VAI!”.
Dal corridoio si
cominciarono a sentire tonfi di passi e il rumore metallico delle
spade che sbattevano tra loro e per un secondo Sharon restò
immobile a guardare Daniel che invocava la sua diafana.
Le stava gridando di
andarsene ma lei non lo riusciva a sentire.
Trinità ti invoco.
La falce
a due lame guizzava di energia nella sua mano e le ali si stavano
aprendo come un ventaglio sulla sua schiena, una scossa di adrenalina
l'attraverso e pochi secondi dopo si stava scagliando contro la folla
di Nephilim per riuscire a scappare.
Gridavano,
cercavano di afferrarla, si dimenavano gli uni sopra gli altri ma lei
era più veloce e con un rapido movimento dell'arma li fece
crollare a terra, le ali che sbattevano frenetiche, così
grandi e possenti da coprire l'intero spazio del corridoio e della
torre in cui Artes la stava aspettando.
“Veloce
attraversalo!” gridò il ragazzo davanti a uno specchio
di cielo notturno.
Sharon
lo guardò il tempo necessario da fargli capire che non sarebbe
finita lì e poi si infranse sulla superficie del portale,
catapultata un'altra volta in un'altra città.
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