16.
Forever and a year
All’incoronazione
dei nuovi re di Asgard nessuno mancò.
Giunsero
rappresentanti da Vanaheim, Nornheim, Alfheim, persino da Niflheim e
Nidavellir; la congregazione proveniente da Jotunheim era guidata da Hugrun in
persona, che con la piena fiducia degli Ási avrebbe ricoperto il ruolo di
reggente finché i Giganti non avessero trovato un successore al trono vacante.
Da
Midgard vennero ovviamente gli Anwar-McNulty e Jane Foster, invitata
personalmente da Thor che così facendo prese una decisione definitiva circa i
propri sentimenti: Sif dovette accettarlo, quando scorse la minuta astrofisica
farsi strada tra la gente a braccetto con Maeve McNulty, e del resto la dama
guerriera non si era aspettata niente di diverso nonostante il bacio che aveva
donato al Dio del Tuono. Anzi, quel bacio fu l’unica, sincera e ardente
manifestazione d’affetto nei confronti del biondo che l’asgardiana si concesse,
e col senno di poi la trovò estremamente liberatoria. Le venne anche da
pensare, e un po’ si sentì in colpa per questo, che Jane Foster non sarebbe
vissuta in eterno e che lei avrebbe invece atteso Thor fino al giorno della
Fine di Tutto e oltre, se necessario. Mentre prendevano posto sotto alla
scalinata del trono Seamus Anwar la affiancò e le sorrise, memore di ciò che
avevano condiviso in passato, ed ella lusingata ricambiò il sorriso.
Lo
sconfinato salone delle cerimonie era gremito fino al colonnato di una folla
più che mai variopinta e trepidante, e altre migliaia di persone accorse da
ogni angolo del Reame Eterno si accalcavano sotto ai bastioni della reggia, sui
ponti e nei cortili, e tra i soldati e le guardie di palazzo si notavano le corazze
dorate degli Einherjar e delle Valchirie.
Ai due
lati del seggio reale stavano Odino e Frigga, in piedi, e alle loro spalle
ondeggiavano quieti due grandi stendardi nuovi fiammanti e uno più piccolo al
centro: il primo raffigurava il simbolo trilobato di Mjölnir, ricamato in filo
d’argento in campo rosso; il secondo era blu come il mare e fregiato da tre
trifogli stilizzati in bianco platino, e sul terzo un serpente d’oro spiccava
sul verde.
Le trombe
cantarono al comparire dei tre destinati all’investitura e ne accompagnarono
l’avanzata sul camminamento che costoro ben conoscevano, ed erano così regali e
splendenti che tutti li mirarono in solenne silenzio e con volti radiosi.
Entrambi i prìncipi erano in alta uniforme, imponenti nelle rispettive armature
da parata e negli ampi mantelli e sotto il bagliore che i loro elmi
catturavano; l’irlandese, bellissima, appariva leggiadra nel suo abito color
del cielo malgrado l’alta acconciatura, l’elaborata collana che le copriva la
scollatura, i fitti ricami e il lungo strascico, e teneva a malapena a freno le
risa e l’emozione – perché diventare regina era ciò che sognava sin da
quando aveva acquisito discernimento, e ancora stentava a crederci. Loki la
teneva per mano e di tanto in tanto la carezzava con lo sguardo.
«Così
hanno inizio i giorni dei re.» disse il Padre degli Dei come parlando tra sé una
volta che i tre si furono inginocchiati di nuovo sotto al trono, e discese i
gradini della piattaforma per raggiungerli. Thor poggiò il Martello a terra e
chinò il capo per primo.
Il rito fu
breve e arcane le formule di passaggio e la benedizione che il sovrano abdicante
e la sua sposa dedicarono a coloro che ne avrebbero preso il posto.
Fugacemente, il Dio degli Inganni pensò che i suoi piani primigeni non
prevedevano una condivisione di potere col suo robusto e ridanciano fratello, e
non si sorprese tuttavia nel rendersi conto che poco gl’importava: perché il
Dio del Tuono non meritava più il suo odio e la sua invidia, e molto sarebbe
potuto mutare in millenni di regno. Volevo
soltanto essere tuo pari, gli aveva gridato contro in un giorno lontano, e
pari adesso erano, grazie a entrambi e soprattutto alla straordinaria donna che
mai si era allontanata dal suo fianco.
E infine
Odino invitò i tre a rialzarsi e offrì loro Gungnir: «Lo scettro appartiene ai
due re di Asgard in egual misura e in egual misura potranno utilizzarlo. Ma dal
momento che Loki già lo ha brandito è a lui che lo affido. Io vi saluto con
gioia, figli e figlia e miei signori.» annunciò inchinandosi.
E
fremendo il figlio di Farbáuti afferrò la lancia, sentì le rune e le incisioni
che ne ornavano il fusto imprimersi nei suoi palmi e le labbra incurvarglisi in
un sorriso la cui sfumatura avida fu colta solo da Erin. Per un attimo il
sangue gli ruggì nelle vene e l’immagine di sé come unico padrone di ogni cosa,
terribile e possente in cima all’Albero e all’universo intero, tornò a
riempirgli la mente come in passato. Eppure erano finiti i tempi dell’istinto e
degli impulsi dettati dall’ira: sapeva che una mossa del genere sarebbe stata
sciocca e avventata, e poiché la rabbia lo aveva miracolosamente abbandonato non
aveva alcuna ragione per mettere a rischio ciò che aveva guadagnato – la
pace, il rispetto, l’ammirazione altrui, forse persino sua moglie.
Allora
salì fino alla sommità della scalinata, seguito dagli altri due, e Frigga si
spostò accanto al marito osservandoli con orgoglio e benevolenza. Loki si fermò
dinanzi al seggio e sollevò Gungnir e mormorò qualcosa, e una grande luce si
spanse tutt’intorno creando rami e arabeschi scintillanti nell’aria, e i
presenti gridarono di meraviglia e socchiusero gli occhi. E il fulgore crebbe e
quasi esplose, abbacinante, e non appena si dissolse nel chiarore esterno fu
evidente ciò che l’Ingannatore aveva creato: tre erano ora i troni, due
maggiori e uno minore in mezzo a essi, in esatta corrispondenza con i tre
vessilli soprastanti.
Volgendosi
lentamente a guardare familiari, amici e sudditi, i prìncipi e la musicista
sedettero sugli scranni che spettavano loro, e il Padre degli Dei ripeté a gran
voce:
«Così
hanno inizio i giorni dei re!»
E nessuno
– asgardiano, midgardiano, vanr, jotun, alfar o dvergar che fosse –
nessuno mancò di esultare in quel luminoso dì.
Il tempo
passò, regalando ad Asgard e ai restanti otto mondi un periodo di duratura e
sospirata pace. Vi furono alcune scorribande dei Marauders nei territori di
Vanaheim e fu dunque necessario l’intervento dei soldati del Reame Eterno per
dare manforte alle truppe dei vanir, ma gli episodi si rivelarono isolati e
senza ripercussioni: la sola discesa di Thor in campo bastava a far vacillare i
mercenari ribelli, e se usava Mjölnir la vittoria era assicurata. Era amabile,
amato e forte, e l’intero esercito avrebbe dato volentieri la vita per lui.
Loki si
dimostrò puntualmente un maestro nell’arte della diplomazia e della trattativa
ed Erin fondamentale per mantenere proficui rapporti con Midgard, e insieme
formavano la coppia più ammirata del regno; bardi e cantori composero miriadi
di ballate sul duello tra il Dio degli Inganni e l’infido Býleistr,
poemi furono scritti sulla battaglia dei Campi di Idavoll e sul sacrificio
estremo della Dama del Flauto, e Hödr e i suoi cavalieri giurarono assoluta
fedeltà a quello che oramai veniva chiamato il Casato di Galway. Odino e Frigga
si ritirarono a Fensalir, la splendida dimora sul mare appartenente da sempre
alla famiglia di lei, e il Padre degli Dei quivi cadde con sollievo nel suo
atteso Sonno.
Fiorirono
commerci, scambi, innovazioni, musiche e feste in ogni dove, e spesso Seamus e
nonno Enoch comparvero sul Bifröst a bordo del glorioso Volkswagen Transporter
per allietare le serate a palazzo. Talvolta davano un passaggio a Jane.
Trascorse
così un intero ciclo di stagioni, e in un bel mattino di due estati dopo
l’incoronazione dei Due Re l’irlandese si destò con bizzarre sensazioni
addosso: aveva dormito poco, complici un fastidio che da qualche giorno le
aveva messo in subbuglio l’addome e i dubbi circa la sua permanenza nella
Boston Philharmonic Orchestra, e avvertiva vampate di calore salirle al volto e
uno strano groppo pulsarle in gola. Sedette sul bordo del letto, intontita, e
cercò di fare mente locale, contando e ricontando sulle dita, riflettendo,
concentrandosi, scuotendo a tratti la testa e grattandosi distrattamente il
naso. Loki si era recato nella sala del trono mentre lei ancora riposava.
La
conclusione alla quale arrivò dopo una mezz’ora buona la lasciò completamente
sbigottita e al contempo le parve la più verosimile, e ributtandosi
all’indietro sul giaciglio rise fino a finire il fiato. Poi decise che il modo
migliore per avere risposte sicure e immediate senza sollevare prematuri
scalpori a corte era recarsi a Boston alla chetichella, perciò saltò in piedi,
ripescò da una cassapanca una canotta chiara, un paio di jeans scuri e i suoi
adorati stivali di cuoio, mise grandi occhiali da sole e s’infilò le cuffie del
fido iPod nelle orecchie, e le sembrò di tornare all’inizio di quella grande
avventura, ai giorni del Duetto sulle polverose strade d’America, dello
S.H.I.E.L.D. e dei suoi Vendicatori, delle prime battaglie, della notte di
Stoccarda e di un dio nordico in disgrazia piovuto dal cielo.
Quatta
quatta e canticchiando scivolò fuori dalla reggia, passò dalle scuderie, si
fece sellare un cavallo e galoppò sino all’Osservatorio adducendo come rapida
scusa un impegno terreno di cui si era dimenticata; Heimdall la fissò in
tralice nell’aprire il portale, come se avesse intuito qualcosa grazie alla sua
acuta vista, ma nulla commentò e disse: «Buona discesa, maestà.»
Boston
era calda, frenetica e baciata dal sole. Erin camminò per le strade che
conosceva con la consapevolezza che le notizie che avrebbe potuto ricevere
avevano il potere di cambiare tutto, più di quanto tutto non fosse già cambiato da tempo – e allora lei avrebbe
dovuto dire addio, probabilmente in via definitiva, al barlume di vita
midgardiana che le era rimasto assieme alle prove e ai concerti. Eppure non lo
trovava né troppo triste né spaventoso.
Entrò in
un edificio di vetro e metallo non lontano dal suo vecchio appartamento per
uscirne un’ora più tardi con andatura barcollante e un sorriso inebetito
dipinto sul viso, una sottile cartella tra le dita. Negli auricolari Charles
Aznavour cantava For me formidable e
l’irlandese invocò Heimdall nel bel mezzo della via, incurante dello scompiglio
che il Ponte Arcobaleno provocò nel riversarsi tra i bostoniani impreparati
facendola scomparire nel solito turbine di iridato splendore.
Il
Guardiano si stupì nel vederla ricomparire gorgheggiando a squarciagola in un
idioma a lui sconosciuto, e solerte domandò se fosse in salute.
«Mai
stata meglio, vecchio mio. Mai stata meglio!» rispose lei in tono vibrante nel
piroettare fino al destriero che quieto attendeva fuori dalla cupola. Ed era la
verità, sebbene non lo avesse affatto preventivato, sebbene in un certo senso
non si sentisse pronta: era la verità, e si sentiva felice in maniera
inaspettatamente travolgente.
In un
battibaleno fu di nuovo a palazzo. Sotto al porticato che conduceva ai loro
alloggi trovò il marito, che come si accorse del suo arrivo si affrettò ad
andarle incontro:
«Erin, ti
ho fatta cercare. Cos’è accaduto?» indagò, una minuscola ruga di preoccupazione
a increspargli la fronte.
«Ho fatto
un salto a Boston. Niente di che, ti spiegherò quando avremo finito con i
doveri regali.» minimizzò la flautista senza fermarsi; «Ti raggiungo tra poco.»
Loki però
non sembrò intenzionato a lasciar correre e le circondò le spalle con un
braccio, conducendola fino alla balaustra finemente lavorata della loggia:
«Non vi
sono questuanti né consiglieri che desiderano convenire con i sovrani, al
momento. Possiamo rimanercene qui per un po’. Cosa tieni in quella busta?»
insistette pacato.
Il giorno
era alto nel cielo, fresca l’ombra del portico e delle fronde dei rami che
l’accarezzavano, e i giardini erano pressoché deserti; Erin deglutì e prese
fiato, colta in contropiede, ma la sua eccitazione era tale che parlare le
parve un sollievo.
«Mi sono
svegliata avvertendo buffi sintomi e ho voluto saperne di più andando da un
medico fidato giù su Midgard. Nella cartellina ho i risultati.» riassunse
mantenendosi sul vago.
«Avresti
potuto chiamare i nostri cerusici.»
Lei
scosse il capo: «Volevo una risposta immediata e qui non ci sono i giusti
macchinari.»
«E quale
risposta hai avuto?»
«Di cosa
ha bisogno un re?»
L’asgardiano
ridacchiò: «Stai giocando con me, donna d’Irlanda?»
«Può
darsi, marito.» nicchiò Erin girandosi tra le sue braccia per guardarlo, la
schiena poggiata alla balconata, e ripeté: «Di cosa ha bisogno un re?»
«Di un
regno.» fece prontamente il dio.
«Corretto,
e tu hai il regno dei regni. Di cosa ha bisogno un re?»
«Di
sicuro non di un roboante fratello a fargli da controparte.» sogghignò lui
strappandole una risata, quindi tornò a farsi serio; «Di un trono e di uno
scettro.»
L’irlandese
assentì: «E non ti mancano. Di cosa ha bisogno un re?»
L’Ingannatore
si abbassò con un sorriso sornione: «Di una bellissima e valorosa regina.»
Sua
moglie rise di cuore per la seconda volta e gli passò il dossier. E mentre Loki
scorreva con lo sguardo fogli e documenti e giostrandosi tra termini e immagini
completamente nuovi prendeva lentamente coscienza di quanto la fanciulla di
Galway stava cercando di dirgli, questa lo fissò con gli occhi appena lucidi e
ancora chiese:
«Di cosa
ha bisogno un re?»
E il Dio
degli Inganni capì e rise con lei e tra sé benedisse il fatto di non averla mai
perduta – poiché la amava, perché le era grato, e perché con la Dama del
Flauto al suo fianco e l’eternità dalla loro non sarebbe esistita cosa che non
avrebbero ottenuto.
Note
Finisce così la grande avventura del Dio degli Inganni e
della Dama del Flauto, durata per me circa due anni e per loro forever and a year, come canta Joan As
Police Woman. Ho atteso più del dovuto a pubblicare questo epilogo perché la
commozione è tanta e salutare questi miei amati personaggi mi metteva un po’ di
tristezza: dubito infatti che tornerò a scrivere dei coniugi Inganni, non
adesso che sono felici e sul trono. Non adesso che hanno scoperto quel che
hanno scoperto – e che credo vi sia chiaro… ;)
Scrivere questa piccola saga mi ha dato grandi gioie e
soddisfazioni. Spero che abbia regalato a voi altrettante emozioni, e ringrazio
tantissimo chiunque si sia fermato a leggere, apprezzare e, soprattutto,
recensire. Ringrazio anche e più di chiunque altro la mia fidatissima compagnona
d’avventure Frau Blücher
nonché correttrice di bozze e test-reader d’eccellenza.
Colonna sonora: nell’ordine, Sons of Odin dal primo Thor
per l’ingresso trionfale di Loki, Erin e Thor; L’Uccello di Fuoco (secondo quadro) di Stravinskji dalla Saga della Primavera per l’incoronazione
vera e propria con la comparsa dei tre troni; e naturalmente For me formidable di Charles Aznavour
per concludere in bellezza, splendida canzone d’amore che assai si addice ai
nostri eroi – je me demande même
pourquoi je t’aime, toi qui te moques de moi et de tout: avec ton air canaille,
how can i love you? :)
Io non sparisco. Consiglio intanto a tutti la lettura di
La Leggenda
degli straordinari Vendicatori, avventurosa long ambientata nel 1876 che sto
scrivendo a quattro mani con la fidata compagnona di cui sopra. E presto
tornerò con un paio di progetti sui quali nulla anticipo se non che certi asgardiani ne saranno i
protagonisti.
E nel rammentarvi il mio tumblr (dove
troverete anche grafiche sulle storie di Erin e Loki) lancio i titoli di coda
accompagnati da L’Eclisse twist di
Mina.
Ancora una volta ossequi asgardiani e a rivederci su
questi schermi!
MAIN CAST
Loki
– Tom Hiddleston
Erin
Anwar – Emma Watson
Thor
– Chris Hemsworth
Sif
– Jaimie Alexander
Býleistr
– Matt Smith
Odino
– Anthony Hopkins
Frigga
– Rene Russo
Heimdall
– Idris Elba
Patrick
Anwar – Tim Daly
Seamus
Anwar – Eddie Redmayne
Enoch
McNulty – Clint Eastwood
Maeve
McNulty – Catherine Tate
Brunhilde
– Ellen Hollman
Hugrun
– Jim Carter
SOUNDTRACK
1. Shock to the
system – Billy Idol | 2. Violet
Hill – Coldplay | 3. Heaven
– Depeche Mode | 4. Femina ridens
– La Band del Brasiliano | 5. Power
out – Arcade Fire | 6. The
death of you and me – Noel Gallagher | 7. Keep your hands to yourself – Georgia Satellites | 8. The action man – Joan As Police
Woman | 9. I giorni dell’ira –
Riz Ortolani | 10. Planxty Davis
– How Now Brown Cow | 11. Morrison’s
jig – How Now Brown Cow | 12. The
lightning strike – Snow Patrol | 13. Adagio for TRON – Daft Punk | 14. This town ain’t big enough for the both of us – The Sparks |
15. Hey, bulldog! – The Beatles
| 16. The Battle – Harry
Gregson-Williams | 17. E lucevan le
stelle – Placido Domingo (Giacomo Puccini) | 18. The enigma of River Song – Murray Gold | 19. Who did that to you? – John Legend
| 20. Child’s anthem – David
Garrett | 21. La corsa – Luis
Bacalov | 22. La resa – Ennio
Morricone | 23. Frost Giant battle
– Patrick Doyle | 24. One last try
– Ane Brun | 25. Parsifal suite
– Richard Wagner | 26. Coming down
– Dum Dum Girls | 27. Sons of Odin
– Patrick Doyle | 28. L’Uccello di
Fuoco – Igor Stravinskji | 29. For
me formidable – Charles Aznavour | 30. L’Eclisse twist – Mina
© Blackmoody (Nora Bright) 2013–2014
ALL RIGHTS RESERVED