Dove siamo solo noi
Dove siamo solo noi
1970
La
notte era calata da un pezzo. Tutto intorno non c’era altro che buio reso
ancora più intenso dalla fitta pioggia che cadeva. Camminava a passo deciso
affondata nella sua mantella pesante e scura, che aveva sicuramente più anni di
quanti ne avesse lei.
Non
voleva essere scoperta ad andare in quel luogo e, ancora di più, che qualcuno
sapesse chi stava andando a incontrare. Era spaventata, forse troppo, e temeva
che un suo simile la vedesse e avvertisse il suo disagio.
Non
era un sentimento che quelli come lei erano soliti provare, soprattutto non
coloro che avevano la coscienza pulita e niente da nascondere. Lei qualcosa ce
l’aveva, eccome, un segreto che andava avanti da troppo tempo, anni, ma a cui
non era riuscita a porre fine.
Il
tragitto era ancora troppo lungo e non riusciva a gestire i suoi sentimenti: da
una parte non vedeva l’ora di arrivare e godersi la sua compagnia; ma
dall’altra, avrebbe voluto scappare prima che venissero scoperti e visti
insieme.
Aveva
paura che qualcuno passasse e la osservasse davvero, che scorgesse sotto la
mantella le ali grandi e bianche ripiegate su se stesse o percepisse la sua
propensione per il buono. Non tutti potevano vederla per chi era davvero, non
gli umani almeno, se l’avessero scoperta, tutto sarebbe saltato, ogni cosa e non
poteva permetterlo. Voleva vederlo, stare con lui e avrebbe fatto qualsiasi
cosa.
Si
stupiva che la loro relazione non fosse ancora stata scoperta, erano anni che
andava avanti e tutto era troppo calmo. I tempi stavano cambiando, però, e la
rivalità tra i loro due mondi diventava sempre più accesa, agguerrita e nessuno
era protetto o al sicuro. Fino ad allora se l’erano cavata, c’erano altri
pensieri, problemi da risolvere, ma in quel momento la situazione stava
peggiorando come il mondo umano: c’era troppa cattiveria e malvagità che cresceva,
eccessivo odio e sete di potere. Loro, che si erano sempre vantati che fossero
una razza superiore, esseri migliori degli umani, si stavano abbassando al loro
livello; anche i suoi capi, gli arcangeli, coloro che avrebbero dovuto professare
il bene ad ogni costo, stavano cadendo in basso.
Il
cambiamento non era netto, ma era percepibile abbastanza da farle capire che tutto
sarebbe cambiato: quei pochi momenti che riusciva a stare con lui sarebbero stati
ancora meno, se non pari a zero.
Sapeva
che se i suoi superiori avessero avuto anche solo il sospetto di ciò che
succedeva, non gliel’avrebbero lasciata passare liscia, probabilmente
l’avrebbero cacciata dal paradiso e le avrebbero tolto le ali. Per lei sarebbe
stato come morire.
Quello
era uno dei motivi per cui spesso pensava di chiuderla con Damien, ma non ci
riusciva. Aveva sempre saputo, fin dall’inizio, che sarebbe stato pericoloso e,
forse, anche un po’ stupido.
Non
era stato facile lasciarsi andare, aveva ignorato volutamente ciò che provava
per lui perché sapeva che era sbagliato e non voleva trasgredire le regole.
Era
da poco stata trasferita in una nuova città, era uno di quegli angeli che
lavorava sulla terra in incognito e cercava di riportare sulla buona strada
coloro che l’avevano persa. Il suo lavoro era duro e stancante e a volte si
affezionava a persone che, spesso, non riuscivano ad abbandonare le vecchie
abitudini. Aveva a che fare con gli essere umani più disparati: i tossici, le
prostitute, i giocatori d’azzardo, le donne che venivano picchiate e non
avevano il coraggio di lasciare il proprio compagno, i bambini maltratti e
sfruttati. Ne aveva viste tante, ma, nonostante gli anni, non era mai riuscita
a farci l’abitudine.
Riusciva
a mimetizzarsi in quel mondo grazie ad un’illusione, che sarebbe potuta svanire
in qualsiasi momento e avrebbe rivelato la sua vera identità. Viveva in mezzo
agli umani, si comportava, vestiva e parlava come loro, ma non riusciva ad
avere la stessa vita sentimentale. Per quanto in lei nascessero emozioni forti,
non si era mai sentita capita del tutto. Era uscita con qualcuno, umani
ovviamente, ma non era andata come sperava. Si sentiva frenata e meschina a
nascondere una parte così importante della sua vita. Era anche andata ad un
appuntamento con un angelo come lei, ma non aveva funzionato. Troppo simili e
si capivano eccessivamente, non era forse un controsenso? Gli umani non la
comprendevano abbastanza, gli angeli erano uguali a lei, qual era il problema?
Si
era ormai arresa al fatto che non avrebbe avuto nessuno accanto nella vita e il
suo solo scopo sarebbe stato di rendere l’esistenza degli altri migliore,
quando vide Damien attraversare la strada e girarsi di colpo fissandola.
Vedeva
e percepiva chiaramente chi fosse: un demone, di quelli potenti, ma una strana
sensazione dentro di lei le fece pensare che non era come tutti gli altri.
Doveva avere qualcosa di diverso, ma cosa? Si sentì subito una stupida. I
demoni erano tutti uguali, fatti della stessa pasta e volevano solo sesso dalle
donne che incontravano. Cosa avrebbe potuto darle uno come lui?
Rimase
a fissarlo per un tempo che le parve infinito, ma si riscosse dai suoi pensieri
quando lo vide avvicinarsi.
Non
doveva parlargli, non poteva, era contro le regole avere a che fare con quelli
come lui.
Lo
ignorò per giorni, settimane, non rivolgendogli neanche un saluto, ma lui
continuava imperterrito a farlo. Quando lo scorgeva per caso in mezzo alla folla,
pensava a cosa ci trovasse in lei da essere così insistente, o forse era solo
perché non cedeva?
Lo
incontrava nei luoghi più disparati, a sua detta, per caso, ma non ci credeva
per niente o non voleva farlo. All’inizio raccontava solo barzellette o faceva
le battute più stupide sperando di farla ridere, ma, con il tempo, arrivò a
parlarle di vari argomenti. Cominciò a rispondergli solo per cortesia e lo
ascoltava, convinta che la trappola sarebbe scattata di lì a poco. Si
crogiolava nella convinzione che di lui non le importasse niente, ma la realtà
era che, ogni volta che sentiva una parola pronunciata dalla sua bocca, s’innamorava.
Le
barriere da lei create caddero a poco, senza che lei se ne accorgesse, fino a
quando non si ritrovò davanti all’inevitabile fatto: era innamorata di
quell’uomo così diverso da lei, che costringeva la gente a spingersi nel lato oscuro
offrendo loro fama, denaro e felicità, ma, allo stesso tempo, sembrava avere un
lato nascosto, che nessuno le aveva mai menzionato.
Lo
allontanò, volutamente, facendosi del male e provocandone a lui. Non aveva
neanche la minima idea di quanto entrambi ci fossero dentro e lui fosse
sincero, ma continuò a mandarlo via convinta che sarebbe passata a entrambi.
Non successe e lui non se ne andò mai del tutto.
In
un giorno di pioggia, stremata dal lavoro e dal dolore, depose le armi e si
abbandonò a lui, all’amore. consapevole che la loro storia non avrebbe mai avuto
niente di normale o semplice e che tutto sarebbe stato un azzardo.
Da
quel giorno erano passati trent’anni e stavano ancora insieme, innamorati come
non mai, ma in mezzo ad una guerra che diventava sempre più dura in cui i
demoni avanzavano. Le regole di lealtà cambiavano, irrigidendosi, e loro
stavano violando quella più importante di tutte: mai andare a letto con il
nemico.
La
pioggia sembrò accelerare la sua caduta come se volesse nasconderla da occhi
indiscreti fino al suo arrivo. Nessuno avrebbe potuto scorgerla in quella
coltre d’acqua, che non permetteva di vedere neanche a un palmo dal naso.
Protetta
e coperta dalla pioggia, la tensione le scivolò addosso e si sentì più leggera.
Affrettò il passo fino a quando si trovò davanti all’enorme cancello in ferro
battuto.
Lo
aprì il più lentamente possibile per evitare che cigolasse, non voleva rischiare
in nessun modo di essere sentita o scoperta. Appena varcata la soglia, si sentì
al sicuro. Il cimitero era il solo luogo in cui potevano vedersi senza
restrizioni o finzioni, lì potevano evitare di fingere, si mostravano per ciò
che erano, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno, entrambi erano a
conoscenza della loro vera natura.
I
suoi passi sui ciottoli, attutiti dal rumore della pioggia, si avvertivano a
malapena.
Le
bastarono pochi passi per scorgere la sua meta. Le parve strano che, in mezzo a
quel buio che appariva immenso e alla pioggia, la lapide sembrasse avere una
luce propria: brillava come se scoppiasse di vita e volesse indicarle la retta
via.
Era
stato Damien a scegliere quella lapide come luogo dei loro incontri, quando la
storia era appena iniziata e avevano bisogno di un posto in cui potessero stare
tranquilli senza essere scoperti. L’aveva trovata un giorno mentre passeggiava,
come al solito, perso nei suoi pensieri in quel cimitero.
Ci
volle un po’ prima che fu sicuro di poterlo usare come rifugio. Fece varie
ricerche, vi entrò nel cuore della notte per perlustrarla, rimase a
pattugliarla di giorno e di notte: era deserta e non c’era nessuno che sembrava
utilizzarla, potevano servirsene come meglio credevano.
Sapevano
entrambi quanto il cimitero fosse sacro, non solo per gli esseri umani, ma
anche per loro: quello era l’unico luogo in cui erano liberi di esprimere se
stessi senza essere giudicati da nessuno, soprattutto non per la loro natura;
era come se diventassero puri senza peccati alle spalle, come i corpi morti
sotto di loro. Non era di certo il luogo più romantico che potessero trovare,
ma non avevano molta scelta.
Bussò
quattro volte in modo ritmico sulla lapide e quella si spostò, rivelando degli
scalini che scendevano sotto terra. Si concentrò con il pensiero in cerca di
qualche presenza attorno a lei, ma non percepì nessuno ed entrò.
Non
appena arrivò a metà scalinata, il blocco di marmo sopra di lei si chiuse
togliendo l’unica fonte di luce lì attorno.
Scese
le scale non solo fisicamente, ma anche con il pensiero, le aveva percorse
tante volte che le conosceva a memoria. Finiti i gradini si allungava un
corridoio completamente buio, che rivelava solo alla fine il bagliore di una
luce.
Si
trattenne dal correre per paura di spaventarlo, era sempre sul chi va là ogni
volta che si vedevano.
Il
cuore cominciò a martellarle nel petto e il respiro si fece accelerato. Non era
per natura umana, ma quelle sensazioni lo erano, fin troppo.
Non
appena arrivò sulla soglia della porta, si bloccò e il suo sguardo raggiunse
subito la figura che si stagliava al centro.
Se
non lo avesse conosciuto, avrebbe avuto paura di lui.
Damien
si ergeva in tutto il suo metro e novanta, il corpo possente fasciato in
vestiti neri e un cappotto che nascondeva la lunga coda rossa, in testa le affilate
corna lo rendevano ancora più alto di quanto non fosse e le ali acuminate erano
completamente aperte. Il suo sguardo, se solo non si fosse addolcito non appena
la riconobbe, l’avrebbe incenerita all’istante e sul posto, non sarebbe
riuscita a muovere neanche un muscolo.
Era
preoccupato e lo notò dal sospiro di sollievo che trasse non appena la guardò
da capo a piedi.
Il
suo sguardo cominciò ad ardere di altro, una passione bruciante che aveva
voglia di esplodere. Era chiaro come la luce del sole che quell’uomo provasse
qualcosa per la donna che gli stava davanti. In quel momento erano solo un uomo
e una donna innamorati l’uno dell’altra, non c’erano angeli, demoni o guerre di
sopravvivenza. Non esisteva niente, solo loro e l’amore che provavano.
Persero
qualche minuto a fissare l’altro, esaminandolo in ogni più piccolo particolare
per vedere se qualcosa era cambiato dall’ultima volta e delle differenze c’erano,
soprattutto in lei.
Lui
rimase sconcertato, ma allo stesso tempo piacevolmente colpito, dal suo
cambiamento: i lunghi capelli biondi che ricordava erano stati sostituiti da un
colore più scuro, tendente al cioccolato; l’abbigliamento semplice aveva
lasciato il posto ad uno più femminile e seducente; ma gli occhi azzurri
penetranti le erano rimasti, lo trafiggevano fino a fargli male al cuore.
Aveva
voglia di toccarla, baciarla, accarezzarla, farla sua in modo prima rude e poi
un po’ più dolce. Stava impazzendo, il suo profumo gli invadeva le narici e lo
mandava ancora più in estasi.
Sorrise
e guardò in basso. Intuiva quello che gli stava passando per la testa e un po’
se ne vergognava, come sempre, ma poi alzò lo sguardo e lo fissò con la stessa
intensità e desiderio con cui la guardava lui.
«Aurora»
sospirò estasiato.
«Che
c’è?» gli sorrise sfrontata e sicura di sé.
Aveva
piena consapevolezza di ciò che provocava in lui, ancora di più in quel
momento. Quando le avevano chiesto di cambiare qualcosa del suo aspetto si era
spaventata, ma poi aveva accettato, immaginando la faccia che avrebbe fatto lui
non appena l’avesse vista: era una via di mezzo tra il suo mondo e quello di
lui, in un miscuglio micidiale e da capo giro. Ciò che si era immaginata non
era niente in confronto all’espressione che stava facendo davvero: era sesso
allo stato puro e le piaceva.
«Cos’è…»
Le
parole gli morirono in gola quando si tolse la mantella e mostrò meglio ciò che
indossava. Le accarezzò con lo sguardo le curve accennate sotto la gonna e la
giacca.
Ringhiò.
Un ringhio basso, gutturale e spaventoso, ma che le fece tremare le gambe per
l’eccitazione. Un suono animale che non lasciava alcun dubbio su chi fosse la
sua preda: lei.
Accennò
un passo per allontanarsi da lui, ma le fu subito addosso. Le sue labbra premettero
con urgenza su quelle di lei, che si lasciò trasportare.
Non
ci fu spazio alla tenerezza o al romanticismo, si mossero dettati dalla
passione che ardeva nei loro corpi. Era almeno un anno che stavano aspettando
di rivedersi e non potevano attendere oltre.
Fecero
l’amore con urgenza e trasporto, i sospiri e i gemiti riempirono quel
sotterraneo dandogli una vita che tutto intorno non c’era. Si lasciarono andare
all’istinto senza pensare a niente, solo a godersi il corpo e il calore
dell’altro.
Fu
più sconvolgente di quanto non fosse mai stato. Aurora, sdraiata sul letto che
aveva portato Damien, si lasciò invadere da tutte quelle nuove sensazioni
appena provate. Scossa, con il fiato corto e la voglia di vivere per sempre in
quella beatitudine, si strinse a lui e lasciò un bacio sul suo petto nudo.
«Mi
sei…»
«Sst,
non rovinare tutto parlando.»
«Ma
io…»
«Sst!»
Si
accoccolò ancora di più, ma in pochi istanti si ritrovò con la schiena
appoggiata al materasso e lui sopra di lei.
«Non
zittirmi mai più, soprattutto quando sto per dire qualcosa di carino, chiaro?»
Le
lunghe ali si erano spiegate e occupavano quasi tutto il suo campo visivo,
incutendo terrore.
Gli
fissò il viso serio e pronunciato. La guardava fisso negli occhi, inchiodandola
e bloccandole l’uso della parola, seppe solo annuire.
«Perfetto,
quindi, stavo dicendo…» si fermò, aspettando che lei lo bloccasse, ma non lo
fece. «Mi sei mancata, non puoi nemmeno immaginare quanto.»
Le
scappò un sorriso quando strusciò la punta del naso sulla sua.
«Anche
tu. Non voglio neanche pensare a quanto tempo è passato dall’ultima volta.»
«Non
farlo.»
Dal
naso passò alla guancia, poi dal mento al collo e ritorno.
«Quanto
tempo abbiamo?» gli chiese sospirando quando le morse un labbro.
«Tutto
il tempo che vogliamo.»
«Non
prendermi in giro.»
Gli
accarezzò con una mano le corna e con l’altra le ali sulla schiena. Non erano
poi così diversi come avevano fatto credere loro. Erano stati entrambi
cresciuti con la consapevolezza e la certezza che tra di loro non ci potesse
essere niente che li accomunasse, ma, conoscendosi, avevano scoperto che tutti
si sbagliavano di grosso. Insieme erano riusciti a provare un sentimento
talmente grande da andare oltre la guerra per la sopravvivenza, mettendo a
repentaglio la loro vita. Come avrebbero potuto due esseri diversi provare un
amore così puro? Secondo gli arcangeli, i demoni non erano capaci di provare
amore, solo odio, rabbia, cattiveria, ma Damien era la dimostrazione vivente
che non fosse vero. Era l’essere più dolce, rassicurante e buono che ci fosse
sulla faccia della terra. Non gli piaceva essere demone o il lavoro che faceva
per conto dei piani alti, ma era costretto, altrimenti avrebbe perso ogni cosa.
Fingeva continuamente che quella fosse la sua vera natura, ogni giorno da anni,
ma con lei poteva essere se stesso senza nascondersi o reprimersi.
Qualche anno prima in uno dei loro incontri, le aveva confessato che odiava
farle vedere il suo vero aspetto, avrebbe voluto poter cancellare ogni traccia
della sua natura da demone. Quello che non riusciva a capire era che lo amava
per quello che era, ali, corna e code comprese, per quel motivo ogni volta che
lo vedeva, le accarezzava dolcemente.
«Oggi
non ho impegni, sono tutto tuo.»
«Non
siamo mai liberi, non ricordi?»
«Smettila
di ribattere e rilassati. Goditi il momento.»
Le
divaricò le gambe e le baciò il seno. Sospirò e si lasciò andare, non potendo
far altro.
Passarono
le due ore successive a coccolarsi e fare l’amore. Si amarono toccando ogni
loro particolare che li rendeva, agli occhi degli altri, nemici, ma che non
faceva altro che aumentare il loro amore.
«Che
ne sarà di noi?» gli chiese in un sussurro, spaventata di sentire la risposta
che più temeva.
«Cosa
vuoi dire?»
«Lo
sai benissimo di cosa parlo.»
«Perché
pensarci e rovinare tutto?»
«Perché
voglio sentirlo dire, Damien. Voglio che sia chiaro a entrambi quanto la
situazione sarà difficile con il passare del tempo, più di quanto lo sia stata nel
corso di questi anni. Esigo di sentirmi dire che non cambierà niente,
nonostante tutto e che se dovesse succedere qualcosa, troveremo ogni modo per
farlo sapere all’altro. Desidero che tu dica che mi ami e non cambierà niente,
anche se la situazione tra i nostri due mondi peggiorerà. Ho bisogno di sapere
che sono l’unica e lo sono sempre stata, anche se non fosse vero o non lo
pensi. Voglio che…»
«Non
sarà facile, per niente. Diventerà sempre peggio e probabilmente riusciremo a
vederci ogni volta meno, ma troverò un modo anche solo per parlarti, giuro che
lo farò. Quando ci vedremo, dovremo essere ancora più prudenti di quanto siamo
adesso e cambiare posto ogni volta. Se dovesse succedermi qualcosa, sarai la
prima a saperlo. Ti amo, più di quanto ami me stesso, sei sempre stata la sola
e unica e non cambierà niente, farò ogni cosa in mio potere perché non succeda.
Ti amo, sarai per sempre la mia donna e il mio bellissimo angelo.»
Gli
si buttò al collo e lo baciò, sperando che le lacrime che volevano uscire
decidessero di non farlo. Speranza vana. Pianse mentre baciava il suo uomo con
tutto l’amore che poteva provare.
Lui
mugugnò dispiaciuto e si staccò da lei.
«Devo
andare.»
Lo
guardò vestirsi ed esaminò il suo corpo in ogni più piccolo dettaglio. Sentiva,
e sapeva, che sarebbe passato almeno un anno prima che potesse rivederlo.
«Non
guardarmi così» le sussurrò prima di baciarla.
«Non
ti guardo in nessun modo.»
«Mi
sento un soldato che va in guerra a morire.»
Fece
una smorfia. Lui stava scherzando, ma la realtà dei fatti era quella. Non
rischiava di morire, quello no, ma erano pur sempre in mezzo ad una guerra.
«Rimani.»
Lo
prese per la maglietta e provò a riportarlo sul letto.
«E
rovinare tutto dopo così tanti anni? No. Devo andare.»
La
baciò e lasciò che lo approfondisse in un modo che lo avrebbe riportato sopra
di lei in mezzo alle sue gambe, se solo non avesse dovuto andare.
«Arrivederci,
per adesso.»
Ciao a tutti!
L’idea di questa storia mi è venuta
grazie al contest a cui ho deciso di partecipare Angeli e demoni vanno sempre a
braccetto di Mariam_Kasinaga sul Forum. All’inizio doveva essere qualcosa di
molto semplice, una piccola OS di cinque pagine e nulla più, ma poi il cervello
ha macchinato fino a farla diventare qualcosa di più. La trama finale è stata
ridimensionata per poter scrivere questa storia, ma sarebbe molto più ampia e
una vera long. Non so se la scriverò mai, però volevo precisarlo u.u
Spero vi sia piaciuta e vi abbia
lasciato qualcosa. Le recensioni sono sempre gradite sia positive che,
eventualmente, negative!
Un bacione, alla prossima! ^^
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