La lavagna nell'open space era di nuovo piena di appunti, schede e
fotografie.
Gli agenti, Ray compreso, erano seduti tutti attorno al tavolo mentre
Patrick sorseggiava il suo tè guardando i volti delle
persone ritratte nelle fotografie.
Dopo una giornata di indagini erano ad un punto morto: la scientifica
non aveva trovato niente di utile nè sulla scena del crimine
nè sul corpo di Doyle, l'arma del delitto non era ancora
saltata fuori e non avevano nemmeno uno straccio di pista; pur dopo
tutte le indagini sulla vita (privata e non) della vittima non avevano
in mano niente di interessante, fatta eccezione per Lisa Stan e Gregory
Mendelev.
- Nè la Stan nè Mendelev hanno un alibi per
stamattina. - Disse Teresa. - Ma non abbiamo nessun elemento che li
colleghi direttamente a Doyle o che provi che siano stati a Monterey. -
- E tutti gli altri che avevano un qualche collegamento con Doyle erano
troppo lontani o con alibi confermati. - Continuò Rigsby.
- Dev'esserci sfuggito qualcosa. - Disse Ray.
Teresa si voltò a guardare la lavagna ma i suoi occhi
sfuggirono involontariamente verso l'orologio appeso al muro: erano
quasi le nove. Forse il buio completo in cui si trovavano a brancolare
derivava dalla loro stanchezza, oltre che dall'effettiva confusione del
caso. Come sempre, quando si ritrovava a non sapere che pesci prendere
si rivolse al suo consulente.
- Jane. - Lo chiamò - Idee? -
- Secondo me non è nessuno di loro. - Rispose Patrick.
- Che vuol dire nessuno di loro? - domandò Wayne, vagamente
irritato all'idea di aver perso l'intero pomeriggio a interrogare
inutilmente degli innocenti.
- Chi ha ucciso Warren era qualcuno che lo voleva morto. Qualcuno che
l'ha convocato in un posto preciso con la precisa intenzione di
ucciderlo. Perchè farlo fuori in un posto così in
vista, altrimenti? E perchè ucciderlo in una
città così lontana dalla sua abitazione e dal suo
posto di lavoro? -
- Belle domande. Magari però hai anche qualche bella
risposta. Sai, ci sarebbero un tantino più utili. -
Replicò Ray.
- Purtroppo no. Non ancora. Ma sono certo che nessuno di loro
è l'assassino. -
- Ah, sei certo. Ma davvero. - Replicò Ray.
- Non proprio certo... diciamo al 75%. - Replicò Patrick.
- Ma la sua opinione è davvero utile, nei casi? -
Domandò Ray, voltandosi verso la squadra di agenti ancora
seduta al tavolo.
- Va bene, per oggi basta così. - Intervenne Teresa,
troncando la discussione sul nascere. - Continueremo domani. VanPelt,
chiama la squadra tecnica e dì loro di tenere sotto
controllo i movimenti della Stan e di Mendelev. Rigsby, tu e Cho domani
andate a fare un giro nel quartiere di Doyle, magari scoprite qualcosa.
-
- Ottimo lavoro, Teresa. - Commentò Ray con un sorriso.
Teresa ricambiò con un sorriso imbarazzato e poi si
alzò dal tavolo, affrettandosi verso il suo ufficio.
- Lisbon. -
- Dimmi, Jane. - Disse Teresa infilando la giacca e prendendo la borsa.
- C'è qualcosa che non mi convince, in questo caso. -
- Spiegati meglio. -
- Haffner. -
- Haffner è un bravo detective, ha lavorato per il CBI e
conosceva Doyle, per questo è qui. - Disse Teresa. Poi si
lasciò andare ad un sorrisetto. - Non sarai mica geloso. -
Patrick non rispose, limitandosi a guardarla con intensità.
I suoi occhi azzurri erano così attenti che il sorrisetto
malizioso sulle labbra di Teresa si spense e l'agente si
sentì improvvisamente in imbarazzo.
- Va' a riposarti, Jane. Ci vediamo domani. -
Teresa parcheggiò come al solito appena fuori dall'isolato e
si avviò verso casa, felice di aver concluso quella giornata
e avvertendo la stanchezza molto più dei morsi della fame.
Mentre recuperava le chiavi dalla borsa, si rese conto con rammarico
che la luce non filtrava dalle tende del salotto.
"Juliet avrà già messo Dorothy a letto."
Pensò con disappunto. Le dispiaceva non essere riempita di
parole dalla sua bambina, quando tornava a casa.
Fece per infilare la chiave nella toppa ma la sua mano
scivolò sulla serratura e la porta girò sui
cardini per qualche centimetro. Era aperta.
Con il respiro corto, Teresa posò una mano sull'uscio e lo
spinse delicatamente. La luce dei lampioni della strada disegnava una
lama pallida sulla moquette dell'ingresso e sui mobili al di
là della porta, facendoli risaltare nel buio. Non c'era
nessuna luce, nell'appartamento: nè la piccola luce da notte
che teneva accesa in salotto per Dorothy nè quelle della
cucina o del corridoio. Il buio era rotto solo dalla fioca di luce dei
lampioni che disegnava sul pavimento un riquadro argentato su cui si
stagliava il profilo della sua ombra.
Istintivamente la mano di Teresa scivolò sulla fondina della
pistola. C'era troppo buio e troppo silenzio: qualcosa non andava.
Con la sensazione rassicurante dell'arma tra le dita della mano destra,
allungò la sinistra verso il muro e cercò a
tentoni l'interruttore. Quando scattò e la luce invase la
stanza, Teresa notò immediatamente la mancanza di Dorothy:
il divano letto era chiuso e ordinato così come l'aveva
lasciato quella mattina.
- Dorothy! - Chiamò, sperando di sentire i suoi passi
provenire dal corridoio. - Juliet! -
Nessuna risposta.
Con la pistola stretta in pugno e il cuore che batteva talmente forte
da impedirle di pensare lucidamente, Teresa percorse il corridoio
gettando uno sguardo in bagno e in cucina: il buio e il silenzio le
facevano capire che era tutto come l'aveva lasciato.
Arrivata in camera accese la luce, sperando di trovare Dorothy e Juliet
addormentate sul letto con un libro ancora in mano. Quando non le vide,
il suo cuore mancò un battito.
Alla luce fioca della lampada posata sul cassettone, però,
notò un foglio posato sul proprio cuscino. Si
avvicinò e sorrise, riconoscendo uno dei bellissimi disegni
di Dorothy: la bambina si era ritratta con il consueto abbinamento di
codini, abito azzurro e ballerine di vernice rossa davanti a un
castello rosa e blu che era inconfodibilmente quello di Disneyworld.
Teresa sorrise, scuotendo la testa, e voltò il foglio per
vedere se le avessero lasciato un messaggio: magari erano solo andate a
mangiare un hamburger… oppure si erano fermate a casa di
Juliet per cena e lei si stava preoccupando inutilmente.
Quello che vide, però, la raggelò al punto tale
da farla rimanere immobile, così spaventata da non riuscire
nemmeno a gridare.
Ok.
Devo dire che ho scelto un momento un po' infelice per il mio "hiatus"
estivo.
Ma abbiate fede, la storia continuerà prima del previsto!
Conto di farci stare un aggiornamento verso il 10 di agosto, se tutto
va bene.
Ma se questo non dovesse avvenire, niente paura: la storia
continuerà a settembre,
detesto i racconti incompiuti!
(Nel mentre ho deciso che mi metterò in pari e
guarderò finalmente la sesta stagione)
Buona estate a tutti!!!
Flora
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