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Autore: LyraB    30/07/2014    2 recensioni
Il caso Doyle è più intricato del previsto: pochissimi sospetti, alibi di ferro e mancanza di prove. Non basterà nemmeno l'aiuto di una vecchia conoscenza del CBI per risolverlo, anche perchè nel frattempo John il Rosso ha deciso di tornare in campo, pronto a tutto pur di distruggere definitivamente il suo eterno rivale. Tra disegni su Disneyworld, tazze di tè ormai fredde e cartelloni di prima elementare, sarà l'ultimo incontro tra Jane e la sua nemesi. Un incontro che potrebbe rivelarsi più scioccante del previsto.
-- Seguito di "Scarpette Rosse"
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Red John, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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La lavagna nell'open space era di nuovo piena di appunti, schede e fotografie.
Gli agenti, Ray compreso, erano seduti tutti attorno al tavolo mentre Patrick sorseggiava il suo tè guardando i volti delle persone ritratte nelle fotografie.
Dopo una giornata di indagini erano ad un punto morto: la scientifica non aveva trovato niente di utile nè sulla scena del crimine nè sul corpo di Doyle, l'arma del delitto non era ancora saltata fuori e non avevano nemmeno uno straccio di pista; pur dopo tutte le indagini sulla vita (privata e non) della vittima non avevano in mano niente di interessante, fatta eccezione per Lisa Stan e Gregory Mendelev.
- Nè la Stan nè Mendelev hanno un alibi per stamattina. - Disse Teresa. - Ma non abbiamo nessun elemento che li colleghi direttamente a Doyle o che provi che siano stati a Monterey. -
- E tutti gli altri che avevano un qualche collegamento con Doyle erano troppo lontani o con alibi confermati. - Continuò Rigsby.
- Dev'esserci sfuggito qualcosa. - Disse Ray.
Teresa si voltò a guardare la lavagna ma i suoi occhi sfuggirono involontariamente verso l'orologio appeso al muro: erano quasi le nove. Forse il buio completo in cui si trovavano a brancolare derivava dalla loro stanchezza, oltre che dall'effettiva confusione del caso. Come sempre, quando si ritrovava a non sapere che pesci prendere si rivolse al suo consulente.
- Jane. - Lo chiamò - Idee? -
- Secondo me non è nessuno di loro. - Rispose Patrick.
- Che vuol dire nessuno di loro? - domandò Wayne, vagamente irritato all'idea di aver perso l'intero pomeriggio a interrogare inutilmente degli innocenti.
- Chi ha ucciso Warren era qualcuno che lo voleva morto. Qualcuno che l'ha convocato in un posto preciso con la precisa intenzione di ucciderlo. Perchè farlo fuori in un posto così in vista, altrimenti? E perchè ucciderlo in una città così lontana dalla sua abitazione e dal suo posto di lavoro? -
- Belle domande. Magari però hai anche qualche bella risposta. Sai, ci sarebbero un tantino più utili. - Replicò Ray.
- Purtroppo no. Non ancora. Ma sono certo che nessuno di loro è l'assassino. -
- Ah, sei certo. Ma davvero. - Replicò Ray.
- Non proprio certo... diciamo al 75%. - Replicò Patrick.
- Ma la sua opinione è davvero utile, nei casi? - Domandò Ray, voltandosi verso la squadra di agenti ancora seduta al tavolo.
- Va bene, per oggi basta così. - Intervenne Teresa, troncando la discussione sul nascere. - Continueremo domani. VanPelt, chiama la squadra tecnica e dì loro di tenere sotto controllo i movimenti della Stan e di Mendelev. Rigsby, tu e Cho domani andate a fare un giro nel quartiere di Doyle, magari scoprite qualcosa. -
- Ottimo lavoro, Teresa. - Commentò Ray con un sorriso.
Teresa ricambiò con un sorriso imbarazzato e poi si alzò dal tavolo, affrettandosi verso il suo ufficio.
- Lisbon. -
- Dimmi, Jane. - Disse Teresa infilando la giacca e prendendo la borsa.
- C'è qualcosa che non mi convince, in questo caso. -
- Spiegati meglio. -
- Haffner. -
- Haffner è un bravo detective, ha lavorato per il CBI e conosceva Doyle, per questo è qui. - Disse Teresa. Poi si lasciò andare ad un sorrisetto. - Non sarai mica geloso. -
Patrick non rispose, limitandosi a guardarla con intensità.
I suoi occhi azzurri erano così attenti che il sorrisetto malizioso sulle labbra di Teresa si spense e l'agente si sentì improvvisamente in imbarazzo.
- Va' a riposarti, Jane. Ci vediamo domani. -

Teresa parcheggiò come al solito appena fuori dall'isolato e si avviò verso casa, felice di aver concluso quella giornata e avvertendo la stanchezza molto più dei morsi della fame. Mentre recuperava le chiavi dalla borsa, si rese conto con rammarico che la luce non filtrava dalle tende del salotto.
"Juliet avrà già messo Dorothy a letto." Pensò con disappunto. Le dispiaceva non essere riempita di parole dalla sua bambina, quando tornava a casa.
Fece per infilare la chiave nella toppa ma la sua mano scivolò sulla serratura e la porta girò sui cardini per qualche centimetro. Era aperta.
Con il respiro corto, Teresa posò una mano sull'uscio e lo spinse delicatamente. La luce dei lampioni della strada disegnava una lama pallida sulla moquette dell'ingresso e sui mobili al di là della porta, facendoli risaltare nel buio. Non c'era nessuna luce, nell'appartamento: nè la piccola luce da notte che teneva accesa in salotto per Dorothy nè quelle della cucina o del corridoio. Il buio era rotto solo dalla fioca di luce dei lampioni che disegnava sul pavimento un riquadro argentato su cui si stagliava il profilo della sua ombra.
Istintivamente la mano di Teresa scivolò sulla fondina della pistola. C'era troppo buio e troppo silenzio: qualcosa non andava.
Con la sensazione rassicurante dell'arma tra le dita della mano destra, allungò la sinistra verso il muro e cercò a tentoni l'interruttore. Quando scattò e la luce invase la stanza, Teresa notò immediatamente la mancanza di Dorothy: il divano letto era chiuso e ordinato così come l'aveva lasciato quella mattina.
- Dorothy! - Chiamò, sperando di sentire i suoi passi provenire dal corridoio. - Juliet! -
Nessuna risposta.
Con la pistola stretta in pugno e il cuore che batteva talmente forte da impedirle di pensare lucidamente, Teresa percorse il corridoio gettando uno sguardo in bagno e in cucina: il buio e il silenzio le facevano capire che era tutto come l'aveva lasciato.
Arrivata in camera accese la luce, sperando di trovare Dorothy e Juliet addormentate sul letto con un libro ancora in mano. Quando non le vide, il suo cuore mancò un battito.
Alla luce fioca della lampada posata sul cassettone, però, notò un foglio posato sul proprio cuscino. Si avvicinò e sorrise, riconoscendo uno dei bellissimi disegni di Dorothy: la bambina si era ritratta con il consueto abbinamento di codini, abito azzurro e ballerine di vernice rossa davanti a un castello rosa e blu che era inconfodibilmente quello di Disneyworld. Teresa sorrise, scuotendo la testa, e voltò il foglio per vedere se le avessero lasciato un messaggio: magari erano solo andate a mangiare un hamburger… oppure si erano fermate a casa di Juliet per cena e lei si stava preoccupando inutilmente.
Quello che vide, però, la raggelò al punto tale da farla rimanere immobile, così spaventata da non riuscire nemmeno a gridare.














Ok. Devo dire che ho scelto un momento un po' infelice per il mio "hiatus" estivo.
Ma abbiate fede, la storia continuerà prima del previsto!
Conto di farci stare un aggiornamento verso il 10 di agosto, se tutto va bene.
Ma se questo non dovesse avvenire, niente paura: la storia continuerà a settembre,
detesto i racconti incompiuti
!
(Nel mentre ho deciso che mi metterò in pari e guarderò finalmente la sesta stagione)

Buona estate a tutti!!!

Flora
   
 
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