All'alba
del giorno seguente, Legolas e Helkamirië con i gemelli e i
Galadhrim, partirono alla volta della dimora di Sire Faramir;
poiché
procedevano con calma, raggiunsero la meta quando ormai il Sole era
tramontato da qualche ora. Ad accoglierli, però, trovarono
Dernhelm, il figlio maggiore di Faramir ed Eowyn, un ragazzo di
diciassette anni, alto e possente come suo padre ma dai lineamenti
fieri e al contempo delicati della madre: la stessa forza, la stessa
determinazione illuminavano gli occhi di Eowyn e Dernhelm, che dalla
stirpe materna aveva ereditato anche l'oro dei capelli.
“Benvenuti,
miei signori”, disse Dernhelm. “Sono lieto di
vedervi”.
“Lo
stesso vale per noi”, disse Legolas. “Possiamo
vedere Sire
Faramir?”.
“Sono
desolato”, rispose il ragazzo. “Mio padre non si
trova qui;
entrambi i miei genitori sono partiti stamane per Minas
Tirith”.
“Capisco”,
disse Legolas. “Anche noi siamo diretti alla Bianca
Città,
ma volevamo porgere prima i nostri saluti a Faramir ed Eowyn. Dal
momento che non sono qui, ripartiremo immediatamente”.
“Non
vorreste trascorrere qui la notte?”, chiese Dernhelm.
“Ormai il
Sole è calato da diverse ore, Dama Helkamirië e i
vostri
figli avranno bisogno di riposare”.
“Ti
siamo grati per l'offerta, Dernhelm”, intervenne
Helkamirië.
“Siamo felici di accettarla”.
“Bene.
Prego, seguitemi: la cena sta per essere servita”, disse
Dernhelm.
“Nel frattempo, darò ordini perchè
siano preparati
gli alloggi per voi e i vostri accompagnatori”.
Il
giovane Dernhelm condusse personalmente i suoi ospiti nella grande
sala da pranzo. L'ambiente era rettangolare, con l'ingresso su uno
dei lati corti; di giorno era illuminato dalla luce proveniente da
otto enormi finestre che si aprivano su una delle pareti più
lunghe, mentre quando calava la sera una miriade di candelabri,
sporgenti dai muri, diffondeva una luce soffusa. Grandi arazzi
raffiguranti i simboli di Gondor e di Rohan facevano bella mostra di
sé tra una finestra e l'altra, sulla parete opposta e
persino
sopra il grande camino che fronteggiava la porta d'ingresso. Al
centro della stanza, campeggiava l'enorme tavola, alla quale sedevano
già, in attesa del Principe, i funzionari della corte
d'Ithilien e i due figli minori di Faramir ed Eowyn, Finduilas e
Boromir. Entrambi, come Dernhelm, conoscevano bene Legolas e
Helkamirië, e andarono loro incontro vedendoli accanto al
fratello.
“Buonasera
Sire Legolas. Dama Helkamirië”, disse Finduilas
chinando il
capo in segno di saluto, subito imitata da Boromir.
“Buonasera
Madamigella Finduilas. Principe Boromir”, disse Legolas.
“Diventi
sempre più bella”, disse Helkamirië
sorridendo alla
fanciulla. Finduilas rassomigliava in tutto ad Eowyn, ad eccezione
dei capelli corvini; Boromir sembrava aver preso troppo sul serio il
nome che portava, e più cresceva, più pareva a
chi lo
aveva conosciuto di rivedere il Capitano di Gondor.
Quando
tutti ebbero preso posto, dei servitori iniziarono il consueto via
vai tra la sala e la cucina, mentre i presenti si intrattenevano
conversando amabilmente, anche se, in un primo momento, i funzionari
non riuscirono a pronunciare parola, ammutoliti dinanzi alla bellezza
degli Elfi presenti, che non avevano mai visto.
Dopo
la cena, Legolas e Helkamirië si ritirarono presto, a causa
dei
gemelli che già dormivano fra le loro braccia, mentre Haldir
e
i suoi fratelli decisero di intrattenersi ancora un po' con i loro
ospiti.
Furono
condotti alle stanze preparate per loro, situate al primo piano del
palazzo e nonostante ne fosse stata approntata una per loro,
Helkamirië volle tenere con sé i bambini.
“Helkamirië,
tu sai che non ci lasceranno riposare, vero?”.
“Lo
so, Legolas, ma hanno bisogno di starti vicino. Hanno avuto paura
quando ti hanno visto privo di sensi. Non ti sei accorto che fanno di
tutto per stare con te?”.
“Si”,
sospirò Legolas. “Forse hai ragione, lirimaer.
Teniamoli con noi”.
L'Elfo
sistemò nel letto Amrod che dormiva fra le sue braccia,
mentre
Helkamirië faceva lo stesso con Anië. Dopo aver
lasciato la
bambina, la fanciulla indossò la camicia da notte che le era
stata messa a disposizione, bianca e leggera, tanto da lasciar
trasparire la sua luce, invece Legolas, liberatosi di casacca e
stivali, si era già infilato sotto le lenzuola, stringendo a
sé Amrod. Helkamirië lo raggiunse e subito fu
stretta da
Anië, mentre si tendeva a baciare Legolas, cadendo subito dopo
in un sonno profondo. Il suo sposo tuttavia, non riusciva a dormire;
continuava a guardare Helkamirië, ripensando a come aveva
rischiato di non vederla più: adorava passare del tempo a
osservarla mentre riposava, quando finalmente ogni genere di timore
lasciava il suo volto che appariva ancora più sereno. La
luce
di Elbereth brillava più intensa che mai, dando a Legolas
l'impressione di stare a guardare un astro del cielo; sorrise
intenerito quando la vide mettere il broncio nel sonno: la sua
Helkamirië gli aveva dato due splendidi figli, ma per certi
aspetti era lei stessa una bambina. Il pensiero che gli uomini di
Rhumine avessero rischiato di togliergli tutto, gli fece provare un
sentimento che non era uso albergare nel suo cuore: il desiderio di
vendetta; adesso comprendeva la poca fiducia che Helkamirië
nutriva per quella donna e prese la sua decisione: nonostante avesse
in un primo momento deciso di lasciarla perdere, Rhumine non avrebbe
più dovuto avvicinarsi alla sua famiglia, avrebbe speso fino
all'ultima energia per smascherarla e fermarla finalmente. Le avevano
concesso per troppo tempo di dimorare in mezzo a loro, prendendosi
gioco di chi le stava intorno. Infine, il dolce sonno di Lorien
riuscì ad afferrarlo, concedendogli il riposo da timori e
preoccupazioni.
Al
mattino, ripresero il cammino verso la Bianca Città e dopo
una
settimana di viaggio giunsero finalmente in vista di Minas Tirith;
attraversarono Osgiliath, ancora in ricostruzione dopo tutto il tempo
trascorso dalla Guerra dell'Anello, ingombra di materiale da
costruzione e di Uomini che vi lavoravano. Non appena valicarono il
ponte che sovrastava l'Anduin, videro risplendere in lontananza la
Bianca Torre di Echtelion, i cui vessilli si libravano nel cielo
terso sospinti dal vento del mattino. Avvicinandosi al nuovo Cancello
costruito dai Nani, sentirono chiare trombe d'argento annunciare il
loro arrivo, ed entrarono nella città, apprestandosi a
percorrerne tutti i livelli. I gemelli osservavano rapiti la maestosa
Città degli Uomini, stupiti da quelle immense costruzioni in
pietra, così diverse da quelle a cui erano abituati, essi
stessi a loro volta oggetto dell'ammirazione di coloro i quali li
vedevano passare. Quando infine raggiunsero la Cittadella trovarono
Aragorn stesso ad attenderli, accompagnato dalla sua Regina e dai
Signori d'Ithilien; il Re si precipitò ad accoglierli,
abbracciando amichevolmente Legolas.
“Sapevo
che non mi avresti deluso!”, esclamò.
“Mi
conosci, Aragorn”, disse Legolas. “Sai che non
avrei mai lasciato
la mia famiglia”.
Amrod
e Anië, intimoriti da quei nobili sconosciuti, si erano
nascosti
dietro Helkamirië, stringendo la stoffa del suo vestito, e la
madre li prese per mano spingendoli avanti a sé.
“Miei
Sovrani, Signori d'Ithilien”, disse. “Questi sono
Amrod e Anië,
i figli miei e di Legolas”.
Eowyn
si avvicinò ai bambini, chinandosi accanto a loro, mentre un
sorriso malinconico attraversò il viso di Arwen,
evidentemente
persa in ricordi ormai lontani.
“Sono
bellissimi”, disse Eowyn, prendendo in braccio Amrod. Arwen
si
avvicinò anche lei, chinandosi a prendere Anië, e
la
piccola dal canto suo, fissò a lungo la Regina negli occhi,
studiando il suo viso.
“Tu
non sei più come noi”, disse infine.
“No,
non lo sono”, disse Arwen. In un primo momento
sembrò che la
tristezza offuscasse il suo viso, ancora splendido, nonostante il
tempo ormai vi scorresse impietoso; ma subito fu scacciata dal
sorriso che vi risplendette. “Però sono molto
felice. Ho
lasciato la nostra gente per seguire il mio cuore e non me ne sono
mai pentita”.
Anië
sorrise a sua volta, posando le manine sul viso della Regina.
“E'
vero, sei tanto, tanto felice!”, esclamò.
Helkamirië
osservò quella scena ripensando ancora una volta alla grande
perdita che gli Eldar avevano affrontato quando la loro Stella del
Vespro aveva scelto la mortalità; Anië grazie alla
sensibilità tipica degli Elfi aveva subito intuito che Arwen
era stata come loro, ma quella stessa capacità le aveva dato
la conferma di quanto la Regina fosse felice della sua vita.
Aragorn
e Arwen li condussero davanti all'Albero Bianco, lo stesso che
Aragorn aveva trovato alle pendici del Mindolluin, e mentre erano
seduti nei pressi, furono raggiunti da Rhumine. La donna non doveva
aver saputo del loro arrivo, perchè nello scorgere Legolas
rimase come pietrificata; quando riuscì a riscuotersi, si
avvicinò al gruppo, inchinandosi davanti ai suoi Sovrani e
ai
loro ospiti.
“Legolas,
vedo con piacere che la cura ha avuto i suoi effetti”.
Helkamirië
sbiancò per la rabbia, constatando con quanta faccia tosta
Rhumine affrontasse l'argomento; Legolas, invece, sembrava
estremamente tranquillo e le sorrise persino.
“E'
così”, disse. “E credo di dover
ringraziare te per averla
ottenuta. La mia sposa mi ha detto che sei stata brava a farti
consegnare l'antidoto da persone che non conoscevi, anche se della
tua stessa stirpe. Perchè tu non
li conoscevi, vero?”.
“N-no,
infatti”, disse Rhumine. 'Maledetta Helkamirië! Deve
averlo
convinto a diffidare di me alla fine... ma ciò che conta
è
che stia bene'.
“Legolas,
Helkamirië”, intervenne Aragorn, “non
vorreste rimanere per
qualche tempo a Minas Tirith? Faramir dovrà restare per via
di
alcune questioni di governo e Eowyn lo accompagna, senza contare che
qualche giorno fa ho ricevuto delle missive che mi informano delle
visite di Gimli e anche di Merry e Pipino. Sono certo che avrebbero
piacere di rivedervi”.
“Ne
saremmo felici, Aragorn”, disse Helkamirië.
Dopo
aver trascorso tutto il giorno a mostrare ai gemelli le meraviglie
della Bianca Città, Legolas e Helkamirië furono gli
ospiti d'onore del banchetto che si svolse a Palazzo, un
sontuosissimo convito cui parteciparono tutti i dignitari di corte e
gli ambasciatori di paesi lontani.
La
Luna era quasi sorta ormai quando poterono tornare alle proprie
stanze, dopo quella giornata interminabile. Helkamirië aveva
notato che durante tutto il banchetto Rhumine non aveva distolto lo
sguardo da Legolas per più di un minuto, e quando
raggiunsero
la loro camera, dopo aver dato la buonanotte ai gemelli, lo disse al
suo sposo, il quale proruppe in un'allegra risata.
“Helkamirië
non devi temere”, disse. “Non mi farà
più del male,
è già in una posizione difficile”.
“Non
è di questo che mi preoccupo”, disse
Helkamirië. “Credo
che stia cedendo: non si preoccupa più di nascondere il suo
interesse per te, né di mantenere il suo atteggiamento
freddo
e impassibile”.
“Quindi
è questo il problema”, disse Legolas cingendole la
vita. “Ti
infastidisce questo 'interesse'”.
La
fanciulla si voltò dall'altra parte, mettendo il broncio.
“Non
prenderti gioco di me”, disse.
“Non
lo faccio”, disse Legolas, afferrandole il mento con due dita
e
costringendola a guardarlo, per poi chinarsi a baciarla dolcemente.
Helkamirië rispose al bacio che si fece via via più
intenso e passionale e lasciò cadere la veste che indossava,
presto raggiunta dagli indumenti di Legolas. L'Elfo la strinse
spasmodicamente a sé, lasciando che le sue mani vagassero
sul
corpo della fanciulla, accarezzando ogni palmo di quella pelle
lucente e vellutata, e sentendo le piccole mani di Helkamirië
che a loro volta disegnavano il profilo di ogni più piccolo
muscolo sfiorato, fino a intrecciarsi dietro al suo collo nei serici
capelli dorati; si staccarono per riprendere fiato ed entrambi videro
bruciare negli occhi dell'altro lo stesso identico amore. Legolas
afferrò Helkamirië per i fianchi conducendola verso
il
letto e la costrinse gentilmente a sdraiarvisi insieme a lui, mentre
la Luna che faceva capolino dalla finestra aperta, fu la muta
testimone del riunirsi di due anime e due corpi destinati ad essere
un'unica entità.
Il
mattino seguente, Helkamirië fu svegliata da un raggio di Sole
che era andato a posarsi sul suo volto, solleticandogli le palpebre;
fece per alzarsi, ma qualcosa glielo impedì: Legolas dormiva
con il capo sul suo ventre, stringendole possessivamente la vita, e
sembrava non aver la minima intenzione di spostarsi. La fanciulla
sorrise intenerita e alzò una mano a sfiorarlo in una
delicata
carezza, spostando i capelli che gli coprivano il volto. Per tutta
risposta, l'Elfo la strinse più forte, mugugnando qualcosa
di
incomprensibile e suscitando le risate di Helkamirië, la quale
rise talmente tanto da costringerlo ad aprire gli occhi.
“Lirimaer”,
disse l'Elfo. “Perchè mi hai svegliato? Stavo
così
comodo...”, disse con un sorriso sornione.
“Oh,
perdonami mio signore, sono desolata!”, disse ironica
Helkamirië.
Legolas
si sollevò sulle braccia, spostandosi fino a portare il viso
a
pochi centimetri da quello della sua sposa.
“Adesso
sei tu che ti prendi gioco di me”, disse, baciandola
teneramente.
Helkamirië
sorrise e lo spinse scherzosamente indietro. “Il Sole
è
sorto, abbiamo delle faccende da sbrigare”, disse alzandosi
dal
letto. Legolas rimase a guardarla mentre indossava una veste bianca e
solo allora lasciò anche lui le morbide coltri, mentre la
fanciulla usciva dalla stanza per andare a prendere i gemelli.
Dopo
essersi vestito la seguì, trovandola in piedi vicino ai
lettini dei loro figli che dormivano ancora tranquilli.
“Dovresti
svegliarli”, le disse, abbracciandola da dietro.
“Hai
ragione”, disse Helkamirië. “Ma amo
vederli riposare”.
“Allora
lasciamoli qui”, disse Legolas. “Raggiungiamo
Aragorn nella Sala
del Trono”.
L'Elfo
la prese per mano, conducendola lungo i corridoi e le lunghe
scalinate fino alla Sala, dove li aspettava Aragorn. Il Re si trovava
in piedi alla base della scala che reggeva il Trono, accanto a delle
piccole figure che conversavano con lui: questi altri non erano che
Gimli e i due Hobbit, Merry e Pipino. Il Conte si volse nella loro
direzione non appena varcarono la porta d'ingresso e restò
ammutolito a fissare la sua amata Dama Helkamirië. Potendola
rivedere finalmente dopo lunghi anni, si scoprì a ritenerla
ancora più bella e luminosa dei suoi ricordi più
nitidi, meravigliosa nella veste bianca che per nulla offuscava la
luce di Varda. Merry e Gimli invece, avevano raggiunto gli Elfi che
ritrovavano dopo troppo tempo.
“Mia
signora!”, esclamò Merry quando
Helkamirië gli prese le
mani nelle proprie. “Non so dirti quanto sia felice di
rivederti”.
“Lo
stesso vale per me, Merry”, disse la fanciulla.
“Ancora non ho
avuto il piacere di ospitarti nel mio Reame”.
“Mi
è stato detto”, interloquì Gimli,
“che esso
potrebbe rinfrancare il mio spirito, mostrandomi una visione del
Reame Beato”.
“Non
è proprio così, amico mio”, disse
Legolas.
“Certamente, Taur-en-Ithil ti ricorderebbe molto la Beata
Lothlorien, perchè Helkamirië ha voluto che la
rendessimo
simile al luogo dove ha vissuto; tuttavia, gli Elfi che vi dimorano
sono genti silvane e perciò la nostra dimora è
allo
stesso modo affine alle Sale di Thranduil”.
Mentre
così conversavano, Pipino si mosse finalmente nella loro
direzione, andando a raggiungere Helkamirië, la quale dal
canto
suo si era chinata sulle ginocchia per poterlo guardare negli occhi.
“Infine
ci rivediamo Peregrino Tuc”, disse l'Elfo.
“Mia
signora Helkamirië”, disse Pipino, inchinandosi
goffamente.
“E' un grande onore per me poter posare nuovamente gli occhi
sulla
tua soave figura”.
Helkamirië
sorrise dolcemente, stendendo le braccia a circondare lo Hobbit.
“Sono felice di incontrarti”, disse. “Mi
sei stato di grande
conforto qui a Minas Tirith durante la Guerra; non ho mai dimenticato
i miei amici Hobbit”.
“Meriadoc”,
disse Legolas. “Hai già rivisto Dama
Eowyn?”.
“Si,
Legolas. E ho fatto visita a Re Eomer prima di giungere a Minas
Tirith; non posso dimenticare i miei doveri di Scudiero di
Rohan!”,
esclamò battendosi il pugno sul petto e suscitando le risate
dei presenti.
“Amici”,
disse improvvisamente Aragorn. “Temo una nuova minaccia per
il
Regno degli Uomini: vorreste darmi il vostro aiuto?”.
“Non
hai bisogno di chiederlo”, disse Gimli, incrociando le
braccia.
“Avrai
tutto l'appoggio della Contea!”, esclamò Pipino.
“Pipino
ha ragione”, annuì Merry. “Dopotutto,
noi siamo la
Compagnia dell'Anello”.
|