Galeotto fu il secchio
It is a curious thought, but
it is only when you see people looking
ridiculous that you realize just how much you love them.
―Agatha
Christie, An Autobiography
Era una mattinata serena e un
po’ calda, quando Regina
uscì di casa combattendo la voglia di piangere di rabbia.
Non
era nemmeno mezzogiorno ed aveva già litigato con sua
madre.
A
quanto pareva, la sua condotta a colazione era stata deprecabile, e
la cosa più frustrante era che Regina proprio non riusciva a
capire dove aveva sbagliato. Certo, era un po’ assonnata, ma
aveva cercato di tenere la schiena dritta e di non mettere i gomiti sul
tavolo e le solite cose.
Cacciando
indietro le lacrime, la ragazza deviò sino al
pozzo in pietra che si trovava ad una ragionevole distanza
dall’ingresso principale. Quante volte, da bambina, aveva
sbirciato per vedere quanto era profondo! Un giorno, vi aveva anche
gettato dentro un sassolino, ma la reazione di sua madre le aveva tolto
ogni desiderio di ripetere quell’azione in futuro.
Ora,
Regina si lasciò crollare seduta con la schiena contro
il pozzo, sicura che lì dietro non l’avrebbe
notata nessuno. In fondo, le sguattere che lavoravano in cucina
dovevano aver già prelevato l’acqua per lavare le
tazze della colazione, ed era troppo presto per iniziare a preparare il
pranzo.
Deglutendo,
la ragazza lasciò che una lacrima le rigasse la
guancia, poi emise un respiro frustrato e spinse la testa contro il
pozzo. A volte, avrebbe voluto urlare.
Si
passò le dita tra i capelli scuri, sentendosi tremare per
lo sforzo di tenere tutto dentro. Stressata com’era, non si
accorse minimamente del suono di alcuni passi che si
avvicinavano…
«Regina?»
Quella
domanda apprensiva, però, la sentì eccome,
e sollevò lo sguardo con un sussulto.
Daniel
torreggiava su di lei, tenendo un secchio appoggiato sul bordo
del pozzo. Aveva il sole in faccia, eppure i suoi occhi azzurri e
preoccupati non ne sembravano tanto infastiditi.
«Va
tutto bene?»
La
ragazza si riprese in fretta. «Sto bene» disse,
bruscamente. «Vattene».
Temeva
di avere gli occhi arrossati e l’aria stravolta, e non
voleva che nessuno la vedesse in quelle condizioni.
Daniel,
però, non le diede retta. Invece, si
accertò che il secchio fosse in equilibrio prima di
lasciarlo sul cerchio del pozzo e di accovacciarsi a terra in modo da
avere il volto all’altezza di quello di Regina.
La
sua vicinanza non era cosa sgradita, nonostante tutto.
Regina
vedeva perfettamente la linea arcuata delle sue sopracciglia, il
disegno scarno dei suoi zigomi ed il suo sguardo serio, e per un
momento desiderò solo gettargli le braccia al collo ed
affondare il viso nell’incavo della sua spalla.
Invece,
arricciò il naso e girò appena la testa
di lato. «Puzzi di cavallo» gli disse con asprezza.
Per
un istante, Daniel parve sconcertato. Poi, con grande sorpresa di
Regina, si mise a ridere.
La
ragazza lo guardò, a metà stupefatta e a
metà indignata.
«Scusami»
si affrettò a dire Daniel, non
appena riuscì a calmarsi. «Mi dispiace, non volevo
ridere di te. È solo che… be’,
è come se rimproverassi il giardiniere perché
puzza di rose».
Regina
lo fissò e, per il momento, dimenticò
persino la lite con sua madre. «Non avrebbe senso!»
protestò. «A tutti piace il profumo delle
rose».
«Non
a me» replicò Daniel.
«È troppo dolciastro».
Regina
non riusciva a capire se fosse serio o stesse scherzando.
«Daniel…» sospirò, con una
certa esasperazione.
«Giusto»
disse lui. Scrollò le spalle.
«Comunque, non è questo il punto. I cavalli sono
il mio lavoro».
Lo
disse in un tale tono – con una sorta di
dignità, forse – che Regina non riuscì
a non trovarlo tutto sommato tenero. Arrischiò un sorriso.
«In
realtà non mi dispiace l’odore dei
cavalli, sai».
Daniel
annuì lentamente. «Lo so».
«Volevo
solo che te ne andassi».
Per
la prima volta, l’incertezza passò sul volto
di lui. «Lo vuoi ancora?»
Regina
scosse energicamente la testa, allungando una mano per
trattenerlo dal braccio. «No. Resta».
L’espressione
di Daniel si ruppe in un gran sorriso.
«Va bene» disse lui, e dopo un momento le si
accomodò accanto.
Regina
lo osservò, inclinando la testa.
Lui
rimase in silenzio per qualche istante, poi osservò:
«Non mi hai ancora detto cosa non va».
La
ragazza storse le labbra. «Le solite cose. Mia
madre».
«Oh»
disse Daniel, corrugando la fronte.
Regina
esitò un momento, poi gli posò cautamente
il capo sulla spalla. Subito lui non si mosse, ma alla fine lei
sentì la sua mano che le accarezzava la testa.
La
ragazza gli si raggomitolò contro, godendo di quel
contatto.
Sarebbe
rimasta così anche per sempre, se solo ad un certo
punto il suo braccio non avesse cominciato a protestare.
Con
uno sbuffo, Regina si tirò su, sedendosi dritta, ed
allungò il suo arto indolenzito verso l’alto.
Così facendo, però, colpì
accidentalmente il secchio, che traballò… e si
rovesciò in testa a Daniel.
Il
giovane annaspò a quella doccia inaspettata, mentre il
secchio gli cadeva in grembo e poi piombava a terra con un suono
metallico ed assordante.
«Daniel!»
esclamò Regina, allarmata,
guardandolo con occhi grandi ed ansiosi. «Mi… Mi
dispiace tanto! Stai bene?»
Lui
sbatté le ciglia bagnate.
«S…sì» disse, stringendo i
denti.
I
capelli fradici gli si appiccicavano alla fronte, mentre una grossa
macchia d’acqua gli si stava allargando proprio sul cavallo
dei pantaloni.
Daniel
se ne accorse nel preciso istante in cui se ne rese conto
Regina, e dedicò al secchio un’occhiata astiosa.
Nell’insieme
– tra i capelli castani zuppi, il
bernoccolo che iniziava a spuntargli su una tempia, quella macchia
equivoca sulle braghe – era così…
buffo, forse anche per merito della sua espressione oltraggiata, che
Regina sentì le proprie labbra contrarsi.
Non
aveva dimenticato, però, che era stata lei a causare
l’incidente, e il senso di colpa si agitò nel suo
stomaco.
«Aspetta
qui» gli disse, alzandosi e correndo verso
la propria casa.
Quando
fu di ritorno, Daniel aveva nuovamente riempito il secchio, e lo
teneva tra le mani con aria assorta.
«Ecco
qui» annunciò Regina, mostrandogli
una moneta e tornandosi a sedere di fianco a lui, per poi procedere a
premergliela sulla tempia. «Così non viene il
bernoccolo».
Al
contatto, Daniel ebbe un lievissimo sussulto.
La
ragazza aggrottò la fronte. «Ti faccio
male?»
Lui
scosse la testa, alzando su di lei i propri occhi azzurri.
«Sto bene» disse, in tono sincero. «Ti
ringrazio».
«Ah,
non farlo! Bisogna ancora vedere se funziona».
Dopodiché,
rimasero immobili com’erano per qualche
istante, quieti, sinché Regina non staccò la
moneta dalla tempia di Daniel.
«Ecco…
Spero possa bastare,
così».
Lui
si alzò, per poi aiutarla a mettersi in piedi a propria
volta. A Regina piaceva molto, la presa gentile delle sue mani.
Quando
Daniel si girò verso le stalle, la ragazza vide che i
suoi pantaloni erano sporchi anche dietro. Di fango.
Emise
un ansito sorpreso, e Daniel si girò. «Che
succede?»
Regina
fece schizzare subito gli occhi al suo volto, ma ormai era
tardi. Lui si diede una controllata… e la ragazza fu certa
di vederlo avvampare.
Certo,
Regina l’aveva già visto coi vestiti
sporchi di terra – talvolta anche di letame – ma le
macchie equivoche iniziavano ad essere troppe, senza contare il modo in
cui aveva sputacchiato quando il secchio gli si era rovesciato in testa.
«Oh»
fu tutto ciò che riuscì
a dire, con un sottotono di umiliazione.
Evitò
lo sguardo di Regina, e sembrava così
mortificato che la ragazza si sentì come se la sua intera
anima si protendesse verso di lui, bisognosa di confortarlo.
Daniel
rinsaldò la presa sul secchio, serrò le
labbra e si diresse verso le stalle, seguito da Regina.
Le
falcate del giovane erano rese più ampie ed affrettato
dall’imbarazzo, anche se lui cercò di rallentare
per permettere a Regina di stare al passo senza problemi.
Quando
entrarono nelle scuderie, lui si diresse a riempire
l’abbeveratoio dei cavalli, quindi poggiò il
secchio di lato e prese una spazzola. A quel punto, però, si
bloccò a guardare Regina, forse non particolarmente
allettato dalla prospettiva di strofinarsi il sedere di fronte a lei.
In poche parole, sembrava non avere idea di cosa fare.
Regina,
allora, abbozzò un sorriso e gli si
avvicinò. Gli sfilò con gentilezza la spazzola
dalle mani, fremendo appena quando le loro dita si sfiorarono.
«Regina,
questo è proprio…?»
iniziò lui.
«Necessario,
sì» lo interruppe la
ragazza. Con cura, cominciò a pulirgli i pantaloni.
Era
la prima volta che faceva un lavoro simile, ma talvolta aveva
strigliato Ronzinante, e decise di adottare una tecnica simile.
«Non
sapevo che il secchio fosse pieno»
commentò, prima che Daniel tentasse di persuaderla a lasciar
stare. «Non ti ho sentito riempirlo, quando sei
arrivato».
«Sì,
be’…» Lui
cercava di stare il più immobile possibile, ed
effettivamente era un po’ rigido.
«L’avevo appena riempito e stavo tornando qui
quando ho sentito qualcosa e ti ho vista correre a nasconderti.
Perciò sono tornato indietro».
«Oh»
disse Regina, aggrottando la fronte. Per
fortuna c’era caldo: il fango si era quasi seccato durante il
tragitto sino alle stalle, e veniva via con facilità.
«Capisco».
Erano
vicini al box di Ronzinante, ed il cavallo sbuffò,
sporgendo fuori il muso. Senza girarsi a guardarlo, Daniel
allungò automaticamente la mano a dargli delle pacche sul
collo.
Regina
sorrise e smise di strofinare, raddrizzando la schiena e facendo
un paio di passi indietro. «Ecco fatto»
annunciò.
Daniel
abbassò la mano. «Grazie».
Lei
gli sorrise radiosamente. «Di niente».
Il
giovane accennò un sorriso in risposta, ancora un
po’ imbarazzato… E all’improvviso Regina
lo seppe.
Era
questo che
voleva. La tenerezza ed il bisogno di elargire conforto
che aveva provato… Non li aveva mai sentiti così
forti.
Lei
voleva che Daniel fosse felice. Meglio ancora, voleva essere felice
insieme a lui.
Quando
gli si avvicinò, il giovane la accolse tra le proprie
braccia, e Regina appoggiò la testa contro il suo petto, il
cuore che le pulsava nelle orecchie.
«Ti
amo, Daniel» disse. «Ti amo da
morire».
Ci
fu un istante di silenzio sconcertato. «Ho un fondoschiena
così
bello?»
Regina
rise, ritraendosi. «No!» esclamò,
sbattendogli una mano sulla bocca.
Anche
se, effettivamente, era un fondoschiena niente male.
Gli
occhi azzurri di Daniel brillavano, e Regina lo sentì
sorridere contro il proprio palmo.
Lentamente,
abbassò la mano. «Dovrei trovare un
altro modo per farti star zitto» meditò ad alta
voce, con un piccolo cipiglio.
Il
sorriso di Daniel si fece più ampio.
«Un’idea ce l’avrei».
«Ssssh!»
lo redarguì lei… Ma
poi gli afferrò il bavero e, spingendosi sulla punta dei
piedi, lo baciò con tutta la forza che aveva.
Note:
Esatto. Io scrivo ancora Stable Queen, perché la giovane
Regina e Daniel sono i miei bimbi ♥ Così stupidamente idealisti che vorrei strizzarli in un abbraccio...
Spero che questa OS sia piaciuta almeno a qualcuno.
(No comment sul titolo XD)
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