Nota: Questa storia
è ambientata in un magico universo dove
non c’è mai stato lo scambio di corpi e Pan
è prigioniero dello scrigno di Pandora, mentre Emma, Neal e
Regina stanno insieme (insieme insieme) da un po’ di tempo.
Grazie mille ad AlexVause
per la consulenza
riguardo la magia e le
interazioni Swan Queen.
Programmi
Quando la
sveglia suonò, Regina emise uno sbuffo e la spense
con una manata.
Stiracchiandosi
appena, alzò lo sguardo sul soffitto, quindi
si tirò a sedere.
Dando
un’occhiata accanto a sé, notò
che Neal non era più a letto, ed inarcò un
sopracciglio. Da quando in qua si era fatto così mattiniero?
Che si fosse svegliato per un incubo, e poi non fosse più
tornato a dormire?
Con
un piccolo sbadiglio, allungò una mano a scuotere Emma.
«È ora di alzarsi».
L’altra,
spaparanzata a pancia in giù tra le
lenzuola candide e stropicciate, si limitò ad emettere un
mugolio, affondando la faccia nel cuscino.
Regina
alzò gli occhi al cielo. «Emma».
«Sono
sveglia» biascicò la bionda contro
il guanciale. Sollevò una mano e fece un gesto vago.
«Tu va’. Ti raggiungo».
Regina
scosse la testa, mettendo da parte le coperte spiegazzate per
scivolare fuori dal letto. A volte le sembrava di stare con due
adolescenti.
Di
solito era Neal che rifiutava di svegliarsi, mugolando ed affondando
sempre di più tra i cuscini… Possibile che ora ci
si fosse messa anche Emma?
Regina
diede una sistemata alla propria camicia da notte azzurro
chiaro, quindi si infilò le pantofole ed indossò
una vestaglia di velluto blu.
Diede
un’ultima occhiata ad Emma e decise di darle un
po’ di tempo. Del resto, la sera precedente i suoi doveri da
sceriffo l’avevano fatta rientrare davvero tardi.
Probabilmente era per questo che faticava a svegliarsi.
Regina
scese in cucina, dove le si presentò una scena
più che benvenuta: Henry sedeva al tavolo, gli occhi
affamati e pieni di aspettativa, mentre Neal, in piedi davanti ai
fornelli, cuoceva alcuni pancake in una padella.
«E
voilà» concluse l’uomo,
girandosi e mettendo il cibo nel piatto del ragazzino.
A
quel punto, notò Regina e le sorrise.
«Pancake?» offrì.
Lei
sbatté le palpebre. «Sì,
grazie» rispose poi, entrando nella stanza ed andando ad
accomodarsi di fianco ad Henry.
Il
tavolo era di legno scuro, lucido e levigato, ed era abbastanza
lungo: accanto a Regina, volendo, ci sarebbe stato posto per
un’altra persona.
Henry
aveva la bocca piena, ma trovò comunque il modo di
sorridere a sua madre mentre Neal si girava nuovamente verso i fornelli.
«Allora»
esordì Regina, spostando alcuni
ciuffi dalla fronte del ragazzino, «come mai tanto
mattinieri?»
«Gfomp»
rispose Henry, alzando una mano per
rimettersi in disordine i capelli.
«Vuol
dire» spiegò Neal, sistemandosi in
modo da poter guardare Regina ed allo stesso tempo riuscire a
controllare i pancake con la coda dell’occhio, «che
è stata l’emozione a svegliarci. Abbiamo grandi
progetti per questa giornata».
Henry
annuì vigorosamente, ancora intento a masticare.
«Buon
per voi» commentò allora Regina,
mettendo un braccio sulle spalle del figlio e attirandolo a
sé.
Dentro
di sé, però, era dubbiosa che Neal fosse
stato svegliato davvero per l’emozione. Gli incubi le
sembravano ancora la spiegazione più plausibile.
Henry
inghiottì a forza. «Ci divertiremo, proprio
come te e la ma’».
Regina
stava per chiedere quali erano, esattamente, questi
“grandi progetti” per la giornata, ma fu distratta
dall’arrivo di Emma. Quest’ultima, scalza e
spettinata, vestita solo col suo pigiama chiaro, fissò Neal
dalla soglia con fare accusatorio. «Non riesco a credere di
essermi alzata dopo di te».
Lui
sfoderò un gran sorriso. «Anch’io ti
auguro un buon giorno, Emma».
Henry
ridacchiò, ed Emma si diresse a sedersi accanto a
Regina. Quando Neal servì loro una generosa porzione di
pancake dorati, parve subito dimenticare il malumore, e li
addentò senza aspettare – scottandosi lingua e
palato, probabilmente.
Quando
Regina finì di far colazione, Neal le prese il piatto
in un eccesso di galanteria, andando a lavarlo. La donna gli sorrise in
segno di gratitudine, quindi si rivolse ad Emma ed assunse
un’aria inflessibile: «Ti voglio pronta tra dieci
minuti».
L’altra
spalancò gli occhi ma, prima che potesse
protestare, Regina uscì dalla cucina.
«Ti
conviene sbrigarti, ma’»
commentò Henry, in modo piuttosto superfluo.
«Le
lezioni di magia di Regina sono peggio dei
lavori forzati» brontolò Emma.
«Sì,
certo» replicò Neal,
sedendosi di fronte a lei ed Henry, «ma intanto sappiamo che
ti piacciono».
Emma
sbuffò, si ficcò in bocca l’ultimo
pezzo di pancake, e si precipitò fuori dalla cucina
– l’ultima cosa che sentì mentre usciva
fu il suono di Henry e Neal che si davano il cinque.
«Perché
dobbiamo venire sempre nel bosco? Non
potremmo esercitarci a casa, di tanto in tanto?»
Regina
ignorò la domanda di Emma e continuò a
camminare spedita, mentre l’altra le arrancava dietro.
Era
piovuto di recente, e l’aria era fredda e pulita. Il
terreno era scivoloso, ed Emma aveva già rischiato di
perdere l’equilibrio un bel po’ di volte. Di tanto
in tanto, una goccia cadeva dall’arcata di fronde rigogliose
sopra la loro testa.
«Regina?»
La
donna non si voltò né si fermò.
«Talvolta la magia è pericolosa» disse,
sistemandosi meglio sulla spalla la borsa che portava a tracolla.
«Non vorrai correre il rischio di ferire
Henry…»
Emma
ammutolì. Certo che non lo voleva. Un momento dopo,
aggrottò la fronte. «Ma credevo avessi detto che
oggi non avremmo fatto niente di stancante o potenzialmente
rischioso…»
A
quelle parole, Regina si fermò. «Ah».
Parve meditare per un istante, continuando a dare la schiena ad Emma.
«Be’…» disse poi.
«Ho mentito».
Si
voltò fulmineamente, lanciando una sfera di fuoco in
direzione di Emma, che fece appena in tempo a gettarsi a terra per
evitare l’attacco. «Regina!»
«Devi
essere sempre all’erta»
replicò l’altra, mentre modellava un nuovo globo
fiammeggiante tra le proprie dita. «Sempre».
Emma
sgranò gli occhi da sotto la cuffia ben calcata sulla
sua testa, e rotolò da parte quando il secondo colpo
volò verso di lei…
«Andiamo,
Emma» disse Regina, preparando una terza
sfera. «Hai dei poteri. Usali!»
«Lo
sai» gridò Emma di rimando,
incespicando per rialzarsi in piedi e facendo un balzo di lato per
evitare di finire arrosto, «è molto probabile che
ad uccidermi sarà la tua paranoia, invece di un fantomatico
nemico!»
Regina
non disse niente né le diede tregua.
Francamente,
Emma dubitava che Regina avrebbe davvero permesso che
quelle sfere la bruciassero… Ma preferiva tenere quella
considerazione per sé.
Conosceva
la propria insegnante, e sapeva che pensava che metterla
sotto pressione fosse un buon modo di spingere i suoi poteri a
manifestarsi. Se avesse saputo che – salti e movimenti
fulminei a parte – era abbastanza tranquilla,
chissà cosa si sarebbe inventata.
Proprio
in quel momento, Emma non fece in tempo a scansarsi dalla
traiettoria di una fiammata, ed emise un gridolino più di
sorpresa che di dolore.
Di
sfuggita, notò che Regina alzava una mano come per
intervenire… Poi venne distratta dalla luce azzurrina che le
stava scaturendo dalle dita, avvolgendola in una bolla protettiva che
fece implodere la sfera di fuoco.
Regina
abbassò lentamente le braccia, ed Emma la
occhieggiò con sospetto. Forse non era il caso di abbassare
subito le difese.
«Per
adesso abbiamo finito» annunciò la
donna coi capelli corvini, estraendo una bottiglietta dalla propria
borsa. «Ti meriti una pausa».
A
quel punto, la bolla azzurrina che circondava Emma svanì
con un sommesso pop. La bionda cercò di spazzar via i
pezzettini di foglie umide e il terriccio che le aveva sporcato i
pantaloni e la giacca di pelle rossa, quindi si avvicinò per
ricevere un po’ d’acqua. Mentre lei beveva, Regina
rimase in silenzio.
Aspettò
che avesse finito, prima di esordire: «Per
caso, tu sai quali grandi progetti avessero Neal ed Henry?»
Emma
aggrottò la fronte. «Avevano dei grandi
progetti?»
Regina
annuì. «Apparentemente».
Emma
si leccò le labbra, annuì tra sé
e sé. «Ha senso» disse, con una
scrollata di spalle. «Dopotutto è la loro giornata
tra uomini». Guardò Regina. «Non ti
hanno detto di che si trattasse?»
L’altra
scosse la testa. «No».
«Mmm»
fece Emma, pensosa.
«Però»
ricordò
improvvisamente Regina, «la scorsa volta che è
andato a far la spesa, Neal ha preso una quantità esagerata
di uova».
«È
vero» annuì Emma.
«E funghi».
«Vorrà
insegnargli a cucinare».
Emma
passò il peso da una gamba all’altra.
«Speriamo non diano fuoco alla cucina» disse poi,
in tono scherzoso.
«Veramente,
cara, quella è una tua
prerogativa» replicò Regina, ricordando il
più recente – e disastroso – tentativo
di Emma di preparare da mangiare.
La
bionda la incenerì con un’occhiataccia,
incrociando le braccia al petto.
Regina
scosse la testa. «Non fare così»
disse, avvicinandosi per schioccarle un bacio veloce sulle labbra,
«è ora di rimettersi al lavoro».
Il
loro allenamento occupò tutta la mattina.
Verso
mezzogiorno, Regina stese un plaid sul terreno e tirò
fuori dalla borsa i tramezzini che aveva preparato con cura.
«Grazie»
disse Emma, prendendo un panino e
liberandolo in tutta fretta dalla pellicola che lo avvolgeva, per poi
addentarlo con avidità.
Regina
la fissò, dopodiché iniziò a
scartare il proprio sandwich. «E poi mi domando come mai le
maniere di Henry non sono impeccabili».
L’altra
inghiottì a forza. «Ha dodici
anni» protestò, «non deve avere delle
maniere impeccabili».
«Disse
la donna dal super potere difettoso»
mormorò Regina. Sebbene avesse abbassato la testa per
rendere la propria voce meno udibile, però, Emma la
sentì perfettamente.
«Che
cosa vorresti dire?»
«Oh,
andiamo». Regina agitò una mano,
addentò il proprio panino. «Ti faccio notare che,
quando ti ho detto che la lezione di oggi non sarebbe stata pericolosa,
non hai capito che mentivo».
Emma
s’imbronciò. Di solito, era molto brava a
capire quando l’altra non stava dicendo la verità.
«È solo perché ci sono i miei
sentimenti di mezzo» borbottò.
Regina
si limitò a rivolgerle un sorrisetto… E,
in quel momento, Emma notò che aveva un po’ di
maionese sull’angolo delle labbra.
Quella
semplice constatazione la fece sentire improvvisamente molto
meglio.
Pregustando
il sapore della vendetta, si allungò in avanti a
leccarle via la maionese, e Regina si irrigidì, presa alla
sprovvista. Quando Emma si ritrasse, l’ex sindaco di
Storybrooke la guardò con aria completamente scioccata.
«Se
anche tu avessi un super potere come il mio, sono sicura
che con me andrebbe davvero in panne» concluse Emma,
soddisfatta, riprendendo a mangiare.
Le
piaceva avere l’ultima parola, di tanto in tanto.
Finito
lo spuntino, ripresero a lavorare. Il resto della lezione,
notò Emma, fu molto più tranquillo – o,
per lo meno, avrebbe dovuto esserlo. Regina esigeva soltanto che lei
usasse la propria magia per far cadere una foglia da un albero, ma
qualcosa andò storto ed Emma si scansò appena in
tempo per evitare che un ramo le crollasse addosso.
A
quel punto, Regina decise che ne avevano avuto abbastanza.
«Non voglio rischiare una deforestazione».
Emma
roteò gli occhi. «Forse un altro
po’ di maionese potrebbe rilassarti…»
Regina
alzò il mento con aria offesa. «Me
l’aspettavo» sostenne – e
l’altra, super potere difettoso o no, fu sicurissima che
stesse mentendo. «In fondo, sarebbe stata una tentazione per
chiunque».
«Non
per Neal» replicò Emma.
«Lui odia la maionese».
Regina
inarcò un sopracciglio, simulando un certo sdegno.
«Pensa ciò che vuoi, mia cara, ma
queste»
– e s’indicò le labbra
– «glielo avrebbero fatto dimenticare».
Se
ci fu qualcuno che effettivamente dimenticò qualcosa,
però, furono loro: quando entrarono in casa e videro le
condizioni in cui era ridotta la cucina, infatti, scordarono
immediatamente il loro piccolo dibattito.
Il
tavolo era bianco di farina e appiccicoso d’albume, mentre
macchie arancioni di tuorlo si potevano vedere su tutto il pavimento.
Brandelli di frittata cotta a metà erano sparsi non solo sui
fornelli, ma se ne trovava qualche traccia persino sul soffitto.
Emma
rimase a bocca aperta sulla soglia, attonita, mentre Regina
avanzava di qualche passo nella cucina.
Ci
fu un istante di silenzio.
«Quei
disgraziati mi hanno devastato la cucina»
disse poi Regina. Con calma.
Con
troppa calma, in effetti… Il genere di calma che precede
una tempesta.
L’istante
successivo, infatti, la donna digrignò i
denti. «Questa volta mi sentono».
Emma
la guardò con una certa apprensione. Per Regina, la
cucina era una sorta di santuario; quando voleva rilassarsi, le piaceva
preparare dolci o piatti di vario genere, ed era sempre molto
scrupolosa quando si trattava di pulizie.
Ragion
per cui, la bionda non si stupì più di
tanto quando la vide girarsi di scatto e dirigersi a passo di marcia
verso il corridoio, esclamando: «Henry! Neal!»
La
seguì, senza sapere se preoccuparsi per l’uomo
e il ragazzino o indignarsi a propria volta per lo stato in cui avevano
ridotto la cucina. Poi lei e Regina entrarono in salotto… E
si bloccarono.
Neal
ed Henry erano lì: il primo era sdraiato sopra il
divano, ed Henry era coricato a pancia in giù sopra di
lui… Ed erano entrambi profondamente addormentati.
Nel
sonno, Neal abbracciava inconsciamente il figlio, mentre Henry
aveva un’espressione beata sul volto.
Regina
rimase senza parole.
Dopo
qualche istante di silenzio, Emma le scoccò
un’occhiata. «Allora?»
La
donna staccò lo sguardo da quello spettacolo quasi con
riluttanza. «Allora» rispose, lentamente,
«suppongo che potremo far loro un discorsero quando si
sveglieranno».
Emma
annuì. La decisione le piaceva.
Henry
mugolò e spinse la testa contro il mento di Neal, che
emise un piccolo sospiro e cinse maggiormente il ragazzino. Nessuno dei
due si svegliò, ed Emma e Regina si lasciarono sfuggire un
sorriso.
La
bionda tese una mano a sfiorare i capelli di Neal, scoprendo tra i
ciuffi qualche traccia di uova e farina. Alzò lo sguardo e
incontrò quello di Regina.
Quest’ultima
scosse la testa, quindi andò a
recuperare il plaid ripiegato su una poltrona, e lo distese con cura
sui due uomini della famiglia.
Note (2):
Ebbene, spero vi sia piaciuta. Se volete un background su come Emma,
Neal e Regina sono finiti insieme, potete dare uno sguardo a Il
numero perfetto.
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