CAPITOLO 9
La strada della speranza
Era fermo lì, a guardare oltre quei vetri che si
affacciavano sul cortile dell’ospedale. Era incredibile come a quell’ora del
mattino ci fosse tanto movimento in una struttura sanitaria. Vedeva medici e
paramedici camminare in un andirivieni continuo da un reparto all’altro,
pazienti passeggiare e visitatori correre qua e là in cerca del loro degente.
Vide una ragazza incamminarsi lungo il viale. Pensò alla sua Patty, alla
telefonata che c’era stata tra di loro, a quello che le aveva detto. Guardò
il cielo terso e limpido dopo la pioggia copiosa del giorno prima. Sospirò. Sua
figlia, non più una bambina a cui badare, ma una donna indipendente che aveva
trascorso una notte d’amore con il ragazzo che amava.
Sorrise pensando a Holly, a quello che ricordava essere un
ragazzino imbranato che rincorreva quasi spasmodicamente una sfera bianca e
nera. E lei, la sua piccola Patty, che lo inseguiva ovunque lui andasse per il
solo piacere di stargli accanto, di poter vivere quella sua amicizia che adesso
era sfociata in un meraviglioso amore.
L’aveva rincorsa per mezzo mondo pur di raggiungerla. Come
avrebbe potuto obiettare di fronte alla sincerità di sua figlia e al coraggio
di Holly? Il loro rapporto era esemplare: stavano cercando di coronare un sogno
che da anni perseguivano. Aveva mille voci in testa. Erano diventati un uomo e
una donna che desideravano solo la felicità reciproca.
Prese il suo portafoglio e ne estrasse una fotografia.
Sarah. Sorrise ancora una volta nel ricordo della prima
moglie. L’aveva fatto anche lui. L’aveva conosciuta a Parigi e se ne era
subito innamorato. Era tornato da lei dopo qualche mese per chiederle di
sposarlo.
- Sarah. Sai, ancora ti penso. Non l’ho mai detto a
Patty per non farla sentire sola. Tanto meno a Alison con la quale vivo
serenamente. Non ti ho mai dimenticata, tu lo sai. E quando per lavoro, in
questi anni, mi sono recato a Parigi, sono andato sempre lì. Ho salito la
gradinata di Montmartre che conduce alla chiesa del Sacre Coeur e mi sono
affacciato alla ringhiera. E’ lì che ti ho vista la prima volta. E’ lì
che mi sono innamorato di te e che ti ho chiesto come mia sposa. Sai Sarah,
Patty ti somiglia ogni giorno di più. A volte scambio la sua irruenza con
la tua evanescenza. Sta vivendo un sogno d’amore. Come potrei
impedirglielo? Non mi sento di farle prediche o paternali. Di fronte alla
necessità ha abbandonato tutto per correre in mio aiuto. Ha vinto lei anche
questa volta. Tu le hai donato il carisma e la volontà per prefiggersi e
realizzare i suoi desideri.
- Alison non sta bene. Abbiamo concepito un figlio che
forse non nascerà. Mi dispiace per Alison, soprattutto. Sarebbe la seconda
volta, non è giusto che non riesca a realizzare il suo desiderio di
maternità. Mi dispiace per me stesso, perché avere un altro figlio, mi
emoziona come la prima volta. E sono preoccupato per Patty e per il rapporto
che ha con Alison. Lei non ti sostituirà mai con nessuno, fosse anche la
migliore donna del mondo. Vive ancora nel tuo ricordo, e non posso
impedirglielo. Tuttavia, mi rendo conto che Alison non ha mai fatto nulla
per costruire un rapporto con lei. Dati i miei impegni, fino ad ora non ho
mai trascorso tanto tempo con loro e mi rendo conto di aver trascurato fin
troppo la famiglia. Ma adesso desidero recuperare il tempo perduto, per
Patty e per il bambino che nascerà. - pensò riponendo la fotografia
nel portafoglio. Una lacrima gli solcò il viso.
Sentì aprire la porta della stanza in cui riposava Alison e
vide la dottoressa uscire con una cartella tra le mani. La fermò per avere dei
ragguagli sulla situazione e fu sollevato quando le disse che aveva trascorso la
notte in maniera tranquilla e che era ottimista.
Rincuorato, George entrò nella camera avvicinandosi al letto
della moglie.
- Ciao tesoro. Sai, la dottoressa mi ha appena detto che
le tue condizioni stanno migliorando e che è ottimista anche per la
gravidanza. -
- Per fortuna, non ce la faccio più a stare in questo
letto. -
- Devi aver pazienza. Devi farlo per te stessa e per il
bambino. -
- Sai George, lo desidero talmente tanto, questo figlio,
che sto male al solo pensiero di perderlo. -
- Non devi avere certi pensieri. Devi essere più
positiva e vedrai che andrà tutto bene. -
- Lo spero. -. Calò il silenzio tra i due. George stava
cercando le parole più idonee per parlarle di Patty e del loro rapporto.
Non sapeva da che punto cominciare e sperava in particolar modo di non far
agitare la moglie.
- Come sta? - chiese lei all’improvviso cogliendolo di
sorpresa.
- Ieri sera è andata via molto dispiaciuta e
rammaricata. L’ho sentita stamattina e mi è sembrata più rilassata,
seppur afflitta. -
- Ho sentito quello che ti ha detto ieri sera, in
corridoio. -
- Era sconfortata. E non posso biasimarla. E’ saltata
sul primo aereo per raggiungerci, abbandonando il ragazzo di cui è
innamorata e che per vederla ha fatto un viaggio lunghissimo. Quando è
arrivata, in preda alla disperazione non mi sono neanche preoccupato di come
stesse. Poi lo scontro con te. Perché non riuscite ad avere un buon
rapporto Alison? Vorrei capire il perché di tanto astio da parte tua nei
suoi confronti. -. Non parlò, si limitò a chiudere gli occhi quasi in
senso di assenso.
- Non perché si tratta di mia figlia, ma a me sembra che
sia una ragazza abbastanza diligente, senza pensieri strani per a testa. -
- Che vuole andare a studiare negli Stati Uniti, che non
vuole seguire gli studi che le hai consigliato, che si dispera per un
ragazzo che magari non la pensa, che se ne va in giro per il mondo correndo
dietro un pallone….direi che è perfetta. - ironizzò cercando di
dipingere agli occhi del marito un quadro poco piacevole di Patty.
- Alison, è un’adolescente e come tale ha dei sogni,
dei desideri. Mi ha detto che non andrà negli Stati Uniti, che resterà qui
a Barcellona. Forse è anche giusto che segua gli studi che più le
aggradano. Deve costruire il suo futuro. E per quanto riguarda Holly, non
avendo avuto la possibilità di incontrarla a Parigi, è saltato sul primo
aereo per raggiungerla qui a Barcellona. . -
- Che romantico. - rispose sarcastica con un’espressione
di stizza. - E’ tua figlia e per quanto mi riguarda, se a te sta bene,
può fare quello che vuole. -
- Non è questo il ragionamento da fare. Siamo una
famiglia, che finalmente vivrà come tale. Cerchiamo di equilibrare i nostri
comportamenti, i nostri caratteri. Tutti quanti, anche tu Alison. Tu non hai
mai avuto diciassette anni? Non hai mai provato simili emozioni, l’amore
contrastato verso un ragazzo, i sogni di un futuro roseo? -
- Da quando sei diventato così giovanile da riuscire ad
immedesimarti nei pensieri di un’adolescente? - gli chiese riferendosi a
Patty.
- Cerco solo di avere una quadro chiaro della situazione.
Patty da un lato e tu dall’altro. Siete la mia famiglia, Alison e non
posso permettervi di continuare ad avere un simile rapporto. E’ insano per
entrambe. -
- Io non ho avuto il tempo di essere adolescente. Vuoi
sapere perché mi comporto così con Patty? Perché in lei rivedo mia
sorella. Si chiamava Patricia, proprio come lei. Non ci crederai George,
quando mi facesti conoscere Patty, non credevo ai miei occhi. Un tuffo nel
passato. Non solo il nome, ma anche il carattere somigliava tanto a quello
di mia sorella. Man mano che tua figlia cresceva, che seguiva i suoi sogni,
i suoi ideali, l’amore per Holly, mi ricordava sempre di più la mia
Patricia. Se ho fatto ostruzionismo, se mi sono opposta a tante cose, se ho
sempre avuto un rapporto freddo con lei, è stato unicamente per paura di
ricadere nello stesso baratro in cui scivolai alla morte di Patricia. -.
George guardava la moglie, dai cui occhi chiusi, scendevano lentamente delle
lacrime.
- Accadde tutto un giorno. Era una ragazza innamorata
della vita, adorava stare con gli amici, sognava di laurearsi e di fare il
medico. Andò in gita con degli amici in un campeggio vicino il monte Fuji.
Era notte quando udimmo squillare il telefono. Sentì mia madre urlare,
papà correre da lei, ed io sobbalzai nel letto pronunciando il suo nome.
Giocando con gli amici, cadde in burrone e quando i soccorsi la raggiunsero,
non poterono che constatarne il decesso. -.
- Mi dispiace, io non lo sapevo. -
- Per tre anni mi sono sottoposta alle sedute di uno
psichiatra. Non riuscivo a convincermi che lei non c’era più, la mia
sorellina. Aveva solo un anno in meno, ma per me era sempre stata la mia
migliore amica, l’unica che riusciva a farmi sorridere. Sono sempre stata
un po’ malinconica, mentre Patricia era l’immagine della voglia di
vivere. Due poli opposti che si attraevano a vicenda. Avevo bisogno di lei,
della sua costante presenza al mio fianco e invece, mi ha abbandonata mentre
giocava con gli amici. -
- E’ per questo che tratti così Patty? Per evitare di
soffrire ancora? -
- Sì. Sono così simili che temo possa accadere il
peggio. E’ un incubo del quale non mi sono mai liberata. Quando tu non c’eri
perché eri fuori per lavoro, cercavo di dissuaderla dal fare determinate
cose, per esempio frequentare il club di calcio che poco si addice ad una
ragazza. Non volevo che a causa di un gioco, potesse succedere ancora. Ma
tua figlia è testarda e quando si prefigge qualcosa, fa di tutto per
realizzarlo. Patty è sempre stata affezionata ai suoi amici, per non
parlare di Holly. Proprio come lo era mia sorella: lei viveva per gli altri.
- Anche se può sembrare assurdo, ho sempre invidiato
Patty. Dopo la partenza di Holly, lei ha continuato a seguire i ragazzi e a
vivere nel sogno del suo amore e in cuor mio sapevo che anche lui la
ricambiava, le scriveva e le telefonava e a lei erano sufficienti quei pochi
momenti per andare in estasi. Ogni giorno si è dedicata alle sue attività
con passione e scrupolosità, e nella stessa maniera si è dedicata allo
studio. La partenza di Holyl l’ha solo rinforzata. George, l’idea che
possa succedere ancora mi terrorizza. -
- Perché? Per te stessa o per il bene di Patty? - gli
chiese seccamente.
- Forse sono egoista, perdonami George, ma non voglio
soffrire ancora. -
- Alison, ognuno di noi deve vivere la vita per come
viene, cercando di non forzare gli eventi. Quello che è successo a tua
sorella era scritto nel destino, doveva avvenire comunque. Avresti potuto
far rinascere quel sentimento che avevi per tua sorella: il destino ti ha
fatto incontrare me e la mia Patty. Non ci hai pensato? Ti aveva dato un’altra
opportunità, per poter tornare a sorridere a Patty. Perché non sfrutti
questa possibilità, perché non cercate di diventare amiche? -
- A cosa servirebbe? Lei mi odia. - rispose buttando lì
quella frase a sua difesa.
- Sai benissimo che non è vero. Patty non è capace di
provare odio per qualcuno. E’ una ragazza innamorata della vita come lo
era tua sorella. Gli amici le sono sempre stati accanto e tu non puoi
impedirle di frequentarli. E’ cresciuta senza sua madre e non potevi
essere tu a privarla di un altro affetto. Soprattutto quello di Holly. Sono
talmente innamorati che scommetto sarebbero disposti ad affrontare le fiamme
dell’inferno l’uno per l’altra. Tra l’altro, penso che tu le debba
un minimo di riconoscenza. - sentenziò avvicinandosi alla porta. Alison
aveva compreso e in cuor suo sapeva che le parole del marito erano sincere e
che rispecchiavano la mera verità.
- Lei ti ha aiutata nonostante il tuo diniego e sta
venendo qui per sostituirmi. Io non penso che una ragazza cattiva agirebbe
così. Se non vuoi farlo per me o per te stessa, fallo per il bambino e per
tua sorella: ricostruisci con lei un rapporto vero. Non penso che a Patty
dispiacerebbe avere una madre. - concluse sorridendole. Alison richiuse gli
occhi e sospirò.
- Non sarà facile: abbagliata dal mio egoismo non mi
sono mai preoccupata di avere un rapporto con lei. Sarà un’impresa…farmi
perdonare da lei. -
- E’ una ragazza molto buona e comprensiva. Parlale col
cuore e vedrai che capirà. - concluse congedandosi dalla moglie.
George uscì soddisfatto dalla stanza, non solo per le
condizioni di Alison, ma soprattutto per quel chiarimento che c’era stato tra
loro. Alison non aveva negato di aver avuto dei comportamenti poco piacevoli e
aveva quindi sostenuto la difesa di Patty. Era orgoglioso di sua figlia, che
nonostante la sua costante lontananza, si era sempre comportata in maniera degna
di nota.
La vide arrivare con al fianco un ragazzo alto e dal fisico
atletico. Si tenevano per mano, era una stretta così salda che nulla li avrebbe
potuti dividere se non loro stessi. Non era la ragazza stremata e disperata
della sera prima. Era una giovane donna piacevolmente innamorata e alquanto
serena.
- Buongiorno signor Gatsby. - disse Holly allungando la
mano verso quella di George. Era rimasto allibito nel vederlo. Sebbene il
suo volto non fosse cambiato, in tre anni, il suo corpo sembrava essersi
trasformato. Lo guardò negli occhi quasi a volersi sincerare che non avesse
fatto alcun torto alla figlia. Lei lo guardava con espressione quieta e con
un sorriso lieve accennato sulle labbra rosse. Holly ricambiò lo sguardo
della sua ragazza e i suoi occhi parvero sorridere a quella dolce creatura
che amava tanto.
- Ciao Holly. Bentornato. - rispose George spezzando quel
momentaneo idillio.
- Grazie. Come sta sua moglie? - gli chiese con cortesia
seppur imbarazzato da quel primo incontro.
- Adesso sta un po’ meglio. Se tutto va bene, - disse
guardando la figlia, - dovrà rimanere qui per due mesi. Se riuscirà a
mantenere la gravidanza in buone condizioni, tra due mesi partorirà. -
- Mi fa piacere che stia meglio. -
- Grazie Holly. Come stai? - chiese alla figlia.
Impulsivamente strinse con forza la mano di Holly. Cercava il suo appoggio
morale, la sua protezione. George se ne avvide e intese che oramai nel cuore
della figlia c’era solo il giovane talento giapponese.
- Va meglio. E tu? Ti vedo stanco! - asserì disegnando i
tratti del suo volto, stanco e con la barba visibilmente incolta di due
giorni.
- Ho visto giorni migliori. -
- Va a casa a riposare. Ci sono io! - gli disse
staccandosi da Holly e sorridendogli. La sua espressione era pacata e
serafica. Il cambiamento rispetto al giorno prima era evidente.
- Non ti preoccupare papà. Resisterò alla tentazione di
litigare con Alison. - gli rispose ironicamente cercando di sdrammatizzare
la situazione.
- Grazie Patty. -.
Si avvicinò alla camera di Alison e la scrutò dal vetro.
Sospirò, poi posò una mano sulla maniglia della porta e la girò entrando
nella stanza.
- Grazie Holly! - gli disse George sorprendendolo.
- E per cosa? - chiese ingenuamente.
- Per quello che hai fatto per Patty. -
- Non ha bisogno di ringraziarmi. L’ho fatto perché lo
desideravo con tutto me stesso. -
- Non farla soffrire, Holly. -
- Farei soffrire anche me stesso. Desideriamo solo essere
felici. - gli disse sorridente e sincero. La sua espressione era energica e
rilassante al tempo stesso. Quel ragazzo aveva qualcosa di speciale ed era
per questo che sua figlia se ne era innamorata. Il cellulare di Holly
squillò interrompendo quella conversazione.
- Ciao Roberto. Dove ti trovi? - chiese al grande
campione brasiliano.
- Sono all’aeroporto. Holly, prendo un taxi e ci
vediamo direttamente allo stadio. La squadra si sta allenando per un
importante impegno che hanno mercoledì. Anche i dirigenti sono allo stadio,
li ho sentiti poco fa. Sei sicuro di fare la scelta giusta? -
- Non sono mai stato così sicuro. -
- Al cuor non si comanda! - rispose Roberto in tono quasi
arrendevole. - Il Real Madrid pagherebbe di più per averti. -
- Roberto, ho deciso di restare a Barcellona! - esclamò
con tono deciso. George comprese il motivo per il quale Patty non si sarebbe
recata negli Stati Uniti. Non era per far contento lui ed Alison ma
unicamente perché Holly sarebbe rimasto in quella città. Indipendentemente
dalla motivazione, tirò un sospiro di sollievo sapendo che Patty non
sarebbe partita.
- Ne riparliamo prima di incontrare la dirigenza. - gli
disse cercando di dissuaderlo.
- Come vuoi, anche se io ho deciso. Ci vediamo tra un po’.
- aggiunse chiudendo la comunicazione. Guardò il padre di Patty.
- Resti a Barcellona? - gli chiese senza attendere che
fosse il calciatore a parlare per primo.
- Sì. Quando ero in Brasile ho ricevuto due offerte. Una
dal Barcellona e l’altra dal Real Madrid. Quando ho saputo che Patty…voi,
vi eravate trasferiti qui, ho deciso che sarei rimasto in Cataluna. -.
George gli sorrise.
- E’ ammirevole la vostra capacità di decisione. Basta
un evento a farvi cambiare completamente opinione e decisione. -
- Basta seguire il cuore, come direbbe Patty. Ed io ne
convengo. Il Barcellona è un ottimo club a livello europeo. Preferisco
restare qui, così potrò stare insieme a Patty. - rispose sicuro.
- Penso che ne sarà felice. -. Holly annuì e George
comprese che evidentemente ne avevano già parlato. Un pensiero lo assalì!
Patty gli aveva detto che ben presto sarebbe andata via. Ora comprendeva che
probabilmente sarebbe andata a vivere con lui. Impallidì.
- Posso salutare sua moglie? - chiese Holly riportandolo
alla realtà.
- Ehm…ah sì, certo. - borbottò ancora in preda a quei
pensieri. Holly si distaccò da lui e si affacciò alla stanza di Alison.
Figlia e matrigna erano l’una di fronte all’altra. Nessuna delle due
parlava.
- Salve signora Gatsby. Come sta? - chiese cordialmente
sorprendendo anche Patty.
- Ciao Oliver. Sono stata meglio, grazie. - rispose
gelida.
- Mi spiace. Patty io devo allontanarmi. Ti chiamo quando
finisco con Roberto e la dirigenza. Tra l’altro, devo trovare un alloggio
per stasera e domani e chiamare mia madre. -. Lei gli sorrise compiaciuta e
quasi divertita dal suo daffare.
- In bocca al lupo e fammi sapere com’è andata. -
- Sicuro. - rispose ricambiando il tenero sorriso.
- Se non sai dove andare a dormire, puoi restare da noi!
- esclamò Alison sorprendendo i due ragazzi. Patty si voltò verso di lei.
Non aveva preparato la camera della figliastra, eppure invitava il suo
fidanzato a pernottare nella stessa casa. Cosa stava architettando? Era una
maniera per metterla a disagio e si era ravveduta dei suoi comportamenti?
Holly guardò Patty ancora attonita da quello che Alison aveva appena
detto..
- La ringrazio signora. Accetto volentieri. Allora, a
dopo. - aggiunse uscendo dalla stanza.
- Io vado a casa, così mi riposo un po’. - disse
George sopraggiunto dietro il campioncino.
- Papà, per favore, ieri pomeriggio ho lasciato i miei
bagagli in accettazione. Potresti prenderli? -
- Certo cara. Alison, scusami, ma ho proprio bisogno di
un po’ di riposo. -
- Non preoccuparti caro, c’è Patty con me! - esclamò
confondendo ancora di più la ragazza che a questo punto non sapeva più
cosa pensare. Holly e George scomparvero dalla stanza e un profondo silenzio
calò tra le due. Non c’era l’aria elettrizzata e tagliente del giorno
prima: stranamente non avvertiva la sua ostilità. Quella stanza era priva
di finestre che si affacciavano all’esterno. Si sentiva reclusa. Aveva
bisogno di respirare, di allontanarsi da Alison perché non comprendeva il
suo comportamento. Aveva paura di quello che non riusciva a capire, le
sembrava un peso insormontabile da poter sostenere da sola. Holly era andato
via e lei era lì, alle strette.
Forse era quello che voleva suo padre: uno scontro diretto
tra loro che le avrebbe messe a confronto.
- Hai bisogno di qualcosa? -. Le parole vennero fuori da
sole. Sentì le labbra inumidirsi e riaffiorare il suo autocontrollo.
- No grazie. Perché non ti siedi? - le chiese indicando
con lo sguardo la sedia accanto al suo letto. Patty chiuse gli occhi
cercando di riacquistare le energie momentaneamente perse.
- Cosa sta succedendo? - chiese non resistendo più a
quella che pensava essere una stupida farsa.
- Nulla, perché? -
- Non capisco dove sia finito il tuo atteggiamento
alquanto astioso, avverso e ostile nei miei confronti! - rispose
fulminandola con gli occhi. Alison strinse le lenzuola nei pugni. Temeva
quella ragazza. L’aveva confessato a George e a se stessa.
- Fino a qualche ora fa non vedevi l’ora che andassi
via dalla tua vista e adesso mi inviti a sedermi? - continuò non ottenendo
risposta.
- Perdona il mio scetticismo ma non posso fare a meno di
pensare che si tratti di un qualcosa ordito alle mie spalle. Vado in quella
che dovrebbe essere la mia casa e trovo la mia stanza ancora a soqquadro e
poi inviti Holly a pernottare da noi? -
- Calmati, non ho intenzione di litigare o creare altri
dissidi. Siamo abbastanza mature per deporre le armi e cercare di convivere
pacificamente. -. Patty era ancora più esterrefatta. Si chiedeva quale
portentoso medicinale le avessero somministrato.
- Cosa vuoi dire? -
- So di non essermi comportata nella maniera più idonea,
ma credimi, non è mai stato nelle mie intenzioni ferirti o crearti dei
disagi. Il mio è stato solo ed esclusivamente un atteggiamento assunto come
autodifesa. -
- Fammi capire bene: mi hai trattata con indifferenza,
ostilità e forse anche avversione, solo ed esclusivamente per difenderti? -
domandò circospetta e cauta cercando di creare la propria difesa nell’eventualità
di un’accusa.
- Sì. -
- Ah sì? Mi sembra un comportamento un po’ strano, il
tuo? -
- Hai ragione. - rispose abbassando le palpebre. - Mi
dispiace. -
- Cos’è questa? La giornata internazionale dell’ammissione
di colpe? - chiese sarcastica.
- Sto cercando di spiegarti il motivo di tanti
comportamenti. Non si tratta di una giustificazione nei tuoi confronti, solo
di una spiegazione. Non sono mai stata molto loquace e allegra, neanche
durante l’adolescenza e la perdita di mia sorella, la persona a cui tenevo
di più nella mia vita, mi ha immalinconita, avvilita e incupita
maggiormente. Lei è morta mentre giocava con degli amici. Aveva la tua
età, il tuo carattere, il tuo entusiasmo, l’amore per la vita e per gli
altri: si chiamava Patricia. -. Quelle parole risuonarono risolute nella
stanza. Nella sua mente ancora echeggiava quel nome, il suo stesso nome.
- Il mio non volere che tu frequentassi gli amici, che
viaggiassi con loro, è sempre derivato da quel brutto ricordo. Lei è morta
così. Durante una gita con gli amici, è caduta in un burrone. Ho sofferto
tanto, non ho mai dimenticato, e non volevo che quei tristi ricordi
riemergessero nella mia mente. -. Il suo tono era rilassato, non artefatto
da oscuri pensieri. Stava raccontando la verità, quella parte del suo
passato che per tanto tempo aveva represso in fondo al cuore e alla mente
nella speranza che potesse cancellarlo per sempre.
- Mi…dispiace. Io non lo sapevo. - esclamò fievolmente
sentitamente scossa da quella confessione e sentendosi mortificata per
quello che aveva pensato e detto su di lei.
- Sono io a doverti delle scuse. Ti ho sempre invidiata
Patty. Tu crescevi e anche se non c’era tua madre, se io non ti amavo come
una figlia, se tuo padre era lontano per lavoro, tu non ti scoraggiavi mai,
cercavi sempre una maniera per andare avanti. Esattamente come lei. Mi sono
sempre sentita più debole rispetto a te. La tua amicizia per quei ragazzi,
l’amore per Holly: sentimenti che sono cresciuti dentro di te e per i
quali hai dato tanto. Io non sono mai stata capace di amare qualcuno come
te. Mentre tu crescevi, io rimpiangevo la mia mancata giovinezza. La mia
Patricia era tornata. La vedevo in te. Ha ragione tuo padre. Se solo io
avessi voluto, ti avrei potuto amare come amavo lei e l’avrei fatta
rivivere. -. Le lacrime le rigavano il volto silenziosamente. Patty la
guardò con la vista annebbiata. Non pensava che quella donna fredda e
distaccata, potesse nutrire dei sentimenti profondi e che la vita l’avesse
messa così a dura prova! Aveva sentito affiorare dentro di se il sentimento
della rabbia e dell’ira perché a causa di Alison la sua vita aveva subito
dei cambiamenti drastici, aveva rischiato di perdere Holly. Invece era
davvero una donna sola, che aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, a cui
aprire il cuore e la mente per poter esprimere liberamente i pensieri.
- Anch’io ti devo delle scuse. Non ho mai fatto nulla
per capirti e mi sono dedicata solo a me stessa e ai miei amici. -
- Forse…dovremmo provare a recuperare il tempo perduto.
- le disse guardandola e accennando un lieve sorriso. Era bella Alison, di
una bellezza diversa da quella di sua madre, ma pur sempre una donna
affascinante. Senza distogliere lo sguardo da lei, si accomodò alla sedia
sistemata vicino il letto e istintivamente afferrò la sua mano tra le sue.
- Avete deciso il nome del mio fratellino? -
- Non ancora. Lo faremo insieme, tutti e tre, anzi, tutti
e quattro. Adesso c’è anche Holly! - esclamò facendola arrossire. - Tuo
padre mi ha detto che ha attraversato mezzo mondo per venire da te. Allora
avevo proprio torto su di lui. -
- Beh, evidentemente sì. E’ vero, dal Brasile alla
Francia e poi qui in Spagna. -
- Come in un film. Siete sorprendenti. Cos’ hai
provato? -
- A cosa ti riferisci? - le chiese cercando di
districarsi al meglio tra domande imbarazzanti e supposizioni scomode e
spinose che Alison avrebbe potuto farle.
- Ti avrà pur detto qualcosa, o dato un bacio o un atto
di amore, no? Non sarà venuto da così lontano per rimanere sempre il
solito timido, incapace in amore! -
- Alison! E’ un po’ imbarazzante. E’ successo tutto
così in fretta. Comunque è vero, ho provato delle forti emozioni ieri. Ero
così affitta per averlo abbandonato alla fine della partita, senza neppure
gioire con lui della vittoria, che sono andata all’aeroporto in preda alla
disperazione. Proprio mentre mi stavo imbarcando, l’ho visto dietro di me,
che mi inseguiva. Voleva me, Alison. Prima di partire per la Francia mi
telefonò e mi disse che…che mi voleva bene. - le disse facendo leva sul
suo coraggio. Le era difficile parlare così apertamente dei suoi
sentimenti, soprattutto con Alison. Ma non aveva paura. Per quanto
difficile, stava provando un senso di sollievo nel rivelarle i suoi sogni e
le sue emozioni.
- Non immaginavo quanto vere fossero le sue parole.
Pensavo fosse il desiderio di riabbracciare una vecchia cara amica, seppur
consapevole dei miei sentimenti. Mi sbagliavo. Mi sono sempre sbagliata sui
sentimenti che lui provava per me, non ho mai capito quello che realmente
provava per me, fino a quando…non l’ho visto in aeroporto. L’ho
sentito urlare il mio nome mentre mi imbarcavo. Non penso di essermi sentita
mai così male come ieri. - disse chiudendo gli occhi. Un viaggio dentro se
stessa, nel suo cuore, tra i suoi ricordi più vivi e recenti, quelli che l’avevano
portata a vivere una giornata disperatamente straordinaria. Riprese fiato
cercando di riorganizzare in un attimo i pensieri che vorticosamente
viaggiavano nella sua mente.
- Lui era lì, a pochi passi da me. Finalmente lo vedevo
dopo tre anni e non potevo corrergli incontro, abbracciarlo…sentirmi sua.
Stavo solcando il portellone dell’aereo quando ho udito ancora la sua
voce. Mi sono voltata e lui era in bilico sul corridoio mobile appena
ritirato. Mi ha gridato che mi amava. Un ultimo, disperato gesto di amore.
Proprio come tre anni fa. Prima di partire, rischiando di perdere l’aereo
per il Brasile, lui corse da me per abbracciarmi un’ultima volta. Sento
ancora su di me la brezza di quella primavera, il calore del suo abbraccio,
le sue parole di affetto. -. Alison l’ascoltava mentre sognante descriveva
le sue sensazioni cullate quasi da una magica melodia. Dov’era lei quando
erano accadute tutte quelle vicende? La sua disperazione nell’abbandonare
il ragazzo che le gridava di amarla. Cosa aveva potuto provare in quel
momento? Una prostrazione infinita, una sensazione di vuoto e di nulla, l’incapacità
di vedere il proprio futuro, di poter ancora sognare o vivere la
quotidianità con serenità. Lo stesso perdimento in cui era caduta lei alla
morte di Patricia, la sofferenza, la solitudine, l’ombra del buio che pian
piano prendeva forma dentro di se.
- …e poi, quando sono tornata a casa ieri sera, priva
di forze e privata del dono più grande che il Signore mi abbia fatto, del
mio Holly, nel momento più sconfortante della mia vita, l’ho visto seduto
lì, sui gradini del portone, sotto la pioggia: mi aspettava. Era venuto da
Parigi solo per me. Mi ha fatta sentire importante, unica. Lo amo ancora di
più di prima e non lo lascerò mai. Ho bisogno di Holly come dell’aria
che respiro, ho bisogno di farmi percorrere dai brividi che un suo sguardo
mi può provocare. Lui è parte di me, e se non ci fosse, sarebbe come se
non esistessi io. Non smetterei mai di parlare di lui, di come gioca a
calcio, della sua amicizia, del suo calore, ma in particolare dell’amore
profondo che prova per me. Mi emoziona parlarne, ma mi rendo conto che il
sentimento che provo per lui è così appassionante, è come un’onda di
amore che ti travolge e che di volta in volta ti vivifica, ti risolleva e ti
spinge ad amare ancora di più. Sono consapevole di dipendere dall’amore
che sento per lui e ne sono felice. -. Alison la guardò senza proferire
parola. Non avrebbe potuto dire nulla. Una confessione fatta tutta d’un
fiato, recitata come se si trovasse sul più grande palcoscenico teatrale.
Ancora una volta l’aveva stupita. Seppur imbarazzata, ma senza timore, le
aveva parlato dei loro sentimenti descrivendoli con pathos impari, parole
dettate dal cuore, proferite da una voce carezzevole, innamorata di una vita
che d’ora in avanti le avrebbe riservato solo gioie. Sorrise alla giovane
figlia e si accarezzò il ventre cercando di sentire la creatura che man
mano cresceva dentro di se. Aveva ragione George. Non avrebbe potuto
desiderare una figlia migliore e lei non aveva alcun diritto di proferire
sul loro amore. Intuì che la notte aveva sigillato quel grande sentimento
ma decise che non le avrebbe domandato nulla. Doveva aver fiducia in lei
perché potesse dargliene a sua volta. Le sorrise. Capì che quella stella
era tornata a brillare, a rifulgere in alto nel cielo e che con il suo
calore avrebbe riscaldato i cuori della loro famiglia e illuminato il loro
futuro.
Barcellona, sei anni dopo
- Dai Amy corri o arriveremo in ritardo! - la incitò
Julian afferrandola per mano.
- Odio questi tacchi. Perché non ho indossato delle scarpe
più comode. -
- Forza, siamo quasi arrivati. E’ impensabile che una
delle testimoni arrivi in ritardo. -
- Scherzi? Mai quanto Jenny e Philip. Con quel pancione
sfido che Jenny possa arrivare in tempo. -
- Sono sicuro che sono già lì. - le disse ironizzando
sulle frasi della moglie. Finalmente arrivarono al sagrato della chiesa dove
un rigoroso servizio d’ordine chiese loro di esibire l’invito. Julian
afferrò per mano Amy e corsero verso l’altare. Le navate erano gremite di
invitati ci cui parte volti conosciuti di ex e nuovi compagni di squadra.
Videro Philip e Jenny chiacchierare vicino l’altare con Bruce e Evelyn.
- Finalmente siete arrivati! - esclamò Jenny seduta al
banco dei testimoni.
- Amy aveva un problema con le sue scarpe. -
- Avete finito di prendermi in giro? -. I sei amici risero
divertiti e si scambiarono battute ironiche per rasserenare l’atmosfera.
- Holly dov’è? - chiese Julian a Bruce e Philip.
- E’ con Tom e Benji. Nervosissimo. Sta scavando una
trincea nella sacrestia della chiesa. -
- Ho idea che qualcuno dovrà andarli a chiamare perché la
sposa sta arrivando. - disse Evelyn guardando verso l’entrata.
All’intonare della marcia nuziale e al lento incedere della
sposa lungo il tappeto rosso, la funzione ebbe inizio. Lui la guardava come se
si trattasse di una creatura nuova, quasi aliena, a lui sconosciuta. Invece era
lei, la ragazza che anni prima aveva scoperto di amare, colei di cui non
riusciva più a fare a meno, il cui solo parlare sembrava accarezzargli il cuore
e la mente. Avvolta nel lungo abito di un color oro tenue continuava a camminare
dolcemente fin quando George Gatsby non la consegnò al suo braccio. Sorrisero
alla piccola Sarah, la sorellina nata sette anni prima. Le sollevò il velo
facendolo ricadere sulle spalle scoperte e la guardò intensamente. I loro occhi
brillavano di una luce tanto intensa da poter abbagliare tutti i presenti, i
loro sorrisi erano sinonimi di dolcezza, amicizia, sentimenti, amore indefinito.
La baciò sulla guancia, la prese per mano e si voltarono verso il prete per
dare inizio alla celebrazione.
- Adesso che siete marito e moglie, se volete, potete
esprimere i vostri sentimenti, qui dinanzi a tutti coloro che amorevolmente vi
hanno accompagnato nel loro cammino. - disse loro il prete alzando le mani in
segno di benedizione. Si voltarono l’uno di fronte all’altra e si presero
per mano. I cuori palpitavano all’unisono e i loro occhi brillavano della
stessa luce intensa, l’uno per l’altra.
- Sembra quasi irreale, un sogno dal quale non volersi
risvegliare mai più. Eri qui accanto a me ancora prima che io nascessi. Tu,
il mio primo pensiero il mattino e l’ultimo della sera. Tante volte ti ho
chiesto scusa per non aver sempre compreso i tuoi sentimenti, per aver
anteposto altro all’amore che ho per te. Ma quando ho scoperto che dentro di
me stava nascendo questo meraviglioso sentimento, di amarti, ho provato un
indefinibile calore, una sensazione meravigliosa. E ancora una volta tu eri
accanto a me, a regalarmi il tuo cuore, il tuo affetto, la tua amicizia, a
condividere ogni momento di questa mia meravigliosa vita. Anche se può
sembrare retorico, credimi, amore mio, sono le parole più sincere e vero che
il mio cuore può esprimere: ti amo e ti amerò per sempre. - le disse
emozionato. Patty non distoglieva gli occhi da quel ragazzo che sette anni
prima le aveva detto che l’amava.
- Io…Holly, amore mio, tante volte, quando tu eri
lontano, mi affacciavo alla finestra della mia stanza e speravo di vederti
passare, aspettarmi sul ponte come sempre…tale era la solitudine che
provavo, l’assenza di te…e così durante quei lunghi pomeriggi, quando
sola tornavo a casa, speravo di poter incontrare il mio capitano che
dolcemente, silenziosamente, si è sempre preso cura di me. Per ogni singolo
attimo della mia umile vita, dal giorno in cui l’ho scoperto, non ho mai
smesso di amarti e la tua lontananza ha solo rafforzato i miei sentimenti
verso di te. Sei ricomparso nella mia vita in un momento in cui il buio era
più vicino della luce, in cui lo sconforto e la disperazione avevano
offuscato ogni speranza alimentando i rimorsi e il rancore. Come un raggio di
sole sei arrivato tu, che hai aiutato un bocciolo a fiorire, un’adolescente
a diventare donna. Holly io ti appartengo, tu sei parte di me ed io parte di
te, un unico pensiero che ci accarezza, una sola anima che vive per vivere il
nostro grande amore. -. L’aveva ascoltata attentamente e non aveva potuto
fare a meno di commuoversi. Gli occhi erano annebbiati dalla vista. Le prese
il volto tra le mani e la guardò attentamente, disegnando le morbide,
semplici linee di quell’ovale nobile e gentile. I suoi occhi scuri
rifulgevano e le labbra rosse coperte da un velo lucido, parevano sussurrare
parole d’amore.
La baciò con passione e la strinse a se sigillando quel momento che
indelebile sarebbe rimasto nei loro cuori e in quelli di quanti erano stati
testimoni della loro semplice storia d’amore. |