Capitolo
cinque: And the thrill of the chase moves in mysterious ways
Ryo Shirogane doveva essere grato
che le pareti delle sale riunioni fossero insonorizzate; forse per
fare in modo che informazioni riservate non ne uscissero, decisamente
non progettate per contenere le sue urla ma perfettamente funzionali.
L'oggetto della sua ira funesta
era, ovviamente, Minto, tornata quel lunedì mattina al lavoro con
un'aria troppo soddisfatta per poter calmare l'americano.
“Ti
rendi almeno conto del pericolo che avresti potuto correre? E se si
fosse accorto che gli avevi messo addosso una cimice?”
La
ragazza alzò gli occhi al cielo: “Per l'ennesima volta, lo
so,
ma non è successo niente.”
“Non
puoi andare in giro a fare quello che vuoi!”
“Non
stavo facendo quello che volevo, stavo andando a piantare ancora più
microspie di quanto sarei riuscita a fare se fossi rimasta al
locale!”
“C'è
momento e luogo per iniziative del genere che possono mettere a
repentaglio la tua copertura, e questa
missione
non ne ha bisogno!”
Le guance di Minto si arrossarono mentre
anche il suo tono di voce aumentava: “Questa missione ha bisogno di
essere risolta il più presto possibile, ecco di cosa ha bisogno! E
io
sono stata quella che ha rischiato la pelle, portandosi a casa altre
quattro microspie! Adesso abbiamo uno dei luoghi in cui si
incontrano, costantemente sorvegliato, e
un numero di telefono. Quindi, prego,
Shirogane.”
Ryo sospirò, spostandosi la
giacca all'indietro mentre poggiava le mani sui fianchi. “Potrei
licenziarti per insubordinazione.”
La ragazza scosse le spalle,
adagiandosi sullo schienale della poltrona: “Fallo, ma poi il
numero lo tengo io.”
“Smettila
di tirare la corda.”
Minto alzò le mani in segno di
difesa, girando pigramente sulla sedia mentre un sorrisetto
soddisfatto le si disegnava in volto.
Shirogane scosse la testa,
facendo un cenno verso le altre ragazze: “Purin, dì a Taruto che
metta qualcuno a controllare le microspie continuamente, non voglio
perdere neanche una parola. Voi altre, chiedete le registrazioni di
questi ultimi giorni e ascoltatele, segnatevi qualsiasi cosa possa
sembrarvi importante, o strana, anche minimamente preoccupante.”
“Dobbiamo
ascoltare anche la registrazione di sabato sera?” sghignazzò
Purin, ignorando la risatina nascosta di Ichigo e l'occhiataccia di
Zakuro.
Ryo fece finta di nulla, così
come fece finta di non notare le tre dita che Minto aveva alzato e
che Retasu si affrettò prontamente ad abbassare con una faccia
sconvolta, e con un gesto della mano fece loro intendere che era
meglio che se ne andassero.
Prima che Retasu fosse uscita,
però, Shirogane la trattenne. “Volevo solo dirti che hai fatto un
ottimo lavoro, sabato sera. Ero un po' sovrappensiero per dirtelo
subito, ma sei stata davvero brava.”
Le guance della ragazza si
tinsero piacevolmente mentre abbozzava ad un inchino. “Grazie,
Shirogane-kun. Ho fatto solo il mio dovere.”
“Be',
sì, spero di vederti ancora così piena di iniziative positive.”
Retasu raggiunse le altre alla
loro postazione, scuotendo la testa con fare ammonitorio nel sentirle
discutere di questioni poco adatte all'ambiente lavorativo.
“Purin,
potresti andare a prendere le registrazioni, per favore?”
“Sì,
sì, aspetta, voglio sentire come finisce la storia,” le rispose
brevemente la biondina, che sembrava pendere dalle labbra di Minto.
Zakuro alzò gli occhi al cielo,
afferrando velocemente il portafoglio per scendere velocemente al bar
del piano terra. Le serviva un caffè, e non le andava decisamente di
doversi sorbire l'acqua sporca della macchinetta in dotazione che
ancora non si decidevano di riparare.
Aveva talmente tanto a cui
pensare che la salita e la discesa dal suo ufficio le sembrarono
passare in un momento, tra visi confusi e parole incomprensibili tra
la miriade di altri discorsi che le scorrevano in mente. Si sentiva
nervosa, e non le era mai piaciuto. Era sempre stata abituata ad
avere il controllo di sé e della situazione, e le poche volte in cui
lo perdeva le sembrava di fallire.
Solo il calore dei bicchieri di
carta che aveva in mano la manteneva in contatto con la realtà
mentre attraversava veloce il corridoio, i grossi tacchi degli
stivali che risuonavano leggeri contro la moquette consunta e ruvida.
Sbatté le nocche contro il
vetro, attenta a non rovesciare il caffè, e non aspettò risposta
per entrare, chiudendo la porta con un colpo d'anca.
Appoggiò una delle tazze sulla
scrivania di Ryo, sedendosi poi in una delle comode poltrone
girevoli. Era il loro modo di fare pace, quello; senza dirsi molto,
si portavano solamente delle tazze di caffè in segno di scuse –
americano, nero, bollente.
“Ho
bisogno di un paio d'ore di permesso, nei prossimi giorni,” iniziò
dopo qualche secondo, prendendo un tentennante sorso per non
bruciarsi la lingua.
Ryo sollevò appena lo sguardo
dalle carte che aveva davanti, il rapporto di sabato sera senza
dubbio. “Devi firmare i documenti?”
Zakuro non lo guardò in volto,
limitandosi ad annuire mentre sospirava. “Sì.”
Shirogane batté le dita contro
il tavolo, fissandola. “Nel mezzo di un'operazione?”
“Non
ho scelto io la data, sai.”
Lui sospirò, digitando svelto
sulla tastiera. Non sapeva quanto i superiori fossero tenuti a sapere
della vita privata dei loro agenti, ma si rendeva anche conto che il
rapporto che manteneva con le ragazze non era proprio da manuale.
Stava
piovendo incessantemente quando suonò il campanello. Non aspettava
nessuna visita, decisamente; era da più di un anno che abitava a
Tokyo ormai, ma non aveva avuto molto tempo per farsi tanti amici. O
almeno, amici che si prendevano la libertà di suonare a casa sua un
giovedì sera alle dieci.
D'altronde,
non si sarebbe nemmeno aspettato di vedere nello schermo del citofono
Zakuro, grondante d'acqua.
Le
chiese subito se c'era qualcosa che non andava, quando arrivò sulla
soglia del suo appartamento. Gli venne naturale chiederglielo in
inglese, visto che molte volte si trovavano a parlarsi in quella
lingua senza pensarci troppo. C'era qualcosa che li accomunava, ma
non sapeva il perché nemmeno di quello, o che cosa fosse
esattamente. Fujiwara non si apriva mai con nessuno, e lo stesso
faceva lui... forse, erano capaci di farlo solo l'uno con l'altra.
“Promettimi
che questa conversazione sarà off-the-records,
e che in questo momento tu non sei il mio capo.”
Shirogane
alzò le sopracciglia, allungandosi in bagno per prenderle un
asciugamano: “Mi stai chiedendo qualcosa di importante.”
“Lo
puoi fare o no?” insistette lei.
“D'accordo.
Prima cambiati, però, non voglio essere il non-responsabile della
tua polmonite.”
Le
porse una vecchia felpa di Harvard e un paio di pantaloni della tuta
in cui probabilmente lei avrebbe navigato, ma non aveva di meglio da
offrirle.
Si
stava decisamente preoccupando. Non era da lei chiedergli determinate
cose; nei mesi in cui l'aveva conosciuta, aveva capito che le piaceva
testare i limiti senza però uscirne del tutto. Sperò che non fosse
qualcosa di troppo grave.
Quando
Zakuro ritornò in cucina, i lunghi capelli avvolti come in un
turbante nell'asciugamano, la guardò con sguardo interrogativo,
senza chiederle oltre – di sicuro pressarla era la scelta peggiore.
“Sono
andata a letto con Akasaka-san.”
E
di sicuro, Zakuro non usava mai mezzi termini.
Il
sorso di decaffeinato che Ryo aveva appena preso gli andò di
traverso, facendolo tossire. “C-come scusa?”
“O
forse andati a letto non è il termine migliore, visto che è
successo in ufficio.”
Shirogane
si lasciò sfuggire un gemito e si passò una mano tra i capelli: “Ti
prego, dimmi che nessuno vi ha visti.”
Lei
scosse la testa: “Eravamo solo io e lui, gli dovevo consegnare
tutti i documenti per l'ultimo caso chiuso.”
Gli
occhi azzurri si fissarono su di lei: “Lo sai che adesso dovrei
trasferirti, giusto?”
“No, perché questa conversazione non è
mai accaduta e tu non sei il mio capo.”
Quasi
gli scappò un sorriso. “D'accordo, allora... perché sei venuta a
dirlo proprio a me?”
Zakuro
si strinse nelle spalle, chiudendo le dita attorno alla tazza:
“Perché non sapevo a chi altro dirlo senza iniziare una lunga
sequela di domande, e non potevo non dirlo a nessuno.”
Shirogane
annuì. Il rumore della pioggia fece loro da sottofondo per qualche
minuto, mentre il suo cervello cercava un modo educato di iniziare
l'altro argomento che gli premeva. “Lo so che probabilmente non
vorrai parlare nemmeno di questo, ma... pensavo fossi sposata,
Zakuro.”
Lei
scosse nuovamente le spalle: “No, non ne voglio parlare. Non
fingerò di essermi innamorata di Akasaka-san, per carità...
probabilmente sappiamo entrambi che è stata davvero solo una cosa di
una volta. Non ti dirò nemmeno di essere stata presa alla
sprovvista, perché era da un po' che ci giravamo intorno, così.
Credo che, in fin dei conti, mi servisse solo una scusa.”
Si
chiuse nel suo silenzio, girando pigramente il cucchiaino nel liquido
scuro. Shirogane sapeva che il discorso era stato chiuso lì, e lui
non voleva premere oltre per non esserne ulteriormente coinvolto.
“Man,
I won't be able to sit at that desk anymore, now.”
Zakuro
rise a quella battuta, e poi continuò a ridere di cuore,
trascinandolo con sé tra sollievo e il timore di vedersela cadere in
una crisi isterica.
La stampante vibrò mentre il
foglio usciva a scatti prima di essere afferrato con una mossa veloce
da Shirogane.
“Domani
pomeriggio, pausa pranzo allungata fino alle cinque. Di più non
posso fare, lo sai.”
Lo allungò a Zakuro, che lo
prese annuendo. “Grazie,” fece un cenno verso la tazza di caffè
quasi intoccata “Pensi di finirlo?”
“Oh,
sì,” sospirò lui, allentandosi la cravatta “Dopo lo scherzetto
di Minto e vista la quantità di roba che dovremo osservare, ne ho
più che bisogno.”
“Dovresti
darti a tè e tisane, forse ti calmerebbero più i nervi.”
“E'
proprio la tua amica che beve tè come se non ci fosse un domani, e
guarda com'è andata a finire.”
Zakuro abbozzò un sorriso: “Come
se non sapessi che sotto sotto sei rimasto stupito dal suo fegato.”
“Non
credo fosse il fegato
quello per cui lei andava...”
§§
Taruto si stropicciò gli occhi,
sbadigliando senza remore. Era da solo nel laboratorio in quel
momento, ed anche se ci fosse stato qualcuno, non gli sarebbe
importato molto. Erano ormai giorni che tenevano sotto controllo la
situazione nella camera dell'hotel che Minto era riuscita a infestare
di cimici.
Non succedeva molto, a dire la
verità; era molto probabile che quella stanza non fosse nient'altro
che il luogo in cui Kisshu Fukazawa abitava e dormiva per il tempo
necessario in cui doveva trattenersi a Tokyo, ma Shirogane non voleva
perdersi nemmeno un fotogramma.
Sbadigliò ancora, lanciando
un'occhiata all'orologio che aveva al polso. Almeno Fukazawa sembrava
avere una routine regolare. Si svegliava alle sei e mezza, usciva e
non tornava fino alle nove di sera, solitamente con qualcosa da
mangiare dietro. Questo voleva dire che, se tutto fosse andato come
al solito, Taruto avrebbe avuto ancora due ore da passare osservando
uno schermo fermo, tranne per l'eventuale cameriera, e le altre
quattro di totale inerzia sarebbero toccate a qualcun altro.
E
stavano pure registrando il tutto, pensò un po' stupito, così che
se qualcosa fosse davvero
successo, Shirogane avrebbe potuto vederlo con i suoi occhi.
Ringraziò che non fosse comparsa
nessuna ragazza insieme a Kisshu; per lui sarebbe stato
maledettamente imbarazzante, Purin l'avrebbe preso in giro e il capo
si sarebbe senz'altro irritato. Per non parlare di Minto, quella
ragazza poteva avere reazioni imprevedibili per le cose più strane.
Shirogane doveva avere proprio
tanta pazienza con loro, si disse. Non sapeva se un altro capo
avrebbe sopportato tutte le loro storie.
“Taru-Taruuuuu,”
la voce di Purin rimbombò tra i computer della sala vuota mentre la
biondina arrivava saltellando, in mano due sandwich impacchettati “Ti
ho portato da mangiare, ho immaginato che come al solito te ne
saresti dimenticato.”
“Grazie
mille,” esclamò lui, realizzando solo in quel momento quanto in
realtà fosse affamato “Come vanno le cose al piano di sopra?”
“Oh,
sai com'è, il solito. Shirogane brontola, Ichigo borbotta, Minto
beve il tè. Ormai stiamo diventando tutti un po' ciechi a forza di
stare davanti al computer.”
“Mhmm,”
rispose Taruto, la bocca già piena di cibo “Non succede niente di
interessante.”
“Infatti
la sorveglianza è la parte più noiosa, ma almeno non dobbiamo stare
in macchina nascosti dietro un giornale.”
“Tu
guardi troppi film, Purin.”
“Forse,”
la ragazza rise, inclinandosi in avanti per avvicinare il viso a
quello di lui “Ma è Minto quella che si comporta come James Bond.”
“Guarda
che se ti sente si arrabbia.”
“Ma
è vero! Però è brava a raccontare storie. Particolari piccanti a
parte.”
Taruto alzò gli occhi al cielo:
“Va bene, raccontamelo.”
“Quindi
è questo che vi insegnano alle accademie del balletto?”
Minto
rise, spostandosi una ciocca di capelli sudati dalla fronte. “Chi
lo sa.”
Kisshu
le scoccò un'occhiatina divertita, piantandole un dito nel fianco
per farle il solletico: “Di sicuro ti hanno insegnato a essere
sfacciata.”
“Ah,
senti chi parla!” lei lo spinse via, arrotolandosi poi nel lenzuolo
per coprirsi mentre si avviava verso il bagno. Prese con sé la sua
pochette e la biancheria intima; non aveva la minima intenzione di
allontanarsi dai suoi effetti personali visto il loro contenuto, e
sapeva che era ormai ora di andarsene... purtroppo.
Fece
scorrere l'acqua del lavandino, spruzzandosene un po' sul viso per
cancellare le tracce di trucco sbavato. Si rivestì in fretta e poi,
lanciando un'occhiata veloce alla porta chiusa del bagno, aprì la
borsetta.
Aveva
afferrato le microcamere poco prima di uscire, giusto in caso, si era
detta. Al tempo non aveva saputo cosa farsene, ma ora sarebbero
potute tornare utili.
Si
guardò intorno, cercando di individuare un angolo utile. Taruto era
davvero bravo a minimizzare le dimensioni dei loro aggeggi, ma non
voleva comunque correre altri rischi.
Il
water sembrava l'appoggio giusto, calcolò velocemente; se fosse
riuscita a salirci e ad arrivare nell'angolo dietro la porta, la
telecamera avrebbe avuto il panorama adatto della stanza e forse –
forse
– sarebbe stata abbastanza nascosta.
Sapeva
che ci stava mettendo troppo tempo, quindi cercò di affrettarsi,
maledicendo per l'ennesima volta la sua bassa statura. Azzardò a
posare un piede sulla cassetta del water, facendo partire lo scarico
in modo da nascondere i suoi sbuffi di fatica. Temeva che avrebbe
ceduto sotto il suo peso, ma con un ultimo sforzo e un'impuntata di
piedi, la microcamera si attacco alle piastrelle del muro e diede un
leggero bip
per indicare che era accesa.
Saltò
giù, riassettandosi velocemente e prendendo la borsetta per poi
uscire dal bagno.
Kisshu
la osservò nuovamente da capo a piedi, facendo una smorfia
scontenta: “Oh, non dirmi che te ne vuoi già andare.”
Lei
sorrise, prendendo il vestito abbandonato sul tavolo: “Sono le
cinque del mattino, direi proprio di sì. Le ballerine hanno bisogno
del giusto riposo, sai.”
“Immagino,”
con l'ennesimo ghigno da schiaffi, Kisshu si alzò, incurante del
fatto che il lenzuolo fosse rimasto nel bagno mentre si avviava
lentamente verso di esso.
Tirandosi
su la zip del vestito, anche Minto si concesse un'ultima occhiatina
prima di decidere di tentare un'ultima volta la fortuna. La poltrona
nell'angolo della stanza, proprio accanto alle pesanti tende color
crema, faceva al caso suo.
Tendendo
l'orecchio verso il bagno,nuovamente si arrampicò sulla poltrona,
tenendosi in equilibrio sullo schienale mentre si allungava il più
possibile per posizionare la seconda microcamera sul bastone a cui
erano attaccate le tende.
Saltò
giù proprio nel momento in cui sentì aprirsi la porta, atterrando
con grazia su un bracciolo come se fosse sempre stata seduta ad
aspettare il ragazzo – che, almeno, aveva avuto la decenza di
coprirsi con il lenzuolo questa volta.
“Posso
almeno avere il tuo numero?” le chiese ironico.
Minto
si strinse nelle spalle: “Dipende. Cosa ottengo in cambio?”
Kisshu
alzò gli occhi al cielo, ridendo. Afferrò il bloc notes dell'hotel,
strappandone una pagina, e vi scrisse velocemente il proprio numero.
Allungò il foglietto alla mora che, con un sorriso simile al suo,vi
scribacchiò il proprio per poi strappare il pezzetto che aveva
usato.
“Ti
chiamo un taxi mentre scendi,” le disse poi, prima di avvicinarsi
ulteriormente e baciarla.
§§
Ichigo bussò a raffica alla porta di Ryo, aprendola senza aspettare
risposta: “Shirogane-kun, devi venire subito.”
“Cos'è successo?” le domandò lui, alzandosi di scatto e
raggiungendola.
“E' ovvio che dopo una settimana e mezza di sorveglianza in cui non
è successo niente, adesso abbiano deciso di muoversi.”
In due minuti raggiunsero il laboratorio, dove erano già raccolte
tutte le altre ragazze.
Retasu lasciò a Shirogane il posto accanto a Taruto, che digitò
velocemente sulla tastiera per rimandare indietro il viso che stavano
visionando.
Sullo schermo apparve la figura di Kisshu, che stava entrando nella
sua stanza digitando sul cellulare. Lo osservarono portare il
telefono all'orecchio, camminare ancora un po' per la camera
probabilmente aspettando una risposta, e poi appoggiarsi con una
spalla contro il muro.
«Ehi,
Pai», la voce
risuonò
incredibilmente chiara «Abbiamo un nuovo
cliente.
Vediamoci tra mezz'ora.»
Taruto
fermò il video con un tasto: “E' di dieci minuti fa.”
Zakuro
si voltò verso il biondo: “Credo che sia ora di muoversi. Se hanno
un nuovo cliente, vuol dire che sono pronti a vendere. Dobbiamo agire
prima che possa succedere, e dobbiamo farlo in fretta, perché non
sappiamo quando accadrà.”
“Fare
le cose troppo in fretta non porta mai a qualcosa di buono.”
“Non
abbiamo tempo, Shirogane-kun,” insistette Minto.
Il
biondo prese il telefono alla sua sinistra: “Io chiamo Keiichiro,
voi continuate a guardare in caso Pai arrivi lì.”
Si
alzò dalla sedia, parlottando velocemente mentre le altre
riprendevano il video in diretta, che mostrava però soltanto una
camera vuota.
“Shirogane-kun
ha ragione, non abbiamo abbastanza informazioni,” commentò Retasu,
mordendosi un labbro.
Ichigo
annuì: “Per questo dobbiamo ottenerle. Dobbiamo avvicinarli di
nuovo.”
“Non
correre,” la voce di Shirogane era tesa “Nemmeno a Keiichiro
piace questa situazione. Non siamo nemmeno sicuri che non si siano
accorti di essere intercettati.”
Minto
si strinse nelle spalle: “Non ne hanno dato segno fino ad ora. Si
sono comportati in modo normale, hanno parlato abbastanza
liberamente. Non ne possiamo essere certe al cento per cento, ma non
possiamo lasciarci scappare l'occasione.”
Ryo
le puntò un dito contro: “Niente colpi di testa, d'accordo?”
Lei
gli fece un finto saluto militare: “Signorsì.”
Lo sooooo, sono
terribile, ci ho messo una vita :( Ma sono stata pressissima dalle
vacanze (LOL), dal moroso e dal dolce far nulla... ma siccome domani (o
meglio, stanotte) devo partire ancora, oggi mi sono messa d'impegno e
ho scritto tuuuuuuuuutto il capitolo ^_^
Ringrazio tutte voi che avete commentato perché mi avete dato la carica
:) Spero che le vostre vacanze siano andate bene, e che gli ultimi
giorni siamo buoni :)
A presto, un bacione!!
Hypnotic Poison
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