7.
Hairstyle: William Birkin
William
si guardò ancora un po’ allo specchio.
Sfiorò
con una mano il viso coperto da una barbetta incolta e ispida. Due
profonde occhiaie gli incupivano lo sguardo, spegnendo anche quegli
occhi chiari dei quali si era innamorata sua moglie. Già. Era
stata proprio Annette a suggerirgli di apportare qualche miglioria al
suo aspetto, così aveva deciso di assecondarla.
Giunto dal suo
barbiere di fiducia, fu accolto dalla voce squillante di
quest’ultimo che lo salutò esclamando
“Ehilà Birkin! E’ da un po’
che non ti fai vedere, eh?”
“Beh,
sono stato piuttosto impegnato...”
“Oh,
voi scienziati... Sempre studio e ricerca, ricerca e studio! Dovresti
rilassarti un po’, sai? Guardati, hai tutti i capelli secchi
e sfibrati” lo rimproverò strofinandogli
energicamente il capo con un palmo aperto e tastando qualche ciuffo con
i polpastrelli “e da quand’è che non ti
radi come si deve?”
“Sono
qui proprio per questo. Speravo potessi mettermi in sesto”
ribatté Birkin, poco avvezzo a quel genere di attenzioni.
“Ma
certo che posso! Dimmi, oltre a ridefinirti la barba, cosa vuoi che ti
faccia? Cambiamo taglio? Facciamo una tinta? Uno shatush?”
“Shat-
che? Ma non è roba
da donne, quella?” tentò di
protestare, imbarazzato.
“Non
è affatto vero, ormai va molto di moda anche tra gli
uomini!” rispose l’altro col tono di chi la sapeva
lunga. Poi, vedendo l’esitazione di William, aggiunse
“Va bene, ascolta. Per ora ti faccio solo qualche colpo di
sole, giusto per ravvivare questo biondo smorto che ti ritrovi. Guarda,
li sto fissando proprio ora anche al tuo collega” concluse il
barbiere indicando la sala alle sue spalle con un cenno del capo.
“Collega?
Chi...?”
Birkin si
addentrò nel salone, aggirò una colonna e...
trasalì nel vedere un paio di occhiali scuri molto familiari.
“Ciao
William”
Quella voce.
Sempre, incredibilmente calma.
“Albert...?”
E i capelli. Perfetti.
Se non fosse
stato per delle strisce di carta d’alluminio che in quel
momento gli fasciavano ridicolamente alcune ciocche.
“Beh?
Cosa c’è da guardare?” disse
l’interessato scuotendo il collega dall’improvviso
shock - e conseguente mutismo - che lo aveva colto.
“O-oh...
niente”
Indietreggiò
lentamente fino a raggiungere il barbiere che, sicuro di averlo
così convinto, gli chiese con un sorriso “Allora,
che ne dici? Si crea un bell’effetto, eh?”
“No.
No, grazie”
Diede una
risposta secca, sicura, sdegnata.
Sperando
ardentemente che Wesker non l’avesse sentita.
Note dell'autrice:
Ho sempre
pensato che l'amicizia - sempre sui genereis, vista la storia di RE
- tra Albert e William fosse sincera quindi credo che Birkin,
se non fosse morto dopo le metamorfosi indotte dal Virus-G,
probabilmente sarebbe stato l'unico che Wesker avrebbe accettato come
partner per i suoi successivi studi ed esperimenti durante gli anni a
venire. Dunque, in questo capitolo, lo shock di Birkin non è
dovuto tanto alla paura nei confronti del collega quanto più
alla scoperta della sua vanità.
Ma, dopotutto,
Wesker dovrà pur curare la sua fantastica chioma dorata,
no?
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