C 15
Capitolo 15
Hurricane
Welcome
to the inner workings of my mind
So
dark and foul I can't disguise
Can't
disguise
Nights
like this
I
become afraid
Of
the darkness in my heart
Hurricane.
Hurricane, Ms. Mr.¹
Il
destino mescola le carte e noi giochiamo.
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena
Una mattina, qualche
giorno dopo la notte trascorsa a casa di Jacob, ero a scuola e
stavo andando verso la mensa in compagnia di Holly e Scott. La
campanella dell'intervallo era suonata da poco, ma noi tre avevamo
lasciato di corsa il laboratorio di chimica per evitare che il
professore ci assoldasse per pulire le provette e mettere tutto in
ordine. Camminavamo lentamente lungo il corridoio affollato e nel
frattempo Holly raccontava le ultime follie della Campbell, la
professoressa fuori di testa che insegnava teatro e tormentava i poveri
studenti della Forks High con le sue stupide iniziative, per le quali
nessuno a parte lei provava il benchè minimo interesse, e i
suoi
orrendi caftani dai mille colori.
«Sapete cosa ho appena sentito? Che sta mettendo su un
laboratorio
di ceramica e che stamattina è andata in giro per tutta la
scuola in cerca di partecipanti», raccontava Holly con
un'espressione eloquentissima sul viso. «Mentre andavo a
matematica
l'ho vista venire verso di me e ho avuto il terrore che mi incastrasse!
Per fortuna mi sono nascosta all'ultimo secondo nel bagno delle ragazze
e credo
che non mi abbia
vista». Proruppe in un gran sospiro teatrale e scosse la
testa con
aria esasperata. «Un laboratorio di ceramica, ma vi rendete
conto?
Ceramica! È la cosa più barbosa che abbia mai
sentito.
Una simile attività può interessare soltanto a un
dinosauro».
«Be', questo spiega perchè interessa a
lei», osservò Scott ed io e Holly ridacchiamo.
«L'hai scampata bella», concordai, prendendo Holly
sotto braccio
e lanciandole uno sguardo di intesa. «La Campbell ci
dà il
tormento, due volte su tre siamo noi quelle che finiscono intrappolate
in uno dei suoi stupidi progetti...».
«Già! E sai una cosa? Penso che sia tutta colpa
tua».
«Mia?».
Lei annuì, seria e compunta. «Sì,
perchè
è la tua aura di secchiona senza speranza che attira i
professori e dal momento che io e le altre siamo tue amiche circonda
anche noi, capisci? Ecco perchè la Campbell ci
perseguita».
Annuii a mia volta, ostentando la massima serietà.
«Ah, sì, certo. Questo spiega tutto».
«Non siete le uniche, ragazze», intervenne Scott.
Guardava
davanti a sè con aria pensierosa, seguendo il
filo dei propri pensieri. «Ho sentito dire che la Campbell ha
provato ad incastrare anche altra gente. Pare che sia andata a cercare
adesioni in un paio di classi dell'ultimo anno, dicendo che il
laboratorio avrebbe dato punti per il college», si interruppe
un
istante per lanciarci un'occhiata significativa, e noi
ricambiammo con espressione sprezzante, «ma le
è andata male perchè... be', ho sentito che
qualcuno...
non so cosa le abbia risposto esattamente, ma la Campbell è
quasi svenuta». Non aggiunse altro, all'improvviso sembrava
in
imbarazzo e fissava il pavimento con aria seria, sebbene si sforzasse
di trattenere
una risata.
Holly era deliziata. «Davvero? Cosa le hanno risposto? Voglio
saperlo!».
«Niente di piacevole, penso», disse Scott con gli
occhi che gli brillavano. «Ma non lo so
esattamente».
«Uffa! Almeno sai chi è stato?».
«Già, chi è stato?», domandai
a mia volta,
incuriosita. Perchè di colpo sembrava che Scott non volesse
più parlare dell'argomento?
«Non lo so, ragazze».
«Non è vero, lo sai», ribattè
Holly. Lo guardava
dritto in faccia con aria determinata. Scott non sarebbe riuscito a
fargliela. «Perchè non vuoi dirlo? Ok,
d'accordo»,
sbottò, irritata, voltando la testa di scatto. «Lo
chiederò a Jas. Lei sa sempre tutto».
Annuii. «Sì, Jas lo saprà senz'altro.
Ma come fa? È
impossibile starle dietro», mormorai, meditabonda.
Scott sbuffò e scosse la testa come se disapprovasse la
nostra
curiosità. «E va bene, se volete saperlo ve lo
dico».
Tacque per un attimo, mi lanciò uno sguardo rapido e alla
fine
parlò. «È stato
Alex».
L'espressione curiosa si congelò sul mio viso nel giro
di un secondo. Lo guardai in silenzio, a lungo incapace di spiccicare
una parola.
«Sul serio? Sul serio Alex ha fatto questo?»,
mormorai.
Istintivamente guardai Holly: aveva un'espressione per
metà stupita e per metà di sincero rammarico. Se
avesse
anche solo sospettato di chi stava parlando Scott, non lo avrebbe
costretto a tirare fuori quel nome per niente al mondo, ne ero certa.
«Sì», rispose Scott. Era visibilmente a
disagio e adesso
cercava di evitare il mio sguardo. «Cioè, l'ho
sentito dire,
ma... non so se è vero. Potrebbe essere una balla».
«Certo», confermò Holly, annuendo con
aria decisa.
Scrollò i lunghi capelli color mogano che portava sempre
sciolti sulle spalle e li gettò all'indietro. La sua mano
strinse affettuosamente il mio braccio. «Ha ragione,
Renesmee,
magari non è vero. Sai quante sciocchezze circolano negli
spogliatoi dei ragazzi».
Sentivo che nessuno dei due credeva davvero che fosse una balla, ma
apprezzai silenziosamente il loro tentativo di tirarmi su e mi sforzai
di avere un'aria tranquilla. Qualunque cosa Alex avesse combinato
sarebbe stata in linea con il suo comportamento degli
ultimi tempi. Dal giorno in cui avevamo chiuso in modo definitivo, alla
riserva, quando lui e Jacob erano stati a un passo dall'uccidersi a
vicenda, non aveva più tentato di avvicinarsi a me o di
parlarmi. Se per caso ci incrociavamo nei corridoi o in mensa, non mi
rivolgeva la parola, non mi guardava e tirava dritto con fare spavaldo
come se fossi parte del muro. Sembrava che volesse cancellarmi
dalla sua esistenza. E anche se all'inizio la ferita causata da questo
comportamento era stata
profonda, con il tempo avevo capito che era la cosa migliore. In
fondo, avevo desiderato proprio questo, che mi dimenticasse. Eppure non
mi sentivo sollevata, perchè
Alex non stava bene, per niente.
Da alcune settimane aveva seri problemi a scuola: mi giungevano
continuamente voci di lezioni saltate, infrazioni alle regole e
relative punizioni; una volta aveva preso parte a una rissa nel cortile
della scuola e un'altra volta si era fatto beccare dal
preside mentre usciva da scuola prima dell'orario con una birra in una
mano e una sigaretta nell'altra. Non potevo sapere esattamente come
andassero le cose in famiglia, ma non era tanto difficile immaginare le
reazioni di Julie davanti a un evidente recupero delle sue pessime
abitudini del passato.
Alex stava dando un esempio concreto di quel
comportamento instabile e pericoloso per se stesso e per gli altri che
due anni prima gli aveva creato tanti problemi. Sembrava che non fosse
in grado di affrontare una perdita senza reagire in quel modo: ostentare la
più totale
noncuranza verso il proprio stesso dolore, voltare le spalle al
mondo e
mandare al diavolo tutto e tutti. E non potevo fare a meno di pensare
a quanta fragilità si celasse dietro il solito atteggiamento
spavaldo e sicuro di cui adesso vedevo le estreme
conseguenze. Fingeva che niente potesse toccarlo e non si rendeva conto
di quanto profondamente mostrasse le proprie ferite, in quel modo,
invece di nasconderle.
All'inizio Holly e Jas mi avevano tenuta aggiornata su Alex e tutto
quello che combinava con il loro telegiornale quotidiano di
pettegolezzi, poi avevano capito quanto mi faceva male ascoltarle e
avevano smesso. Ma la nostra scuola era troppo piccola e troppo
tranquilla perchè storie così gustose potessero
passare
inosservate e prima o poi, in un modo o in un altro, venivo a sapere
sempre tutto, che lo volessi o meno. E ogni volta provavo una fitta al
cuore.
Ero continuamente assillata dal dubbio di aver commesso un
errore, l'ennesimo, troncando la nostra relazione. Quando lo vedevo nei
corridoi, di tanto in tanto, e cercavo di incrociare il suo sguardo per
stabilire un contatto, mentre lui guardava con ostinazione ovunque
tranne che verso di me, provavo l'impulso fortissimo di tornare da lui,
chiedergli scusa, baciarlo e ricominciare da capo. Sarebbe stato
così semplice porre fine a tutto questo. Semplice, eppure
dannatamente inutile. La nostra felicità avrebbe sempre
avuto i
giorni contati: gli stessi problemi che mi avevano indotta a lasciarlo
adesso si sarebbero ripresentati, identici, tra un anno, o due, o
cinque, sempre che la sua vicinanza al mondo sovrannaturale non lo
uccidesse prima, e avrei dovuto lasciarlo comunque. Per di
più,
i miei incubi su di lui non erano affatto cessati e ripensare a quelle
immagini orribili costituiva un ottimo incentivo a non cedere ai
desideri e a tenermi lontana da lui. Mi aggrappavo alla speranza che
quelle settimane turbolente fossero soltanto una fase, che Alex
smaltisse il dolore come preferiva e andasse avanti.
«Sì», mormorai, pensierosa, in risposta
alle parole di
Holly. Mi riscossi, sforzandomi di non apparire troppo turbata.
«Sì, probabilmente non è
vero».
«Certo, e probabilmente Babbo Natale si sta preparando a
consegnare
i regali con la slitta e le renne! Andiamo, Renesmee, credi proprio a
qualunque cosa?», esclamò una voce divertita alle
nostre
spalle.
Caroline Johnson ci superò camminando a passo svelto, un
sorriso
odioso sul volto ben truccato e la solita banda di cheerleader
ridacchianti e starnazzanti alle calcagna. Chissà da
quanto camminavano dietro di noi per ascoltare.
Holly le rivolse un'occhiata così gelida che avrebbe
tramortito
anche un sasso. «Come, prego? Hai detto qualcosa? Mi sembra
di
averti sentito parlare, ma non capisco la lingua delle oche,
scusami».
«Cerchi di fare la spiritosa per compensare la tua mancanza
di
attrazioni fisiche, Holly Matthews?», rispose Susan, una
delle
migliori amiche di Caroline, una ragazza minuta e diafana con una gran
massa di capelli rossi e ricci, il viso lentigginoso e un nasino
all'insù che le dava sempre un'aria da aristocratica offesa.
La mia amica stava per ribattere a tono, infuriata, ma a quel punto
intervenni. Sapevo che l'autocontrollo non era uno dei suoi pregi
maggiori, ma più se la prendeva, più quelle
lì
avrebbero avuto soddisfazione.
«Lascia perdere, Holly», dissi con tono tranquillo,
continuando a
tenerla saldamente sottobraccio, «non vale la pena di
rispondere».
«Quello che non capisco io,
invece», riprese Caroline, guardandomi con occhi
scintillanti,
«è come hai potuto lasciarti sfuggire Alex Hayden!
Cosa
è successo esattamente è un mistero, vero,
ragazze?»,
chiese, rivolta alle sue amiche. «Ma io mi sono fatta la mia
idea
e
sai che ti dico? Che non devi prendertela troppo».
Scrollò
le
spalle minute fasciate da una golf verde chiaro, il suo colore
preferito. «Dopotutto, chissà quante esperienze
avrà
avuto prima di te... Non è colpa tua se non eri abbastanza
per
lui».
Avevamo smesso di camminare, ormai, ed io la fissavo con astio profondo
mentre intorno a noi divampavano le risatine del suo gruppetto.
«Credo che tu abbia perso il cervello da qualche
parte», risposi,
la voce fredda e a stento controllata. «O forse non ne hai
mai
avuto uno? Chissà». Alzai le spalle con fare
casuale, come se
mi stessi davvero ponendo quella domanda. Accanto a me sentii Scott
scoppiare a ridere di gusto e Holly strinse appena la mia mano nella
sua per farmi capire che approvava. «Andiamo»,
aggiunsi a bassa
voce, senza smettere di fissare Caroline con aria di sfida.
Mi allontanai di qualche passo, tirandomi dietro Holly e con Scott alle
nostre spalle, quando sentii ancora la sua voce.
«Non preoccuparti per Alex, Renesmee... Ti assicuro che
sarà
consolato al più presto. Quando me lo porterò a
letto
prometto di chiamarti e raccontarti tutto, d'accordo?».
E rise allegramente, entusiasta della propria sagacia, circondata dai
risolini e dai commenti soddisfatti delle amiche. Poi non riuscii a
capire esattamente cosa stava succedendo per qualche secondo. Sentii il
braccio di Holly sfilarsi da sotto il mio e la sua voce che gridava:
«Brutta stronza!». Un attimo dopo non era
più al mio
fianco, ma si era lanciata contro Caroline, sbraitando insulti e
agitando le braccia per colpirla, i lunghi capelli scuri che le
saettavano intorno come una frusta.
Esplose una gran confusione. Caroline strillava e si dibatteva per
sfuggire alla furia di Holly, che le aveva afferrato una ciocca di
capelli biondi, mentre le sue amiche indietreggiavano tra urla ed
esclamazioni di orrore. La folla che occupava il corridoio
sembrò ritrarsi con un boato di sorpresa creando uno spazio
vuoto intorno alle due ragazze, come per godersi meglio lo spettacolo.
Caroline inciampò e cadde sul pavimento con uno strillo
acuto,
trascinandosi dietro Susan, ed Holly le franò addosso senza
smettere di tirarle i capelli, poi Scott fece un balzo in avanti
comparendo dal nulla, la prese per la vita e dopo una breve lotta
riuscì a strapparla via, urlando qualcosa impossibile da
sentire
al di sopra del frastuono della folla e delle grida isteriche di
Caroline.
Mi precipitai ad aiutare Scott e insieme trascinammo Holly il
più lontano possibile da Caroline, mentre lei si agitava per
cercare di liberarsi e raggiungerla di nuovo, completamente fuori di
sè, e Caroline strillava a pieni polmoni.
«Pazza! Pazza! Sei una pazza da legare!».
Mi resi conto con orrore che Holly stringeva in mano una manciata di
capelli biondi strappati, e per quanto la situazione fosse drammatica,
mi venne improvvisamente da ridere e faticai a trattenermi.
«Lasciatemi! Lasciatemi! Scott, mollami!»,
sbraitava la
mia amica, dibattendosi con determinazione. «Le faccio vedere
io
a quella grandissima... sgualdrina...
Ti pentirai di aver aperto bocca! Lasciatemi!».
«Ma insomma, che sta succedendo qui?».
Per completare il quadro, il preside Green era appena piombato su di
noi come un falco pronto a beccare a sangue qualcuno. Aveva gli occhi
strabuzzati e le narici così dilatate per la rabbia e lo
sconcerto che non mi sarei stupita affatto se avesse cominciato a
sbuffare fumo; sembrava un toro scalpitante nell'arena.
Spostò
gli occhi da Caroline, ancora sul pavimento, piangente e con le mani
tra i capelli come per verificare i danni, a Susan che cercava di
rialzarsi, barcollando, con seria difficoltà,
perchè
tutti i capelli le erano finiti sul viso, ad Holly, agitata e
scarmigliata, a me e a Scott, che avevamo praticamente ingaggiato un
corpo a corpo con lei per trattenerla. Lentamente capì. Si
gonfiò come un palloncino e di colpo esplose.
«Una rissa! Nel corridoio! Signorina Matthews! Signorina
Johnson! Vergognoso! Inammissibile! Inaudito!».
Era talmente furioso, con il viso rosso e congestionato, che gli
mancava il fiato e gridava a scatti come un robot mal funzionante.
«E anche lei, signorina Cullen! E lei, signor Green! Ma come
osate? Come osate?
Inammissibile!».
«Lei
mi ha aggredito senza nessun motivo! Io non ho fatto
nulla!», strillò Caroline, sfoggiando la sua
migliore
espressione da vittima innocente e puntando un dito accusatore contro
Holly.
Lei, che alla comparsa del preside aveva smesso di agitarsi, trattenne
rumorosamente il fiato, indignata, e si sarebbe scagliata di nuovo
contro la sua avversaria se Scott, che la teneva saldamente per la
vita, non l'avesse trattenuta.
«Sta' zitta! Sta' zitta, lurida bugiarda! Ti strappo tutti i
capelli!».
«Basta! Basta!»,
ruggì il preside, ormai paonazzo. «Non intendo
tollerare
simili comportamenti nella mia scuola! Punizione! Tutti e
quattro!».
Scott imprecò a bassa voce.
«No, signore, la prego... Loro non c'entrano»,
ansimò Holly, angosciata. «È colpa
mia...».
«Non mi interessa! Non voglio sentire altro! Non ho mai visto
nulla del genere! Filate a pranzo! Tutti quanti!».
Il preside continuò a sbraitare a scatti agitando il pugno
chiuso finchè io e Scott non riuscimmo ad entrare nella
mensa,
che era proprio davanti a noi, attraversando la folla che iniziava a
diradarsi rapidamente e tirandoci dietro Holly. Mi sembrava di essere
circondata da mormorii eccitati e risatine e di avere gli sguardi di
tutti puntati addosso; perciò tenni gli occhi ben fissi a
terra,
una mano stretta saldamente intorno al braccio di Holly, fino al nostro
solito tavolo, dove sedemmo tutti e tre vicini. Dovevamo avere un'aria
strana, perchè gli altri ci fissavano a bocca aperta come se
avessero visto un fantasma.
«Che vi succede?», esclamò Maggie,
scandagliandoci
uno dopo l'altro con un cipiglio da poliziotto. «Abbiamo
sentito
un gran casino».
«Be'...». Cercai di spiegarle l'accaduto, ma non
riuscii a
tirare fuori una parola. Ero ancora sotto shock, probabilmente.
«Holly, che hai fatto ai capelli?»,
indagò Jas, lanciandole un'occhiata strana.
Holly sussultò e si toccò i capelli arruffati e
in
disordine; era la prima volta, da quando la conoscevo, che la vedevo in
quelle condizioni. «Perchè? Cos'hanno che non
va?».
Si sporse per afferrare un coltello dal vassoio di Jas, seduta di
fronte a lei, e si specchiò nella lama.
«Oddio!»,
sbottò con voce soffocata. «Sono un disastro!
Paul, non mi
guardare!». Subito prese a sistemarli con gesti frenetici.
«Si può sapere che è
successo?», intervenne
Paul, ignorando la richiesta della sua ragazza.
Finalmente ci pensò Scott a rispondere. «Holly ha
fatto a
botte con Caroline», disse in tono piatto e incolore.
Tutti trattennero il fiato contemporaneamente, come se si fossero messi
d'accordo.
«Che cosa?», esalò Jas, stupefatta.
«E le ha strappato un bel po' di capelli», aggiunse
Scott, sempre con lo stesso tono.
«Che cosa?».
«Oh, insomma! Non sono capelli suoi, ha le
extensions!»,
esclamò Holly, ancora impegnata a rimettersi in sesto.
Maggie rise, con grande sorpresa di tutti. «Davvero? Be', hai
fatto bene. Era ora che qualcuno le desse una lezione».
Holly lanciò un'occhiata esitante tutt'intorno, a disagio,
forse
per saggiare le reazioni di ciascuno di noi. Arrossì un
poco.
«Io... non volevo, ma lei... mi ha provocata...».
«Quando mai Caroline non provoca qualcuno»,
commentò
Tom, sotto voce. Era seduto accanto a Jas e stranamente aveva un'aria
molto seria,
come se quella faccenda lo preoccupasse davvero.
Sbuffai pesantemente. «No, non ha provocato te, ha provocato me
e tu hai fatto questo per difendermi», intervenni, rivolta a
Holly. «Non avresti dovuto. Ti ringrazio di avermi difesa, ma
non
avresti dovuto».
Lei scrollò la testa, ancora imbarazzata. «Non
è
stato solo per questo. Sai che non la sopporto, lei e le sue amiche
cerebrolese».
«Non dovevi farlo comunque. Renesmee ha ragione»,
osservò Danielle, con calma. Lei e Tom erano gli unici, al
tavolo, che non sembravano minimamente divertiti da quella storia.
Erano soltanto preoccupati. «Potevi finire nei
guai».
Inaspettatamente, guardò Jas con aria colpevole e non
aggiunse
altro.
«Siamo già finiti nei guai. Tutti e
tre», la
informò Scott. «Il preside ci ha visto e ci ha
messo tutti in
punizione, compresa Caroline».
«Maledizione», commentò Paul, alzando le
sopracciglia.
Holly sospirò. «Mi dispiace che siate stati
coinvolti
anche voi due. Dovevate lasciarmi stare come vi avevo detto».
«Certo, così l'avresti uccisa e poi ti sarebbe
toccato ben
altro che il doposcuola», ribattei. «Non dire
sciocchezze... Tanto, prima o poi avrei dovuto sperimentare una
punizione», aggiunsi con un piccolo sorriso di intesa verso
di lei.
«Ah, giusto! È
la tua prima volta», esclamò Paul. Mi
guardò con
aria furba e un sorriso sghembo che gli tagliava il viso.
«Allora, com'è passare da studentessa modello a
pericolosa
delinquente?», domandò con tono inquisitorio
adatto ad un
reporter che conduceva un'intervista.
«Chiudi il becco, Scott», borbottai, scrollando il
capo.
Per un po' restammo in silenzio. I vassoi erano quasi intatti e nessuno
mangiava, eravamo tutti troppo presi a rimuginare sull'accaduto. Poi,
all'improvviso, Jas incrociò le braccia con un sospiro e
parlò.
«Be', oggi è davvero una pessima giornata. Credo
che io e Tom vi faremo compagnia in punizione».
Sollevai la testa e la fissai, sorpresa. «Cosa? E
perchè?».
Lei lanciò un'occhiata di traverso a Tom prima di
rispondere,
esitando leggermente. «Una sciocchezza. Abbiamo... avuto una
piccola discussione mentre facevamo la fila, la Campbell passava di
qui, ci ha sentiti e se
l'è presa», raccontò con fare
disinvolto, come se
non desse tanto peso alla faccenda. «Vecchia rompiscatole. Se
avesse
una vita sua non penserebbe così tanto a quello che fanno
gli
altri», aggiunse, mugugnando, dopo un attimo di pausa.
L'atmosfera sembrò raffreddarsi lentamente e mi accorsi che
gli
altri si erano irrigiditi, come se qualcosa, nelle parole di Jas, non
tornasse. Ero confusa, ma poi scorsi Tom lanciarle uno sguardo talmente
gelido che ne rimasi stupita. E all'improvviso capii che la loro non
era
stata una piccola discussione.
****
L'ultima ora, io,
Tom, Jas, Danielle e Paul avevamo letteratura
francese insieme. Quando la lezione terminò, mi avviai con
Tom
e Jas verso l'aula delle punizioni nel silenzio più
assoluto.
Per la verità non ci aspettava niente di terribile, soltanto
tre
ora di noia mortale seduti in un'aula senza nulla da fare
mentre
tutti gli altri tornavamo allegramente a casa, ma a giudicare dalle
facce depresse di Tom e Jas sembrava che fossimo diretti nel braccio
della morte. Ancora non sapevo cosa li aveva fatti litigare, a pranzo,
Jas non ne aveva fatto parola e io non avevo chiesto nulla, ma negli
ultimi tempi le loro discussioni si incentravano sempre su vere e
proprie sciocchezze: se Jas chiamava Tom al telefono con dieci minuti
di ritardo o se Tom perdeva una penna che Jas gli aveva prestato, erano
capaci di strillarsi contro fino a spaccare i propri timpani e quelli
di chiunque capitasse nelle vicinanze, come se fosse accaduto qualcosa
di irreparabile ogni volta. A me sembrava che l'unica cosa irreparabile
fosse la loro relazione.
Tom spalancò la porta dell'aula dove si tenevano i
doposcuola
punitivi e fece entrare me e Jas. Caroline, Scott e un ragazzo
dell'ultimo anno che mi pareva si chiamasse John, il classico bulletto
muscoloso dall'aria molto poco intelligente, erano seduti nei banchi,
sparpagliati qua e là e ben lontani l'uno dall'altro. Solo
Scott
ci rivolse un mesto cenno di saluto. Il bulletto ci lanciò
uno
sguardo annoiato e nient'altro, tutto preso dalla musica che ascoltava
con le cuffiette, mentre Caroline guardò ostinatamente
davanti a
sè con il naso all'aria e un'espressione di profondo
disprezzo.
Jas fece un sospiro pesante, sedette accanto a Scott ed io e Tom la
seguimmo con aria svogliata. Tom aspettò che io
occupassi
il banco vicino a quello della mia amica prima di sedersi, in modo da
trovarsi accanto a me e non a lei. Sospirai a mia volta e risposi con
un'alzata di spalle all'occhiata interrogativa di Jas. Ormai ero
così stanca di quella situazione da non avere più
l'energia di mettermi in mezzo e darmi da fare per aiutarli. Che
facessero come volevano, pensai, fissando torva la superficie
del banco, ricoperta di scritte e disegni volgari.
Un paio di minuti più tardi la porta si aprì ed
entrò Holly. Subito intercettò Caroline e la
guardò con aria così minacciosa, mentre l'altra
ricambiava con uno sguardo truce, che quando sedette a un banco vuoto e
decisamente troppo vicino a Caroline, Scott si alzò,
allarmato,
e si spostò ad un altro banco che si trovava esattamente tra
loro due, come per fare da isolante. Jas scosse appena la testa,
abbattuta, mentre Tom inarcò un sopracciglio
ed ero certa che pensasse che Scott aveva del fegato a piazzarsi tra
quelle due, rischiando che ci andassero di mezzo i suoi, di capelli.
Trascorsero altri cinque minuti di silenzio di tomba. Il bulletto
ascoltava la sua musica con la testa che andava su e giù,
Caroline aveva tirato fuori il rimmel e uno specchietto, Tom
scarabocchiava sul banco, Jas guardava fuori dalla finestra con aria
assente, Holly continuava a sprecare energie lanciando occhiate astiose
in direzione di Caroline e nel frattempo si passava una mano tra i
capelli con movimenti lenti e regolari, come per controllare che
fossero a posto, e Scott
giocherellava con le fibbie della sua cartella e di tanto in tanto
guardava Holly con espressione preoccupata. Io avevo tirato fuori il
libro di francese e cercavo di leggere, ma non riuscivo assolutamente a
concentrarmi, nonostante tutto quel silenzio. Stavo giusto pensando di
fare un sonnellino, quando la porta fu spalancata di nuovo e con una
certa veemenza. Voltai la testa e il cuore mi balzò
in gola per la sopresa. Era Alex, la cartella a tracolla su una spalla
e il giubbotto sull'altra, i capelli un po' scompigliati, come se si
fosse appena alzato dal letto, e l'aria annoiata. Il suo sguardo
percorse l'aula lentamente, esaminando i presenti con blando interesse,
e infine si soffermò su di me.
«Wow», commentò a bassa voce, senza la
minima
traccia di una qualunque emozione nel tono o sul viso,
«questo
sì che è interessante».
Note.
1. Link.
Spazio autrice.
Ciao a tutti, sono tornata! Allora, per prima cosa mi dispiace di non
aver aggiornato mercoledì, ma purtroppo non ho avuto
Internet per qualche giorno e il problema si è risolto solo
stamattina. Ultimamente sono proprio perseguitata da una specie di
maledizione degli aggiornamenti xd, ma per il prossimo prometto massima
puntualità, se Internet non mi fa scherzi.
Veniamo al capitolo! Come avrete notato, gli eventi non fanno grandi
passi avanti, è un capitolo di passaggio, ma in
realtà qualcosina succede. Innanzitutto veniamo a sapere
qualcosa di interessante su quello che sta combinando Alex ultimamente,
come ha preso la rottura con Renesmee e qual è la sua
situazione emotiva. Scopriamo anche quali sono i sentimenti di Renesmee
al riguardo: non è affatto sicura che averlo lasciato sia
stata la scelta giusta e l'unico motivo per cui non torna sui suoi
passi è che l'alternativa, cioè tornare con Alex,
rischia di essere soltanto più problematica della situazione
in cui si trovano adesso. Tra le due opzioni continua a scegliere
quella che le sembra più giusta per il futuro di Alex, ma
naturalmente ci sta male. E non è detto che riesca a
resistere! xd
In effetti questo capitolo è una sorta di premessa del
capitolo seguente, che invece sarà ricco di avvenimenti. In
particolare, succederà qualcosa che imprimerà una
vera svolta alla storia. Dopo, nulla sarà più
come prima. Spero che siate pronti... aspetto le vostre recensioni per
sapere cosa ne pensate ;-). A proposito, come al solito ringrazio per
tutti i commenti che ricevo, appena avrò tempo
risponderò. Alla prossima!
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