A Certified
Mind Blower
1. Sorority
girl and fraternity boy
potrei
suggerire che l'ho già vista prima
da qualche altra parte
giusto per fare la prima mossa
monologhi ubriachi, confusi perchè
non è che mi sto innamorando
voglio solo che tu mi faccia male
e sembri una che è capace di farlo
No.
1 Party Anthem, Arctic Monkeys
La
vita al college di Damon Salvatore si può brevemente
riassumere mediante pochi numeri. Quindici, le sbronze
nell’ultimo semestre. Undici, i giorni mancanti alla fine del
noioso, noiosissimo terzo anno.
Tre, gli esami non dati. Sette, i compagni di stanza cambiati in due
anni. Dodici, le lezioni saltate. Due, gli amici che si è
fatto in quest’arco di tempo. Innumerevoli, le ragazze che si
è fatto nel medesimo arco
di tempo. Inscrivibile, la voglia di voler andar via e buttare tutto
all’aria.
Ma.
Uno,
l’anno che gli resta da frequentare.
Il
suo Senior Year alla Brown… chi l’avrebbe mai
detto? Non suo padre, pensa
sarcasticamente Damon, mentre rotea gli occhi al cielo e apre la porta
della sua stanza. Mancano undici fottuti giorni, e sino
all’ultimo (nonostante sia costretto a vederlo anche a casa,
lui gli fa visita… assurdo)
deve sopportare le ramanzine di una matricola: Stefan Salvatore.
“Cosa
ti fa pensare di avere il controllo totale sugli Omega Chi,
sentiamo?” Damon vorrebbe non ridere, in effetti, ma gli
bastano pochi attimi per scoppiare in una sonora risata. Suo fratello
è… così ingenuo.
(matto è la prima parola che
gli è venuta in mente, dovrebbe ammettere, ma, senza offesa,
la coppia Stefan-matto non rende nemmeno l’idea…
L’immagine di suo fratello, del perfetto fratello minore, non
esprime pazzia. Peggio -- Damon non
è così cattivo,
forse non lo è e basta, il punto sta nel fatto che non lo
vuole ammettere. E fa quello che sa far meglio al mondo: mentire.
Quindi sì, matto, ingenuo… quel che si voglia)
“Il
fatto che loro mi vogliano come presidente della confraternita,
forse?” ghigna Damon stravaccatosi sul letto, i colori rosso,
bianco e marrone
che
catturano l’attenzione di chiunque entri nella stanza.
“Loro
co—cosa?”
Stefan
è così sorpreso che Damon potrebbe persino
offendersi. Ma non lo fa, stringe le labbra ed annuisce distrattamente.
“L’anno prossimo. Mio Senior Year, i loro semestri
indimenticabili. E’ un’offerta
promettente”
Stefan
incrocia le braccia. “Dovrai prenderti la
responsabilità di certe cose… sai?”
Alza
gli occhi al cielo. “Andiamo, non è
successo nulla” Ed ecco perché
Stefan non è in nessun Club del campus. Ecco perché
non verrebbe mai accettato negli OC, nemmeno avendo superato tutte le
prove di iniziazione.
“Nulla?
Aver tinto di verde le palestre della Brown è nulla? Tu che
hai dato l’ordine e non fai nemmeno parte degli Omega
Chi…?”
“Ecco
perché mi vogliono e mi vogliono presidente”
Damon scatta con un sorriso bonario sulle labbra “Non capita
tutti i giorni di incontrare una persona con
così… influenza? Carisma? A te la scelta,
Stef”
Questi
arranca un sospiro stanco. Calato il silenzio nel dormitorio, Damon non
riesce a non osservare il sangue del suo sangue: Stefan, invece, sembra
che stia scegliendo le parole da pronunciare con cura maniacale.
Deglutisce.
“Mancano
undici giorni – undici, dannazione, anche meno di due
settimane. Ti prego, Damon, abbi cura di te”
Undici
giorni e qualche mese dopo, Elena Gilbert ha due trolley stretti nelle
mani affusolate e un sorriso raggiante stampato sulle labbra piene, che
fa venire i brividi a chiunque posi lo sguardo su di lei. Si potrebbe
dire che è persino contagioso. Elena ama la Brown, davvero,
l’ha amata l’anno precedente come freshman e
l’anno ancor precedente quando alcuni professori del corpo
docenti le hanno fatto fare il tour completo dopo la lettera in cui
dicevano che l’accettavano con piacere nel loro college e
speravano “che la nostra lieta dimora divenga tale
anche per lei, miss Gilbert”.
Ma
se c’è una cosa che le manca, quella è
la sua amica Caroline, un anno più grande di lei, che
frequenta il Whitmore non avendo avuto altra scelta. Il Whitmore, lo
stesso a un’ora di distanza da Mystic Falls, lo stesso che
avrebbe accettato senza batter ciglio Elena se solo vi avesse fatto
domanda… Caroline non era stata semplicemente accettata
dalle sue prime cinque scelte. Brown, UCLA, NYU, Yale e persino la
NYADA per cui si era esibita in una perfetta, a
detta sua, performance di “Don’t rain on
my parade”… avrebbe fatto un baffo a Rachel
Berry se solo avesse avuto un
quarto del talento della suddetta.
Caroline
le aveva scritto una lettera – sì, forse erano le
sole a farlo in tutta l’America, ma a detta di entrambe
rafforzava il loro legame – in cui diceva che non le dava
fastidio, no di certo, era la sua migliore amica e il college dei suoi
sogni. Ma aveva dei bei ricordi al Whitmore e persino un affascinante
professore di Biologia. Quindi era tutto come prima. Splendido.
Elena
aveva degli amici, alla Brown. L’unico problema è
che non li aveva visti per tutta l’estate. Bonnie Bennett, ad
esempio, dagli occhi grandi e scuri e i capelli mossi che le ricadono
dolcemente sulle spalle. Le sorride, adesso, perché
è di fronte a lei, ed entrambe si trovano
all’ombra della porta marrone ed enorme chiusa di fronte a
loro.
La loro stanza
del dormitorio!
“Non
ci credo, per fortuna siamo assieme… non avrei sopportato
quelle del primo anno, sai? Ne ho viste alcune quest’estate,
durante i corsi di approfondimento che ho fatto… orrende. Delle
sgualdrine diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della
Brown. Sì, certo, come
no!” borbotta divertita mentre Elena inserisce le chiavi
nella toppa ed apre la porta.
Subito
si abituano alla luce soffusa data dalle imposte semichiuse della loro
vecchia stanza… ci sono i due cassettoni enormi beige, le
bacheche vuote con pochi puntini dati dalle foto che avevano appeso
l’anno precedente… il parquet, la stanza che altro
non è se non il bagno comune…
“Elena…”
…e
tre letti. Tre. Tre?!
“Bonnie,
che tu sappia avremo una coinquilina, quest’anno?”
domanda Elena con una sfumatura di preoccupazione nella sua voce.
“Sì”
ribatte una voce convinta più di quanto lo sia quella di
Elena. E anche quella di Bonnie.
“Tanto piacere, Katherine Pierce”
Katherine
Pierce non era nei piani di Elena e Bonnie, tanto per cominciare.
Perché già l’idea di avere un estraneo
quasi amico per coinquilino non è il massimo della
tranquillità (eppure Gilbert e Bennett si sopportano. E
adorano, per certi versi) sperata, ma averne un altro, l’anno
seguente, non le rassicura. E principalmente perché suddetta
ragazza è una “delle sgualdrine
diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della Brown”
intraviste agli stand estivi per il giardino della Brown
quell’estate da Bonnie. E, oh, santo cielo, quanto
è piena di sé! Per non parlare
dell’ordine maniacale, degli orari del bagno e quello delle
sere – se (e solo se) Katherine ha intenzione di portare un
ragazzo nella loro stanza.
Le
prime settimane di studi non sono affatto come sperate e la ragazza ne
è la causa: Elena cerca di evitare la propria stanza, la
freshman insopportabile e bellissima che attira numerosi curiosi nelle
vicinanze del loro corridoio e, soprattutto, lo sguardo di questa,
Katherine, se intercettata nel campus.
Eppure
ha una distrazione: le Omega Psi Delta, di cui sarà
co-presidentessa quest’anno. Si stampa un adorabile sorriso
sulle labbra quando va a lezione, Storia, per l’appunto.
“Salve
a tutti” – quello non
è il loro professore, realizza Elena sbattendo le lunghe
ciglia – “Sono Alaric Saltzman, senza cappa finale
e troppo giovane tanto da essere scambiato per un Senior.”
Questo scatena qualche risata fra i compagni di corso, Elena inclusa.
Dove diavolo è il signor Tanner?
“Il
vostro professore, signorina…?” osserva Elena e la
incalza a parlare. Lei deglutisce e risponde in fretta e atona, come un
automa.
“Gilbert”
“…Signorina
Gilbert, mancherà per il tempo necessario a
riprendersi. Brutti scherzi di confraternite, mi dicono. Meglio non far
nomi, questa storia potrebbe risultare persino più
interessante di quella vecchia e logora da studiare durante
l’anno”
Altre
risate si scatenano dopo il borbottio di dissenso di Saltzman, mentre
Elena apre il libro senza fiatare. Tanner l’adorava
– nonostante l’essere burbero e cinico. Aveva una
certa predisposizione per lei, per il suo essere buona e attenta,
rapida nell’alzar la mano e rispondere correttamente, senza
mai tentare di sfidarlo.
“Allora”
– riprende il professore dopo qualche attimo di lieve
confusione – “Chi sa dirmi qualcosa sulle
popolazione Azteche?”
E
la mano di Elena è già scattata in aria, facendo
sorridere Alaric e lasciandogli dimenticare una faccenda più
complicata e fin troppo divertente, un Omega Chi con l’aria
di essere chi ben presto sarà sulle bocche di tutti,
daccapo dopo una certa palestra
verde.
“Che
razza di pazzo farebbe ubriacare
e collassare un professore facendolo immischiare in una festa di
confraternita dove gira dell’alcool anche fra
minorenni?!”
“Non
ne ho idea?” – ribatte sarcastica
Caroline, al Whitmore e stesa sul suo letto, con un libro di
Microbiologia fra le mani – “Ma
se lo scoprissi sei obbligata a farmi sapere tutto su di lui –
il mio sesto senso dice che è qualcuno di profondamente
affascinante e scopabi-“
“Caroline!
Santo cielo, devo ricordarti che sei quasi fidanzata, pazza per il tuo
professore e non hai cinque sensi? Il tuo tatto manca terribilmente,
sarcasticamente parlando”
“Ed
è per questo che mi reputo offesa. Attacco fra
tre… due…”
“Caroline!”
“Uno…
ciao ciao, Lena, vado a divertirmi e ad usufruire del mio tatto
meraviglioso!”
Allunga
le gambe sul letto e chiude gli occhi, sospirando rumorosamente.
Caroline è … Caroline. Senza ulteriori parole che
possano descriverla. Anche perché, riflettendo, Elena lo
nota: non ce ne sarebbero altre.
All’improvviso,
così come è entrata nella sua vita, la porta del
loro bagno di apre, di scatto, facendo sobbalzare Elena per lo spavento
e mostrando una Katherine avvolta in un asciugamano bianco gocciolante.
Per qualche attimo si era dimenticata della sua presenza.
“Ehi, Lene,
non sapevo fossi qui!” il tono di sorpresa usato quasi
convince Elena. Katherine sorride amabile, frazionando i lunghi capelli
con un altro asciugamano e continuando ad osservare la sua coinquilina.
Poi la sua espressione cambia: è come se fosse sul punto di
parlare, ma qualcosa la bloccasse.
“So
che il nostro rapporto non è dei migliori, perché
sono sbucata all’improvviso nella vostra vita e
stanza… ma voglio davvero conoscervi, essere vostra
amica” sorride calorosamente e si siede al bordo del letto di
Elena. Sono tre i dettagli che le rendono esteriormente simili: la
pelle olivastra, la cascata di capelli cioccolato e i grandi occhi del
medesimo colore. Eppure, nonostante i tratti somatici quasi identici,
le due sono basicamente diverse. Appaiono, persino a prima vista,
differenti.
Elena
la scruta senza proferir parola, il che sembra incitare Katherine a
continuare.
“Che
ne dici di bere qualcosa alla caffetteria del Campus e studiare
assieme? O semplicemente bere e parlare… ho le mie amiche”
e detto questo indica con il capo qualcosa che Elena non aveva notato
prima: la borsa ai piedi del letto della sua coinquilina. E’
aperta, intenta a mostrare due fiaschette argentate di
alcool…
“Whisky”
si affretta a specificare, mentre un sorriso increspa le sue labbra
rosee e carnose.
“Facciamo
adesso?”
La
caffetteria alla fine del grande giardino interno, quella sempre
affollata dopo le lezioni e la sera, adesso è
pressoché vuota, il che sembra rallegrare Katherine.
E’ un locale molto grande, ben illuminato e grazioso nella
sua semplicità. Ci sono diversi tipi di tavoli, da quelli
più semplici (rotondi con sedie di legno scuro) ad altri
più complessi e quasi sempre occupati (rettangolari con
divani e poltrone in ecopelle bordeaux). Ed è pieno di luci,
cosa che piace ad Elena: il buio la spaventa, poi questo va a braccetto
con l’equilibrio della Gilbert che sempre più
spesso pare vacillare fino a scomparire. (L’alcool
aiuta molto in questo. Elena non
ne è dipendente, ma crede fermamente che aiuti gli studenti
più laboriosi che, pur facendo parte di una sorellanza
piuttosto nota, non hanno dei contatti nei bar e caffè del
campus. Ergo, meno di
ventun’anni, nessun documento falso che regga e bottiglie di
alcool distanti da lei – il viso a cuore e
l’espressione innocente e da bambina contribuiscono a rendere
il tutto più frustrante).
Katherine
si fa avanti, al bancone, e ordina due cappuccini, “Uno
con una spruzzata di cannella e l’altro con cacao amaro al
settantacinque percento”. Il ragazzo pare pendere
dalle sue labbra: non ha tutti i torti la sua coinquilina dicendo che
potrebbero diventare amiche, perché questo è
esattamente il genere di cose che Elena vorrebbe accadesse
più spesso – cappuccino con
il suo amato cacao senza che l’impiegato
le imprechi contro e la mandi a quel paese.
“Allora”
esclama tutta contenta quando si siedono ad un tavolino di quelli
complessi e ricercati troppo spesso dai Senior che, oggi, stranamente,
non affollano la caffetteria. “Qual è il tuo corso
di studi?”
Elena
non si aspettava questo genere di domanda: più che altro
qualcosa del tipo “il tuo colore preferito? La tua
taglia? ci scambiamo i vestiti?”.
“Archeologia”
risponde con tranquillità, “Tu, invece?”
“Studio
per diventare giornalista” – fa Katherine
improvvisamente raggiante, gli occhi luminosi e le labbra incurvate
all’insù in quello che è un sorriso
orgoglioso delle proprie scelte e convinzioni –
“E’ sempre stata la mia passione, sin da piccola,
con mio padre editore del Daily News e mia madre scrittrice. Credo che
sia di famiglia… no?” e termina il tutto con una
risatina spontanea, prima di continuare: “Sai che ti
facevo… più da giurisprudenza? Economia? Seria ed
impeccabile... in un certo senso ti invidio, io ho
difficoltà a concentrarmi con gli studi, con gli svaghi del
college… è stato difficile, per te, il primo
anno?”
Ed
Elena continua a parlare del suo primo anno, delle aspettative e delle
poche volte in cui si è lasciata andare, dei voti bassi e
colloqui privati con alcuni professori. Poi sorride, svelta, citando la
sua sorellanza e “Ci si aiuta tanto, si
fissano dei giorni dedicati allo studio e, se hai bisogno di una mano,
i senior – o chi per loro- son lì ad
aiutarti”.
Poi
succede: Katherine poggia il volto sui palmi delle mani, Elena ha
un’idea e i cappuccini si freddano.
“C’è
una riunione, questa sera… Le Omega Psi Delta,
sai… parliamo delle nuove reclute e fissiamo la serata
dell’iniziazione”
“Sembra
bello”
Elena
inclina il capo, “Ti sto invitando, Katherine”
Lei
scuote la testa e poi sorride: “Ed io avevo accettato nel
momento in cui me l’hai proposto”
Poi
tira fuori una fiaschetta dalla borsa e ne beve una sorsata.
“La mia prima confraternita. Che figo, eh? Vado…
in bagno”
Tutto
ciò che affolla la mente di Elena, adesso, sono
preoccupazioni e domande a cui non trova risposta: Katherine, sul
serio? Ne vale la pena? È davvero una brava
ragazza? È un po’ fuori, sì,
d’accordo, ma…
Ma
poi lo vede.
Il
ragazzo del volantino. Quello dell’anno scorso. Durante la
giornata dell’incontro con i genitori, stava distribuendo,
fra i tantissimi stand e le milioni di matricole, fogli riguardanti
argomenti che Elena nemmeno ricordava. C’era solo lui ed i
suoi sbuffi, le facce annoiate e le peggiori espressioni quando si
voltava per osservare il fondoschiena di qualche bella ragazza. Non
rappresentava nessuna confraternita, eppure era accerchiato da un sacco
di persone e altrettante cercavano di attirare la sua attenzione: molte
erano le voci che giravano su di lui, dal fatto che spacciasse droga a
quelle che apparivano più vere, ossia che aveva organizzato
la green sport, la grande messa in scena
che aveva visto una delle palestre più frequentate del
campus tinta di verde… di male in peggio, insomma; eppure ad
Elena non importa, adesso, mentre lo guarda: ha un
bell’aspetto che la costringe a tener lo sguardo fermo su di
lui, un portamento rispettoso e un sorriso luminoso. Elena, secondo
Bonnie (e Caroline, tanto perché lei c’è
sempre), ha la più gigantesca e pazzesca cotta
per uno dei peggior volti della scuola. Una cattiva persona. Un ragazzo
bello e che lo sa, eccome, e che sfrutta il suo charme per avere un
caffè corretto. Che generazione corrotta
dall’alcool.
Elena
si costringe a voltare il capo nella direzione opposta: eppure due
fattori, adesso, la distraggono e producono un certo annebbiamento
nella sua testa. Numero uno, Saltzman che si avvicina pericolosamente a
lui, il ragazzo-sbagliato-e-cattivo, e due, qualche attimo dopo, voci
alte che sfociano in un disastro, ovvero…
“Cazzo,
cazzo!”
“Modera
il tono, Salvatore!”
Bollente.
E’ quello che percepisce Elena: il rossore sulle sue guance e
la borsa di pelle gocciolante di caffè macchiato e
corretto… i suoi appunti…
l’agenda… oh, diamine…
“Hai
sporcato la mia borsa!” esclama a gran voce Elena, diventando
ancora più rossa quando incontra il suo sguardo freddo e
apparentemente di ghiaccio.
“Beh,
grazie per l’intuizione, Watson”
“Oh, no!
Non fare sarcasmo su un casino che hai combinato tu, Sherlock!”
Alaric
scoppia a ridere quando nota che, pur imbarazzata e rossa, Elena gli ha
tenuto testa: la migliore del suo corso, quella seria e studiosa che
sembra apprezzare maggiormente il professore mandato in ospedale…
Che scena, pensa allora lui, eh?
“Si
da il caso che sappia cosa ho combinato, grazie, principessa
del caz-”
“Damon!”
Ma
entrambi ignorano Alaric che sbraita vicino loro.
“Sì,
certo, potresti anche chieder scusa, no? O aiutarmi, cavernicolo
che non sei altro!”
“Principessa”
– esclama sarcastico Damon facendo un inchino –
“Non è giornata. Scusa.
Non volevo buttare il mio prezioso caffè
sulla tua preziosissima borsa,
ma mi sonoincazzato perché ho
un’orrenda punizione da sbrigare, proprio questa sera,
e sono presidente degli Omega Chi e devo presiedere ad una riunione del
cazzo e…”
E
poi succede che Elena svuota le due tazze di cappuccino – la
sua e quella di Katherine che non torna e chissà –
su Damon. Questi smette di parlare. Elena torna a respirare e si rende
conto di quello che ha fatto.
“Signorina
Gilbert, perché non da una mano a Salvatore con la
punizione? Altrimenti sarò costretto a parlarne con il
direttore”
Oh,
santo. Cielo. La voce di Alaric è dura, tagliente e con una
sfumatura ironica mentre dice questo. Non sa, Elena, il
perché del proprio gesto, perché Salvatore ha una
punizione e perché si sia ficcata in questo guaio.
Salve a tutti! Questa minlong
è nata come OS... mi frulla in testa da fin troppo tempo e
ne impiegherà altrettanto per essere completa! Spero vi
piaccia, credo saranno massimo quattro capitoli ... credo di questa
misura, idk.
vi
lascio con alcune note che spiegano qualche punto di questo capitolo!
· Il
college, in America, dura quattro anni, a differenza del Regno Unito,
in cui la durata è di tre, un anno in meno, perciò
· Katherine
non può essere identica ad Elena, per cui vi lascio il
prestavolto con cui è identificata qui,
ma voi immaginatela un po’ come volete!
· “rosso,
bianco e marrone” i colori della Brown
· Mixer
party: un party dove una confraternita ed una sorellanza si uniscono
per bere e far conoscenza.
· Negli
USA la legge vieta l’acquisto di
alcool ai minori di 21 anni
non
sono brava con queste cose, nè tanto meno con i college...
ma ci ho provato, amo troppo quest'ambientazione!
(non abbandonate presto la lettura) (pls)
questa canzone
è stata ciò che ha ispirato tutto, ne
sono follemente innamorata e la consiglio a tutti i lettori! :)
pareri e consigli sono bene accetti, due altre cose poi vi lascio!
vi
invito a passare da qui, To
bet is to get, e buon primo settembre a tutti (sono
pazza perchè volevo assolutamente postare qualcosa oggi,
sì, lo so, mandatemi al San Mungo per questo se volete...
già che ci siete, è un anno di Give
me love)
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