Capitolo 5
W E L C O M E T
O T H E N E W
A G E
I'm waking up to ash and dust,
I wipe my brow and I sweat my rust,
I'm breathing in the chemicals.
I'm breaking in, shaping up,
Checking out on the prison bus,
This is it, the apocalypse.
Capitolo 5
Avrei
immaginato di tutto, ma non quello. Mentre mi trovavo dentro una delle
tante abitazioni a schiera, fissando il viso di Sam, mille pensieri mi
riempivano la mente.
Appena Cas si era incamminato,
dopo avermi invitato a seguirlo, era stato solo lo shock a permettermi
di zoppicare con le stampelle più velocemente di quanto avessi
fatto fino a prima. Finalmente stavo andando a trovare Sam! Significava
che era vivo, che Lucifero non era riuscito a possederlo! Ma subito mi
erano saliti dei dubbi. Ero tornato da due giorni, dovevano per forza
averlo avvisato della mia condizione. Allora perché non era
venuto a vedere come stavo?
Fu quando considerai l'unica
alternativa possibile che il mio cuore si ghiacciò. Se Cas mi
stava portando a vedere la lapide di Sam, non sapevo se avrei potuto
sopportarlo.
Il sollievo si era espanso
nella mia gabbia toracica quando Cas aveva deviato verso una delle
case, bussando piano alla porta d'ingresso. Era venuta ad aprire una
ragazza di colore alta almeno due metri, che mi aveva squadrato
dall'alto in basso prima di scostarsi per farmi entrare. Cas mi aveva
guidato lungo il corridoio verso la parte posteriore della casa,
entrando in quella che doveva essere la camera da letto. E uno
spettacolo terrificante mi aveva investito come un treno in corsa.
Sam era steso su uno di quei
letti d'ospedale super accessoriati e per poco i suoi piedi non
uscivano dal bordo del materasso. Era circondato da macchinari di ogni
tipo. Un bip ritmato proveniva dall'elettrocardiogramma, mentre numeri
e linee a me incomprensibili lampeggiavano sullo schermo. Il petto si
alzava e abbassava a ritmo cadenzato, gonfiato dall'aria che veniva
pompata da un tubo infilato nella sua bocca. I suoi occhi erano chiusi,
il suo corpo immobile. La luce di una lampada sul comodino segnava
flebile i contorni delle cose.
Sam era in coma. Di nuovo.
Che cazzo...
Caddi sulla sedia accanto al
letto, ormai senza neppure la forza per reggermi in piedi. Le stampelle
scivolarono dalle mie mani senza che me ne accorgessi, urtando il
pavimento con un rumore metallico. I miei occhi erano fissi sul volto
inespressivo di Sam. Aveva i capelli esageratamente lunghi, tanto che
ora riuscivano a posarsi sulle sue spalle, e le guance coperte dalla
barba di qualche settimana. Era irriconoscibile.
Mi sforzavo di non sbattere le
palpebre per non far cadere le lacrime, ma queste si raccolsero nei
miei occhi e strariparono sulle mie guance. Sentii freddo, come se
l'aria si fosse gelata all'improvviso, ma doveva essere solo una mia
impressione. Mi accorsi di tremare.
"Non ci sono stati rilevanti
cambiamenti," disse una voce sconosciuta. Sollevai lo sguardo quel
tanto che bastava per capire che era stata la ragazza a parlare,
consultando un taccuino. "La pressione è scesa verso le quattro
di pomeriggio, ma si è subito stabilizzata."
"Grazie, Kristy," disse Cas,
con un tono che cercava di farle capire che non era il momento per
dilungarsi in futili dati tecnici. La ragazza capì e uscì
dalla stanza.
Allungai la mano per toccare
il braccio di Sam, per sentire il calore del suo corpo, ma mi fermai a
pochi centimetri. Avevo paura a toccarlo. Era come se fosse chiuso in
una bolla invisibile, che manteneva stabili le sue condizioni, e temevo
che, se l'avessi oltrepassata, sarebbe scoppiata e Sam sarebbe stato
male. Ritrassi la mano, tremando, e la posai in grembo.
Sentivo lo sguardo attento di
Cas da sopra la mia spalla, che mi osservava come un angelo custode.
Sentii il tocco leggero della sua mano sulla mia schiena, ma nemmeno
quel contatto servì a confortarmi.
"Cos'è successo?" domandai. La mia voce fu poco più di un sussurro, ma era il massimo che riuscivo a fare.
"E'... una storia lunga," rispose Cas. "Non preoccupartene ora, te la racconterò più tardi."
Non replicai pretendendo che
mi dicesse tutto subito, non avendo più voglia di litigare con
nessuno. Non m'importava nemmeno più di tanto, in quel momento.
In mezzo a tutto il mio dolore, ero riuscito per un attimo a trovare
una luce a cui appigliarmi con tutte le mie forze: nonostante la
disperazione nel vedere Sammy ridotto a quel modo, ero contento che
fosse riuscito in qualche modo a scappare dal suo destino. Se fosse
stato posseduto da Lucifero, sarebbe stato difficile per Sam
sbarazzarsene, destinandolo a vivere l'eternità chiuso nel
proprio corpo mentre il Diavolo lo manovrava come una marionetta.
Invece quella situazione mi sembrava migliore, perché dal coma
poteva sempre risvegliarsi, no?
Il pensiero che, però,
la volta precedente - dopo la caduta degli angeli - il coma lo aveva
avvicinato pericolosamente alla morte, spense le mie speranze.
Oppure...
"Da quanto tempo è
così?" domandai. Il terrore aveva fatto incrinare la mia voce.
Uno scenario peggiore si era fatto strada nella mia mente. Forse non
c'era mai stata una «volta precedente». Forse Sam era stato
in coma fin dal mio ultimo ricordo. Il mio cuore si mise a battere
all'impazzata.
"Quattro anni," rispose Cas.
Quattro anni? Feci un calcolo
a mente. Se eravamo nel duemiladiciotto, Sam era in quelle condizioni
dal duemilaquattordici, giusto? Significava che non era rimasto in coma
dall'ultima volta che lo ricordavo. Era così, no? Doveva
esserlo. La testa iniziò a farmi male e mi massaggiai le tempie.
"Quando mi hai detto che
l'ultima cosa che ricordavi era Sam in coma, ho creduto per un attimo
che ti fosse tornata la memoria. Invece ricordavi la prima volta,"
spiegò Cas, capendo la mia confusione.
Quindi era così. Quindi
Sam si era risvegliato e poi era stato di nuovo male. La cosa non mi
fece sentire meglio come speravo.
"Ora è meglio se torni in infermeria," disse Cas, incitandomi con una pacca sulla spalla.
"Voglio stare qui," mormorai. Non volevo allontanarmi da Sam.
"Fa' come vuoi," rispose,
sollevando le mani in segno di arresa. "Io vado a stendermi nella
stanza qui a fianco." Prima di uscire dalla porta si voltò verso
di me. "Ma quando Doc si accorgerà che sei sparito, sarai tu a
vedertela con lui."
***
Doc mi trovò
addormentato sulla sedia con la testa posata sul letto di Sam. Mi
svegliò con vigorose scosse, che mi fecero sobbalzare senza che
capissi che diavolo stesse succedendo. Quando i miei occhi stanchi si
alzarono, la sua espressione contrariata spiegò tutto. "Non ho
parole, davvero," mi rimproverò. "Sei sempre stato uno stronzo,
ma quando ti ho ricoverato in passato sei stato più
collaborativo."
Mi guardai attorno, spaesato,
poi ricordai dove mi trovavo. La luce del sole inondava la stanza
attraverso le piccole finestre sulla parete. Sam era ancora immobile.
Il mio collo doleva. Avevo
dormito in una posizione scomodissima, ripiegato su me stesso, e ora ne
dovevo pagare le conseguenze. Mi massaggiai la nuca trattenendo un
lamento.
"Allora?" esclamò Doc, accorgendosi che non lo stavo ascoltando.
Le sue parole rimbombavano
nella mia testa. Mi massaggiai le tempie. Avrei voluto dirgli che non
c'era motivo di urlare, ma non volevo farlo incazzare ancora di
più.
Doc sbuffò. "Non sono il tuo babysitter, Dean, non posso mettermi a rincorrerti per tutto il campo."
"C'era Castiel con me," mi giustificai.
"La cosa dovrebbe tranquillizzarmi?" ironizzò, sospirando. "Forza, torna in infermeria."
"No," mormorai, tornando a fissare Sam per non guardarlo in faccia.
Vidi con la coda dell'occhio
Doc aprire la bocca, per poi richiuderla. "Okay, fa' quello che ti
pare," disse infine, "ma non venire a lamentarti se la tua ferita non
migliora." Poi se ne andò.
Rimasi seduto a fissare Sam,
senza realmente vederlo, per un paio di minuti, poi la schiena
iniziò a dolere. Dovevo pagare le conseguenze per non aver
ascoltato Doc e queste si presentarono come dolori alla schiena e corpo
pesante. Raccattai le stampelle dal pavimento e mi issai in piedi con
non poca fatica. Mi trascinai fino alla soglia, dando un'ultima
occhiata a Sammy, poi uscii dalla stanza.
La porta dalla parte opposta
del corridoio era socchiusa. Mi avvicinai, scostandola, e nella fessura
intravidi Cas steso su una branda con gli occhi chiusi. Entrai cercando
di non fare rumore, con l'intenzione di stendermi sull'altra branda
della stanza per dare sollievo ai miei muscoli, ma Cas si mosse. Si
stropicciò gli occhi, voltandosi a faccia in su a fissare il
soffitto, poi si accorse di me, in piedi sulle stampelle in mezzo alla
stanza. "Era Doc quello che ti stava urlando contro, prima?" chiese con
un sorriso divertito. La sua voce era impastata. "Ti avevo avvisato che
si sarebbe incazzato."
"Sì, beh," risposi, accigliandomi. "So di essermelo meritato, ma non ho intenzione di allontanarmi da Sam."
"No, certo, ti capisco,"
replicò, lanciandomi uno sguardo dal basso verso l'alto. "Cosa
ci fai lì in piedi?" disse, facendo spazio sulla sua branda.
"Stenditi un po' con me."
Quella sua proposta mi
sorprese, sia per la reazione che mi provocò - lo stomaco
andò in sobbuglio -, sia per il modo in cui era stata avanzata.
Castiel non si era mai comportato così. Certo, non erano mancate
le occasioni in passato in cui era stato un po' troppo diretto, ma la
sua sfrontatezza era sempre stata dettata dall'ingenuità. Non
c'erano mai stati dei sottointesi sessuali nelle sue parole, né
nei confronti di alcuna persona, tantomeno nei miei. Mi domandai come
avesse fatto a cambiare così tanto in cinque anni.
Lo sguardo di Cas era
insistente. Mi fissava da dietro le sue ciglia scure, con un angolo
della bocca alzato con fare malizioso. Distolsi lo sguardo, cercando di
riprendere il controllo dei miei pensieri. "In realtà... avrei
davvero bisogno di una doccia," mormorai, in imbarazzo.
"Mmh, bastava che lo dicessi," replicò, continuando a fissarmi con quel suo sguardo insistente.
L'immagine di Cas sotto la
doccia s'impossessò della mia mente per una frazione di secondo.
Scossi la testa, eliminando quella visione. La cosa mi stava sfuggendo
di mano e mi metteva a disagio. "Da solo," precisai, schiarendomi la
voce, che si era inspiegabilmente incrinata. Sentii le guance andarmi a
fuoco. Che diavolo mi succedeva?
"Come desideri," replicò Cas, continuando a guardarmi.
"Non... non è che
sapresti dirmi dove posso darmi una ripulita?" chiesi. Speravo che ci
fosse un posto migliore dove farsi la doccia della baracca dove c'era
Sam.
Cas si tirò su a sedere. "Un posto c'è," replicò, poi si alzò e mi fece segno di seguirlo.
Lanciai un'ultima occhiata a
Sam attraverso la porta quando passai di fronte alla sua stanza.
Salutai con un cenno la ragazza di colore che il giorno prima ci aveva
aperto la porta, che ora era seduta nel piccolo salotto, poi seguii Cas
fuori dall'abitazione.
Mentre zampettavo con le
stampelle nel fango, la gamba iniziò a implorare pietà.
Non prendevo antidolorifici da parecchie ore e ora la mia pessima
decisione di non andare in infermeria dava i suoi frutti. Ma avevo solo
bisogno di una doccia, di tornare da Sam per qualche ora, e poi avrei
affrontato di nuovo Doc.
Cas si fermò davanti ad
una bassa abitazione di legno scuro, molto più ben fatta
rispetto alla fila di case che avevo appena lasciato. Aprì la
porta - che non era chiusa a chiave - e mi fece segno di entrare.
Anche all'interno le pareti
erano ricoperte di assi di legno come all'esterno. Un tavolo quadrato
con qualche sedia spaiata occupava lo spazio sulla sinistra, mentre
sulla destra un angolo cottura con un fornello a gas dava l'impressione
di essere poco utilizzato. C'era addirittura un divano a due posti.
Niente TV, ovviamente.
Tutto sommato, non era male come sistemazione.
Mi voltai verso Cas, che era entrato chiudendo la porta. "Questa è mia?" domandai.
"Sì, anche se
ultimamente ci passo molto tempo anche io," rispose. Il mio sguardo
doveva spiegare la mia confusione, perché socchiuse gli occhi e
mormorò: "Dovrò spiegarti anche questo. Ma prima vai a
darti una ripulita."
A quanto sembrava erano molte le cose su cui io e Cas dovevamo parlare.
"Il bagno è di
là," disse, indicando un minuscolo corridoio con due porte.
"Sulla destra. Gli asciugamani puliti sono sotto il lavandino."
Mi trascinai nel bagno,
poi chiusi la porta. Posai le stampelle in un angolo, poi mi guardai
allo specchio, reggendomi al lavandino. Riconobbi a stento l'immagine
riflessa. La barba di qualche giorno copriva le mie guance e la mia
pelle aveva un colore che sfiorava il blu. Delle macchie scure
segnavano i miei occhi e residui di sangue mi incrostavano ancora la
faccia.
Il mio sguardo si
abbassò sul lavandino e notai che nel bicchiere c'erano due
spazzolini. Quel dettaglio attirò la mia attenzione in modo
inaspettato. Sentivo che le cose erano più complicate di quello
che credevo. Per un attimo quel particolare fece apparire delle
immagini nella mia mente, ma non sapevo dire se fossero frammenti di
ricordi o se la ferita alla testa si stesse prendendo gioco di me,
mostrandomi immagini di cui non ero mai stato testimone.
Castiel che rideva, e la
stanza si illuminava. Castiel nudo sotto la doccia, che si accorgeva di
me e si fingeva imbarazzato. Castiel steso sul letto, il lenzuolo che
copriva gentilmente il suo corpo.
Scossi la testa, eliminando
quelle immagini dalla mia testa. Un'erezione mi aveva sorpreso e
premeva contro il tessuto dei pantaloni. Respirai a fondo, cercando di
calmarmi, poi mi spogliai lentamente e mi infilai sotto la doccia,
sperando di lavarmi di dosso lo spiraglio di felicità che per un
attimo si era insinuato nella mia mente.
Note dell'autrice
Lo so, di nuovo in ritardo, ma come avevo previsto la mia ispirazione
aveva dato forfait e mi sono ritrovata davanti al pc con le mani ferme
sulla tastiera e lo sguardo vacuo perché di idee ne avevo
proprio zero.
Ma alla fine un capitolo è saltato fuori lo stesso! Ora
però sono sicura che si ripeterà tutto il processo, che
inizierà con un vuoto di ispirazione per poi pian piano e con
fatica farmi scrivere qualche riga ogni tanto. Il problema è che
l'inizio dell'università è alle porte e avrò poco
tempo per scrivere (questa estate è durata proprio tre secondi),
ma spero di riuscire a scrivere qualcosina ogni tanto.
Ditemi cosa pensate riguardo il capitolo, ci ho messo millanta anni a
scriverlo perché temevo che le reazioni di Dean e le sue
conversazioni con Cas potessero suonare OOC quindi ho pensato cento
volte a cosa fargli dire.
A proposito, cosa sarà mai successo a Sam? Perché si trova ancora in coma? Rimanete con me e lo saprete! xD
Al prossimo capitolo! se ancora avete voglia di seguire la mia storia nonostante la mia pigrizia
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