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Con la morte di Timur e la distruzione di
buona parte del suo dominio della droga, i laboratori e gli altri centri di
produzione della lilith come di molti altri
stupefacenti, come previsto, erano andati nel panico.
Privati di una catena del comando, i capi delle
singole installazioni sfuggite alla prima retata avevano speso le settimane
successive cercando di riorganizzarsi, ma non potendo più contare sulla propria
solida rete di silenzio e di fiancheggiatori riuscire a stanarli si stava
rivelando molto più facile.
In media veniva smantellato un centro alla
settimana, anche se le stesse autorità di polizia si mostrarono sorprese da
quale sterminata organizzazione l’ormai defunto priore fosse stato capace di
mettere in piedi.
A rendere la situazione ancor più complessa vi era
poi il fatto che molti di questi centri si erano mutati in piccoli fortini,
equipaggiandosi con sistemi di sorveglianza e armi di vario genere, il che
rendeva quasi sempre necessario l’intervento del TMD o delle Forze Speciali.
Benché in teoria il caso, per quanto li riguardava,
fosse ormai da considerarsi chiuso, non era raro che anche Carmy
e i suoi compagni prendessero parte ad alcune di queste operazioni, soprattutto
se si trattava di installazioni particolarmente grandi e ben difese.
Una mattina di inizio autunno, poco prima del
sorgere del sole, era toccato ad un centro di smistamento e di spaccio, situata
in un vecchio capannone in disuso nell’area portuale a nord della città.
Doveva essere un lavoro come tanti altri, ma
qualcuno doveva aver passato una soffiata, perché al loro arrivo le Forze
Speciali e il piccolo distaccamento della Polizia Militare avevano trovato gli
occupanti impegnati a tentare in tutta fretta di ripulire il laboratorio, e ne
era nato un piccolo scontro a fuoco.
Approfittando della situazione il responsabile di
quel centro aveva cercato di darsela a gambe passando dal retro, ma come fece
per defilarsi lungo la stradina che passava dietro il capannone qualcuno gli
saltò addosso piombando giù da una delle finestre del primo piano.
Neanche il tempo di rotolare sull’asfalto bagnato e
rimettersi in piedi, che l’uomo si ritrovò a tu per tu con una giovane agente
di polizia che lo teneva sotto il tiro della pistola.
«MAB, non ti muovere!» gli intimò Carmy rialzandosi assieme a lui.
Quello dapprima parve voler tentare qualcosa, ma
dinnanzi all’arma puntata si risolse infine ad alzare le mani. A quel punto Carmy, peccando di eccessiva sicurezza, commise l’errore di
lasciare la pistola con una mano per recuperare le manette, e come la vide
distogliere per un istante lo sguardo il trafficante riuscì ad sottrarle
l’arma.
Il riconoscimento genetico gli impediva di usarla,
e allora gettatala via l’uomo sfoderò un grosso coltello, dinnanzi alla quale
tuttavia la giovane agente restò immobile, e a prima vista per nulla
intimorita. Partirono due assalti, cui Carmy replicò
schivando i vari affondi, fino a che un fendente non minacciò di colpirla
arrivando dall’alto.
«Panzer Fleisch!»
Grazie all’incantesimo la sua mano divenne dura
come la roccia, tanto da permetterle di afferrare l’arma per la lama e
strapparla di mano all’aggressore, che nel perderla scivolò drammaticamente in
avanti.
«Shock bomb!» ordinò la
giovane agente, e folgorato dalla scarica di energia che gli venne scagliata
addosso sottoforma di un globo elettrico il fuggitivo crollò inerme in
posizione fetale.
«Sei in arresto per produzione e spaccio di droga.»
disse prima ancora di riprendere fiato
Vedendola tornare poco dopo all’ingresso del
capannone con qualche livido per la caduta e sbattere, non senza veemenza, il
fuggitivo sul blindato, Cane e Lucas si lasciarono sfuggire un sorrisetto
divertito.
«Che fine ha fatto la ragazzina tutta acqua e
sapone che è entrata nella polizia militare sei mesi fa?»
«Ho imparato dai migliori.» sorrise lei
Tornata al commissariato, e su pressione dei suoi compagni, Carmy si attardò un momento per passare in infermeria,
trovando ad attenderla al suo ritorno in ufficio una gradita sorpresa.
«Vieni, presto» le disse Lucas affacciandosi dal
box. «C’è il Capitano in collegamento.»
«Arrivo subito!»
La ragazza fece appena in tempo ad entrare prima
che il mezzobusto di Alexia, parzialmente nascosta sotto le coperte di un elegante
e morbido letto, comparisse sul monitor affisso alla parete.
I segni dei molti interventi chirurgici cui il
Capitano aveva dovuto sottoporsi erano ancora evidenti; il braccio destro era
completamente fasciato, così come parte della testa, e sicuramente sotto la
giacca verde acqua del pigiama portava un supporto per sostenere il peso del
corpo in attesa della completa rigenerazione vertebrale.
In un certo senso aveva un po’ stupito tutti il
fatto che, dopo essere stata dimessa dall’ospedale, Alexia avesse accettato
l’invito della madre di andare a spendere parte del proprio congedo momentaneo
in attesa della guarigione in una delle molte residenze di campagna di
proprietà della sua famiglia, lontana da Kyrador e
dalle noie del suo lavoro.
Ciò nonostante, almeno una volta a settimana, il
Capitano chiamava i suoi subalterni per rassicurarli delle sue condizioni, ma
soprattutto per accertarsi che la squadra se la stesse cavando egregiamente,
visto e considerato che le sue attuali condizioni le avrebbero impedito un
completo ritorno in servizio prima di sei mesi.
«Signor Capitano» disse Cane salutandola
platealmente. «La trovo in splendida forma.»
«Non sei spiritoso» sorrise lei. «Comunque non mi
posso lamentare.»
«Com’è la campagna, signore?» chiese Lucas
«Tranquilla. Rothbury non
sarà il posto più sperduto di Celestis, ma è senza
dubbio un’altra cosa rispetto a Kyrador. Anche se in
verità, da quando sono qui non ho conosciuto altro luogo che questa camera da
letto.»
«Come vanno le sue ferite, Capitano?» domandò Carmy
«Abbastanza bene. Secondo i medici sto guarendo a
vista d’occhio. Potrei perfino tornare in servizio prima del tempo.»
«Non si sforzi, Capitano. In fin dei conti, si è
fatta molto male.»
«Carmy, di madre ne ho
già una, e mi basta.»
«Scusi, non volevo…»
balbettò allora lei arrossendo e distogliendo lo sguardo
«Ecco, questa è la Carmy
che conosco.» disse Alexia con un sorriso
«Le giuro Capitano, a volte la nostra Carmy sembra quasi un’altra persona» disse Lucas. «Forse
potrebbe fare un pensierino sul suo conto e promuoverla al posto di qualcuno
che ben conosciamo.»
La risposta a quella battuta fu per Lucas una punta
di scarpa dritta sulla tibia, tanto che l’agente dovette stringere i denti per
non mugugnare di dolore.
«Non si preoccupi, signor Capitano» sentenziò
invece Cane gonfiando il petto. «Il suo posto è ben coperto. Come ha detto la
nostra qui presente Carmy, lei pensi solo a
rimettersi e guarire.»
«Non ti ci abituare troppo, Cane. Sarà solo per
pochi mesi.»
«Cercherò di fare del mio meglio.
Intanto, abbiamo già ottenuto dei buoni risultati.»
«Ovvero?»
«Nelle ultime tre settimane abbiamo smantellato
quattro tra laboratori e locali adibiti allo spaccio» spiegò Lucas. «E abbiamo
arrestato quasi tutti i capi della chiesa dell’Ottavo Distretto sfuggiti alla
prima retata.
La Chiesa di Ela ha ufficialmente disconosciuto
l’operato di Timur e dei suoi alleati, ma la
reputazione del culto ormai è rovinata, e gli ci vorrà parecchio tempo per
ricostruirla.»
«Le teste mozzate stanno andando ognuna per conto
proprio, ma non c’è più la stessa ferrea organizzazione di prima. Ormai è solo
questione ti tempo» intervenne Cane, che però un attimo dopo parve incupirsi.
«Anche se temo che servirà ben altro per arrestare la diffusione della lilith.»
«Ne sono consapevole. Purtroppo, i timori della
polizia erano fondati. È chiaro che Timur non era il
solo a garantire il rifornimento di grossi quantitativi di droga all’interno di
Kyrador, per non parlare delle altre città.»
«La droga in circolazione è certamente diminuita,
ma non tanto quanto si sperava» osservò mestamente Carmy.
«Incidenti anche seri continuano ad accadere con una certa frequenza, e
ultimamente gli EDA stanno diventando più potenti.»
«Sì, l’ho saputo. Ne parlano anche nei notiziari.
Ma è ovvio che il problema costituito dagli EDA non è legato soltanto alla lilith.
E il fatto che ora qualcuno abbia cominciato a fare
uso di questa droga a fini di vero e proprio terrorismo non fa che rendere la
situazione ancor più pericolosa.»
«Purtroppo,» disse Cane. «Da quando le Indagini
Speciali hanno preso in mano l’inchiesta abbiamo pochissima libertà d’azione in
questo senso. Ma se vuole sapere come la penso, è fuori di dubbio che alcuni di
questi cosiddetti incidenti in realtà siano tutt’altro.»
«Dal punto di vista degli stati d’animo com’è la
situazione lì a Kyrador?»
«C’è un po’ di tensione, ma nulla di straordinario»
rispose Lucas. «Anche se la gente comincia ad essere preoccupata per tutti
questi EDA.»
«Comincio a temere che chi ha architettato tutto
questo voglia proprio far sì che la tensione continui a salire.
E purtroppo, se è davvero così, rivelare o meno la
natura deliberata di alcuni di questi presunti incidenti non cambierebbe le
cose.»
Carmy sentì il solito
brivido alla schiena, ed anche i suoi compagni aggrottarono le sopracciglia in
un’espressione preoccupata.
L’obitorio sulla quarantesima strada lavorava principalmente per conto
della polizia cittadina, inoltre fungeva da sede di studio per l’università
nazionale, ma non era raro che si occupasse anche di indagini affidate dalla
MAB.
Di ritorno da una commissione nel vicino distretto Jake decise di farci un salto, desideroso di scambiare
qualche parola con una vecchia amica e compagna di università.
«Alisa?» disse entrando
nella sala autopsie del terzo livello sotterraneo, dove era certo di trovarla.
Come varcò la soglia, una figura in piedi
dall’altro alto della stanza davanti ad un terminale si volse a guardarlo, e
dinnanzi al giovane agente si materializzò da un momento all’altro il volto
rotondo, quasi infantile, di una giovane donna, contornato da spumeggianti
boccoli rossicci e impreziosito da grandi occhi blu.
Stretto tra i denti, e lasciato a penzolare
vistosamente dalla bocca, la dottoressa Moraida
mordicchiava come al solito uno dei suoi adorati bastoncini gommosi
all’amarena; Jake non riusciva a ricordare una sola
volta in cui non l’avesse vista intenta a succhiarne uno.
«Guarda un po’, se questa non è una sorpresa.»
gongolò la giovane dottoressa prima di succhiare rumorosamente un altro strato
del suo dolcetto
«Dovresti toglierti questo vizio.» commentò Jake riferendosi sia all’abitudine dell’amica di soccombere
alla sua dipendenza in ogni dove, persino sul luogo di lavoro, sia al modo poco
formale di mangiarli
«Sono sicura che non sei venuto qui solo per
beccarmi sulle mie ben note manie.»
«Passavo da queste parti, e ho pensato di venirti a
salutare. Non ci vediamo da quando sono partito per la stazione Ares.»
Lei si avvicinò, protendendo il busto in avanti fin
quasi a sfiorargli la fronte, e dopo aver speso lunghi secondi a fissarlo quasi
crucciata piegò le labbra in un grosso sorriso.
«Sei proprio come ti ricordavo. A quanto pare le
vergate della Ares e il lavoro da TMD non hanno rovinato il tuo bel faccino, Jacky.»
«Ancora con questa storia? Io mi chiamo Jake.»
«Jacky è più carino.
Quando andavamo al college sembravi quasi una ragazza» quindi gli tastò il
polpaccio. «Ora i muscoli e il fisico non ti mancano. Sei diventato un vero
soldato.»
«Tu invece sei rimasta la solita nerd con strani
gusti e ancor più strane manie.» le fece il verso Jake
indicando con lo sguardo un tavolo anatomico coperto da un telo
«È arrivato questa notte» rispose lei tornando
seria. «Caso EDA. L’ennesimo. Ormai ne arriva uno ogni due giorni.
Anche se c’è qualcosa di strano.»
«Strano in che senso?»
Alisa chiamò una
proiezione virtuale al centro della stanza, raffigurante due filamenti genetici
che roteavano lentamente su sé stessi, ognuno di un diverso colore.
«Quello rosso è l’M-Code dell’EDA che sta riposando
in questo momento sul mio tavolo. Quello verde invece proviene dall’EDA apparso
il mese scorso all’università. Immagino ne avrai sentito parlare.
Noti niente?»
«Che sono entrambi ridotti ad un bordello?» disse
quasi con spirito Jake dopo un momento di riflessione
«Certo, a prima vista possono sembrare due comuni
filamenti genetici scombussolati da una overdose di energia che ha portato alla
mutazione.
Sicuramente saprai che la mutazione EDA è dovuta ad
uno scompenso magico-energetico all’interno
dell’organismo che porta ad una momentanea scissione dell’M-Code e alla sua
ricostituzione in modo del tutto casuale.
Invece, nel caso dell’EDA apparso all’università,
la struttura dei nucleotidi della sequenza genetica, per quanto alterata, non
appare così compromessa come nel caso degli altri EDA.»
«Vuoi dire che non vi è stata alterazione
genetica?»
«No, no. C’è stata. E anche piuttosto violenta. Ma
stranamente l’M-Code, a dispetto della notevole mutazione a cui è andato
incontro, non ne è uscito eccessivamente compromesso.
Questo spiega anche perché, a leggere i rapporti,
sia stato capace di reggere tutti quei colpi sprigionando nel contento un
notevole potere offensivo.»
«Forse è stato solo un caso. Anche se non è stato
ancora reso pubblico, pare che si sia trattato di un vero e proprio attentato
terroristico. Hanno usato quel poveraccio come un cavallo di troia.»
«Un giorno o l’altro dovrò cercare di capire da
dove viene questo modo di dire» commentò Alisa
sfiorandosi il mento. «Lo usano tutti, ma nessuno sa bene quale ne sia
l’origine.»
«Ad ogni modo, l’uomo che ha organizzato quel
bell’esperimento mi è morto davanti agli occhi dopo essersi sparato un colpo in
testa.
Quindi, è probabile che non ne rivedremo più di
bestie simili.»
«Forse. O forse no.»
Riacquistata la serietà per la seconda volta, la
dottoressa materializzò altre due sequenze genetiche.
«Questi due sono finiti sotto i miei ferri uno due
settimane fa e l’altro martedì scorso. Stessa storia. Una mutazione
significativa ma non così radicale.
E in entrambi i casi, il rapporto parla di EDA
particolarmente coriacei.»
«Non ne sapevo niente. Deve essersene occupata
un’altra squadra. Dove sono apparsi?»
«Su una nave da crociera appena salpata per New Aalborg e ad una fiera di collezionisti di cianfrusaglie
terrestri.
Avrei voluto fare qualche altra analisi, ma i tuoi
amici capoccia dell’Agenzia prima si sono presi i corpi e poi hanno secretato tutto.»
Questa volta fu Jake a
toccarsi il mento, preoccupato e pensieroso, e un silenzio angosciante calò tra
i due, mentre il rumore simulato di tutti quei filamenti genetici che roteavano
su sé stessi riempiva la stanza come un insopportabile ronzio.
«Facendo questo lavoro,» concluse Alisa. «Ho imparato a non fidarmi mai delle coincidenze. Ma
in questo momento, vorrei tanto sbagliarmi.
Chissà, forse è davvero soltanto un caso.» ma lei
sembrava la prima a non crederci.
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Finalmente, dopo tanto
penare, sono riuscito a pubblicare questo primo capitolo.
Come vedete il numero
del capitolo non corrisponde a quello reale; questo perché, come ho già detto,
pur avendola pubblicata come nuova storia in realtà si tratta della
continuazione della precedente, così ho preferito lasciare la numerazione
originale.
Per ora è tutto
A presto!^_^
Carlos Olivera