Lo so, lo so, vi ho fatto penare un sacco e perciò mi scuso per il mostruoso ritardo, ma spero tanto che questo epilogo possa piacere a tutti voi ;)...
Epilogo
New York, un anno dopo.
Un giovane uomo molto alto, dai lunghi
capelli biondi fino alle spalle, stava camminando attraverso un sentiero
acciottolato, al fianco del quale c’erano diversi alberi in piena fioritura
primaverile.
C’erano fiori di pesco e di albicocco
sopra i rami dei vari alberi e in mezzo ai prati c’erano lillà, genziane,
violette e primule.
C’era un temperatura mite nell’aria e
una leggera brezza faceva muovere le fronde degli alberi.
L’uomo, che indossava dei semplici
pantaloni azzurro chiaro e una camicia bianca e che portava degli occhiali
scuri, respirava lentamente, osservando quel giardino in fiore con una
meravigliosa gioia nel cuore.
Era passata l’angoscia ed era passato
il tormento.
Si sentiva finalmente in pace.
Per tanto tempo si era sentito in
colpa per non protetto abbastanza i suoi amici, ma ora tutto questo era davvero
passato.
Poteva pensare a se stesso,
finalmente.
Non che avrebbe mai smesso di vegliare
su di loro né sarebbe sfuggito di nuovo ai suoi doveri presso la sua famiglia,
ma ora… ora aveva trovato il modo di poter fare tutte questo cose insieme.
Uno strano profumo gli arrivò alle
narici.
Un profumo di rose.
Si voltò verso destra.
Erano rose, ma non erano bianche,
erano rose rosa, le rose più profumate e quelle più durature.
Eppure lui continuava a preferire
quelle bianche.
“Candy…”
Una piccola bambina, dai
lunghi riccioli biondi piangeva su un prato.
“Sai piccola, sei più
bella quando sorridi”
E lei aveva sorriso… il
più bel sorriso che avesse mai visto, ma quel sorriso non era mai stato
completamente suo.
Aveva vegliato su di lei, attendendo,
attendendo, e poi c’era stato quel momento di sogno incredibile, in cui lei
aveva accettato di sposarlo.
Perché lo amava… sì quello era vero,
ma non come voleva lui.
Non si può stare insieme per
gratitudine né perché si è amici da una vita.
Aveva sofferto quando lei era tornata
da Terence?
No… l’amava troppo… non era riuscito
ad essere triste.
La gioia negli occhi di lei e di lui.
Lui, il suo caro adorabile folle
amico.
Sarebbero stati felici per sempre, lo
sapeva.
E non li avrebbe mai più persi,
nessuno dei due.
Terence lo aveva persino preso in giro
su una sua eventuale ragazza.
No, per ora non c’era nessuna ragazza,
nessuna.
Era troppo presto, troppo presto.
Ma un giorno sarebbe arrivata e anche
lui sarebbe stato amato follemente e appassionatamente.
Passione, ossessione, amore.
Una ragazza dai lunghi capelli neri, dall’espressione
dolce e simpatica, che portava un elegante paio di occhiali da vista, gli stava
venendo incontro sorridendogli, ma lui non se ne accorse.
I suoi pensieri erano altrove e anche
se ne fosse accorto, l’avrebbe scambiata per un’estranea.
“Albert… Albert!”
Il giovane si levò gli occhiali da
sole, puntando i suoi occhi azzurri dentro quelli verdi della giovane.
“Patty?” balbettò confuso.
La ragazza annuì sorridendo e lo
abbracciò.
“Ciao cara, come stai?”
“Bene… sì ora sto bene…”
“Ma che hai fatto?” mormorò sempre più
incredulo osservando i vestiti della sua amica: non che indossasse nulla di
speciale, era solo un abitino celeste, rigorosamente abbottonato fino al collo,
ma… era quasi corto… era sopra le ginocchia e… ed erano pieno di fiori
colorati. E il viso di lei… era pieno di luce…
“Beh… ecco… io… è difficile da
spiegare…” balbettò Patty arrossendo vistosamente. “Ma posso presentarti il mio
amico Colin?” aggiunse indicando un bel ragazzo dai capelli biondi e gli occhi
neri, che teneva per mano una bellissima bimba bionda.
“Ma certo..” fece il giovane Andrew
sorridendole di nuovo e poi allungando prontamente la mano verso Colin,
aggiunse “Piacere io sono Albert”
“Piacere mio, mi chiamo Colin Ford e
questa è mia figlia Claudia..” replicò il ragazzo stringendogli la mano.
Albert voltò un secondo la testa verso
Patty, che notandolo, arrossì ancora di più.
“Ehm… io insegno a sua figlia
Claudia…”
“Certo, certo…” mormorò Albert
sorridendole quasi ironicamente.
La giovane O’Brian impallidì stavolta.
“Sul serio” si affrettò a dire il
giovane Ford.
“Ma certo, ci credo… piuttosto vi
piace qui?”
“Certo, è favoloso, non pensavo si
potesse trovare uno zoo così grande in zona… mia figlia adora gli animali”
“Anche io”
“Albert non fare il modestone,
sappiamo che questo posto è tuo…”
“E’ suo?” balbettò Colin fissando
incredulo il giovane che aveva di fronte: sapeva che lo zoo apparteneva alla
nobile famiglia Andrew e Albert sembra tutto tranne che un “nobile”.
“Sei un Andrew?”
“Purtroppo sì… ognuno ha le sue
disgrazie, ma ci sono anche i lati positivi ad avere tanti i soldi, ad esempio
comprare uno zoo non certo ben tenuto e trasformarlo in un paradiso come
questo”
“In effetti… lo è…” mormorò Colin
incantato.
“Venite vi porto in un posto speciale…
è un posto che ancora non è aperto al pubblico… sto cercando allestirlo meglio
che posso”
I due ragazzi e la bambina lo
seguirono nel boschetto, che man mano che proseguivano, si faceva sempre più
fitto.
Quel posto pareva quasi immenso… quasi
perché verso destra, in fondo al sentiero, si intravedeva un grosso recinto
nero, alto quasi due metri.
“Dove ci stai portando?” mormorò
incuriosito il ragazzo.
“Aspetta e vedrai” fece indicandogli
il recinto, vicino al quale c’era una grande scala nera. “Dobbiamo salire là…”
aggiunse indicando proprio la scala.
I giovani affrettarono il passo
arrivando all’imponente costruzione e salirono sulla scalinata, che era fatto
di legno spesso.
I gradini erano tantissimi e
sembravano portare fino al cielo.
Una volta arrivati in cima, Colin,
Patty e Claudia rimasero senza fiato.
Oltre il grosso recinto si potevano
vedere diverse specie di animali e ognuno di loro poteva passeggiare
liberamente in un habitat simile a quello proprio naturale.
“Come hai fatto?” balbettò Patty,
sorridendo estasiata.
“Con l’aiuto di scienziati ed esperti
sono riuscito a ricostruire in parte il loro habitat… “
“E’ fantastico… “ sussurrò la piccola
Claudia “Gli animali sono tutti liberi”
“Sì, quasi…” fece Albert “Quasi”
“Beh, di sicuro stanno meglio che in
un zoo normale” mormorò il giovane Ford, con gli occhi sempre fissi su quello
strano e affascinante spettacolo.
Tigri e leoni liberi di correre vicino
al centro di New York!
“O mamma io devo andare… ho visto
adesso l’ora “ gridò all’improvviso Patty “Scusami Albert, ma mi sono ricordata
che devo fare lezione tra poco alla cugina di Claudia”
“Non preoccuparti… su andiamo” e
scesero velocemente tutti insieme l’enorme scalinata.
“Scusami, devo proprio andare”
balbettò la giovane abbracciandolo di slancio.
“Vai cara, non preoccuparti”
“Ti accompagno Patty… e Albert…
piacere di averti conosciuto e grazie per averci fatto vedere questo posto”
fece Colin stringendo la mano di Albert
“Piacere mio… ciao Colin… ciao Patty…
ciao Claudia”
“Ciao Albert!”
I due giovani e la piccola si
allontanarono verso gli alberi, ma anche da quella distanza il giovane Andrew
poté vedere la piccola Claudia stringere una mano di Colin e una di Patty.
Il ragazzo sorrise impercettibilmente,
voltandosi di nuovo verso la scala.
Voleva salire su di nuovo per mettersi
ad osservare il suo mondo.
“Posso disturbare il signor Andrew o è
troppo impegnato con i suoi amici?” sussurrò una voce gentile alle spalle.
“Anche tu sei una mia amica” replicò
il giovane girandosi di nuovo.
Riccioli castano chiaro… lunghi fino
alle spalle… occhi di un grigio tenue e un viso particolare… difficile da
descrivere…
Se non ricordava male una volta un
critico aveva definito il suo ovale simile a quello di una Madonna del
Raffaello.
“E poi dovrei essere io a chiederti se
hai un po’ di tempo per me… sei di nuovo una celebrità.. la grande scrittrice e
sceneggiatrice Susanna Marlowe”
Lei sorrise… un sorriso caldo e
sereno..
Non l’aveva mai vista così bella.
E stava sorridendo a lui.
Era troppo presto, ma… ora… ora lei
stava sorridendo solo a lui.
L’abbracciò, stringendola a sé.
“Cosa ti porta qui?”
“Ho scritto una nuova sceneggiatura e
vorrei che la leggessi”
“Ma Susanna, io mica sono un critico”
“Lo so, ma il tuo parere conta più di
tutti”
“La leggerò allora” mormorò
sorridendole.
Un sorriso dolce e calmo.
Il sorriso del suo più caro amico.
Colui che le aveva detto che poteva
fare qualsiasi cosa.
E non mentiva… lei era riuscita a fare
quello voleva.
Ora non aveva più paura.
Grazie ad un angelo biondo che
sorrideva solo a lei.
Sì, era troppo presto… ma sorrideva
solo a lei.
Diverse ore più tardi, vicino alla
Casa di Pony, poco sopra il lago Michigan, una giovane donna bionda passeggiava
nei prati.
Il sole era ormai tramontato da
un’ora, ma non faceva freddo, anzi c’era persino caldo, come se fosse già
estate.
Per precauzione, però, la ragazza
indossava, sopra alla semplice camicia da notte azzurra, un grosso scialle di
lana color verde mare, regalo di nozze di Suor Maria.
In condizioni normali, sarebbe andata
in giro solo con la camicia da notte, ma ora non si poteva certo definire in
condizioni normali, considerando il grosso ventre che le spuntava da sotto il
seno.
Oltre allo scialle e alla camicia, non
aveva voluto altro, non si era nemmeno legata i capelli, che ora le scivolavano
liberi lungo la schiena, tenendogliela calda.
Non indossava nemmeno delle ciabatte o
delle scarpe.
Era a piedi nudi, come nella sua
spensierata e felice infanzia.
Aveva temuto di non poter più vivere
un periodo come quello e in effetti, così era stato.
Ma ne erano venuti altri di periodi
belli.
La vita era bella anche perché ogni
suo anno è diverso dall’altro.
Anche se alcuni anni le erano sembrati
tutti uguali, ora si rendeva conto che c’era sempre stato qualcosa di diverso e
di speciale.
Alzò gli occhi al cielo… un cielo
pieno di stelle e illuminato da una meravigliosa luna piena.
Tutto era pace… tutto era sereno.
Sarebbero tornate altre tempeste, lo
sapeva.
E avrebbe avuto di nuovo paura.
Ma… poi… poi il sereno sarebbe tornato
di nuovo.
Perché oltre alle sue mamme e i suoi
amici, adesso c’era lui .
Un calore improvviso le avvolse il
ventre.
Guardò in basso.
Due bellissime mani da pianista la
stringevano dolcemente.
E un secondo dopo dei lunghi capelli
setosi le fecero il solletico al viso.
“Allora è vero che dovrò sopportare
altri Tarzan”
Lei si voltò, baciandogli dolcemente
le labbra.
“E se anche fosse, ti dispiacerebbe?”
“Oh certo che no… sarei disposto a
sopportare anche venti Tarzan…”
“E se invece fossero dei piccoli
duca?”
Il giovane fece una smorfia,
baciandole impercettibilmente il viso.
“Spero che il destino non sia così
maligno con me”
“Chissà” sussurrò baciandogli il naso.
“Lo sai che secondo certi… come
definirli… uhm… beh diciamo secondo certe persone… una donna in stato
interessante non dovrebbe pensare a certe cose?”
“Quali cose, signor Terence?”
“Queste…” sussurrò leccandole il
collo.
“Ah sì… e perché mai?”
“Beh a quanto pare, sarebbe peccato
mortale indurre in tentazione una quasi mamma…”
“Che orrore… quindi andremo
all’inferno…” replicò baciandogli il mento.
“Temo di sì…” mormorò fingendosi
contrito.
“Ma senti…”
“Dimmi…”
“Secondo te, quante donne in stato
interessante, hanno conosciuto queste… come definirle… persone?”
Terence sorrise prendendola in braccio
e posandola sull’erba.
“Credo nessuna”
“E allora che ci vadano loro
all’inferno…” mormorò catturandogli le labbra.
Passione, amore, dolcezza.
Le loro labbra unite…
Terence la spogliò lentamente,
baciandole ogni lembo di pelle che liberava dai tessuti.
Candy gli strinse le spalle,
attirandolo a sé, baciandolo, ancora e ancora.
Era così inebriante sentire i loro
corpi che si univano.
Baciarsi… amarsi… essere uniti.
Solo questo contava.
Non avevano ancora comprato una casa
per loro, ma non ne avevano bisogno, perché casa per loro significava stare
insieme.
Passione, dolcezza, amore.
Su un prato, su un letto, su una
barca.
C’erano loro e un universo palpitante
di vita.
Perché la vita doveva essere piena di
passione.
Sempre.
Fine.