Quando
Harry si svegliò, quella mattina, la testa iniziò
a girargli vorticosamente, la
schiena dolorante si fece sentire, come gli arti informicolati, tutte
conseguenze di una notte passata a studiare sui libri.
Si
alzò a fatica, trascinando quella sedia di legno consumata,
e aprì l’armadio
per scegliere quali dei tre maglioncini di flanella avrebbe dovuto
indossare
per una verifica di importanza notevole, come quella che avrebbe
affrontato da
li a un’ora circa.
Oggi,
ne era sicuro, avrebbe indossato quello verde acido, con una polo a
strisce e
dei jeans a vita alta.
Non
era quel tipo di persona che si può definire “alla
moda”: essendo cresciuto con
i nonni, aveva da sempre avuto altri interessi, come la Matematica o la
Fisica,
non curante del mondo che lo circondava.
Si
fiondò successivamente in bagno, dove la bottiglietta di gel
lo stava
aspettando come tutte le mattine. Quei capelli ricci e disordinati non
gli
erano mai andati a genio, per questo da quando suo nonno gli aveva
fatto
scoprire quel magico gel, che teneva a posto tutta quella scomoda
ribellione
naturale, non se ne era mai separato.
Premette
la bottiglietta in plastica per far uscire una quantità
estrema di lozione, per
poi passarsela sul capo incrostando tutti i capelli.
Sì,
era decisamente osceno, ma a lui non importava.
Per
lui la perfezione era sinonimo di ordine: così come doveva
essere ordinata la
sua camera, dovevano essere ordinati anche i suoi capelli.
Scese
in fretta passando dalla cucina e afferrando una mela al volo,
salutò la nonna
e si incamminò per andare a prendere l’unico
essere umano, suo coetaneo, che
gli rivolgeva la parola.
Suonò
il campanello, e dopo qualche minuto la faccia di Liam fece capolino da
dietro
la porta.
“Ciao
Harry” lo salutò, chiudendo la porta di casa.
“Che occhiaie!” esclamò dopo aver
osservato bene il suo amico.
“Si
ehm, ieri notte mi sono addormentato sul libro” ammise Haz
grattandosi la testa
incrostata di gel, “perché non ero sicuro di aver
ripassato tutto”
“Ma
tu sei fuori di testa!” continuò Liam.
“Per
scacciare Tomlinson dalla mia testa ho dovuto farlo” concluse
l’incrostato.
“Era
a questo che volevo arrivare” sghignazzò
l’altro.
Sì,
era questo il problema.
Louis
Tomlinson era un ragazzo più grande di un anno, che
frequentava la stessa
scuola di Harry ma che, a parte questo, non aveva nulla da condividere
col
riccio.
Non
era molto alto, e nemmeno molto popolare, ma Harry aveva questa cotta
epica per
lui dal primo giorno che aveva messo i piedi in quella scuola, e Liam
lo sapeva
e non smetteva di ricordaglielo ogni santo giorno.
Harry
non aveva avuto il coraggio di fare nulla, e si limitava solamente ad
osservarlo come fanno le persone nelle oasi naturalistiche: lontano e
in
silenzio, temendo di far scappare l’essere che stavano
ammirando.
Sapeva
tutto di lui: con chi usciva, quale sport praticava, dove abitava, che
ambizioni aveva, il suo numero di scarpe, le calze che preferiva.
Proprio tutto,
e non era un eufemismo.
E
se qualcuno lo avesse per caso scoperto, Harry stesso credeva che
l’avrebbero
scambiato per uno stalker pazzo e l’avrebbero rinchiuso in
qualche centro per
psicopatici.
Ma
forse, uno staker pazzo, lo era davvero.
“A
proposito, guarda laggiù chi
c’è!” sussurrò Liam.
Harry
non se lo fece ripetere due volte, e osservò la scena da
lontano, stringendo le
mani alle cinghie dello zaino: Louis aveva appena appoggiato il
motorino e
stava salutando i suoi due migliori amici, per poi sistemarsi il ciuffo
con la
mano ed entrare a scuola.
Il
riccio non fece a meno di sospirare, desiderando come non mai di essere
al suo
fianco, di aspettarlo prima del suono della campanella e, vedendolo
arrivare,
di sorridergli beandosi dei suoi occhi azzurri, di prendergli la mano
e….
“Allora
ti muovi?!” gridò Liam ormai sul ciglio del
portone della scuola.
Harry
si risvegliò dai suoi sogni e corse per raggiungere
l’amico.
**
L’ora
di pranzo arrivò troppo velocemente secondo i gusti di Harry
che ancora non si
sentiva pronto, perché era proprio in quel momento che
doveva osservare la sua
cotta senza farsi scoprire da tutto il resto della scuola.
L’ansia
gli venne dopo aver ritirato il vassoio col cibo, mentre si voltava
nella
speranza di vederlo arrivare.
“Liam”
chiamò tristemente il suo amico, “non lo
vedo”
“Senti,
andiamo a prendere un tavolo prima che arrivi la squadra di
Football” ribatté
l’altro, troppo affamato per ascoltare le ennesime lamentele
del secchione.
Attraversare
la mensa era come attraversare uno zoo: ad ogni tavolo corrispondeva
una
categoria sociale, e questa era la cosa che Harry odiava di
più. Alla sinistra
poteva notare chiaramente il gruppo delle cheerleader, quello dei
maniaci della
tecnologia, quello dei secchioni di matematica (che, secondo Harry,
erano degli
ignoranti) e quello dei giocatori di Football, mentre alla destra si
sistemavano rispettivamente gli Asiatici, gli Hippie, i metallari e gli
studenti in Erasmus. E poi, per fortuna, la mensa era anche provvista
di
tavolini sparsi, direzione che i due amici avevano preso.
La
mente di Harry, però, era occupata da un pensiero fisso.
Dov’è
Louis?
Dov’è?
Perché
non è qua?
“Te
lo si legge in faccia che sei in attesa di vedere qualcuno,
Haz” constatò Liam
divorando il trancio di pizza offerto dalla scuola.
“Forse
è uscito prima” mormorò avvilito
l’altro, guardando la sua mela e chiedendosi
se fosse stata disinfettata a dovere prima di essere servita.
Guardò Liam e risoluto
aggiunse: “ora mi alzo e lo vado a cercare!”
Spostò
la sedia velocemente urtando contro qualcosa e, in meno di due secondi,
si
ritrovò bagnato di Fanta dalla testa ai piedi.
Non
ci poteva credere, o forse, non ci voleva credere. Il suo maglione
verde, il
suo preferito, quello da utilizzare nelle occasioni importanti, si era
rovinato.
Per
sempre.
“Oh
mio dio scusami!” fu l’esclamazione che
paralizzò sia Harry che Liam.
Quella
era una voce familiare, una voce che non solo continuava ad ascoltare,
ma anche
che si era sognato di notte, nella sua piccola stanza.
Quella
era la voce di Louis Tomlinson.
“N-nn-non
ti preoccupare” mormorò Harry con le gote in
fiamme, continuando a fissare quel
ragazzo dagli occhi azzurri e lo sguardo sempre sorridente.
Liam
notò che anche gli altri due suoi amici si avvicinarono non
sapendo se ridere a
crepapelle o se essere dispiaciuti per l’avvenimento.
“Beh,
potete venire sempre a mangiare al nostro tavolo visto che il vostro
è stato
inondato di aranciata!” esclamò il biondino dalla
voce squillante. “A voi va
bene?”
L’altro
ragazzo, quello con gli occhi color cioccolato e la pelle un
po’ più scura,
annuì con la testa, mentre Louis sorrise in direzione di
Harry. “Sì dai sarebbe
grane, ma prima aiuto lui a darsi un’asciugata!”
Il
cuore di Harry fece un sussulto: se fosse stato per lui avrebbe
lasciato che
l’aranciata si asciugasse da sola, piuttosto che rifiutare
l’invito dell’amico
biondo di Louis. Ma sentite le parole di quest’ultimo non
riuscì a capire più
nulla.
Che
cosa avrebbe dovuto fare? Che cosa voleva fare? Il suo cervello stava
per
esplodere.
Liam
gli sussurrò prima di sparire con gli altri due ragazzi:
“Haz, devi alzarti,
fai qualcosa, non puoi stare con la faccia da pesce lesso per tutto il
tempo!”
**
“Ecco,
vediamo… Ho una t-shirt blu, ti va bene?” chiese
Louis rovistando tra le sue
cose alla ricerca di qualcosa da dare al suo nuovo incontro.
Harry
annuì con la testa, incapace di parlare. Non sapeva definire
le sensazioni che
in quel momento stava provando: nervosismo, ansia, eccitazione?
Non
lo sapeva, era un miscuglio di qualcosa che gli faceva ribaltare lo
stomaco
ogni volta che i suoi occhi verdi incrociavano quelli azzurri del
liscio.
Lo
seguì senza parlare, con qualche brivido causato dai vestiti
umidi, che presto
sarebbero stati sostituiti.
Non
era mai stato con nessun’altro che fosse Liam, e quindi non
sapeva gestire la
situazione, soprattutto in compagnia della sua cotta.
Arrivarono
in fondo al corridoio, quello stesso corridoio dove lo aveva osservato
per
tutti quegli anni, un giorno dopo l’altro, aspettandolo con
il cuore che
martellava nel petto, schiacciato in un angolino, mentre Louis
scherzava coi
suoi migliori amici.
Girando
a sinistra, una porta rossa dava l’accesso allo spogliatoio
della palestra.
Louis l’aprì lentamente, accertandosi che fosse
vuoto, per poi far cenno a
Harry di entrare.
L’odore
di ascelle puzzolenti, e piedi altrettanto puzzolenti, fece girare la
testa al
povero riccio, che si sedette in attesa di ordini.
Louis
si avvicinò e gli pose la maglietta.
“Cambiati
pure, io cerco nel mio armadietto un asciugamano pulito”
commentò prima di
allontanarsi.
Harry
si stava vergognando a morte: se fosse stato uno struzzo avrebbe
già messo la
testa nella terra. Spogliarsi di fronte a Louis sarebbe stata una delle
ultime
cose che si sarebbe sognato di fare quel giorno.
Ma
era in ballo, ormai, e ora doveva ballare.
Si
sfilò le maniche rivelando delle braccia secche e anemiche,
delle schifezze in
confronto a quelle sane e tatuate di Louis.
Si
sollevò il maglioncino infeltrito, cercando di sfilarselo
dalla maglietta, ma
rimase incastrato.
Questa
non ci voleva.
Harry
si sentiva la figura di merda arrivare sempre più veloce, se
la sentiva addosso
come un polipo impaurito, avvinghiata a lui, pronta a dargli il colpo
di grazia.
“Louis?”
miagolò, quasi avendo paura di esser sentito.
Niente.
La
sua voce ovattata rimbombò per lo
spogliatoio.
Rimase
quasi un quarto d’ora con le braccia alzate e il maglione
incastrato, lasciando
scoperto quel petto magro e pallidissimo.
“Eccomi!”
esclamò Louis quasi affannato, “ti ho trovato
un… Ehi, vuoi una mano per caso?”
gli chiese ridendo, mentre la faccia nascosta del riccio diventava
sempre più
rossa.
“Uhm,
ecco, sì, sarebbe davvero magnifico se mi aiutassi, per
favore” sussurrò.
Louis
sfilò gentilmente quell’orrendo maglioncino,
toccandogli i capelli incrostati
emettendo un suono quasi di disgusto
“Perché
ti conci i capelli in questo modo?” chiese curioso, mente
Harry si asciugò e
infilò velocemente la t-shirt prestata.
“Uhm,
li ho ricci e fin troppo disordinati” mugugnò,
guardando il pavimento.
“Magari
se li sistemi un attimo non sono così male”
continuò Louis, mettendo via
l’asciugamano e lanciandogli il maglioncino inzuppato di
aranciata, che Harry ovviamente
non afferrò al volo.
“Comunque”
concluse Louis, prima di sparire dalla porta rossa, “hai dei
begli occhi. Non
nasconderli guardando sempre in basso”
**
“Cosa
avrà voluto dire Liam?” chiese Harry prima di
salutare l’amico, ormai arrivato
a casa sua.
“Che
devi smetterla di avere la coda tra le gambe: caccia fuori le palle una
buona
volta Harry!” sorrise all’amico, salutandolo e
rientrando a casa.
Harry
ci pensò per tutto il tragitto, fino a ritrovarsi di fronte
alla porta della
sua casa. Cosa avrebbe dovuto fare per migliorarsi? Per lui andava
già bene
così, non aveva bisogno di nuovi maglioni o pantaloni alla
moda. O forse sì?
Salì
in camera sua, senza nemmeno salutare i nonni intenti a guardare una
serie
televisiva, e si buttò sul letto, lanciando lo zaino sul
pavimento.
Annusò
la t-shirt che aveva l’odore di Louis, e immaginò
di averlo accanto, di
abbracciarlo e di baciarlo come se non ci fosse un domani.
Si
sarebbe anche accontentato di un sorriso, gli sarebbe bastato quel
semplice
gesto, visto che non aveva nessuna speranza di conquistare il suo cuore.
O
forse no?
Accese
il computer ed entrò nella sua pagina di Facebook,
controllando le notifiche: a
differenza degli altri giorni, si ritrovò un messaggio nella
posta privata, e
quando lesse il nome del mittente per poco non gli venne un infarto.
Louis
Tomlinson: Allora,
ti piace la mia maglietta?
Digitò
la risposta senza nemmeno pensarci.
Harry
Styles: Ha il tuo
profumo…
Oh
merda. Che cosa aveva scritto? Tanto valeva dirgli della sua cotta.
Louis
Tomlinson: Ah wow, e com’è?
Com’era?
Era dolce, sexy, intrigante e malizioso ma rassicurante al tempo
stesso. Non
perse l’occasione di annusare di nuovo la maglietta blu.
Harry
Styles: Buono
Nessuna
risposta. Forse era uscito, o forse non sapeva che dire. Chi lo stava
costringendo a parlare con un secchione come lui? Harry era solo un
cervellone,
non aveva il potere di attirare qualcuno come…
Louis
Tomlinson: Vorrei
sentire com’è il tuo!
Che?
Eh? Cosa?
Harry
credeva di non aver letto bene.
Non
rispose a quel messaggio, ma lo rilesse tutta la sera, anche dopo aver
cenato,
anche pochi attimi prima di lasciarsi andare al sonno, addormentandosi
di nuovo
sulla scrivania.
**
La
ricreazione arrivò all’improvviso, lasciando che
le prime due ore di scuola si
concludessero con un’interrogazione disastrosa da parte di un
loro compagno di
classe.
Harry
e Liam si alzarono per andare al bagno, quando all’improvviso
il riccio si
bloccò, spaventando anche il povero Liam, immerso in una
discussione
sull’ultimo calcolo algebrico della lezione.
“C’è
Louis” sussurrò Harry con gli occhi spalancati e
la bocca che cominciava a
seccarsi per via dell’agitazione.
“E
ti ha visto, a giudicare dalla direzione in cui sta
incamminando” concluse
l’altro, sorridendo alla vista del ragazzo e dei suoi due
amici.
Harry
indietreggiò cercando di nascondersi dietro le spalle di
Liam e sussurrando una
cantilena: “nonmihavistononmihavistononmiha…
”
“Ciao
Harry!” salutò Louis, “e Liam, giusto?
Io sono Louis”. Si presentò all’amico
storico del riccio, porgendogli la mano.
“Ehm,
uhm… Ciao” rispose spaventato Harry.
“Harry,
senti, io, posso parlarti un attimo?” chiese Louis
cortesemente.
“Uhm,
ok” mugugnò il riccio torturandosi le maniche
della camicia di flanella della
stessa tonalità che avevano acquisito le sue guance.
I
due ragazzi si allontanarono dal resto gruppo, andando a parlare sul
ciglio
delle scale, dove poca gente si sarebbe accorta della loro presenza e
li avrebbe
disturbati. Louis aveva bisogno di tranquillità, mentre
Harry aveva solamente
voglia di non farsi vedere rosso di vergogna davanti a tutta la scuola.
“Senti
Haz… Posso chiamarti così vero?”
Il
riccio annuì sorridendo, forse per la prima volta.
“Ecco,
non ti ho spaventato ieri? Non, sai non mi hai più risposto
poi ed io… Ho
pensato che… ” chiese curioso Louis soppesando con
lo sguardo il suo
interlocutore.
“No…
no, non preoccuparti!” rispose prontamente il riccio.
Il
maggiore tirò un sospiro di sollievo, e continuò
il discorso: “Quello che
volevo dirti era, ecco, insomma, ti va di uscire con me, questo
pomeriggio?”
Harry
non credeva che sarebbe realmente successa una cosa del genere, proprio
a lui
che si vergognava di tutto, che non sapeva interagire col mondo intero
e che
avrebbe voluto solo starsene da solo ad osservare Louis, da lontano,
per tutto
il giorno, per tutti i mesi e gli anni che gli rimanevano a scuola.
Guardò
il pavimento, cercando di far uscire quel briciolo di sicurezza che gli
era stato
donato, e balbettò un “O-ok” timido.
“Perfetto!
Allora ci vediamo a casa mia più tardi!” sorrise
Louis, proprio quando la
campanella aveva deciso la fine dell’intervallo.
**
Il
pomeriggio il tempo aveva deciso di dare una svolta imprevista
iniziando a
diluviare. E, come in tutte le migliori occasioni, Harry si era
dimenticato
l’ombrello.
Col
cellulare scarico, e dopo aver salutato Liam, si incamminò
verso casa di Louis,
ben sapendo dove abitasse, dato lo stalkering selvaggio degli anni
precedenti.
Sembrava
che la pioggia venisse anche dal marciapiede, infradiciandolo
completamente
dalla testa ai piedi e, a fatica, raggiunse la casa Tomlinson.
Quante
volte si era sognato di entrare in quella casa, saltando addosso
all’inquilino
che la abitava?
Suonò
il campanello con l’indice infreddolito, e aspettò
che qualcuno gli venisse ad
aprire. Pregando perché si sbrigasse.
Quello
che si ritrovò davanti Louis non appena aperta la porta di
casa fu un ragazzo
inzuppato dalla pioggia, con i capelli ricci che gli gocciolavano in
viso, e la
camicia di flanella aderente al corpo.
Così
innocuo e così dannatamente sexy.
“Entra
Harry, e rimani lì che ti prendo un cambio prima che tu mi
allaghi casa!”.
Louis corse in camera cercando un qualcosa che stesse bene a quello
spilungone:
una tuta vecchia di suo padre e una maglia normale sarebbero stati
sicuramente
molto meglio di quell’orrenda camicia di flanella rossa e i
jeans del 1950.
Invitò
il riccio a seguirlo mostrandogli il bagno ed esclamò:
“se andiamo avanti così
finirai per rubarmi tutto quello che ho
nell’armadio!”, strappandogli un
sorriso.
Alla
vista di quelle fossette Louis si ritrovò qualcosa
all’altezza dello stomaco:
erano forse delle piccole farfalle?
Era
da tanto che non si interessava a qualcuno, ma quel ragazzo
l’aveva sempre
trovato… Diverso. Lo aveva beccato, qualche volta, intendo
ad osservarlo mentre
si allenava a Football o parlava con Zayn e Niall. Aveva anche
incrociato il
suo sguardo, ma quel ragazzino si era sempre richiuso come un riccio
nel suo
angolino abbassando gli occhi, impedendogli di accennare un sorriso o
un
saluto.
Come
poteva un ragazzo dai lineamenti così sensuali non
accorgersi di essere davvero
bello, e pretendere di passare inosservato con quei quintali di gel sui
capelli
e quegli orridi vestiti?
Immerso
nei suoi pensieri, non si accorse che Harry era timidamente sceso e lo
stava
osservando, forse dopo aver tentato di catturare la sua attenzione
senza
risultato.
“Oh
scusami Haz, stavo pensando” e si fermò senza
continuare la frase.
Harry
aveva questi bellissimi capelli ricci umidi che gli incorniciavano il
viso, ed
era perfetto anche senza occhiali e, soprattutto, senza gel.
I
suoi occhi verde smeraldo osservavano curiosi la figura di Louis, che
cercava
di catturare tutte le sfumature di quelle iridi.
“Non
trovo il gel… ” disse quasi sussurrando.
“Oh,
Haz, non hai bisogno del gel!” si lasciò sfuggire
il liscio, temendo di aver
spaventato quel ragazzo timido.
“Uhm…
” mugugnò in risposta.
“Siediti
Haz” quasi pregò, sperando che il riccio
accettasse la sua proposta.
Harry
si guardò attorno, preoccupato, ed esclamò:
“ma non ci sono i tuoi genitori?”
“No,
questa casa è solo mia. La mia famiglia vive lontano, sono
qui per studiare” rispose,
tranquillo. “Quindi ci siamo solo io e te” concluse.
“Uhm,
ok” sorrise sentendo l’imbarazzo aumentare.
Forse
non avrebbe dovuto dirglielo, forse ora era sulla difensiva e non
voleva
avvicinarsi più di tanto a Louis, forse ora aspettava
solamente che finisse di
piovere e scappare non facendosi più vedere,
forse…
“Ti
va di giocare alla playstation?” chiese Louis, ponendo fine
alle seghe mentali
di dimensioni apocalittiche che l’avevano assalito.
“Uhm,
non sono capace” ammise l’altro, guardandolo
timidamente negli occhi.
“E’
facile, ti insegno io!”
**
Arrivò
l’ora di cena quando Louis e Harry disputarono la loro decima
partita.
Louis
notò che, una volta rassicurato, Harry cambiava modo di
comportarsi: era attivo
e partecipe ad ogni tipo di conversazione, sorrideva e ridacchiava
molto, e non
la smetteva di parlare. Insomma, da un piccolo bruco si trasformava in
una
graziosa farfalla, capace di incantare tutto e tutti.
Louis
non riusciva ad ascoltare più di tanto la conversazione,
perché la sua
attenzione veniva catturata di continuo dagli occhi smeraldo e dalle
fossette
che ogni volta sbucavano all’improvviso, facendogli perdere
qualche battito di
cuore, e quelle labbra carnose che continuavano a muoversi che avrebbe
desiderato solo assaggiare, probabilmente vergini di qualsiasi tipo di
esperienza.
Invitante,
era questa la parola che aveva cercato tutto il pomeriggio.
Harry
era invitante, sotto qualsiasi punto di vista.
Stava
impazzendo, avrebbe dovuto fare qualcosa prima di…
“Haz,
devo dirti una cosa” disse bloccando un discorso lunghissimo
del riccio, che si
basava sulla capacità di saper calcolare l’angolo
perfetto per calciare il
rigore perfetto.
“Dimmi…
” rispose curioso, teso.
“Devo
assolutamente fare una cosa, ma tu non ti devi spaventare okay? Ti devi
fidare
di me. Tu ti fidi di me?” chiese speranzoso.
Harry
lo guardò, un po’ scosso da quelle parole, un
po’ impaurito al pensiero che se
gli fosse capitato qualcosa di brutto nessuno sarebbe riuscito a
salvarlo. Né
la nonna, né il nonno e neppure Liam.
Cosa
doveva fare? Fidarsi ciecamente di quel ragazzo che aveva spiato per
secoli,
che lo aveva invitato a casa sua ma che praticamente era uno
sconosciuto? La
testa continuava a scegliere una direzione, il cuore un’altra.
Si
avvicinò a Louis, insicuro su quello che gli sarebbe
capitato, ma curioso di
sapere che cosa voleva fare il liscio. Dannatamente curioso.
Nemmeno
il tempo di pronunciare la risposta che le labbra insicure del riccio
incontrarono quelle decise del liscio, in un vortice di emozioni che
Harry non
aveva mai provato in vita sua.
Si
lasciò condurre da Louis che, più esperto, lo
deliziava con movimenti sinuosi e
dolci delle sue labbra, mentre si faceva spazio per esplorare la bocca
del
riccio.
Le
mani di Louis si posarono sui fianchi di Harry e lo attirarono a
sé, facendo
incontrare i loro petti e lasciando che il riccio si sdraiasse sotto di
lui.
Louis
si staccò dolcemente dalle labbra di Harry che, estasiato,
lo guardava con gli
occhi spalancati, increduli.
“Non
ti ho spaventato vero?” chiese preoccupato
“Uhm,
in realtà è stata la cosa più bella
della mia vita” ammise Harry, sulle nuvole.
Louis
sorrise, prima di continuare il suo discorso
“Sei
bellissimo Harry, sia dentro” indicò il cuore del
riccio, “che fuori” e gli
accarezzò i capelli ricci quasi completamente asciutti.
“Uhm,
grazie” rispose timidamente sentendosi avvampare.
Poi,
preso da un moto di passione, una scarica inaspettata di nervi e
sensazioni,
ribaltò le posizioni, spostando Louis sotto di sé.
“Ehi,
che vuoi fare ora?” chiese malizioso il ragazzo dagli occhi
blu.
“Mi
sembra ovvio no? Voglio farti sentire il mio odore”
scoppiò a ridere chinandosi
nuovamente sulle labbra tese del liscio.
SPAZIO
AUTRICE:
Se
siete arrivati fino a questo punto, le possibilità sono due:
o vi ho pagato per
leggerla oppure avete sbagliato strada.
No
ok, sto scherzando: questa OS nasce circa ieri mattina, mentre facevo
la
pulizia del cellulare, trovo questa immagine di Harry/Marcel con la
maglietta
blu (quella che poi vedere anche nel banner).
Come
al solito ho iniziato a fantasticare e, nel pomeriggio, è
uscito questo
racconto, che son riuscita a portare avanti fino alla fine.
Non
sono molto brava con i ringraziamenti e palle varie ma ci tenevo farvi
sapere
che la mia beta è nientepopòdimeno che la mia Ovy
(il suo account EFP è
Break_Away, vi consiglio di leggere le sue opere!!!), ossia colei che
è
riuscita a capirmi e ad ascoltarmi quando ero da sola, e che sa
comprendermi e
farmi divertire quando tutto il resto del mondo sembra non accorgersi
di me.
E
niente, su Twitter mi chiamo @valeficient_
Se
vi va scrivetemi pure se vi è piaciuta o no.
Adiòs.
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