sogno noir
The end of all
hopes
Sola.
Nella stanza a lei così familiare, piena di ricordi tristi
ma anche di alcuni che le facevano sorridere il cuore.
Si sentiva finalmente libera. Libera di essere se stessa e
di vivere la vita che aveva scelto per se e per la piccola creatura che aveva
generato in mezzo a tanto squallore.
Saltava come una bambina sul letto che ormai, volente o
nolente, faceva parte di lei, un letto e una stanza che avrebbe presto
abbandonato, non appena il suo principe sarebbe arrivato salvandola dall’incubo
in cui troppo a lungo aveva vissuto.
Sente la porta aprirsi alle sue spalle. Eccolo pensò la ragazza
Eccolo è venuto a salvarmi, finalmente riuscirò a fuggire da
tutto questo!
Ma mentre si voltava per vedere il suo principe il sorriso
le si spense sulle labbra...
Non era chi si aspettava, non era colui che voleva che
fosse...era il suo incubo peggiore venuto a frantumare, per l’ennesima volta, i
suoi sogni...stavolta per sempre.
-Cosa vuoi da me? Perché non m lasci in pace?!- Urlò la ragazza, disperata, poiché avevo visto
i suoi sogni spegnersi in soffio, poiché aveva visto la libertà scivolarle per
sempre dalle dita...
-È semplice, io
non ho nessuna intenzione di lasciarti in pace. Perché dovrei accontentarti
quando è così divertente vedere la tua faccia disperata?!- Rispose
divertita l’ombra affacciata alla porta, avvicinandosi lentamente al letto
della ragazza.
La figura che poco prima era solo un’ombra, aveva lasciato
il posto ad un uomo massiccio mascherato sotto un impermeabile nero col colletto
alzato a coprire il volto, sormontato da un borsalino, nero anch’esso, l’unico
tocco di colore lo avevano le scarpe, le tipiche scarpe da gangster bianche e
nere, sicuramente indossate sotto ad un completo gessato, coperto alla vista
dall’impermeabile.
La ragazza si era lasciata cadere sul letto, e le uniche
parole che ormai riusciva a pronunciare erano suppliche, volte a salvare la
vita.
-Non ti servirà
pregare, non ti servirà urlare....ne tantomeno chiamare il tuo principe! Che
credo sarebbe già dovuto arrivare...o sbaglio?!- Un sorriso beffardo si
allargava sicuramente sulla faccia dell’uomo, che vedeva la ragazza già nelle
sue mani come una farfalla spillata in un quadro, impossibilitata a scappare,
immobile e morta. Così la vedeva. Morta.
Così si vedeva anche lei, sapeva che non poteva fuggire,
sapeva che non avrebbe più potuto sognare, sapeva che non avrebbe più rivisto
la sua creatura...era a lui, a suo figlio, che andarono i suoi ultimi pensieri,
prima che l’uomo le saltasse addosso come una bestia per toglierle la luce e la
vita dagli occhi. Si accanì sul corpo della fanciulla, che provava a
difendersi, con una ferocia, e con una rabbia indicibili, tanto che non si
accorse neppure quando le mani della poveretta smisero di ostacolarlo, neppure
quando era solo ormai solo un involucro di carne, morto e a pezzi... non se ne
curò, anzi continuava a inveire contro il cadavere e ad infierire su un corpo,
che non si poteva più chiamare tale...
Come ultimo atto le tagliò la gola in macabro sorriso.
Macabro. Perenne.
Fatto tutto ciò si alzò tranquillamente dal letto,
dirigendosi verso la toilette della stanza, si sciacquò le mani, si rinfrescò
con un po’ di colonia e fischiettando uscì, con il coltello ben nascosto sotto
l’impermeabile, come se niente fosse dalla stanza, e poi dall’edificio.
Lasciandosi alla spalle quel sorridente corpo martoriato.
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