Il mattino successivo Grace, Wayne e Kimball trovarono Patrick disteso
sul divano, con le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi
chiusi. Il suo respiro lento e regolare poteva sembrare quello di una
persona addormentata, ma il consulente era sveglio, sveglio ed attento
a quello che lo circondava: Grace che faceva una relazione al pc,
ticchettando rapida sui tasti; Wayne che sbadigliava sonoramente,
convinto che nessuno potesse notarlo, e Kimball che sistemava le sue
cose sulla scrivania, riordinandola metodicamente come ogni mattina.
A quei rumori così familiari si aggiunse il suono di costose
scarpe sul linoleum, la cui cadenza era inconfondibile: Ray Haffner.
- Buongiorno a tutti. - Salutò, avvicinandosi.
- Buongiorno. - Grace fu la sola a replicare. Wayne e Kimball si
limitarono ad alzare gli occhi dai loro computer.
- Ho due annunci da fare. - Disse poi, appoggiando la giacca e la
ventiquattrore sul tavolo.
Al vedere che Patrick non dava nemmeno segno di averlo sentito, si
avvicinò al divano.
- Jane. Sto parlando anche con te. Alzati. -
Patrick rimase fermo e in silenzio.
- Jane! - Sbottò Ray, dando un colpo al divano con un piede.
Patrick non si mosse, limitandosi a rispondere con tono piatto:
- Sto dormendo. Non ti sembra che io stia dormendo? Non è
educato pretendere che io risponda. -
- Adesso basta con i giochetti, Jane. So cos'hai fatto. -
- Davvero? Spiegamelo, perchè credo di non saperlo io. -
Rispose Patrick, rimanendo immobile sul divano senza nemmeno aprire gli
occhi.
- Sei andato a fare un sopralluogo in una scena del crimine che non
è di nostra competenza! -
- Non so di cosa tu stia parlando. -
- Non prendermi in giro! Sono stato chiamato dal capo di Vaughn, il
poliziotto della territoriale che stazionava a casa di quel morto fuori
città. Ha detto che siete andati a fargli visita. Tu e
quell'idiota senza spina dorsale di Rigsby. - Si voltò verso
Wayne e lo indicò con fare minaccioso. - Ti avevo detto di
tenerlo d'occhio e non ne sei stato capace. Non credere che non ci
saranno conseguenze! -
Wayne lo guardò aprendo e chiudendo la bocca un paio di
volte, incerto se arrabbiarsi o spaventarsi davanti a
quell'intimazione. Ray però aveva già perso
interesse per lui ed era tornato a rivolgersi a Patrick:
- Ieri sera sono stato dal capo e ho ottenuto il permesso di buttarti
fuori dalla squadra per insubordinazione e ripetuta infrazione delle
regole. Sei fuori dal caso. - Disse fissandolo con occhi gelidi. -
Inizia a fare le valigie, Jane, perchè entro stasera sarai
fuori anche dal CBI. -
Patrick si mise seduto molto lentamente e altrettanto lentamente si
alzò in piedi. Fissò Ray negli occhi per un lungo
momento, poi sorrise divertito.
- Sai una cosa, Ray? Non sei il mio capo, non mi puoi cacciare. Solo
Lisbon può farlo. -
- E qui arriva il secondo annuncio. Lisbon si è presa un
periodo di aspettativa, il capo ha messo me a capo della squadra fino a
nuovo ordine. -
- Un periodo di aspettativa? - Domandò Grace incredula. -
Non l'avrebbe mai fatto senza avvisarci. -
- Jane, tu ne sapevi qualcosa? - Intervenne Wayne.
- Non vedo perchè lui debba saperne qualcosa. - Disse Ray. -
Gli affari di Teresa sono fatti suoi, non deve spiegazioni a nessuno.
Soprattutto non a Jane. -
- Jane? - Lo incalzò Kimball.
Patrick non distolse lo sguardo da Ray, ancora in piedi davanti a lui,
e rispose in tono piatto:
- No, Cho. Non ne sapevo niente. -
- Tutto questo non è da Lisbon. - Sentenziò Grace
cupamente. - Non mi piace questa storia. -
- Stare con Jane vi ha reso paranoici quanto lui, ritenetevi fortunati
se non vi sbatto fuori tutti insieme. Lisbon non c'è e io
sono in capo alla squadra al suo posto, fine della storia. E adesso
tornate al lavoro, il caso di Warren Doyle è ancora aperto. -
Afferrando giacca e borsa uscì dall'open space a lunghi
passi, sparendo in direzione dell'ufficio di Teresa.
Intanto, nell'open space, Grace fissava gli altri agenti con gli occhi
preoccupati.
- Anche a me questa storia non convince. - Disse Wayne, in risposta
alla sua aria dubbiosa.
- Dobbiamo scoprire dov'è Lisbon. - Replicò
Kimball.
Patrick si avvicinò alla scrivania di Wayne e li
guardò tutti e tre con un'aria insolitamente seria e
determinata negli occhi azzurri. In mano aveva il libro che aveva
sfogliato tutta la notte.
- La troverò io. - Disse, serio.
- E come pensi di fare? - Domandò Wayne.
- Seguirò un filo rosso. - Disse Patrick, sibillino.
Appoggiò il libro sulla scrivania e poi sparì
fuori dalla porta. Wayne si sporse per leggerne il titolo - Leggende e racconti dall'oriente
- senza però ottenere le risposte che cercava.
Il rumore di una porta che sbatteva in lontananza svegliò
Teresa.
Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si era concessa un po'
di riposo, ma i suoi muscoli intorpiditi le dicevano che era ferma da
troppo tempo nella stessa posizione; mentre cercava di riattivare la
circolazione nelle gambe indolenzite le parve di udire dei passi.
Tese l'orecchio per ascoltare meglio quello che accadeva fuori da quel
ripostiglio buio, ma l'unico suono che lo riempiva era il battito
violento del suo cuore.
Il pensiero di essere ad un passo dall'incontrare di persona John il
Rosso le fece rizzare i capelli sulla nuca.
Non avrebbe dovuto addormentarsi, avrebbe dovuto rimanere sveglia e
escogitare un piano.
Gentilmente svegliò Dorothy, scostandole i capelli dal viso.
- Dorothy. Dorothy, sveglia. -
- Ancora cinque minuti. - Mormorò la bambina.
- Tesoro, ascoltami bene: dobbiamo essere sveglie. Se qualcuno scende
qui non possiamo farci trovare addormentate. -
- Hai sentito qualcuno aprire la porta? -
- Sì, ma… -
- È Patrick che viene a prenderci? -
- Non lo so. - Sussurrò Teresa, posandole un dito sulla
bocca per impedirle di parlare ancora a voce così alta. - Se
la porta si aprirà dovrai fare esattamente quello che ti
dico: dovrai scappare e correre finchè puoi, il
più lontano possibile da qui. Ci penserò io a
fermarlo, se cercherà di inseguirti. -
- Non voglio andare via da sola. - Rispose la bambina. - Quell'uomo fa
tanta paura. Lui ha… ha spinto giù dalla
finestra il mio vero papà. Eravamo in quella stanza, loro
gridavano, lui lo ha spinto forte e poi… -
La voce di Dorothy si spense in un sussurro e la bambina
tirò su col naso.
Teresa le prese il viso tra le mani e le accarezzò le
guance, posando la propria fronte contro quella di lei.
- Devi essere forte, Dorothy, devi essere coraggiosa: sarà
facile come sconfiggere la Malvagia Strega dell'Ovest. -
Dorothy si limitò a tirare su col naso.
- Ci riuscirai? Mi prometti che sarai coraggiosa e correrai, se la
porta si apre? -
- Te lo prometto. - Mormorò Dorothy. - Ma tu vieni con me,
vero? -
- Ma certo. - Disse Teresa, cercando di suonare più sicura
di quanto non fosse in realtà. - Verrò dietro di
te, sta' tranquilla. -
Si alzò in piedi lentamente, riprendendo il controllo delle
sue gambe intorpidite, e strinse la mano di Dorothy nella propria.
In quel momento il rimbombo di passi pesanti spezzò il
silenzio.
Era lo stesso rumore che aveva avvertito prima di addormentarsi, un
suono lontano di passi su gradini metallici, un rumore che riecheggiava
in stanze vuote, moltiplicato dal silenzio che fino a quel momento
aveva riempito il posto dove si trovavano.
Dorothy gridò nascondendo il viso contro le ginocchia di
Teresa, proprio come aveva fatto la prima volta che si erano incontrate.
- È lui, mamma. - Disse con la voce rotta. - Li conosco i
suoi passi. -
- Sta' tranquilla. Ce la caveremo. Devi solo essere pronta a scappare.
- Mormorò Teresa, appoggiando una mano sul capo della
bambina, con tutti i sensi all'erta e pronta a reagire davanti a
qualunque evenienza.
I passi si fermarono a pochi centimetri da loro e qualcuno prese ad
armeggiare con un lucchetto e delle serrature, facendole scattare
meccanicamente una dopo l'altra. Chiunque fosse pareva avere molta
fretta, perchè faceva sbattere l'alluminio e l'acciaio tra
loro incuranti del suono che emettevano.
All'improvviso una parete si aprì, con un forte stridore di
metallo che girava su cardini arrugginiti.
Un'ondata di luce dorata e accecante inondò il ripostiglio,
schermata solo dal profilo di un uomo dalle spalle larghe fermo appena
al di là dell'uscio.
La luce si rifletteva sulla lama del lungo coltello che teneva in mano,
scintillando minaccioso nell'ombra. La sua sola presenza metteva la
pelle d'oca. Il suo respiro pesante e la sensazione di paura e follia
che la sua figura emanava bloccarono Teresa in preda al panico, con
Dorothy ancora aggrappata ai suoi jeans.
- In ginocchio. -
La voce dell'uomo era poco più che un sussurro, strozzata e
sibilante.
- Ti troveranno. - Disse Teresa con quel po' di coraggio che ancora le
rimaneva. - Ti troveranno e allora pagherai per tutto il male che hai
fatto. -
- In ginocchio. Ora. - Ripetè la voce, atona e
irriconoscibile come un momento prima. Il coltello era alzato di fronte
a lui e luccicava minaccioso.
Teresa si schermò gli occhi con una mano e tentò
di scorgere il volto della figura alta di fronte a lei: era un uomo
dalla corporatura slanciata, ma non riusciva a distinguere niente di
più; i suoi occhi erano troppo abituati al buio per mettere
a fuoco i suoi lineamenti, tanto più che alle spalle di John
il Rosso una piccola finestra sulla parete opposta della stanza faceva
piovere la luce dorata del sole direttamente nei suoi occhi, lasciando
la figura in controluce.
L'uomo tese un braccio e afferrò Dorothy per i capelli,
strappandola alla stretta di Teresa e bloccandola contro le proprie
gambe. La bambina gridò e scoppiò a piangere, ma
John le tappò la bocca con una mano, mentre con l'altra
teneva il coltello fermo contro la sua maglietta.
- In ginocchio, Teresa. - Ripetè.
Tenendo gli occhi fissi su di lui, Teresa si inginocchiò
lentamente sul pavimento umido, tremante di rabbia e impotente.
Dorothy singhiozzava piano, terrorizzata, rompendo con la sua piccola
voce il silenzio che regnava nel seminterrato.
- Non avrei voluto che finisse così. - Disse l'uomo in un
sussurro, con una voce che non era più folle e fredda.
Pareva quasi umana. Pareva quasi… familiare.
John alzò il braccio con il coltello. Dorothy
gridò, divincolandosi. Teresa fece per mettersi tra il
coltello e la bambina prima che John potesse colpirla, ma in
quell'istante il suono di uno sparo echeggiò nel
seminterrato.
Per qualche istante tutto rimase immobile, poi il tintinnio del
coltello sul pavimento anticipò il rumore del corpo di John
il Rosso che crollava sul pavimento.
Dorothy, tremante, si rifugiò tra le braccia di Teresa,
piangendo disperatamente con il viso nascosto contro la sua spalla.
Lì dove un attimo prima c'era il profilo spaventoso di John
il Rosso ora c'era Patrick, con il sole che si rifletteva sui capelli
biondi, una pistola fumante in mano e un'espressione seria negli occhi
azzurri.
Fece un passo avanti e lasciò cadere la pistola accanto al
cadavere di John il Rosso, fissando la donna e la bambina rannicchiate
nel buio davanti a lui, baciate dalla luce d'oro del mattino. Nella
penombra della stanza gli erano sembrate Angela e Charlotte, ma era
stato solo per il tempo di un battito di ciglia: un attimo dopo aveva
riconosciuto i capelli bruni di Dorothy e gli occhi verdi di Teresa.
Rimase immobile, in piedi davanti a loro, guardandole senza aver ancora
realizzato cosa fosse successo; Teresa lo guardava senza parlare,
stringendo Dorothy tra le braccia. Ad un certo punto la bambina si
voltò, gli occhi ancora pieni di lacrime, e quando lo vide
tese una mano tremante verso di lui.
Patrick scavalcò il corpo senza vita di Ray Haffner e prima
ancora di rendersene si ritrovò anche lui a terra, stretto a
loro in un abbraccio incredulo e disperato.
Ed
eccolo. Il finale.
Ve lo aspettavate? Spero di sì, perchè vuol dire
che siete stati attenti e che io ho disseminato bene le mie prove...
ma se vi ho sorpreso sono stata contenta comunque.
Solo una piccola postilla per dire che non sono affatto felice di come
è finita la storia di John nel telefilm,
mi ha lasciato amareggiata e insoddisfatta... non so, mi aspettavo
qualcosa di più.
E poi sinceramente speravo in un assassino più motivato, non
solo una "pedina" nel gioco della Blake Association...
quindi ecco qui, il mio John il Rosso era Ray Haffner.
L'ho sempre detestato, quindi quale fine migliore potevo fargli fare?
E ha i suoi buoni motivi per fare quello che ha fatto... il prossimo
capitolo - l'ultimo - vi chiarirà ogni cosa.
Grazie a chi legge e ancor di più a chi recensisce.
Alla prossima.
Flora
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