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Ciò che un'amicizia
può
“Lupo mannaro
Il lupo mannaro, o licantropo, è un essere
umano che ad ogni plenilunio assume le sembianze di un grosso e feroce lupo.
A dispetto del lupo comune, il mannaro ha il
muso più corto, il suo pelo è bruno e gli occhi sono gialli con grosse pupille
marroni. Inoltre, le impronte che lascia sono simili a quelle dell’uomo, con
cinque dita anziché quattro.
Si ignorano tuttora le origini di questa
creatura, ma l’unico modo per trasformarsi in lupo mannaro è essere morso da un
altro esemplare della stessa specie, durante le notti in cui è tramutato. Non è
comunque detto che l’aggredito venga infettato; ciò avviene in casi di grosse
ferite riportate, se l’aggressore lascia la vittima quasi in fin di vita.
Durante le tre notti di luna piena, l’essere
umano contagiato è molto aggressivo e pericoloso. È attratto dall’odore di carne
umana e aggredisce chiunque si pari dinanzi a lui, rispondendo soltanto
all’istinto primordiale della caccia. Ed una volta che la luna tramonta riprende
il suo aspetto consueto.
È molto raro che un uomo conservi i ricordi
della sua trasformazione. E nel resto degli altri giorni è una persona normale.
L’infezione del licantropo non modifica gli aspetti morali e intellettivi del
contagiato al di fuori delle notti di plenilunio, a dispetto di quello che
comunemente si pensa.
Se questo animale è una seria minaccia per
l’uomo, di certo non costituisce lo stesso pericolo per gli animali. È
dimostrato che la vicinanza di creature del regno animale placano la natura
irrequieta di questa creatura durante il plenilunio, specie la vicinanza di
grossi mammiferi.
Sfortunatamente, non c’è modo di guarire se
si è stati contagiati…”
Erano ore
ormai che Sirius leggeva e rileggeva quel brano trovato in “Tutte le Creature Oscure della terra”
che aveva preso in biblioteca. La notte passata non aveva chiuso occhio,
come anche James e Peter, e così avevano deciso di sgusciare fuori dai letti
alle sette di domenica mattina per andare in biblioteca a documentarsi sui lupi
mannari.
< Cavoli
> sbottò all’improvviso James, chiudendo con forza il suo volume di “Difesa contro le Arti Oscure,4”.
< Ancora non riesco a crederci. Remus, un lupo mannaro. E non mi sono mai
accorto di niente… >.
< Te
l’avevo detto io che nascondeva qualcosa > intervenne Sirius. < Anche se,
certo, devo ammettere che non mi aspettavo una cosa del genere… >.
< E ora
che facciamo? Come ci comportiamo con lui? > chiese Peter.
< Te l’ho
già detto almeno cento volte, Pete. Non lo so. Non lo so proprio… > rispose
quasi esasperato James, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi gli occhi.
< Secondo
me dovremmo dirglielo > Disse Sirius. < Dobbiamo dirgli che lo sappiamo.
Così potrà smetterla di fingere, almeno con noi >.
< Già.
Povero Rem. Chissà quanto deve essere difficile per lui mentire in questo modo…
> disse cupo James. I tre si rabbuiarono, fissando con occhi assenti i volumi
di fronte a loro.
< Ma, non
pensate che sia pericoloso? > fece all’improvviso Peter.
< Andiamo,
non essere ridicolo, Peter! > sbottò James, con fare seccato. < Un lupo
mannaro è pericoloso solo durante la luna piena. C’è scritto ovunque >.
< Ma
allora, perché non ce lo ha mai detto? > chiese scioccamente il ragazzino dai
capelli chiari, sgranando a dismisura i piccoli occhietti neri come il pepe.
< Non ci
arrivi Pete? Proprio per questo. > scattò sulla sedia Sirius. < Per il
modo in cui avremmo reagito. Perché temeva che lo avremmo allontanato, che lo
avremmo emarginato. Essere un lupo mannaro non è che sia il massimo per un mago
>.
< Cavolo,
ma ci pensi quanto deve essere penosa per lui questa situazione? > intervenne
James.
Di nuovo i
tre si ammutolirono. Ci pensava eccome, Sirius. Non aveva fatto altro da quando,
poche ore prima, avevano scoperto il grande segreto dell’amico. Aveva cercato di
immaginare come tutto fosse iniziato; a quanti anni l’amico avesse ricevuto il
“bel regalino” che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Aveva
tentato di mettersi nei suoi panni, di capire quali sensazioni provasse, quanto
potessero essere profonde ed opprimenti le sue paure. Ma non poteva affatto
comprendere ciò che Remus provava, perché era qualcosa più grande di tutti loro.
Era un peso che un ragazzo di appena undici anni non avrebbe dovuto
affrontare.
Ora
finalmente sapeva dare una forma ed un nome alle ombre scure che vedeva
offuscare gli occhi dell’amico. Capiva perché non avesse voluto confidarle a
loro tre. E si sentiva in colpa per come si era comportato, per averlo seguito.
Per non aver lasciato in pace il suo segreto.
Sirius sbatté
le mani sul tavolo scuro, facendo saltare sulle sedie gli altri due. <
Dobbiamo assolutamente dirgli che lo sappiamo. Dobbiamo fargli capire che non ci
importa, che non è un problema. Che non cambia niente il fatto che è un lupo
mannaro >.
James annuì
energicamente, fissando i suoi occhi scuri su quelli dell’amico, che brillavano
di determinazione. e Peter fece lo stesso.
< Va bene.
Ma ora andiamo a mangiare qualcosa. Sto per svenire dalla fame >.
ef
< Signor Lupin? >
Una voce
giungeva lontana mille miglia, in un punto imprecisato da qualche parte.
< Signor Lupin, si svegli >
Un suono
ovattato e fastidioso, che lo allontanava dal torpore in cui si trovava.
Remus si
scosse leggermente. Qualcosa lo aveva colpito in viso. Sentiva la pelle
pizzicare. Ma fu un altro dolore a riportarlo alla realtà; qualcosa di
lancinante, un bruciare intenso, che lo fece contorcere su se stesso,
proveniente dal braccio destro. Era insopportabile, tanto che non capiva come
non se ne fosse accorto fino a quel momento.
Aprì gli
occhi, boccheggiando l’aria intorno a se, roteando le pupille in tutte le
direzioni per cercare di capire dove si trovasse, che cosa fosse successo. Era
disteso sul pavimento della Stamberga Strillante. Vedeva le travi di legno
marcito del soffitto sopra di se. Il braccio destro gli pulsava talmente forte
che era certo si stesse staccando dal resto del corpo. Corse con lo sguardo a
quel braccio: una grossa ferita lo copriva per metà, uno squarcio vermiglio dal
quale usciva sangue che si raccoglieva in una pozza in terra. Eccola la fonte di
quel dolore tremendo.
< Stia
fermo, signor Lupin >. Di nuovo quella voce, stridula, dai toni vagamente
isterici. Alzò lo sguardo. Madama Chips era china su di lui. < Ora sistemiamo
subito il suo braccio. Non faccia troppi movimenti, ha perso molto sangue
stanotte >.
La donna
prese a tessere una trama invisibile sulla ferita con la sua bacchetta,
recitando tra le labbra incantesimi appena sussurrati. Doveva essere
un’operazione molto delicata e complessa, perché Remus poté vedere la fronte
della donna imperlarsi di goccioline di sudore, segno dello sforzo che stava
facendo.
Remus
osservava immobile la scena. La ferita sul suo braccio era profonda. In terra si
era formata una larga pozza purpurea. Lentamente, il taglio prese a richiudersi.
I due lembi di pelle si riavvicinarono, risaldandosi tra di loro, fino a non
lasciare traccia alcuna sul braccio, tranne le macchie di rosso sangue che
insozzavano la pelle diafana.
Madama Chips
si accasciò a terra stremata, passandosi la mano che reggeva la bacchetta sulla
fronte madida. Remus fece per alzarsi, ma la testa prese a vorticare su se
stessa, offuscandogli la vista, e si ritrovò di nuovo steso a terra.
< Non si
muova, Signor Lupin. È troppo debole! > fu la pronta risposta della
guaritrice che immediatamente fu al capezzale del ragazzo. Con la bacchetta
disegnò un elegante ricamo nell’aria pronunciando l’incantesimo < Wingardium Leviosa >, e Remus sentì
il suo corpo lasciare il freddo pavimento e galleggiare nell’aria pesante che
regnava in quella stanza. La donna lo fece levitare fino al piccolo lettino
dalle coperte fresche di bucato, e lo coprì celando il suo esile corpicino
nudo.
< Per oggi
sarà meglio che non si alzi dal letto > cominciò Madama Chips, trafficando
nella sua borsa da guaritrice di pelle di drago. < Non voglio assolutamente
che si affatichi a studiare o in altri modi. Ha bisogno di riposare, e molto, se
vuole recuperare le forze entro stasera. Prenda questo > disse, porgendogli
un’ampolla contenente un denso liquido rosso. < L’aiuterà a recuperare il
sangue che ha perso stanotte >.
Remus scolò
in un fiato la pozione rossa. Il liquido scese giù per la gola, caldo e viscoso,
lasciando sulla sua lingua un forte sentore ferroso. Nel frattempo la donna
agitò la bacchetta e la grossa chiazza porpora sul pavimento scomparve.
Che strana
cosa, pensò Remus mentre gli occhi si chiudevano senza che lo volesse, troppo
spossato per controllarli. Il suo braccio era immacolato, senza neanche una
lieve cicatrice. E del sangue sul pavimento non c’era più traccia. Era come se
non fosse mai successo, se quella notte non fosse appena trascorsa, se quella
ferita non ci fosse mai stata. Solo quel soffocante senso di stanchezza e di
tristezza rimaneva a testimoniare che non era solo un brutto sogno.
ef
Le lezioni di
quel martedì erano state particolarmente intense per Lily. Era stata interrogata
sia a Erbologia che a Storia della Magia, e inoltre avevano avuto un compito in
classe di Incantesimi. Ed ora si stava godendo un meritato riposo spaparacchiata
su quella che in un anno neanche aveva ottenuto l’onore di “poltrona preferita”
della sala comune di Grifondoro. Era molto caldo quella sera; il fuoco
scoppiettante espandeva il suo calore per tutta la stanza, gremita come sempre
di ragazzi. Per cercare di non soffocare per l’aria pesante della sala si era
arrotolata le maniche della camicia fin sopra ai gomiti e si era allentata la
cravatta sul collo.
< Credete
che domani Lumacorno mi interrogherà? > chiese Pauline sospirando, mentre si
rigirava distrattamente una ciocca castana tra le dita.
< Beh, è
probabile. Quasi tutti gli altri sono già stati interrogati > rispose Mary
seduta sul divano accanto a lei, con Louna, il suo panciuto persiano, che
ronfava beatamente sulle sue ginocchia.
< Cavoli,
non ho studiato niente > commentò Pauline ributtando la testa all’indietro
sconsolata.
< Se
sapevi che può chiamarti perché non hai fatto niente tutto il pomeriggio >
disse Lily.
< Perché
non ho voglia di studiare. Oramai sono in modalità vacanza> rispose
l’amica.
< Ma manca
ancora un mese alla fine della scuola > le fece presente Mary mentre
carezzava il pelo soffice del suo gatto.
< Ciao
ragazze > la conversazione fu interrotta dalla voce di un ragazzo. Lily alzò
la testa e vide Remus in piedi accanto a loro. Aveva un aspetto più malaticcio
del solito. Il ragazzo sembrava sempre poco in salute, ma ora le sue occhiaie
erano più profonde e marcate e la pelle aveva un colorito giallognolo, esangue.
Inoltre, al contrario di tutti gli altri alunni presenti nella sala che
indossavano soltanto la camicia della divisa, lui aveva indosso anche il pesante
maglione grigio invernale.
< Ehi,
Remus. Ben tornato! > lo saluto allegramente Pauline.
< Come sta
tua mamma? > chiese premurosa Mary.
< Meglio.
Grazie > rispose con poco entusiasmo il ragazzo.
< Remus,
ma stai male? Hai un aspetto tremendo > fece Lily preoccupata.
< Forse ho
un po’ di influenza > rispose il ragazzo. < Sai se James e gli altri sono
in camera? >
< No. Mi
dispiace > rispose la rossa.
< Io li ho
visti salire nei dormitori mezz’ora fa > intervenne Mary.
< Grazie.
Ci vediamo domani allora > disse prima di allontanarsi da loro per dirigersi
verso la porta dei dormitori maschili.
< Cavoli!
> intervenne Pauline appena il compagno si fu allontanato. < Ma avete
visto che brutta cera che aveva? >
< Già!
> rispose Mary. < Inoltre mi pare che ogni volta che torna dalle sue
visite a casa sia malato >.
< Si ci ho
fatto caso anche io > aggiunse pensierosa Lily. < Dev’ essere davvero
pesante per lui questa situazione della madre… >
< Ma voi
credete davvero che se ne vada ogni mese per andare a trovare sua madre? >
chiese sottovoce Pauline.
< E per
quale altro motivo dovrebbe farlo? > chiese Lily perplessa.
< Non lo
so. Però mi sembra assurdo che il preside gli permetta tutte queste assenze
>.
< Si, in
effetti anche a me pare strano… > convenne con lei la brunetta, mentre il
gatto le sfuggiva dalle mani.
< Vero?
> aggiunse l’amica, incoraggiata dall’appoggio dell’altra. < Secondo me
c’è un altro motivo. Magari quello malato è lui. E una volta al mese va al San
Mungo per farsi curare >.
< Cielo
che fantasia che hai, Pauline > rispose Lily ridacchiando delle parole della
ragazza.
< Mah,
forse ha ragione > fece Mary. < In ogni caso secondo me Remus nasconde
qualcosa >.
< Secondo
me invece, voi due siete solo paranoiche > chiuse la conversazione Lily,
infastidita dal comportamento delle due amiche.
Era difficile
anche salire le scale a chiocciola del dormitorio. Si sentiva stanco e
affaticato. E brividi di freddo gli correvano per tutto il corpo. L’ultima luna
piena l’aveva spossato più del solito.
Finalmente
raggiunse la porta della sua camera. Tutto quello che voleva era stendersi tra
le coperte del suo comodo letto a baldacchino e dormire fino all’indomani
mattina.
< Ehi,
Rem! > fu il saluto di James, che se ne stava sbracato sul letto, leggendo
una rivista sul Qwidditch. < Che brutta cera! >
< Ciao
ragazzi. Scusate ma sono molto stanco > rispose. Notò che le espressioni dei
tre erano piuttosto strane. Ma non aveva voglia di pensarci in quel momento. Si
avvicinò al letto e prese dal baule il suo pigiama. Non notò l’occhiata di
assenso che si scambiarono i tre amici alle sue spalle.
< Senti,
Rem, > fece Sirius, < Ma da quant’è che sei un Lupo Mannaro? >
Il pigiama
cadde a terra con un tonfo sordo.
Si voltò di
scatto. Gli occhi chiari dell’amico lo fissavano con espressione noncurante,
come se gli avesse appena chiesto che cosa aveva mangiato per cena.
< Cosa?
> chiese Remus con un filo di voce.
< Si, dai,
hai capito. Da quant’è che quando c’è la luna piena diventi un cane rabbioso?
>
< Cavoli
che tatto, Sir > fece James
< Beh, in
qualche modo si doveva pur rompere il ghiaccio, no? > fece innocentemente il
moro.
< Si, ma
ci sono modi e modi >.
< Almeno
il mio è stato originale >.
< Ah, non
ci sono dubbi, ma- >
< Scusate!
> Riuscì ad urlare Remus. Il suo volto ora era ancora più pallido di prima,
se possibile. < Ma che cavolo state dicendo! Io non sono mica un- >
< Oh,
avanti non dirci cazzate. L’altra notte ti abbiamo seguito, quando sei andato
dalla Mc. > lo interruppe James.
< Abbiamo
svelato il tuo mistero, caro mio > fece Sirius furbescamente.
< Ma… ma…
> Remus boccheggiava. Guardava con occhi smarriti i tre ragazzi. Peter che lo
fissava quasi sospettoso, Sirius che non lasciava trapelare alcuna emozione dal
suo volto, James che sorrideva beffardo, quasi a prendersi gioco di lui. Si
sentiva la testa girare e le ginocchia gli tremavano.
Si accasciò
sul letto. Era finita. Oramai sapevano tutto. E ciò significava che la loro
amicizia poteva ritenersi conclusa. Non lo avrebbero mai accettato sapendo del
suo segreto! E di certo l’avrebbero detto in giro. E in men che non si dica,
tutto il castello avrebbe saputo del suo “problemino”! E nessuno avrebbe più
voluto rivolgergli la parola. Tutti lo avrebbero evitato. E sarebbero state
fatte proteste da parte dei genitori e lo avrebbero cacciato via da Hogwarts! La
sua carriera era finita! La sua vita era finita!
Si portò le
mani alla testa. Sentiva gli occhi pungergli.
< Rem…
> qualcuno si era avvicinato a lui. < Rem, che hai? >
< Secondo
voi sta per svenire? >
< Non dire
scemenze, Pete >.
Voci
indistinte. Parole che raggiungevano le sue orecchie senza essere davvero
sentite. Terrore puro che gli scorreva nelle vene, raggiungendo i polmoni che
faticavano a respirare. La certezza di aver perso gli unici amici che avesse mai
avuto.
< Rem,
tranquillo. È tutto a posto. Non lo diremo a nessuno >.
Sollevò gli
occhi. Il volto di James era poco distante dal suo. L’espressione più seria che
gli avesse mai visto in viso da quando lo conosceva.
< A
nessuno? > ripeté le ultime parole senza capire bene.
< Ma certo
> intervenne Sirius. Anche lui non sembrava tranquillo come al solito. <
Ti pare che andiamo a spifferare una cosa come questa al primo che capita!
>
Remus li
guardava con occhi smarriti. Non era certo di capire bene quello che gli stavano
dicendo.
< Scusa se
te lo chiedo, ma perché non ce lo hai mai detto? > chiese James
< Cosa?
>
< Si,
insomma perché non ci hai mai detto che sei un lupo mannaro. Capisco che deve
essere difficile, ma sennò a cosa servono gli amici? >
< Ma, a
voi non da fastidio questa cosa? >
<
Fastidio? No, ma che dici? > rispose premurosamente Sirius, che si era seduto
accanto a lui e gli aveva poggiato una mano sulla spalla. < Siamo solo
preoccupati per te >.
< Certo,
se eviti di morderci, ci fai un favore > commentò ridacchiando James.
< James!
> scattò Peter.
< Scherzo,
scherzo > scoppiò a ridere il moro difendendosi.
La notte che
Remus aveva sperato di spendere interamente in un riposo ristoratore, vide i
quattro amici andare a letto alle prime luci dell’alba, dopo aver chiacchierato
per ore e una rapida corsa alla cucina della scuola sotto il mantello che rende
invisibili. Ma fu la notte che più di tutte scaldò il cuore di Remus e lo
rivestì di un dolce tepore, come una soffice trapunta durante una notte in cui
infuria una bufera di neve. Perché fu la notte in cui si rese conto che Sirius,
James e Peter erano davvero suoi amici. Fu la notte in cui capì che non era più
solo.
Raccontò loro
di come tutto era cominciato. Raccontò della rabbia e della paura. E i tre
ragazzi lo ascoltarono attentamente, dandogli tutta la loro comprensione.
A volte gli
parve di notare una scintilla di timore nei loro occhi sgranati durante il suo
racconto. Ma era comprensibile.
James dal
prese a fare battute. Disse che ora capiva come mai era sempre così “lunatico”.
Peter lo
sommerse di domande.
Ma fu la
reazione di Sirius che di più lo colpì. Era premuroso, preoccupato, e lo
guardava con occhi partecipi e comprensivi. Era come vedere lo sguardo di un
fratello maggiore. Fu la prima volta che vide Sirius come un ragazzo maturo, e
non il solito ragazzino incurante di tutto, pronto solo a fare sciocchezze e a
organizzare nuove bravate.
Si lo so, è un po’ che non mi
faccio viva da queste parti. Chiedo umilmente perdono a tutti/e quelli/e che
buttano un occhi su questa storiella. Spero di essere più… presente d’ora in
poi.
Ringraziamenti:
JDS: grazie del
commento. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, e mi raccomando fammi
sapere che ne pensi, ci tengo molto. Ciao ciao!!
Jomarch: mi piace
la tua teoria, perché in ultima analisi è più o meno la stessa che ho io. Mi fa
piacere che ti piacciano i miei malandrini. Dimmi che ne pensi di questo
capitolo. Ciao alla prossima (spero)!
Micia_Loves_Draco: ups… non ho aggiornato proprio prestissimo… ma spero che mi perdonerai.
Comunque grazie mille per la recensione. Dimmi che te ne pare mi raccomando.
Ciao e a presto!
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