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Autore: _elanor_    16/10/2008    1 recensioni
La mia prima storia è dedicata a Lily, James, Severus, Sirius e Remus: delle loro vite ai tempi di Hogwarts. Questo è il primo capitolo, in cui vengono presentati i personaggi nell'arco della serata che precede la loro partenza per Hogwarts. Spero che vi piaccia quanto a me è piaciuto scriverla
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ciò che un'amicizia può

 

 

 

 

Lupo mannaro

Il lupo mannaro, o licantropo, è un essere umano che ad ogni plenilunio assume le sembianze di un grosso e feroce lupo.

A dispetto del lupo comune, il mannaro ha il muso più corto, il suo pelo è bruno e gli occhi sono gialli con grosse pupille marroni. Inoltre, le impronte che lascia sono simili a quelle dell’uomo, con cinque dita anziché  quattro.

Si ignorano tuttora le origini di questa creatura, ma l’unico modo per trasformarsi in lupo mannaro è essere morso da un altro esemplare della stessa specie, durante le notti in cui è tramutato. Non è comunque detto che l’aggredito venga infettato; ciò avviene in casi di grosse ferite riportate, se l’aggressore lascia la vittima quasi in fin di vita.

Durante le tre notti di luna piena, l’essere umano contagiato è molto aggressivo e pericoloso. È attratto dall’odore di carne umana e aggredisce chiunque si pari dinanzi a lui, rispondendo soltanto all’istinto primordiale della caccia. Ed una volta che la luna tramonta riprende il suo aspetto consueto.

È molto raro che un uomo conservi i ricordi della sua trasformazione. E nel resto degli altri giorni è una persona normale. L’infezione del licantropo non modifica gli aspetti morali e intellettivi del contagiato al di fuori delle notti di plenilunio, a dispetto di quello che comunemente si pensa.

Se questo animale è una seria minaccia per l’uomo, di certo non costituisce lo stesso pericolo per gli animali. È dimostrato che la vicinanza di creature del regno animale placano la natura irrequieta di questa creatura durante il plenilunio, specie la vicinanza di grossi mammiferi.

Sfortunatamente, non c’è modo di guarire se si è stati contagiati…”

Erano ore ormai che Sirius leggeva e rileggeva quel brano trovato in “Tutte le Creature Oscure della terra” che aveva preso in biblioteca. La notte passata non aveva chiuso occhio, come anche James e Peter, e così avevano deciso di sgusciare fuori dai letti alle sette di domenica mattina per andare in biblioteca a documentarsi sui lupi mannari.

< Cavoli > sbottò all’improvviso James, chiudendo con forza il suo volume di “Difesa contro le Arti Oscure,4”. < Ancora non riesco a crederci. Remus, un lupo mannaro. E non mi sono mai accorto di niente… >.

< Te l’avevo detto io che nascondeva qualcosa > intervenne Sirius. < Anche se, certo, devo ammettere che non mi aspettavo una cosa del genere… >.

< E ora che facciamo? Come ci comportiamo con lui? > chiese Peter.

< Te l’ho già detto almeno cento volte, Pete. Non lo so. Non lo so proprio… > rispose quasi esasperato James, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi gli occhi.

< Secondo me dovremmo dirglielo > Disse Sirius. < Dobbiamo dirgli che lo sappiamo. Così potrà smetterla di fingere, almeno con noi >.

< Già. Povero Rem. Chissà quanto deve essere difficile per lui mentire in questo modo… > disse cupo James. I tre si rabbuiarono, fissando con occhi assenti i volumi di fronte a loro.

< Ma, non pensate che sia pericoloso? > fece all’improvviso Peter.

< Andiamo, non essere ridicolo, Peter! > sbottò James, con fare seccato. < Un lupo mannaro è pericoloso solo durante la luna piena. C’è scritto ovunque >.

< Ma allora, perché non ce lo ha mai detto? > chiese scioccamente il ragazzino dai capelli chiari, sgranando a dismisura i piccoli occhietti neri come il pepe.

< Non ci arrivi Pete? Proprio per questo. > scattò sulla sedia Sirius. < Per il modo in cui avremmo reagito. Perché temeva che lo avremmo allontanato, che lo avremmo emarginato. Essere un lupo mannaro non è che sia il massimo per un mago >.

< Cavolo, ma ci pensi quanto deve essere penosa per lui questa situazione? > intervenne James.

Di nuovo i tre si ammutolirono. Ci pensava eccome, Sirius. Non aveva fatto altro da quando, poche ore prima, avevano scoperto il grande segreto dell’amico. Aveva cercato di immaginare come tutto fosse iniziato; a quanti anni l’amico avesse ricevuto il “bel regalino” che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Aveva tentato di mettersi nei suoi panni, di capire quali sensazioni provasse, quanto potessero essere profonde ed opprimenti le sue paure. Ma non poteva affatto comprendere ciò che Remus provava, perché era qualcosa più grande di tutti loro. Era un peso che un ragazzo di appena undici anni non avrebbe dovuto affrontare.

Ora finalmente sapeva dare una forma ed un nome alle ombre scure che vedeva offuscare gli occhi dell’amico. Capiva perché non avesse voluto confidarle a loro tre. E si sentiva in colpa per come si era comportato, per averlo seguito. Per non aver lasciato in pace il suo segreto.

Sirius sbatté le mani sul tavolo scuro, facendo saltare sulle sedie gli altri due. < Dobbiamo assolutamente dirgli che lo sappiamo. Dobbiamo fargli capire che non ci importa, che non è un problema. Che non cambia niente il fatto che è un lupo mannaro >.

James annuì energicamente, fissando i suoi occhi scuri su quelli dell’amico, che brillavano di determinazione. e Peter fece lo stesso.

< Va bene. Ma ora andiamo a mangiare qualcosa. Sto per svenire dalla fame >.

 

 

 

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< Signor Lupin? >

Una voce giungeva lontana mille miglia, in un punto imprecisato da qualche parte.

< Signor Lupin, si svegli >

Un suono ovattato e fastidioso, che lo allontanava dal torpore in cui si trovava.

Remus si scosse leggermente. Qualcosa lo aveva colpito in viso. Sentiva la pelle pizzicare. Ma fu un altro dolore a riportarlo alla realtà; qualcosa di lancinante, un bruciare intenso, che lo fece contorcere su se stesso, proveniente dal braccio destro. Era insopportabile, tanto che non capiva come non se ne fosse accorto fino a quel momento.

Aprì gli occhi, boccheggiando l’aria intorno a se, roteando le pupille in tutte le direzioni per cercare di capire dove si trovasse, che cosa fosse successo. Era disteso sul pavimento della Stamberga Strillante. Vedeva le travi di legno marcito del soffitto sopra di se. Il braccio destro gli pulsava talmente forte che era certo si stesse staccando dal resto del corpo. Corse con lo sguardo a quel braccio: una grossa ferita lo copriva per metà, uno squarcio vermiglio dal quale usciva sangue che si raccoglieva in una pozza in terra. Eccola la fonte di quel dolore tremendo.

< Stia fermo, signor Lupin >. Di nuovo quella voce, stridula, dai toni vagamente isterici. Alzò lo sguardo. Madama Chips era china su di lui. < Ora sistemiamo subito il suo braccio. Non faccia troppi movimenti, ha perso molto sangue stanotte >.

La donna prese a tessere una trama invisibile sulla ferita con la sua bacchetta, recitando tra le labbra incantesimi appena sussurrati. Doveva essere un’operazione molto delicata e complessa, perché Remus poté vedere la fronte della donna imperlarsi di goccioline di sudore, segno dello sforzo che stava facendo.

Remus osservava immobile la scena. La ferita sul suo braccio era profonda. In terra si era formata una larga pozza purpurea. Lentamente, il taglio prese a richiudersi. I due lembi di pelle si riavvicinarono, risaldandosi tra di loro, fino a non lasciare traccia alcuna sul braccio, tranne le macchie di rosso sangue che insozzavano la pelle diafana.

Madama Chips si accasciò a terra stremata, passandosi la mano che reggeva la bacchetta sulla fronte madida. Remus fece per alzarsi, ma la testa prese a vorticare su se stessa, offuscandogli la vista, e si ritrovò di nuovo steso a terra.

< Non si muova, Signor Lupin. È troppo debole! > fu la pronta risposta della guaritrice che immediatamente fu al capezzale del ragazzo. Con la bacchetta disegnò un elegante ricamo nell’aria pronunciando l’incantesimo < Wingardium Leviosa >, e Remus sentì il suo corpo lasciare il freddo pavimento e galleggiare nell’aria pesante che regnava in quella stanza. La donna lo fece levitare fino al piccolo lettino dalle coperte fresche di bucato, e lo coprì celando il suo esile corpicino nudo.

< Per oggi sarà meglio che non si alzi dal letto > cominciò Madama Chips, trafficando nella sua borsa da guaritrice di pelle di drago. < Non voglio assolutamente che si affatichi a studiare o in altri modi. Ha bisogno di riposare, e molto, se vuole recuperare le forze entro stasera. Prenda questo > disse, porgendogli un’ampolla contenente un denso liquido rosso. < L’aiuterà a recuperare il sangue che ha perso stanotte >.

Remus scolò in un fiato la pozione rossa. Il liquido scese giù per la gola, caldo e viscoso, lasciando sulla sua lingua un forte sentore ferroso. Nel frattempo la donna agitò la bacchetta e la grossa chiazza porpora sul pavimento scomparve.

Che strana cosa, pensò Remus mentre gli occhi si chiudevano senza che lo volesse, troppo spossato per controllarli. Il suo braccio era immacolato, senza neanche una lieve cicatrice. E del sangue sul pavimento non c’era più traccia. Era come se non fosse mai successo, se quella notte non fosse appena trascorsa, se quella ferita non ci fosse mai stata. Solo quel soffocante senso di stanchezza e di tristezza rimaneva a testimoniare che non era solo un brutto sogno.

 

 

 

ef

 

 

 

Le lezioni di quel martedì erano state particolarmente intense per Lily. Era stata interrogata sia a Erbologia che a Storia della Magia, e inoltre avevano avuto un compito in classe di Incantesimi. Ed ora si stava godendo un meritato riposo spaparacchiata su quella che in un anno neanche aveva ottenuto l’onore di “poltrona preferita” della sala comune di Grifondoro. Era molto caldo quella sera; il fuoco scoppiettante espandeva il suo calore per tutta la stanza, gremita come sempre di ragazzi. Per cercare di non soffocare per l’aria pesante della sala si era arrotolata le maniche della camicia fin sopra ai gomiti e si era allentata la cravatta sul collo.

< Credete che domani Lumacorno mi interrogherà? > chiese Pauline sospirando, mentre si rigirava distrattamente una ciocca castana tra le dita.

< Beh, è probabile. Quasi tutti gli altri sono già stati interrogati > rispose Mary seduta sul divano accanto a lei, con Louna, il suo panciuto persiano, che ronfava beatamente sulle sue ginocchia.

< Cavoli, non ho studiato niente > commentò Pauline ributtando la testa all’indietro sconsolata.

< Se sapevi che può chiamarti perché non hai fatto niente tutto il pomeriggio > disse Lily.

< Perché non ho voglia di studiare. Oramai sono in modalità vacanza> rispose l’amica.

< Ma manca ancora un mese alla fine della scuola > le fece presente Mary mentre carezzava il pelo soffice del suo gatto.

< Ciao ragazze > la conversazione fu interrotta dalla voce di un ragazzo. Lily alzò la testa e vide Remus in piedi accanto a loro. Aveva un aspetto più malaticcio del solito. Il ragazzo sembrava sempre poco in salute, ma ora le sue occhiaie erano più profonde e marcate e la pelle aveva un colorito giallognolo, esangue. Inoltre, al contrario di tutti gli altri alunni presenti nella sala che indossavano soltanto la camicia della divisa, lui aveva indosso anche il pesante maglione grigio invernale.

< Ehi, Remus. Ben tornato! > lo saluto allegramente Pauline.

< Come sta tua mamma? > chiese premurosa Mary.

< Meglio. Grazie > rispose con poco entusiasmo il ragazzo.

< Remus, ma stai male? Hai un aspetto tremendo > fece Lily preoccupata.

< Forse ho un po’ di influenza > rispose il ragazzo. < Sai se James e gli altri sono in camera? >

< No. Mi dispiace > rispose la rossa.

< Io li ho visti salire nei dormitori mezz’ora fa > intervenne Mary.

< Grazie. Ci vediamo domani allora > disse prima di allontanarsi da loro per dirigersi verso la porta dei dormitori maschili.

< Cavoli! > intervenne Pauline appena il compagno si fu allontanato. < Ma avete visto che brutta cera che aveva? >

< Già! > rispose Mary. < Inoltre mi pare che ogni volta che torna dalle sue visite a casa sia malato >.

< Si ci ho fatto caso anche io > aggiunse pensierosa Lily. < Dev’ essere davvero pesante per lui questa situazione della madre… >

< Ma voi credete davvero che se ne vada ogni mese per andare a trovare sua madre? > chiese sottovoce Pauline.

< E per quale altro motivo dovrebbe farlo? > chiese Lily perplessa.

< Non lo so. Però mi sembra assurdo che il preside gli permetta tutte queste assenze >.

< Si, in effetti anche a me pare strano… > convenne con lei la brunetta, mentre il gatto le sfuggiva dalle mani.

< Vero? > aggiunse l’amica, incoraggiata dall’appoggio dell’altra. < Secondo me c’è un altro motivo. Magari quello malato è lui. E una volta al mese va al San Mungo per farsi curare >.

< Cielo che fantasia che hai, Pauline > rispose Lily ridacchiando delle parole della ragazza.

< Mah, forse ha ragione > fece Mary. < In ogni caso secondo me Remus nasconde qualcosa >.

< Secondo me invece, voi due siete solo paranoiche > chiuse la conversazione Lily, infastidita dal comportamento delle due amiche.

 

 

 

Era difficile anche salire le scale a chiocciola del dormitorio. Si sentiva stanco e affaticato. E brividi di freddo gli correvano per tutto il corpo. L’ultima luna piena l’aveva spossato più del solito.

Finalmente raggiunse la porta della sua camera. Tutto quello che voleva era stendersi tra le coperte del suo comodo letto a baldacchino e dormire fino all’indomani mattina.

< Ehi, Rem! > fu il saluto di James, che se ne stava sbracato sul letto, leggendo una rivista sul Qwidditch. < Che brutta cera! >

< Ciao ragazzi. Scusate ma sono molto stanco > rispose. Notò che le espressioni dei tre erano piuttosto strane. Ma non aveva voglia di pensarci in quel momento. Si avvicinò al letto e prese dal baule il suo pigiama. Non notò l’occhiata di assenso che si scambiarono i tre amici alle sue spalle.

< Senti, Rem, > fece Sirius, < Ma da quant’è che sei un Lupo Mannaro? >

Il pigiama cadde a terra con un tonfo sordo.

Si voltò di scatto. Gli occhi chiari dell’amico lo fissavano con espressione noncurante, come se gli avesse appena chiesto che cosa aveva mangiato per cena.

< Cosa? > chiese Remus con un filo di voce.

< Si, dai, hai capito. Da quant’è che quando c’è la luna piena diventi un cane rabbioso? >

< Cavoli che tatto, Sir > fece James

< Beh, in qualche modo si doveva pur rompere il ghiaccio, no? > fece innocentemente il moro.

< Si, ma ci sono modi e modi >.

< Almeno il mio è stato originale >.

< Ah, non ci sono dubbi, ma- >

< Scusate! > Riuscì ad urlare Remus. Il suo volto ora era ancora più pallido di prima, se possibile. < Ma che cavolo state dicendo! Io non sono mica un- >

< Oh, avanti non dirci cazzate. L’altra notte ti abbiamo seguito, quando sei andato dalla Mc. > lo interruppe James.

< Abbiamo svelato il tuo mistero, caro mio > fece Sirius furbescamente.

< Ma… ma… > Remus boccheggiava. Guardava con occhi smarriti i tre ragazzi. Peter che lo fissava quasi sospettoso, Sirius che non lasciava trapelare alcuna emozione dal suo volto, James che sorrideva beffardo, quasi a prendersi gioco di lui. Si sentiva la testa girare e le ginocchia gli tremavano.

Si accasciò sul letto. Era finita. Oramai sapevano tutto. E ciò significava che la loro amicizia poteva ritenersi conclusa. Non lo avrebbero mai accettato sapendo del suo segreto! E di certo l’avrebbero detto in giro. E in men che non si dica, tutto il castello avrebbe saputo del suo “problemino”! E nessuno avrebbe più voluto rivolgergli la parola. Tutti lo avrebbero evitato. E sarebbero state fatte proteste da parte dei genitori e lo avrebbero cacciato via da Hogwarts! La sua carriera era finita! La sua vita era finita!

Si portò le mani alla testa. Sentiva gli occhi pungergli.

< Rem… > qualcuno si era avvicinato a lui. < Rem, che hai? >

< Secondo voi sta per svenire? >

< Non dire scemenze, Pete >.

Voci indistinte. Parole che raggiungevano le sue orecchie senza essere davvero sentite. Terrore puro che gli scorreva nelle vene, raggiungendo i polmoni che faticavano a respirare. La certezza di aver perso gli unici amici che avesse mai avuto.

< Rem, tranquillo. È tutto a posto. Non lo diremo a nessuno >.

Sollevò gli occhi. Il volto di James era poco distante dal suo. L’espressione più seria che gli avesse mai visto in viso da quando lo conosceva.

< A nessuno? > ripeté le ultime parole senza capire bene.

< Ma certo > intervenne Sirius. Anche lui non sembrava tranquillo come al solito. < Ti pare che andiamo a spifferare una cosa come questa al primo che capita! >

Remus li guardava con occhi smarriti. Non era certo di capire bene quello che gli stavano dicendo.

< Scusa se te lo chiedo, ma perché non ce lo hai mai detto? > chiese James

< Cosa? >

< Si, insomma perché non ci hai mai detto che sei un lupo mannaro. Capisco che deve essere difficile, ma sennò a cosa servono gli amici? >

< Ma, a voi non da fastidio questa cosa? >

< Fastidio? No, ma che dici? > rispose premurosamente Sirius, che si era seduto accanto a lui e gli aveva poggiato una mano sulla spalla. < Siamo solo preoccupati per te >.

< Certo, se eviti di morderci, ci fai un favore > commentò ridacchiando James.

< James! > scattò Peter.

< Scherzo, scherzo > scoppiò a ridere il moro difendendosi.

La notte che Remus aveva sperato di spendere interamente in un riposo ristoratore, vide i quattro amici andare a letto alle prime luci dell’alba, dopo aver chiacchierato per ore e una rapida corsa alla cucina della scuola sotto il mantello che rende invisibili. Ma fu la notte che più di tutte scaldò il cuore di Remus e lo rivestì di un dolce tepore, come una soffice trapunta durante una notte in cui infuria una bufera di neve. Perché fu la notte in cui si rese conto che Sirius, James e Peter erano davvero suoi amici. Fu la notte in cui capì che non era più solo.

Raccontò loro di come tutto era cominciato. Raccontò della rabbia e della paura. E i tre ragazzi lo ascoltarono attentamente, dandogli tutta la loro comprensione.

A volte gli parve di notare una scintilla di timore nei loro occhi sgranati durante il suo racconto. Ma era comprensibile.

James dal prese a fare battute. Disse che ora capiva come mai era sempre così “lunatico”.

Peter lo sommerse di domande.

Ma fu la reazione di Sirius che di più lo colpì. Era premuroso, preoccupato, e lo guardava con occhi partecipi e comprensivi. Era come vedere lo sguardo di un fratello maggiore. Fu la prima volta che vide Sirius come un ragazzo maturo, e non il solito ragazzino incurante di tutto, pronto solo a fare sciocchezze e a organizzare nuove bravate.

 

 


 

Si lo so, è un po’ che non mi faccio viva da queste parti. Chiedo umilmente perdono a tutti/e quelli/e che buttano un occhi su questa storiella. Spero di essere più… presente d’ora in poi.

 

Ringraziamenti:

JDS: grazie del commento. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, e mi raccomando fammi sapere che ne pensi, ci tengo molto. Ciao ciao!!

Jomarch: mi piace la tua teoria, perché in ultima analisi è più o meno la stessa che ho io. Mi fa piacere che ti piacciano i miei malandrini. Dimmi che ne pensi di questo capitolo. Ciao alla prossima (spero)!

Micia_Loves_Draco: ups… non ho aggiornato proprio prestissimo… ma spero che mi perdonerai. Comunque grazie mille per la recensione. Dimmi che te ne pare mi raccomando. Ciao e a presto!

 

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