“Kazama! Mi pigli per il
culo? Ti ho detto che mi manca!”.
“Nope. Aveva il bonus
transustanziale, quello della benedizione di Suppurak il Dio Puzzone,
quello
per la simpatia del master e tu eri prono, con una freccia in un occhio
e scorreggiavi.
Ti prende in piena schiena con la sua bella ascia
arrugginita”.
Devo ammettere che questo
nuovo andazzo non mi dispiace per nulla. E, in tutta
sincerità, Jin si meritava
una sana vendetta per tutte le bestemmie che Hwoarang gli aveva fatto
vomitare
l’ultima volta. Avrei voluto vedere chiunque altro a
sopportare un coreano
ignorante che, per qualche intercessione divina -ed è
proprio il caso di
definirla così-, si ritrova padrone dell’alter ego
di quello che considera il
suo rivale mortale.
Gliene ha fatte passare di
cotte, di crude, di scotte. Bonus palesi ignorati, tesori fregati,
umiliazioni
assortite, equipaggiamento fatto diventare letame.
Ma adesso il mio mammone preferito
è tornato alla carica con rinnovata energia e, soprattutto,
esperienza. Ha
passato l’ultima estate a studiarsi in maniera a dir poco
pignola tutto il
manuale del master della 3.5, dopo aver affermato con estrema forza il
suo
inveterato odio per la 4.0 che, se non ricordo male, ha ribattezzato la blasfemia fatta libro.
Io ricordavo che avesse
urgenze più pressanti, tipo tentare di trovare una soluzione
al suo piccolo
problema col Devil Gene... o magari, chessò, regalarmi
infuocate notti di
passione. Ma no, il signorino si è impuntato con questo e il
risultato è sotto
gli occhi miei, di Steve e di un furioso Thermos Vuoto.
Stai solo assaggiando parte
della tua stessa ricetta, cocco. Fai meno la fighetta.
“Ma... ma... checcazzo...”.
“Zitto e ingoia. E non quello
che hai pensato, ma nervoso. Esattamente come ho fatto io
l’ultima volta. Te la
ricordi l’ultima volta, vero stronzetto? Ma sì che
te la ricordi, che quella
tua testaccia vuota non si dimentica facilmente tutte le angherie a cui
mi hai
sottoposto. E comunque, a onor del vero, hai tirato un numero troppo
basso per
superare il tiro salvezza sui Riflessi. Sei grosso, intelligente e
agile come
un container”.
“Minchiate, Kazama!
Minchiate! Ti stai solo dando a una puerile ripicca!”.
“Ullalà, attento alle parole
troppo difficili che ti si potrebbe attorcigliare la lingua. E
sì, ammetto un
po’ di godimento da parte mia nel farti soffrire
più del necessario ma...” e
gli prende la scheda per poi piantargliela ad altezza occhi
“ti devo ricordare
che sei un mezz’orco barbaro, non esattamente
l’epitome della leggerezza e
della grazia. Hai pure il malus razziale, cacchio ti lamenti?
Nonostante le
apparenze, e al contrario tuo, io sono equo”.
“Equo cannone, sì”.
“... ti prego, muori in
silenzio se proprio”.
Guardo Steve, Steve guarda
me. Sono anche carini e coccolosi, mica dico di no, ma non è
una sessione
privata. Ci saremmo anche noi, sapete.
“Scusate se interrompo il
vostro delizioso teatrino dell’assurdo” mi permetto
di inserirmi “ma non state
dimenticando qualcosa?”.
“E cosa ci staremmo
dimenticando, barattolino?”.
Reprimo con sforzo la voglia
di piantargli cinque dita sulla guancia mentre rispondo: “Me
e Steve, ad
esempio. Ci annoiamo a vedervi tirarvi le trecce come due bambine
dell’asilo
Mariuccia”.
“Sì, hai ragione. Vi prego di
scusare la deviazione superflua, anche se ovviamente è tutta
colpa sua.
Dov’eravamo rimasti?”.
Gli occhi dei presenti
tornano a concentrarsi sulle miniature, posizionate sul tavolo di
gioco.
Hwoarang, alias Grommarush Thunderfist l’orco barbaro col
nome sborone, è
appunto sdraiato per terra e circondato da un’orda affamata
di goblinoidi
affamati; Steve, alias Djeketh il monaco githzerai, si sta dilettando
nel
nuovissimo gioco Prendi a Cartoni gli Umanoidi più Brutti di
Te; la
sottoscritta, alias Tu’urkan il rakshasa stregone, che se lo
gratta attendendo
l’entrata in scena di qualcuno degno della sua attenzione. I
goblin li lascio
ai compagni sfigati, ecco.
Gruppo pseudo-malvagio, sì.
Il githzerai si è unito a noi più per convenienza
che per reale spirito di
cameratismo, e non manchiamo di farglielo pesare cercando di commettere
gli
atti più spregevoli possibili. L’orco di Hwoarang
che si è fregato il pane del
bambino povero per il puro gusto di farlo resterà il meglio
del meglio del
meglio nel campo, signore.
Il ragazzo lo interpreta
bene, gliene va dato atto. D’altronde gli basta immedesimarsi
totalmente e
comportarsi come suo solito per avere un perfetto picchiatore
ignorante, burino
e irrispettoso di tutto e tutti.
Ho cercato di fare gli occhi
dolci a Jin per convincerlo a farmi interpretare un alhoon, ma ammetto
che un
mind flayer lich sarebbe stato davvero troppo. Niente sfida, avrei
sterminato
qualunque cosa si fosse frapposta fra noi e il nostro meritato bottino
di
tagliagole. E ti dirò, apprezzo avere la strada in discesa
ma lì sarebbe stato
davvero troppo. A quel punto tanto valeva avere un’avventura
in solitaria.
Io e Jin, soli.
...
Masterizzami tutta, mio bel
stallone.
Ricordati di parlargliene più
approfonditamente dopo.
“Tira i danni, Grommarush”
riprende le redini il nostro caro DM, un sorriso leggero a condire
l’innocente
frase. Nonostante tutti i suoi proclami di imparzialità ci
sta godendo come un
riccio a fargliela pagare, lo so. Lo conosco.
E in questo caso specifico
approvo. In toto.
“Puah. Neanche il tuo
mestiere sai fare, Kazama”.
“Vuoi un fulmine cagato da
Cyric direttamente sulla testa, Hwoarang?”.
“Ma sarebbe il terzo
personaggio che mi fai rifare...”.
“Sta a te. Comportati da bravo
bimbo e non succederà null’altro di
riprovevole”.
E mò non ricominciate, però.
“Tira ‘sti cazzo di danni” lo
esorto. E finalmente prende il suo dado a quattro facce e fa per
lanciarlo.
Salvo venire fermato dalla manona di Jin.
“Cosa stai combinando?”.
“Ehm... tiro i danni”.
“Con un d4? Su su, niente marachelle. Prendi
il d6”.
“Il d6? Per l’accetta
microscopica di un minchia di goblin?”.
“Microscopica? Mi sono
premurato di specificare, nella descrizione della stanza, che questi
goblin
tenevano solo tre asce perché sono grosse il doppio di loro.
Confermate o no,
voi due?”.
Io faccio di sì con la testa,
effettivamente l’ha detto. Lo stesso fa Steve.
Oh, è evidente che si sta
accanendo su Corea ma è innegabile...
No ehi, aspetta. Ci stiamo lasciando prendere e sbagliamo tutto.
“Jin caro, non per essere
pedante ma... da quando è il giocatore a tirare i danni che
subisce? Non
dovrebbe essere il DM?”.
Sbianca di botto, rendendosi conto della cretinata che stava per fare.
Tiene da
morire alla sua immagine di master senza macchia, quindi
l’essersi dimenticato
in questa maniera di una regola a dir poco basilare non fa bene al suo
ego.
“Porc... hai ragione, Xiao. Chiedo scusa a tutti per la
leggerezza, sapete che
non è da me”. Dicendo ciò strappa di
mano il dado a Hwoa, lo porta al riparo
dietro il suo schermo protettivo e provvede a far quel che deve fare.
“Pfffff. Tutto ‘sto casino
per sei danni del cavolo. Sei buono solo a piantare scenate per nulla,
coreano”.
“Vedi che il modo di fartela
pagare lo trovo...”.
“Sì, va bene. Sei grosso e
arrabbiato. Solo non stasera, che sono impegnato”.
“Tu e la tua zaibatsu del
cazzo...”.
“No, la zaibatsu non c’entra.
Stasera ho un appuntamento galante”.
“Uh?” ce ne usciamo tutti e
tre in sincrono.
C’è qualcosa che devi dirmi, Jin? Come ad esempio
chi è la tipa che devo
spezzettare a furia di pugni?
“Signorina Ling, stasera mi
farebbe l’onore di essere la mia dama a cena da Chez François?”.
...
...
...
Sogno o son desta? Mi
ha appena... invitata... fuori a
cena... nel ristorante più costoso della città?
Rimango imbambolata a
guardarlo, sorda a qualsiasi possibile rumore esterno che
tanto non sento. Perché nelle mie orecchie ci sono solo i
cori dei cherubini.
“Digli di
sì, che sennò non proseguiamo
più”.
“Xiaoyu, per
favore... riprenditi...”.
Uh. Uh.
“Sì
sì, certo che sì”
balbetto, non ancora del tutto in controllo di me stessa. La notizia mi
ha
proprio stesa, lo ammetto.
Mi sorride, ma vedo
che dietro il paravento del DM le sue braccia si muovono.
Sta tirando dei dadi.
“Benissimo,
la cosa mi riempie di felicità. Meno lo fa scoprire che
Tu’urkan,
dalla sua comoda posizione a braccia conserte contro il muro,
improvvisamente
sente un dolore al fianco sinistro. Voltandosi vede davanti a
sé un tizio con
la faccia coperta, e dagli occhi si capisce inequivocabilmente che
sotto la
stoffa sta ridendo”.
... ti devo ammazzare
ora,
Kazama?
“Abbassando
lo sguardo nota
che ha un pugnale ben piantato nella carne, e dalla lama cola una
sostanza
verdognola e dall’aspetto poco rassicurante”.
... mi hai avvelenata,
bastardo.
“A cosa devo
la gentilezza,
dottor master?” ringhio con finta calma, e so che lui sa che
sto fingendo.
“Oh, nulla.
Solo non volevo
passare troppo come un pappamolla, tutto qui”.
“Vedi la
fine che faccio fare
al tuo assassino di cartapesta”.
“Accomodati”.
Sorrido come una iena,
beandomi della prospettiva di bere un po’ di sangue. Al mio
rakshasa stava
venendo giusto sete.
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