Come avevo promesso, da questo capitolo in poi cercherò
di descrivere perchè rapire la figlia del Sangue di Drago sia stata una
pessima idea da parte degli Altmer.
Due piccoli particolari che spero vi piacciano: a Rorikstead è
possibile incontrare Sissel, che riferisce di come abbia sognato di un
grande drago che non le sembrava cattivo come gli altri...
predestinazione all'opera? Chissà.
Inoltre in tutto il lore di "The Elder Scroll", viene menzionato un
altro drago rosso oltre ad Odahviing: Nafaalilargus, il cui nome però
non ha alcun significato in lingua dovah e che quindi ho lievemente
cambiato per dargli più senso (come se fosse il primo retcon della
storia. xD). Per il resto, buona lettura e spero vi piaccia (Ogni
recensione è ben accetta.)
La Via della Voce risiede in due parole: Lok Thu'um. Perché
un joor, un mortale, possa usare le rotmulaag, le parole del potere,
egli deve accoglierne
il significato nella propria anima: solo uno spirito indomabile, o un
Dovahkiin, riesce a non esserne corrotto. A tutti gli altri, sulla cima
di
questa mia strunmah, io insegno il come.
La Via
della Voce- Sissel di Rorikstead.
I draghi non calarono
sulla città di
Alinor: le sentinelle sulle mura e i Volanti appostati sulle torri li
videro planare
invece davanti alle sue porte, alla distanza di due tiri di freccia.
Due grandi draghi
rossi, che più di
tutti gli altri erano vicini al Sangue di Drago e alla sua famiglia, e
perfino gli
Altmer conoscevano i loro nomi: Odahviing, il drago di Skyrim che aveva
servito
Alduin prima di giurare fedeltà al Dovahkiin, e Nahfaasaar, il drago
mercenario, che si diceva avesse prestato le sue ali a Tiber Septim in
persona,
e che era stato riportato in questo mondo dal Sangue di Drago per
servirlo.
BO GUT
Non fu un Urlo che riverberò sulla
piana fino alle mura di Alinor, ma un ordine, e gli Altmer osservarono
i due
draghi aprire di nuovo le grandi ali di cuoio e spiccare il volo,
dirigendosi verso
est, divorando il vento come se li inseguisse una tempesta. Per natura,
i
Draghi non temono nulla, e tuttavia...
Dove Odahviing e
Nahfaasaar si erano
posati solo per un momento, erano rimaste tre figure: anche dalle mura,
le loro
armature grigie, come di fumo vetrificato, tradivano le loro identità.
"Vostra eccellenza,
quali ordini
dalla Regina?" chiese il capitano dei soldati a lord Naarifin, quando
Quattro lo posò sul bastione delle mura: i volti delle guardie Altmer
erano
tesi, ma fiduciosi ora che il cancelliere supremo era fra loro.
"Sua maestà ha
lasciato a me il
comando capitano. Diffondete la notizia che le vostre truppe
prenderanno ordini
dai miei Thalmor da questo momento in poi: non ammetterò errori."
"Certamente vostra
eccellenza.
Le mie truppe sono a vostra disposizione."
"Eccellente,
capitano. Avrei
preferito affiancarvi Zenosha, ma i suoi compiti la trattengono: non
deludetemi, e la vostra ricompensa sarà enorme."
Il capitano delle
guardie di Alinor
sorrise, mentre la cupidigia gli riempiva gli occhi: dopo un profondo
inchino al
cancelliere, l'elfo si affrettò a dare ordini alle truppe, preparando
gli
Altmer alla battaglia.
Liberatosi in quel
modo della sua
presenza, Naarifin appoggiò le mani sulle mura, osservando coloro che
così
tanta strada aveva fatto per giungere fino a lui: Alinor era davvero
lontana
dall'impero.
"Quattro? Va ad
accoglierli." ordinò Naarifin: meglio che fosse un Volante ad
avvicinarli
per primo.
La creatura aprì le
ali con un ghignò
famelico e si lanciò nell'aria, planando fino a posarsi nella terra di
nessuno
fra Alinor e il Sangue di Drago.
"E dunque, così
comincia."
si disse Naarifin: sotto di lui, schierati sulle mura, arcieri Altmer
incoccarono le loro frecce, mentre stregoni Thalmor raccolsero la forza
degli
elementi nelle loro mani.
Fu del Sangue di
Drago, la prima
mossa:
VEN MUL RIIK
L'Urlo riverberò fino a Naarfin come un
tuono cupo, portando con se la forza del vento. L'odore di pioggia
riempì
l'aria e la natura di quelle tre parole fu subito chiara: nebbia,
troppo rapida
e fitta per appartenere alle isole di Summerset, o a Tamriel, si
condensò
attorno alla città, crescendo e correndo in lingue e spirali,
stringendosi
attorno alle sue mura, densa più della spuma del mare: il territorio
attorno ad
Alinor, la pianura fertile e perfino le montagne in lontananza erano
ora diventate
invisibili.
Perfino le onde del
mare alle spalle della
città, erano state nascoste.
Naarifin sorrise
dietro la sua
maschera: Alinor sembrava galleggiare nella nebbia, come unico luogo
del creato
su cui splendesse ancora il sole. Come sempre la voce dei draghi era
ineluttabile, e tuttavia quella nebbia magica non riusciva ad
avvicinarsi alle
mura incantate di pietra di luna della città: gli incantesimi dei
Thalmor
respingevano ogni magia e dunque la bruma poté solo scorrere,
accumulandosi come
l'acqua contro le pareti di una diga, salendo lentamente di livello.
"Solo un trucco." si
fece
sentire la voce del capitano delle guardie, tranquillizzando i suoi
uomini. Sì,
solo un trucco, ma assai d'effetto:
"Guardate!" urlò uno
dei
soldati.
Le volute di nebbia
di fronte alle
porte della città cominciarono a turbinare, diventando quasi solide,
assumendo
forme, ma non sostanza: anche a lord Naarfin occorse un momento per
capire di
cosa si trattasse.
Quando fu pronto,
l'avatar di nebbia
di Brelyna Maryon, della casata di Telvanni, moglie dell'ultimo Sangue
di Drago
e madre di sua figlia, si alzò in piedi di fronte alle porte di Alinor.
La
figura di bruma della strega era abbastanza alta da superare con la
testa l'orlo
delle mura della città e lord Naarifin ammirò sinceramente il controllo
e la
delicatezza di quell'incantesimo, e la squisita precisione con cui i
lineamenti
dell'elfa scura erano stati scolpiti nella nebbia: grigio, su di un
grigio
ancor più assoluto.
Quando gli occhi di
quell'avatar si
fissarono su di lui, il cancelliere supremo vide che contenevano la
luce dei
fulmini:
"Lord Naarifin: mi
aspettavo
foste più alto." disse la nebbia con voce perfettamente chiara: l'elfo
si sarebbe
aspettato invece il cupo brontolio del tuono.
"E io, che sarebbe
stato il
Sangue di Drago a parlare con me." rispose lord Naarifin.
"...Temo che al
momento il mio
sposo non possa parlare in una lingua che capireste."
"E che ne è di
Quattro? Credevo
che il Sangue di Drago rispettasse la sacralità di un ambasciatore..."
La nebbia sembrò
sorridergli, prima di
risponderli:
"Parlate della
vostra...
creatura? In questa nebbia così fitta, temo possa essersi perduta."
Fuori
dalle porte di Alinor, la pioggia cominciò a cadere sulle terre di
Summerset.
Era la prima volta da
molto tempo che
dietro la sua maschera di cristallo, il cancelliere supremo dei Thalmor
non
provava una simile gioia: poteva quasi percepire la furia impotente del
Dovahkiin
e di quella sgualdrina di sua moglie, mascherata dietro falsa
cordialità. Quello
era il posto che meglio si confaceva loro: strisciare di fronte a lui,
umiliati
ed impotenti. Tutti sapevano chi avesse vero potere in quel momento, ma
quella
furia non era ancora abbastanza per gli scopi di Lord Naarifin: ne
serviva
molta di più.
"Ovviamente. E ditemi
strega,
per quale motivo, voi e la vostra... pittoresca famiglia siete giunti
ad
Alinor, così lontani dalle forze dell'impero? Venite a porgere la
vostra
resa?"
"Veniamo a proporre
uno
scambio." fu la risposta.
"Uno scambio? È
questo dunque il
Sangue Di Drago e la sua famiglia? Mercanti? Usurai?..."
KOS NAHLOT,
FAHLIIL
E per un momento, un istante che a
tutti gli Altmer sulle mura sembrò dilatarsi all'infinito, suoni e voci
morirono, perché così il Sangue di Drago aveva ordinato: fare silenzio.
Non
solo nella gola, ma anche nella mente: per un terribile momento, lord
Naarifin
dimenticò cosa volesse dire parlare con la bocca e ciò che significasse
sentire
con le orecchie.
Fu solo per un
istante e solo perché
non si trattava di un Urlo: altrimenti, forse, ogni elfo sarebbe stato
reso
sordo e muto.
"Veniamo a garantire
per la
città di Alinor, la sola vera roccaforte che ancora vi resta. Questa
città, in
cambio di nostra figlia, viva ed incolume. Che dite Lord Naarifin?"
Il vento soffiò
contro le mura e in
esso, il cancelliere supremo ritrovò la sua voce.
"...Un offerta molto
allettante,
strega. Ma, io ne ho una migliore e mi rivolgo alla disgustosa creatura
che
avete preso come marito: i vostri sortilegi non possono superare le
mura di
Alinor. La vostra furia è patetica ed impotente. Voi non avete niente:
niente
che possa convincermi a restituirvi ciò che vi ho tolto. Niente per
forzarmi la
mano, niente... che possa convincermi ad ascoltarvi ancora. Chinate il
capo,
come le bestie che siete e forse i miei Thalmor vi daranno la morte che
meritate, assieme all'abominio che avete generato!"
L'avatar di nebbia di
Brelyna Marion
sembrò chinare il capo raccogliendo i propri pensieri e per un momento,
la luce
del fulmine nei suoi occhi si spense.
"...È un sollievo che
siate così
cieco, Lord Naarfin. Ad essere sincera, temevamo di dare fondo a ciò
che ci
avete fatto provare. Grazie, stupido Altmer, per averci liberato dal
fardello
noto come ragione. E ora..."
Nella nebbia dietro
l'avatar di
Brelyna, si aprì un occhio rosso: un cerchio di luce scarlatta. Un
portale per
oscure dimensioni.
"...Se non ricordo
male, fu
appropriandosi del merito di aver posto fine alla crisi dell'Oblivion,
quando durante
la terza era il mondo quasi cessò, che i Thalmor iniziarono la loro
salita al
potere. È appropriato dunque che sia l'Oblivion a segnare la vostra
caduta..."
Perché le dimensioni
oscure non sono
uniformi nella sua struttura: dagli strati più vicini a questo mondo si
possono
trarre spiriti che la volontà mortale può soggiogare. Ma se ci si
inoltra
troppo a fondo, se si apre una finestra sui Veri Abissi, allora non
saranno più
piani d'ombra quelli che si troveranno, ma universi infernali di cui
ogni
demone è rovina.
***
"Un portale è stato
aperto sul
vostro reame, e tuttavia tu sola lo hai attraversato. Perché mai?"
Nascosto nella
nebbia, un giovane
uomo pose questa domanda al demone che aveva varcato il portale:
femmineo,
dalla carne color della notte e dai capelli tinti con la cenere delle
ossa
delle anime che aveva tormentato, mentre i tatuaggi scarlatti sul suo
viso brillavano
come il sangue anche nella nebbia. Il demone sorrise, di un sorriso
sanguinario, e i suoi liquidi occhi fatti di oscurità si fissarono sul
figlio
adottivo del Sangue di Drago: un giovane uomo del Nord dai capelli neri
e
riccioluti, occhi verdi dallo sguardo sfrontato e senza paura, e
sottili
cicatrici sul bel volto che ancor di più gli avrebbero attirato il
favore delle
fanciulle nella sua terra natia.
"Aventus Arentino. Mi
ricordo di
te."
Il giovane scosse la
testa,
corrugando il viso.
"Preferisco essere
chiamato Due
Code, Khathutessa."
Il demone rise: un
roco gorgoglio
metallico di gola.
"Rammento ancora
quando ho quasi
banchettato col tuo cuore. Il sapore del tuo sangue allora... così
dolce."
rispose il demone, passandosi un artiglio corazzato sulla lingua e
sulle
labbra.
Due Code, figlio
maggiore del Sangue
di Drago, fissò con furia e orgoglio ferito il demone, ricordando
l'umiliazione
da cui aveva dovuto essere salvato:
"Io
sono più forte di allora."
Il demone lo annusò
rumorosamente:
"...Sì, tu non odori
più di
debolezza... " concesse: "Tutt'altro: un giorno forse ti farò mio. Ma
ora scostati mortale, perché possa inchinarmi alla mia signora."
Dopo un momento, il
giovane le obbedì,
permettendo a Khathutessa di inginocchiarsi di fronte a Brelyna Maryon,
fino a strisciare
la fronte nella terra.
A causa del patto che
la strega aveva
stretto coi grandi Principi dell'Oblivion, l'elfa aveva perso la
capacità di
evocarne le creature: i regni di fiamma e oscurità sfuggivano ora dal
suo tocco,
dalle sue mani che, come il suo corpo, recavano incise le rune
dell'Oblivion
tatuate a fuoco.
Era stata una grande
rinuncia per
lei, che però aveva compiuto senza rimpianti, per amore e per orgoglio.
Brelyna però non
aveva saputo
rinunciare del tutto alla sua arte, trovando così nuove strade:
l'ultima Pietra
del Sigillo ancora a Tamriel dai tempi della Crisi dell'Oblivion, il
pernicioso
artefatto che era stato il suo esame finale di evocazione al Collegio
di Magia
e Stregoneria di Winterhold tanti anni prima, costituiva ora la cima
della sua
staffa magica. Grazie a quella pietra, la strega poteva aprire un varco
per
ogni regno dell'Oblivion, ma spettava alle creature in esso se chinarsi
al suo
volere o meno. Khathutessa non aveva avuto scelta: il demone si era
piegato
alla strega dopo essere stato quasi distrutto per aver bramato un
bambino che
non le apparteneva e aver ucciso il precedente huscarlo di Brelyna.
Il patto era stato
semplice: la sua
vita in cambio della sua schiavitù. Per il demone, un buon patto in
fondo:
"Mia Signora,
l'Oblivion ribolle
per la tua magia."
Non fu senza un
piccolo sorriso sul
volto tatuato che l'elfa scura accolse il gesto del demone:
"Khathutessa,
Arciduca dell'Oblivion
e Valkynaz dei Paria. Quanto tempo."
"Lord Dagon urla
dalle Terre
Morte per l'affronto che gli hai fatto: chiamare noi che non ci siamo
mai
piegati a lui invece che i suoi soldati."
"Disapprovi?"
"Il mio sangue canta
di
gioia!" ruggì il demone.
"Bene. Ho pensato di
invitarti
ad un massacro. Vedi la città di fronte a noi? Voglio che tu faccia
degli
abitanti in essa ciò che vuoi."
Il sorriso del demone
femmina si aprì
su una bocca piena di canini e Khathutessa ruggì qualcosa nella lingua
dell'Oblivion, con parole che ferivano l'anima di chi le ascoltava: dal
portale
alle sue spalle, cominciò a riversarsi il suo Kin.
Ottocento e ottantotto dremora, tutti carne nera, armature
scarlatte, nere e oro di acciaio daedrico, Churl e Caitiff dalle lunghe
mazze,
Kynmarcher con scudo e spada, e infine Markynaz con lunghi spadoni di
fuoco e
nero acciaio: l'ultimo di essi portava con sé anche la spada di
Khathutessa,
che si affrettò a porgerle. Il demone femmineo la imbracciò con una
sola mano,
fendendo l'aria e facendo tintinnare gli anelli che ne ornavano la
lama.
E poi i dremora
cominciarono a
cantare: ottocento ottantotto demoni alle porte di Alinor, inneggiando
nella
nebbia, mentre le loro spade fiammeggiavano di mille violente promesse:
"SANGUE PER IL SANGUE
DI DRAGO!
TESCHI PER IL SUO TRONO!" fu il grido nella lingua dell'Oblivion,
ripetuto
ancora e ancora, mentre le loro voci agghiaccianti riverberavano nella
piana.
Poi l'ultimo Sangue
di Drago avanzò
verso le porte di Alinor, segnalando la carica con un Urlo.
MUL QAH DIIV
E la luce delle anime
dei
draghi lo avvolse come un armatura.
***
Sulle mura di Alinor,
gli Altmer
videro la luce del portale scomparire, l'occhio di fuoco chiudersi
nella
nebbia, per essere sostituito da fiamme più piccole ma impossibilmente
numerose.
Poi arrivarono le
urla, e sulle mura
di Alinor, gli Altmer ebbero paura: l'Urlo li fece tremare, perché in
mezzo
alla piana, tra le lingue di fuoco, un drago risplendente era nato,
guidando la
carica dei demoni.
"FUOCO!" urlò il
capitano
delle guardie quando i nemici furono abbastanza vicini, e i Volanti
spiegarono
le ali, gli arcieri tesero i loro archi e gli stregoni Thalmor
riversarono la
furia degli elementi sulla pianura sottostante: frecce d'oro si
inoltrarono
nella nebbia, troppo numerose per poterle contare, mentre fulmini e
palle di
fuoco saturarono l'aria. I difensori di Alinor fecero del loro meglio,
ma il
loro meglio fu quasi nulla: degli ottocento ottantotto demoni, solo
ventitre
caddero sulla piana per colpa delle frecce e degli incantesimi degli
Altmer,
tornando all'Oblivion. Il resto, continuò ad avanzare dietro il Sangue
di
Drago, perché fu Karstaag a ricevere il resto degli attacchi e degli
incantesimi al loro posto, scrollandoseli di dosso come acqua.
"Auri El. Cosa è
mai..."
Il Sangue di Drago,
senza sforzo,
senza gesti magici e senza artefatti, aveva evocato dall'aria stessa il
gigante
di ghiaccio: una bestia alta come le porte della città, e che mai le
isole di
Summerset avevano visto. Il respiro degli Altmer si fece di ghiaccio
mentre Kaarstag
muggiva al cielo, levando su di loro quattro occhi malvagi, affossati
nella sua
pelliccia bianca come quella di un orso.
"Fermatelo!" ordinò
il Cancelliere
Supremo dal bastione: tremila fra Volanti e creature dell'Oblivion
obbedirono a
quell'ordine, una nera nuvola di artigli e bocche affamate che si tuffò
sul
gigante.
Perché Kaarstag non
era un evocazione
dell'Oblivion, ma una creatura di Tamriel fatta di sangue e carne, che
il
Sangue di Drago aveva chissà come materializzato: significava, che la
magia
delle mura di Alinor non lo avrebbe arrestato.
Nella schiera degli
attaccanti, Due
Code aprì la bocca ed urlò con quanto fiato aveva in gola:
"Ed il debole udrà il
mio Thu'um
e fuggirà da esso: FAAS RU MAAR!"
Creature che fino a
quel giorno non
avevano conosciuto il significato del terrore lo impararono per la
prima volta
in quell'Urlo: Faas Ru Maar, terrore irresistibile e paura e fuga. Lo
stormo di
creature non si arrestò semplicemente, ma colpì se stesso, mentre i più
vicini
al primogenito del Sangue di Drago travolgevano chi gli stava dietro,
cercando
di fuggire. Alcune fra quelle creature furono preda di un tale terrore,
da
uccidersi sbattendo contro le bianche mura di Alinor, che si
macchiarono di
scarlatto.
E anche Karstaag, il
gigante di
Solstheim il cui spirito era stato sconfitto e soggiogato dal Sangue di
Drago
tanti anni prima, venne colpito dall'urlo, e tutta la sua limitata
intelligenza
fu focalizzata nell'atto del fuggire. Neanche si accorse di aver
divelto le
porte della città, o di averne attraversato i bastioni portando il
primo
inverno delle isole di Summerset; così come non
si accorse di aver travolto case e schiacciato palazzi sotto la
sua
mole. Solo le mura del palazzo di cristallo lo fermarono,
restituendogli un
barlume di ragione: ma al quel punto, circondato com'era da elfi alti,
Volanti
e creature dell'Oblivion che riversavano su di lui sortilegi e frecce,
non ebbe
più importanza. Con un nuovo ruggito, Karstaag congelò l'aria stessa,
evocando
una tempesta di ghiaccio attorno a lui: coloro a cui non congelava il
sangue immediatamente
furono fatti a pezzi dalle macerie che presero a turbinare. Anche in
quello
stato, il potere del gigante, che era stato un tempo scelto come preda
dal
principe daedrico della caccia, non era diminuito.
Fu così che il Sangue
di Drago entrò
ad Alinor, circondato da demoni dell'Oblivion e ammantato dell'aspetto
dei
draghi: il primo Altmer che si parò sul suo cammino nemmeno si accorse
di
venire decapitato con un pugno.
Le guardie di Alinor
non erano ancora
pronte a cedere però: mille lance e frecce e artigli si avventarono su
di lui,
incontrando la luce d'oro che lo copriva, plasmata nella forma di un
drago.
Un'aura i cui occhi rossi fissarono Alinor senza che la città si
riflettesse in
essi.
YOL TOOR
SHUL
Un sole si accese dentro le mura
della città per quell'Urlo, spazzando la nebbia che aveva cominciato a
riversarsi attraverso le sue porte: un inferno di fuoco che consumò
fino alle
ossa tutto ciò che toccò, perfino alcuni fra i Dremora che erano
rimasti troppo
vicini: solo Brelyna e Due Code vennero risparmiati dalle fiamme,
grazie alle
armature che portavano.
Ma la furia del
Sangue di Drago non
poteva essere spenta così facilmente: da tutti coloro che erano stati
consumati
dal fuoco, dalle loro ossa e dalla loro carne, sorsero fiamme come
anguille,
che si nutrirono della cenere. Erano serpenti di fiamma viva affamati
di vita,
che si dispersero in ogni direzione, appiccando fuoco a tutto ciò che
toccavano, fossero case o armature.
Fu solo allora, dopo
che gli effetti
dell'Urlo di terrore erano svaniti dalle loro menti, che i
sopravvissuti dello
stormo degli Altmer tornarono indietro, creando una mischia sanguinosa
in cui
ogni lato mirava agli stregoni avversari, cercando di fermarli prima
che
sterminassero troppi dei loro: solo la superiorità numerica dei Thalmor
permetteva loro di confrontarsi alla pari con i demoni.
"Con me!" ruggì il
primogenito del Sangue di Drago, assaltando le mura, accompagnato da
Markynaz e
Churl, mirando a conquistare la cinta dei bastioni e far piovere magia
e frecce
sugli Altmer.
Elfi e creature
caddero di fronte a
loro, fulminate dalla magia o dalla spada, e i gradini si fecero
viscidi col
sangue dei loro nemici. Nonostante le sue mani fossero vuote, era il
giovane
uomo ad aprire la strada ai demoni: ogni elfo che si parasse di fronte
a lui
cadeva morto col sangue che gli sgorgava dal petto, senza che qualcuno
riuscisse a fermarlo.
La sua ascesa si
interruppe quasi
sulla cima: sul più alto dei gradini, Lord Naarifin lo aspettava con le
mani
raccolte dietro la schiena.
"Non male ragazzo, ma
è ancora
troppo presto per..."
Una macchia rossa si
aprì sulla
spalla dell'elfo, e non fu sul suo collo, perché il cancelliere supremo
si era spostato
di mezzo passo: il Churl a fianco di Due Code divenne una statua di
cristallo.
"Irrispettoso: non ti
hanno
insegnato a non interrompere gli anziani?"
"...E a non giocare
con il
cibo." rispose il giovane uomo.
"Immagino che le
congratulazioni
siano d'obbligo: è la prima volta da anni che qualcuno mi ferisce.
Anche se la
tecnica è grezza denota... inventiva: mischiare così le arti
dell'illusione e
le basi dell'evocazione..."
Dicendo questo, il
cancelliere
supremo chiuse il pugno sopra la spalla ferita, materializzando una
daga fatta del
fuoco dell'Oblivion: un'arma resa invisibile e creata al momento con la
magia,
in una tecnica assassina.
"...Potresti essere
una cavia
interessante, ma non sei alla mia altezza, ragazzo." continuò il
cancelliere supremo, sfilandosi la daga dalla spalla e lasciando alla
sua
taumaturgia il compito di chiudergli la ferita: il pugnale di fiamma
porpora si
disperse in fumo dal suo pugno.
"In verità, speravo
che potessi
dirmi dove si trova mia sorella, pelle d'oro." rispose Due Code,
provocando una risata nei demoni che aveva attorno.
"...Quanta devozione
per le
creature che ti hanno accolto. Mi chiedo se ti renda conto di quanto
sia
malriposta: perché essere fedeli a dei mostri disgustosi?"
Stanchi di aspettare,
la squadra di
demoni alle spalle di Due Code si lanciò sul Cancelliere: anche se
colto di
sorpresa, la prima fila dei Markynaz venne impalata su crudeli
stalattiti di
cristallo, che Naarifin usò anche per ripararsi dalle palle di fuoco
dei Churl.
Per buona misura, l'elfo saltò all'indietro, evitando le spade che
trafissero
il muro di cristallo cercando la sua carne: quei demoni che aveva
ferito a
morte erano già scomparsi, ma altri ne restavano e Naarfin dovette
indietreggiare ancora, liberando spazio e permettendo ai demoni di
riversarsi
sulle mura, mentre i suoi soldati accorrevano in suo aiuto.
Il capitano delle
Guardie di Alinor
cadde in quell'assalto, dopo essere stato trafitto da tre spade diverse
e
decapitato. Le urla di gioia dei demoni e quelle di terrore degli elfi
coprivano ogni cosa:
"Onorerò la mia
signora
DISTRUGGENDOTI!" gridavano i Markynaz mentre i Churl strangolavano gli
Altmer, aggiungendo teste ai loro trofei.
Eppure, oltre le
grida, Naarifin udì
Due Code:
"La prima cosa che
hai detto è
quella giusta..." gli disse, materializzando un arco con la fiamma
dell'Oblivion e indirizzando verso Naarifin una pioggia di frecce.
L'elfo
costruì una spada di cristallo in un istante, una larga lama con un
solo filo,
ricevendo le frecce di Due Code su di essa.
"Noi siamo mostri. E
sensibili
agli insulti..." mentre lo diceva, il giovane trasformò l'arco in due
corte spade e si avventò sull'elfo, facendo cozzare le lame di fiamma
con
quelle di cristallo: "Specie se vengono da esseri meschini."
"Mi sembrava di
avertelo detto:
non sei un avversario alla mia altezza!" con la mano libera, Naarifin
spaccò il naso del primogenito del Sangue di Drago, tentando di
cavargli gli
occhi e costringendolo a indietreggiare.
Il cancelliere
supremo osservò con un
lieve stupore il sorriso sul volto del giovane uomo:
"Ah! Finalmente un
elfo che sa
combattere. Badate al resto della feccia, lui è MIO." ruggì ai demoni
occupati a fendere carne e corazze, che con una risata fecero spazio
attorno a
lui e Naarifin straziando coloro che ancora restavano sulle mura e
indirizzando
le loro frecce e sortilegi sulla mischia sottostante.
"E il mio Thu'um mi
lancerà con
la forza della tempesta: WULD NAH KEST."
Lord Naarifin si
accorse di aver perso
un braccio solo dopo che le spade di Due Code gli aveva attraversato la
schiena. Due attacchi simultanei che all'elfo parvero uno solo.
"...Debole, alla
fine. Come il
resto della feccia." gli sussurrò Due Code nell'orecchio.
"AAARGH!" ruggì
l'elfo e il
giovane uomo dovette abbandonare le spade dentro Naarifin, mentre un
muro di
cristallo circondava il cancelliere. Due Code non era stato abbastanza
veloce:
un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca, dato che l'incantesimo di
Naarifin
gli aveva rotto una costola. Quando il muro di cristallo di abbassò,
Naarifin
aveva di nuovo il suo braccio attaccato e le spade nel suo petto erano
scomparse.
"Continui a
sorprendermi con la
tua inventiva ragazzo, nonostante la banalità delle tue tecniche. Ma
sei davvero
lento di comprendonio: tu non sei alla mia altezza."
"Peccato. Mi diverte
lottare con
te vecchio, ma se dovessimo continuare rischierei di ucciderti..."
"Che sciocchezza."
"...Come hai detto
elfo, io sono
stato salvato e accolto da mio padre e da mia madre. Ma perché trovi
così
strana la mia devozione filiale, quando mi hanno dato così tanto? Dove
ero
debole e spaurito, loro mi hanno dato tutto: la magia di mia madre e la
forza
di mio padre."
"E tuttavia, loro
rimangono
mostri!"
"...E di cui
condivido
letteralmente il sangue: non si dice forse tale
il padre così il figlio?" chiese all'elfo.
E poi Due Code
esplose: il suo magro
corpo di uomo si ricoprì di pelliccia nera, mentre zanne e artigli in
grado di
fendere qualunque cosa prendevano il posto di denti e unghie. La sua
corazza
mutò e si deformò, per far posto alla crescita del suo corpo, e in
pochi
istanti Lord Naarfin si trovò a fissare occhi verdi in un muso di
licantropo,
coperto da una corazza magica:
"WOOF!" lo schernì
Due
Code.
"Disgustoso." sibilò
l'elfo: l'incantesimo aveva appena lasciato le sue dita però, che il
licantropo
lo afferrò per una gamba, facendolo roteare sopra di sé come una mazza.
Due
Code era irrealmente veloce in quella forma:
"Mio padre chiede di
voi, Lord
Naarifin!" ruggì Due Code, lanciandolo dalla mura come un giavellotto.
I
Churl e i Markynaz si assicurarono che nessun Volante interrompesse la
sua
caduta.
Il sacco d'ossa e
carne che una volta
era stato un elfo cadde, toccando terra con troppa violenza per
lasciarlo
incolume: la sua preziosa divisa da Thalmor e la sua gorgiera finirono
in stracci
mentre rotolava nella terra umida di sangue. E tuttavia, Lord Naarfin
riuscì a
rimettersi in ginocchio, tossendo mentre muscoli e ossa venivano
rimessi
assieme, e la carne si rimarginava.
"Che sfrontatezza."
disse
il cancelliere supremo non appena la sua bocca si ricompose dietro la
maschera:
quando alzò la testa, sopra di lui, il Sangue di Drago lo osservava nel
mezzo
della carneficina.
Naarifin non urlò
quando il Dovahkiin
lo afferrò per il collo e lo alzò da terra.
***
"...E dunque è questo
che tiene
aperto il portale da cui traggono le loro creature." disse Brelyna,
lasciando cadere l'incantesimo d'illusione con cui aveva potuto
allontanarsi
indisturbata dalla battaglia. Le poche guardie rimaste non erano state
un
impedimento per la strega, che li aveva fulminati tutti prima ancora
che si
accorgessero di lei.
"È più sofisticato di
quanto mi
aspettassi: deve essergli costato molto tempo per realizzarlo. E
tuttavia..."
La staffa con cui
aveva aperto il
portale fuori Alinor le riposava sulla schiena, perché Brelyna brandiva
Kren Lah, la spada creata da suo marito
col legno del Verdorato, e capace di distruggere qualunque forma di
magia.
L'altare su cui il
portale dei
Thalmor era stato costruito, una complicata scultura di falci dorate,
si tramutò
in sabbia sotto il tocco della spada di legno. Il portale cambiò
colore,
passando da un blu profondo ad un porpora livido, ma non sembrò deciso
a
chiudersi. Tuttavia, le creature al servizio dei Thalmor, che ancora
restavano
in città, scomparvero nel nulla come se non fossero mai esistite.
"Strano. Sembra che
qualcosa
stia forzando aperto il portale..." borbottò Brelyna.
"Strano? Io direi
folle!"
disse un'allegra voce dietro di lei.
L'elfa non ebbe
bisogno di voltarsi
per sapere di chi si trattava: occhi da falco in un volto anziano, ma
giubilante, con la più strana delle vesti divisa in due colori, porpora
e
arancio. Il fatto che quell'entità galleggiasse a mezz'aria posando
solo il suo
bastone da passeggio a terra non stupì più di tanto Brelyna: gli aveva
visto
fare cose anche più strane.
"Ho visto cose assai
più
folli." gli ricordò.
"Anche tu? Come un
pomodoro
parlante e una volpe mangiare del formaggio? Se ti chiedi cosa ci sia
di così
folle e perché non hai visto il formaggio! Era smisurato! E aveva delle
zanne!
Bei tempi..."
"Per quale ragione vi
trovate qui?
Credevo che voi Principi non poteste manifestarvi a Tamriel." lo
interruppe educatamente la dunmer.
"Mia cara, cara
Brelyna: tra voi
due, sei sempre stata la mia preferita. Altrettanto astuta, ma meno
distruttiva. Tu sai già perché mi trovo qui, non è vero? Solo che
ancora non lo
sai..."
Il principe indicò il
portale col
bastone, facendo cenno all'elfa di precederlo:
"Vogliamo andare?
Sembra che stia
per piovere e Haskill avrà già preparato the e tartine."
Brelyna dovette
pensarci un momento,
ma poi, contro ogni buon senso, l'elfa varcò il portale per prima: le
rune
tatuate sulla sua pelle rifulsero mentre varcava quella soglia, e il
principe
daedrico la seguì fischiettando un allegro motivetto, chiudendo il
portale
dietro di se.
***
GOL HAH
Ogni osso del corpo
di Naarifin si
incrinò di nuovo, mentre quell'Urlo lo scuoteva: da quella distanza,
tenuto per
la gola dal Sangue di Drago, fu come essere percosso da un maglio.
La sua mente invece,
si fece
impossibilmente vuota e leggera, mentre dolori che pensava di avere
cancellato
dalla sua anima, la disperazione e la perdita, furono lavati via da
quelle
parole: fu il ritorno all'età dell'innocenza, dove ogni cosa non può
farti del
male.
Nemmeno sentì quando
il Sangue di
Drago lo lasciò andare, facendolo cadere sulle ginocchia.
"Kaan?"
E Naarifin rispose,
perché la
creatura che aveva davanti era superba e perché per lui avrebbe fatto
qualunque
cosa in quel momento:
"Nella torre più alta
del
Palazzo di Cristallo. Guardata a vista da Zenosha... che strano, perché
avrei
dovuto dare ordine di ucciderla se le porte di Alinor fossero cadute?
Non
ricordo... tutto mi sembra così... irreale?"
Il Sangue di Drago
non rispose
sentendo la risposta del Lord Cancelliere: l'elfo era nel fango, mentre
la
pioggia cadeva su di lui, lasciando che lavasse via la melma e il
sangue dalla
sua maschera di cristallo. Quando il Dovahkiin alzò lo sguardo per
osservare il
cielo sopra di loro, ormai offuscato quasi del tutto dalla nebbia,
Naarifin non
poté fare a meno di trovarlo nobile e bello.
Sulle mura di Alinor
invece, Due Code,
ancora nella sua forma di lupo, si affrettò ad ordinare ai demoni di
salire al
sicuro, dove la magia dei Thalmor li avrebbe forse protetti.
"Noi non possiamo
morire,
mortale!" lo schernì uno dei Churl.
"Ciò che sta per
arrivare, può
uccidere la morte stessa." ringhiò Due Code.
Lo disse con un tono
tale, che
perfino Khathutessa corse sulle mura:
"Ti preferisco ora,
mortale.
Così forte... anche se eri così delizioso quella volta." gli disse.
"Taci demone. E
lascia che io
ammiri per la prima volta la furia della Voce dei Draghi liberata da
ogni
vincolo."
Quando Khathutessa si
strinse a lui tuttavia, il Licantropo non si scostò da lei.
Mai prima di allora
il Sangue di
Drago aveva usato quell'Urlo completo: nemmeno contro Alduin aveva
osato
richiamare la cieca furia della tempesta, e anche quando aveva
espugnato da
solo Skuldafn, anche allora si era limitato ad una parte dell'Urlo,
solo due
parole. Perché quell'Urlo in particolare era fatto per distruggere
città e per
soggiogare con la paura che esso causava.
Cosa sarebbe potuto
accadere ad
Alinor, ora che il cuore del Sangue di Drago era pieno di rabbia
insensata e
vestiva le anime dei draghi che aveva ucciso, che lo avvolgevano e
amplificavano il suo potere?
STRUN BAH QO
Quelle parole furono
vento, che
scoperchiò i tetti delle case più vicine, e furono il cielo sopra
Alinor, che si
fece nero di nubi di tempesta, e furono il ciclone che risucchiò la
nebbia nelle
strade di Alinor, nascondendo alla città il cielo. L'urlo del tuono fu
il solo
preavviso che i suoi abitanti ebbero prima che la furia di Kynareth si
abbattesse su di loro, indifferente a chi fossero, scuotendo case e
cominciando
ad uccidere ogni cosa, senza risparmiare la più misera forma di vita.
In quel
momento, anche Auri El distolse lo sguardo da Alinor.
Il primo fulmine
cadde su Naarifin e,
per la seconda volta nella sua vita, per l'elfo venne il buio. |