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Autore: Hi Fis    09/11/2014    1 recensioni
Cronaca della fine della Seconda Guerra Elfica, così come io l'ho immaginata. Ambientata dopo gli eventi di Skyrim, con la vittoria dell'impero sui Manto della Tempesta, è legata alle mie storie precedenti sul Sangue di Drago, specialmente Le Tre Spade e Tabula Rasa, che contengono elementi necessari per comprendere a fondo questa raccolta.
Genere: Avventura, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dovahkiin
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Come avevo promesso, da questo capitolo in poi cercherò di descrivere perchè rapire la figlia del Sangue di Drago sia stata una pessima idea da parte degli Altmer.
Due piccoli particolari che spero vi piacciano: a Rorikstead è possibile incontrare Sissel, che riferisce di come abbia sognato di un grande drago che non le sembrava cattivo come gli altri... predestinazione all'opera? Chissà.
Inoltre in tutto il lore di "The Elder Scroll", viene menzionato un altro drago rosso oltre ad Odahviing: Nafaalilargus, il cui nome però non ha alcun significato in lingua dovah e che quindi ho lievemente cambiato per dargli più senso (come se fosse il primo retcon della storia. xD). Per il resto, buona lettura e spero vi piaccia (Ogni recensione è ben accetta.)




La Via della Voce risiede in due parole: Lok Thu'um. Perché un joor, un mortale, possa usare le rotmulaag, le parole del potere, egli deve accoglierne il significato nella propria anima: solo uno spirito indomabile, o un Dovahkiin, riesce a non esserne corrotto. A tutti gli altri, sulla cima di questa mia strunmah, io insegno il come.

La Via della Voce- Sissel di Rorikstead.
 
I draghi non calarono sulla città di Alinor: le sentinelle sulle mura e i Volanti appostati sulle torri li videro planare invece davanti alle sue porte, alla distanza di due tiri di freccia.
Due grandi draghi rossi, che più di tutti gli altri erano vicini al Sangue di Drago e alla sua famiglia, e perfino gli Altmer conoscevano i loro nomi: Odahviing, il drago di Skyrim che aveva servito Alduin prima di giurare fedeltà al Dovahkiin, e Nahfaasaar, il drago mercenario, che si diceva avesse prestato le sue ali a Tiber Septim in persona, e che era stato riportato in questo mondo dal Sangue di Drago per servirlo.

BO GUT

Non fu un Urlo che riverberò sulla piana fino alle mura di Alinor, ma un ordine, e gli Altmer osservarono i due draghi aprire di nuovo le grandi ali di cuoio e spiccare il volo, dirigendosi verso est, divorando il vento come se li inseguisse una tempesta. Per natura, i Draghi non temono nulla, e tuttavia...

Dove Odahviing e Nahfaasaar si erano posati solo per un momento, erano rimaste tre figure: anche dalle mura, le loro armature grigie, come di fumo vetrificato, tradivano le loro identità.
"Vostra eccellenza, quali ordini dalla Regina?" chiese il capitano dei soldati a lord Naarifin, quando Quattro lo posò sul bastione delle mura: i volti delle guardie Altmer erano tesi, ma fiduciosi ora che il cancelliere supremo era fra loro.
"Sua maestà ha lasciato a me il comando capitano. Diffondete la notizia che le vostre truppe prenderanno ordini dai miei Thalmor da questo momento in poi: non ammetterò errori."
"Certamente vostra eccellenza. Le mie truppe sono a vostra disposizione."
"Eccellente, capitano. Avrei preferito affiancarvi Zenosha, ma i suoi compiti la trattengono: non deludetemi, e la vostra ricompensa sarà enorme."
Il capitano delle guardie di Alinor sorrise, mentre la cupidigia gli riempiva gli occhi: dopo un profondo inchino al cancelliere, l'elfo si affrettò a dare ordini alle truppe, preparando gli Altmer alla battaglia.
Liberatosi in quel modo della sua presenza, Naarifin appoggiò le mani sulle mura, osservando coloro che così tanta strada aveva fatto per giungere fino a lui: Alinor era davvero lontana dall'impero.
"Quattro? Va ad accoglierli." ordinò Naarifin: meglio che fosse un Volante ad avvicinarli per primo.
La creatura aprì le ali con un ghignò famelico e si lanciò nell'aria, planando fino a posarsi nella terra di nessuno fra Alinor e il Sangue di Drago.
"E dunque, così comincia." si disse Naarifin: sotto di lui, schierati sulle mura, arcieri Altmer incoccarono le loro frecce, mentre stregoni Thalmor raccolsero la forza degli elementi nelle loro mani.
Fu del Sangue di Drago, la prima mossa:

VEN MUL RIIK

L'Urlo riverberò fino a Naarfin come un tuono cupo, portando con se la forza del vento. L'odore di pioggia riempì l'aria e la natura di quelle tre parole fu subito chiara: nebbia, troppo rapida e fitta per appartenere alle isole di Summerset, o a Tamriel, si condensò attorno alla città, crescendo e correndo in lingue e spirali, stringendosi attorno alle sue mura, densa più della spuma del mare: il territorio attorno ad Alinor, la pianura fertile e perfino le montagne in lontananza erano ora diventate invisibili.

Perfino le onde del mare alle spalle della città, erano state nascoste.
Naarifin sorrise dietro la sua maschera: Alinor sembrava galleggiare nella nebbia, come unico luogo del creato su cui splendesse ancora il sole. Come sempre la voce dei draghi era ineluttabile, e tuttavia quella nebbia magica non riusciva ad avvicinarsi alle mura incantate di pietra di luna della città: gli incantesimi dei Thalmor respingevano ogni magia e dunque la bruma poté solo scorrere, accumulandosi come l'acqua contro le pareti di una diga, salendo lentamente di livello.
"Solo un trucco." si fece sentire la voce del capitano delle guardie, tranquillizzando i suoi uomini. Sì, solo un trucco, ma assai d'effetto:
"Guardate!" urlò uno dei soldati.
Le volute di nebbia di fronte alle porte della città cominciarono a turbinare, diventando quasi solide, assumendo forme, ma non sostanza: anche a lord Naarfin occorse un momento per capire di cosa si trattasse.
Quando fu pronto, l'avatar di nebbia di Brelyna Maryon, della casata di Telvanni, moglie dell'ultimo Sangue di Drago e madre di sua figlia, si alzò in piedi di fronte alle porte di Alinor. La figura di bruma della strega era abbastanza alta da superare con la testa l'orlo delle mura della città e lord Naarifin ammirò sinceramente il controllo e la delicatezza di quell'incantesimo, e la squisita precisione con cui i lineamenti dell'elfa scura erano stati scolpiti nella nebbia: grigio, su di un grigio ancor più assoluto.
Quando gli occhi di quell'avatar si fissarono su di lui, il cancelliere supremo vide che contenevano la luce dei fulmini:
"Lord Naarifin: mi aspettavo foste più alto." disse la nebbia con voce perfettamente chiara: l'elfo si sarebbe aspettato invece il cupo brontolio del tuono.
"E io, che sarebbe stato il Sangue di Drago a parlare con me." rispose lord Naarifin.
"...Temo che al momento il mio sposo non possa parlare in una lingua che capireste."
"E che ne è di Quattro? Credevo che il Sangue di Drago rispettasse la sacralità di un ambasciatore..."
La nebbia sembrò sorridergli, prima di risponderli:
"Parlate della vostra... creatura? In questa nebbia così fitta, temo possa essersi perduta." Fuori dalle porte di Alinor, la pioggia cominciò a cadere sulle terre di Summerset.
Era la prima volta da molto tempo che dietro la sua maschera di cristallo, il cancelliere supremo dei Thalmor non provava una simile gioia: poteva quasi percepire la furia impotente del Dovahkiin e di quella sgualdrina di sua moglie, mascherata dietro falsa cordialità. Quello era il posto che meglio si confaceva loro: strisciare di fronte a lui, umiliati ed impotenti. Tutti sapevano chi avesse vero potere in quel momento, ma quella furia non era ancora abbastanza per gli scopi di Lord Naarifin: ne serviva molta di più.
"Ovviamente. E ditemi strega, per quale motivo, voi e la vostra... pittoresca famiglia siete giunti ad Alinor, così lontani dalle forze dell'impero? Venite a porgere la vostra resa?"
"Veniamo a proporre uno scambio." fu la risposta.
"Uno scambio? È questo dunque il Sangue Di Drago e la sua famiglia? Mercanti? Usurai?..."

KOS NAHLOT, FAHLIIL

E per un momento, un istante che a tutti gli Altmer sulle mura sembrò dilatarsi all'infinito, suoni e voci morirono, perché così il Sangue di Drago aveva ordinato: fare silenzio. Non solo nella gola, ma anche nella mente: per un terribile momento, lord Naarifin dimenticò cosa volesse dire parlare con la bocca e ciò che significasse sentire con le orecchie.

Fu solo per un istante e solo perché non si trattava di un Urlo: altrimenti, forse, ogni elfo sarebbe stato reso sordo e muto.
"Veniamo a garantire per la città di Alinor, la sola vera roccaforte che ancora vi resta. Questa città, in cambio di nostra figlia, viva ed incolume. Che dite Lord Naarifin?"
Il vento soffiò contro le mura e in esso, il cancelliere supremo ritrovò la sua voce.
"...Un offerta molto allettante, strega. Ma, io ne ho una migliore e mi rivolgo alla disgustosa creatura che avete preso come marito: i vostri sortilegi non possono superare le mura di Alinor. La vostra furia è patetica ed impotente. Voi non avete niente: niente che possa convincermi a restituirvi ciò che vi ho tolto. Niente per forzarmi la mano, niente... che possa convincermi ad ascoltarvi ancora. Chinate il capo, come le bestie che siete e forse i miei Thalmor vi daranno la morte che meritate, assieme all'abominio che avete generato!"
L'avatar di nebbia di Brelyna Marion sembrò chinare il capo raccogliendo i propri pensieri e per un momento, la luce del fulmine nei suoi occhi si spense.
"...È un sollievo che siate così cieco, Lord Naarfin. Ad essere sincera, temevamo di dare fondo a ciò che ci avete fatto provare. Grazie, stupido Altmer, per averci liberato dal fardello noto come ragione. E ora..."
Nella nebbia dietro l'avatar di Brelyna, si aprì un occhio rosso: un cerchio di luce scarlatta. Un portale per oscure dimensioni.
"...Se non ricordo male, fu appropriandosi del merito di aver posto fine alla crisi dell'Oblivion, quando durante la terza era il mondo quasi cessò, che i Thalmor iniziarono la loro salita al potere. È appropriato dunque che sia l'Oblivion a segnare la vostra caduta..."
Perché le dimensioni oscure non sono uniformi nella sua struttura: dagli strati più vicini a questo mondo si possono trarre spiriti che la volontà mortale può soggiogare. Ma se ci si inoltra troppo a fondo, se si apre una finestra sui Veri Abissi, allora non saranno più piani d'ombra quelli che si troveranno, ma universi infernali di cui ogni demone è rovina.
 
***
 
"Un portale è stato aperto sul vostro reame, e tuttavia tu sola lo hai attraversato. Perché mai?"
Nascosto nella nebbia, un giovane uomo pose questa domanda al demone che aveva varcato il portale: femmineo, dalla carne color della notte e dai capelli tinti con la cenere delle ossa delle anime che aveva tormentato, mentre i tatuaggi scarlatti sul suo viso brillavano come il sangue anche nella nebbia. Il demone sorrise, di un sorriso sanguinario, e i suoi liquidi occhi fatti di oscurità si fissarono sul figlio adottivo del Sangue di Drago: un giovane uomo del Nord dai capelli neri e riccioluti, occhi verdi dallo sguardo sfrontato e senza paura, e sottili cicatrici sul bel volto che ancor di più gli avrebbero attirato il favore delle fanciulle nella sua terra natia.
"Aventus Arentino. Mi ricordo di te."
Il giovane scosse la testa, corrugando il viso.
"Preferisco essere chiamato Due Code, Khathutessa."
Il demone rise: un roco gorgoglio metallico di gola.
"Rammento ancora quando ho quasi banchettato col tuo cuore. Il sapore del tuo sangue allora... così dolce." rispose il demone, passandosi un artiglio corazzato sulla lingua e sulle labbra.
Due Code, figlio maggiore del Sangue di Drago, fissò con furia e orgoglio ferito il demone, ricordando l'umiliazione da cui aveva dovuto essere salvato:
 "Io sono più forte di allora."
Il demone lo annusò rumorosamente:
"...Sì, tu non odori più di debolezza... " concesse: "Tutt'altro: un giorno forse ti farò mio. Ma ora scostati mortale, perché possa inchinarmi alla mia signora."
Dopo un momento, il giovane le obbedì, permettendo a Khathutessa di inginocchiarsi di fronte a Brelyna Maryon, fino a strisciare la fronte nella terra.
A causa del patto che la strega aveva stretto coi grandi Principi dell'Oblivion, l'elfa aveva perso la capacità di evocarne le creature: i regni di fiamma e oscurità sfuggivano ora dal suo tocco, dalle sue mani che, come il suo corpo, recavano incise le rune dell'Oblivion tatuate a fuoco.
Era stata una grande rinuncia per lei, che però aveva compiuto senza rimpianti, per amore e per orgoglio.
Brelyna però non aveva saputo rinunciare del tutto alla sua arte, trovando così nuove strade: l'ultima Pietra del Sigillo ancora a Tamriel dai tempi della Crisi dell'Oblivion, il pernicioso artefatto che era stato il suo esame finale di evocazione al Collegio di Magia e Stregoneria di Winterhold tanti anni prima, costituiva ora la cima della sua staffa magica. Grazie a quella pietra, la strega poteva aprire un varco per ogni regno dell'Oblivion, ma spettava alle creature in esso se chinarsi al suo volere o meno. Khathutessa non aveva avuto scelta: il demone si era piegato alla strega dopo essere stato quasi distrutto per aver bramato un bambino che non le apparteneva e aver ucciso il precedente huscarlo di Brelyna.
Il patto era stato semplice: la sua vita in cambio della sua schiavitù. Per il demone, un buon patto in fondo:
"Mia Signora, l'Oblivion ribolle per la tua magia."
Non fu senza un piccolo sorriso sul volto tatuato che l'elfa scura accolse il gesto del demone:
"Khathutessa, Arciduca dell'Oblivion e Valkynaz dei Paria. Quanto tempo."
"Lord Dagon urla dalle Terre Morte per l'affronto che gli hai fatto: chiamare noi che non ci siamo mai piegati a lui invece che i suoi soldati."
"Disapprovi?"
"Il mio sangue canta di gioia!" ruggì il demone.
"Bene. Ho pensato di invitarti ad un massacro. Vedi la città di fronte a noi? Voglio che tu faccia degli abitanti in essa ciò che vuoi."
Il sorriso del demone femmina si aprì su una bocca piena di canini e Khathutessa ruggì qualcosa nella lingua dell'Oblivion, con parole che ferivano l'anima di chi le ascoltava: dal portale alle sue spalle, cominciò a riversarsi il suo Kin. Ottocento e ottantotto dremora, tutti carne nera, armature scarlatte, nere e oro di acciaio daedrico, Churl e Caitiff dalle lunghe mazze, Kynmarcher con scudo e spada, e infine Markynaz con lunghi spadoni di fuoco e nero acciaio: l'ultimo di essi portava con sé anche la spada di Khathutessa, che si affrettò a porgerle. Il demone femmineo la imbracciò con una sola mano, fendendo l'aria e facendo tintinnare gli anelli che ne ornavano la lama.
E poi i dremora cominciarono a cantare: ottocento ottantotto demoni alle porte di Alinor, inneggiando nella nebbia, mentre le loro spade fiammeggiavano di mille violente promesse:
"SANGUE PER IL SANGUE DI DRAGO! TESCHI PER IL SUO TRONO!" fu il grido nella lingua dell'Oblivion, ripetuto ancora e ancora, mentre le loro voci agghiaccianti riverberavano nella piana.
Poi l'ultimo Sangue di Drago avanzò verso le porte di Alinor, segnalando la carica con un Urlo.

MUL QAH DIIV

E la luce delle anime dei draghi lo avvolse come un armatura.

 
***
 
Sulle mura di Alinor, gli Altmer videro la luce del portale scomparire, l'occhio di fuoco chiudersi nella nebbia, per essere sostituito da fiamme più piccole ma impossibilmente numerose.
Poi arrivarono le urla, e sulle mura di Alinor, gli Altmer ebbero paura: l'Urlo li fece tremare, perché in mezzo alla piana, tra le lingue di fuoco, un drago risplendente era nato, guidando la carica dei demoni.
"FUOCO!" urlò il capitano delle guardie quando i nemici furono abbastanza vicini, e i Volanti spiegarono le ali, gli arcieri tesero i loro archi e gli stregoni Thalmor riversarono la furia degli elementi sulla pianura sottostante: frecce d'oro si inoltrarono nella nebbia, troppo numerose per poterle contare, mentre fulmini e palle di fuoco saturarono l'aria. I difensori di Alinor fecero del loro meglio, ma il loro meglio fu quasi nulla: degli ottocento ottantotto demoni, solo ventitre caddero sulla piana per colpa delle frecce e degli incantesimi degli Altmer, tornando all'Oblivion. Il resto, continuò ad avanzare dietro il Sangue di Drago, perché fu Karstaag a ricevere il resto degli attacchi e degli incantesimi al loro posto, scrollandoseli di dosso come acqua.
"Auri El. Cosa è mai..."
Il Sangue di Drago, senza sforzo, senza gesti magici e senza artefatti, aveva evocato dall'aria stessa il gigante di ghiaccio: una bestia alta come le porte della città, e che mai le isole di Summerset avevano visto. Il respiro degli Altmer si fece di ghiaccio mentre Kaarstag muggiva al cielo, levando su di loro quattro occhi malvagi, affossati nella sua pelliccia bianca come quella di un orso.
"Fermatelo!" ordinò il Cancelliere Supremo dal bastione: tremila fra Volanti e creature dell'Oblivion obbedirono a quell'ordine, una nera nuvola di artigli e bocche affamate che si tuffò sul gigante.
Perché Kaarstag non era un evocazione dell'Oblivion, ma una creatura di Tamriel fatta di sangue e carne, che il Sangue di Drago aveva chissà come materializzato: significava, che la magia delle mura di Alinor non lo avrebbe arrestato.
Nella schiera degli attaccanti, Due Code aprì la bocca ed urlò con quanto fiato aveva in gola:
"Ed il debole udrà il mio Thu'um e fuggirà da esso: FAAS RU MAAR!"
Creature che fino a quel giorno non avevano conosciuto il significato del terrore lo impararono per la prima volta in quell'Urlo: Faas Ru Maar, terrore irresistibile e paura e fuga. Lo stormo di creature non si arrestò semplicemente, ma colpì se stesso, mentre i più vicini al primogenito del Sangue di Drago travolgevano chi gli stava dietro, cercando di fuggire. Alcune fra quelle creature furono preda di un tale terrore, da uccidersi sbattendo contro le bianche mura di Alinor, che si macchiarono di scarlatto.
E anche Karstaag, il gigante di Solstheim il cui spirito era stato sconfitto e soggiogato dal Sangue di Drago tanti anni prima, venne colpito dall'urlo, e tutta la sua limitata intelligenza fu focalizzata nell'atto del fuggire. Neanche si accorse di aver divelto le porte della città, o di averne attraversato i bastioni portando il primo inverno delle isole di Summerset; così come non  si accorse di aver travolto case e schiacciato palazzi sotto la sua mole. Solo le mura del palazzo di cristallo lo fermarono, restituendogli un barlume di ragione: ma al quel punto, circondato com'era da elfi alti, Volanti e creature dell'Oblivion che riversavano su di lui sortilegi e frecce, non ebbe più importanza. Con un nuovo ruggito, Karstaag congelò l'aria stessa, evocando una tempesta di ghiaccio attorno a lui: coloro a cui non congelava il sangue immediatamente furono fatti a pezzi dalle macerie che presero a turbinare. Anche in quello stato, il potere del gigante, che era stato un tempo scelto come preda dal principe daedrico della caccia, non era diminuito.
 
Fu così che il Sangue di Drago entrò ad Alinor, circondato da demoni dell'Oblivion e ammantato dell'aspetto dei draghi: il primo Altmer che si parò sul suo cammino nemmeno si accorse di venire decapitato con un pugno.
Le guardie di Alinor non erano ancora pronte a cedere però: mille lance e frecce e artigli si avventarono su di lui, incontrando la luce d'oro che lo copriva, plasmata nella forma di un drago. Un'aura i cui occhi rossi fissarono Alinor senza che la città si riflettesse in essi.

YOL TOOR SHUL

Un sole si accese dentro le mura della città per quell'Urlo, spazzando la nebbia che aveva cominciato a riversarsi attraverso le sue porte: un inferno di fuoco che consumò fino alle ossa tutto ciò che toccò, perfino alcuni fra i Dremora che erano rimasti troppo vicini: solo Brelyna e Due Code vennero risparmiati dalle fiamme, grazie alle armature che portavano.

Ma la furia del Sangue di Drago non poteva essere spenta così facilmente: da tutti coloro che erano stati consumati dal fuoco, dalle loro ossa e dalla loro carne, sorsero fiamme come anguille, che si nutrirono della cenere. Erano serpenti di fiamma viva affamati di vita, che si dispersero in ogni direzione, appiccando fuoco a tutto ciò che toccavano, fossero case o armature.
Fu solo allora, dopo che gli effetti dell'Urlo di terrore erano svaniti dalle loro menti, che i sopravvissuti dello stormo degli Altmer tornarono indietro, creando una mischia sanguinosa in cui ogni lato mirava agli stregoni avversari, cercando di fermarli prima che sterminassero troppi dei loro: solo la superiorità numerica dei Thalmor permetteva loro di confrontarsi alla pari con i demoni.
"Con me!" ruggì il primogenito del Sangue di Drago, assaltando le mura, accompagnato da Markynaz e Churl, mirando a conquistare la cinta dei bastioni e far piovere magia e frecce sugli Altmer.
Elfi e creature caddero di fronte a loro, fulminate dalla magia o dalla spada, e i gradini si fecero viscidi col sangue dei loro nemici. Nonostante le sue mani fossero vuote, era il giovane uomo ad aprire la strada ai demoni: ogni elfo che si parasse di fronte a lui cadeva morto col sangue che gli sgorgava dal petto, senza che qualcuno riuscisse a fermarlo.
La sua ascesa si interruppe quasi sulla cima: sul più alto dei gradini, Lord Naarifin lo aspettava con le mani raccolte dietro la schiena.
"Non male ragazzo, ma è ancora troppo presto per..."
Una macchia rossa si aprì sulla spalla dell'elfo, e non fu sul suo collo, perché il cancelliere supremo si era spostato di mezzo passo: il Churl a fianco di Due Code divenne una statua di cristallo.
"Irrispettoso: non ti hanno insegnato a non interrompere gli anziani?"
"...E a non giocare con il cibo." rispose il giovane uomo.
"Immagino che le congratulazioni siano d'obbligo: è la prima volta da anni che qualcuno mi ferisce. Anche se la tecnica è grezza denota... inventiva: mischiare così le arti dell'illusione e le basi dell'evocazione..."
Dicendo questo, il cancelliere supremo chiuse il pugno sopra la spalla ferita, materializzando una daga fatta del fuoco dell'Oblivion: un'arma resa invisibile e creata al momento con la magia, in una tecnica assassina.
"...Potresti essere una cavia interessante, ma non sei alla mia altezza, ragazzo." continuò il cancelliere supremo, sfilandosi la daga dalla spalla e lasciando alla sua taumaturgia il compito di chiudergli la ferita: il pugnale di fiamma porpora si disperse in fumo dal suo pugno.
"In verità, speravo che potessi dirmi dove si trova mia sorella, pelle d'oro." rispose Due Code, provocando una risata nei demoni che aveva attorno.
"...Quanta devozione per le creature che ti hanno accolto. Mi chiedo se ti renda conto di quanto sia malriposta: perché essere fedeli a dei mostri disgustosi?"
Stanchi di aspettare, la squadra di demoni alle spalle di Due Code si lanciò sul Cancelliere: anche se colto di sorpresa, la prima fila dei Markynaz venne impalata su crudeli stalattiti di cristallo, che Naarifin usò anche per ripararsi dalle palle di fuoco dei Churl. Per buona misura, l'elfo saltò all'indietro, evitando le spade che trafissero il muro di cristallo cercando la sua carne: quei demoni che aveva ferito a morte erano già scomparsi, ma altri ne restavano e Naarfin dovette indietreggiare ancora, liberando spazio e permettendo ai demoni di riversarsi sulle mura, mentre i suoi soldati accorrevano in suo aiuto.
Il capitano delle Guardie di Alinor cadde in quell'assalto, dopo essere stato trafitto da tre spade diverse e decapitato. Le urla di gioia dei demoni e quelle di terrore degli elfi coprivano ogni cosa:
"Onorerò la mia signora DISTRUGGENDOTI!" gridavano i Markynaz mentre i Churl strangolavano gli Altmer, aggiungendo teste ai loro trofei.
Eppure, oltre le grida, Naarifin udì Due Code:
"La prima cosa che hai detto è quella giusta..." gli disse, materializzando un arco con la fiamma dell'Oblivion e indirizzando verso Naarifin una pioggia di frecce. L'elfo costruì una spada di cristallo in un istante, una larga lama con un solo filo, ricevendo le frecce di Due Code su di essa.
"Noi siamo mostri. E sensibili agli insulti..." mentre lo diceva, il giovane trasformò l'arco in due corte spade e si avventò sull'elfo, facendo cozzare le lame di fiamma con quelle di cristallo: "Specie se vengono da esseri meschini."
"Mi sembrava di avertelo detto: non sei un avversario alla mia altezza!" con la mano libera, Naarifin spaccò il naso del primogenito del Sangue di Drago, tentando di cavargli gli occhi e costringendolo a indietreggiare.
Il cancelliere supremo osservò con un lieve stupore il sorriso sul volto del giovane uomo:
"Ah! Finalmente un elfo che sa combattere. Badate al resto della feccia, lui è MIO." ruggì ai demoni occupati a fendere carne e corazze, che con una risata fecero spazio attorno a lui e Naarifin straziando coloro che ancora restavano sulle mura e indirizzando le loro frecce e sortilegi sulla mischia sottostante.
"E il mio Thu'um mi lancerà con la forza della tempesta: WULD NAH KEST."
Lord Naarifin si accorse di aver perso un braccio solo dopo che le spade di Due Code gli aveva attraversato la schiena. Due attacchi simultanei che all'elfo parvero uno solo.
"...Debole, alla fine. Come il resto della feccia." gli sussurrò Due Code nell'orecchio.
"AAARGH!" ruggì l'elfo e il giovane uomo dovette abbandonare le spade dentro Naarifin, mentre un muro di cristallo circondava il cancelliere. Due Code non era stato abbastanza veloce: un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca, dato che l'incantesimo di Naarifin gli aveva rotto una costola. Quando il muro di cristallo di abbassò, Naarifin aveva di nuovo il suo braccio attaccato e le spade nel suo petto erano scomparse.
"Continui a sorprendermi con la tua inventiva ragazzo, nonostante la banalità delle tue tecniche. Ma sei davvero lento di comprendonio: tu non sei alla mia altezza."
"Peccato. Mi diverte lottare con te vecchio, ma se dovessimo continuare rischierei di ucciderti..."
"Che sciocchezza."
"...Come hai detto elfo, io sono stato salvato e accolto da mio padre e da mia madre. Ma perché trovi così strana la mia devozione filiale, quando mi hanno dato così tanto? Dove ero debole e spaurito, loro mi hanno dato tutto: la magia di mia madre e la forza di mio padre."
"E tuttavia, loro rimangono mostri!"
"...E di cui condivido letteralmente il sangue: non si dice forse tale il padre così il figlio?" chiese all'elfo.
E poi Due Code esplose: il suo magro corpo di uomo si ricoprì di pelliccia nera, mentre zanne e artigli in grado di fendere qualunque cosa prendevano il posto di denti e unghie. La sua corazza mutò e si deformò, per far posto alla crescita del suo corpo, e in pochi istanti Lord Naarfin si trovò a fissare occhi verdi in un muso di licantropo, coperto da una corazza magica:
"WOOF!" lo schernì Due Code.
"Disgustoso." sibilò l'elfo: l'incantesimo aveva appena lasciato le sue dita però, che il licantropo lo afferrò per una gamba, facendolo roteare sopra di sé come una mazza. Due Code era irrealmente veloce in quella forma:
"Mio padre chiede di voi, Lord Naarifin!" ruggì Due Code, lanciandolo dalla mura come un giavellotto. I Churl e i Markynaz si assicurarono che nessun Volante interrompesse la sua caduta.
 
Il sacco d'ossa e carne che una volta era stato un elfo cadde, toccando terra con troppa violenza per lasciarlo incolume: la sua preziosa divisa da Thalmor e la sua gorgiera finirono in stracci mentre rotolava nella terra umida di sangue. E tuttavia, Lord Naarfin riuscì a rimettersi in ginocchio, tossendo mentre muscoli e ossa venivano rimessi assieme, e la carne si rimarginava.
"Che sfrontatezza." disse il cancelliere supremo non appena la sua bocca si ricompose dietro la maschera: quando alzò la testa, sopra di lui, il Sangue di Drago lo osservava nel mezzo della carneficina.
Naarifin non urlò quando il Dovahkiin lo afferrò per il collo e lo alzò da terra.
 
***
 
"...E dunque è questo che tiene aperto il portale da cui traggono le loro creature." disse Brelyna, lasciando cadere l'incantesimo d'illusione con cui aveva potuto allontanarsi indisturbata dalla battaglia. Le poche guardie rimaste non erano state un impedimento per la strega, che li aveva fulminati tutti prima ancora che si accorgessero di lei.
"È più sofisticato di quanto mi aspettassi: deve essergli costato molto tempo per realizzarlo. E tuttavia..."
La staffa con cui aveva aperto il portale fuori Alinor le riposava sulla schiena, perché Brelyna brandiva Kren Lah, la spada creata da suo marito col legno del Verdorato, e capace di distruggere qualunque forma di magia.
L'altare su cui il portale dei Thalmor era stato costruito, una complicata scultura di falci dorate, si tramutò in sabbia sotto il tocco della spada di legno. Il portale cambiò colore, passando da un blu profondo ad un porpora livido, ma non sembrò deciso a chiudersi. Tuttavia, le creature al servizio dei Thalmor, che ancora restavano in città, scomparvero nel nulla come se non fossero mai esistite.
"Strano. Sembra che qualcosa stia forzando aperto il portale..." borbottò Brelyna.
"Strano? Io direi folle!" disse un'allegra voce dietro di lei.
L'elfa non ebbe bisogno di voltarsi per sapere di chi si trattava: occhi da falco in un volto anziano, ma giubilante, con la più strana delle vesti divisa in due colori, porpora e arancio. Il fatto che quell'entità galleggiasse a mezz'aria posando solo il suo bastone da passeggio a terra non stupì più di tanto Brelyna: gli aveva visto fare cose anche più strane.
"Ho visto cose assai più folli." gli ricordò.
"Anche tu? Come un pomodoro parlante e una volpe mangiare del formaggio? Se ti chiedi cosa ci sia di così folle e perché non hai visto il formaggio! Era smisurato! E aveva delle zanne! Bei tempi..."
"Per quale ragione vi trovate qui? Credevo che voi Principi non poteste manifestarvi a Tamriel." lo interruppe educatamente la dunmer.
"Mia cara, cara Brelyna: tra voi due, sei sempre stata la mia preferita. Altrettanto astuta, ma meno distruttiva. Tu sai già perché mi trovo qui, non è vero? Solo che ancora non lo sai..."
Il principe indicò il portale col bastone, facendo cenno all'elfa di precederlo:
"Vogliamo andare? Sembra che stia per piovere e Haskill avrà già preparato the e tartine."
Brelyna dovette pensarci un momento, ma poi, contro ogni buon senso, l'elfa varcò il portale per prima: le rune tatuate sulla sua pelle rifulsero mentre varcava quella soglia, e il principe daedrico la seguì fischiettando un allegro motivetto, chiudendo il portale dietro di se.
 
***

GOL HAH
Ogni osso del corpo di Naarifin si incrinò di nuovo, mentre quell'Urlo lo scuoteva: da quella distanza, tenuto per la gola dal Sangue di Drago, fu come essere percosso da un maglio.
La sua mente invece, si fece impossibilmente vuota e leggera, mentre dolori che pensava di avere cancellato dalla sua anima, la disperazione e la perdita, furono lavati via da quelle parole: fu il ritorno all'età dell'innocenza, dove ogni cosa non può farti del male.
Nemmeno sentì quando il Sangue di Drago lo lasciò andare, facendolo cadere sulle ginocchia.
"Kaan?"
E Naarifin rispose, perché la creatura che aveva davanti era superba e perché per lui avrebbe fatto qualunque cosa in quel momento:
"Nella torre più alta del Palazzo di Cristallo. Guardata a vista da Zenosha... che strano, perché avrei dovuto dare ordine di ucciderla se le porte di Alinor fossero cadute? Non ricordo... tutto mi sembra così... irreale?"
Il Sangue di Drago non rispose sentendo la risposta del Lord Cancelliere: l'elfo era nel fango, mentre la pioggia cadeva su di lui, lasciando che lavasse via la melma e il sangue dalla sua maschera di cristallo. Quando il Dovahkiin alzò lo sguardo per osservare il cielo sopra di loro, ormai offuscato quasi del tutto dalla nebbia, Naarifin non poté fare a meno di trovarlo nobile e bello.
Sulle mura di Alinor invece, Due Code, ancora nella sua forma di lupo, si affrettò ad ordinare ai demoni di salire al sicuro, dove la magia dei Thalmor li avrebbe forse protetti.
"Noi non possiamo morire, mortale!" lo schernì uno dei Churl.
"Ciò che sta per arrivare, può uccidere la morte stessa." ringhiò Due Code.
Lo disse con un tono tale, che perfino Khathutessa corse sulle mura:
"Ti preferisco ora, mortale. Così forte... anche se eri così delizioso quella volta." gli disse.
"Taci demone. E lascia che io ammiri per la prima volta la furia della Voce dei Draghi liberata da ogni vincolo."
Quando Khathutessa si strinse a lui tuttavia, il Licantropo non si scostò da lei.
Mai prima di allora il Sangue di Drago aveva usato quell'Urlo completo: nemmeno contro Alduin aveva osato richiamare la cieca furia della tempesta, e anche quando aveva espugnato da solo Skuldafn, anche allora si era limitato ad una parte dell'Urlo, solo due parole. Perché quell'Urlo in particolare era fatto per distruggere città e per soggiogare con la paura che esso causava.
Cosa sarebbe potuto accadere ad Alinor, ora che il cuore del Sangue di Drago era pieno di rabbia insensata e vestiva le anime dei draghi che aveva ucciso, che lo avvolgevano e amplificavano il suo potere?
 
STRUN BAH QO
 
Quelle parole furono vento, che scoperchiò i tetti delle case più vicine, e furono il cielo sopra Alinor, che si fece nero di nubi di tempesta, e furono il ciclone che risucchiò la nebbia nelle strade di Alinor, nascondendo alla città il cielo. L'urlo del tuono fu il solo preavviso che i suoi abitanti ebbero prima che la furia di Kynareth si abbattesse su di loro, indifferente a chi fossero, scuotendo case e cominciando ad uccidere ogni cosa, senza risparmiare la più misera forma di vita. In quel momento, anche Auri El distolse lo sguardo da Alinor.
Il primo fulmine cadde su Naarifin e, per la seconda volta nella sua vita, per l'elfo venne il buio.
  
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