Prima della fine della pausa-pranzo, Evelyn e le altre
ragazze furono distratte da una scena inusuale, che ebbe luogo nel cortile dell’azienda. Saltellando e
allungando il collo, per vedere al di sopra delle teste degli impiegati alti,
seguirono con interesse il duello fra il caposettore, che brandiva un righello
di legno con aria minacciosa, e l’amante della moglie, un geometra che roteava
un filo a piombo come una mazza chiodata, e teneva a distanza l’avversario col
cavalletto dello squadro agrimensore.
Si giravano attorno come motociclisti nel cerchio della
morte, e una piccola folla di ragionieri faceva il tifo per l’uno o per
l’altro.
Furono dispersi dall’arrivo del dirigente – quello che non
era stato cacciato – e lo spettacolo terminò bruscamente, ma Evelyn sentì i due
si giurarono vendetta eterna, prima di tornare al lavoro.
Durante il pomeriggio, a Evelyn andò un po’ meglio.
Per lo meno, non ci furono altri matrimoni distrutti dal suo
intervento, e nessun altro minacciò di buttarsi dal cornicione se non lo
avessero riassunto.
Quel pomeriggio, Evelyn riuscì anche a stabilire un contatto
con Chatty Cathy.
Durante un breve intervallo senza telefonate, Evelyn sfilò
di nascosto un involto dalla borsa che teneva sotto la sedia e lo aprì.
Dentro al cartoccio aveva messo un piattino da dolci con una
fetta di pudding.
Nel pudding era immerso un cucchiaino da tè.
La carta da cucina si era attaccata allo strato superiore di
budino.
Evelyn staccò con cura i pezzettini di carta dal dolce, poi
principiò a mettersene in bocca grandi quantitativi.
Il cucchiaino, come le formiche, reggeva fino a dieci volte
il suo peso, col budino che ondeggiava pericolosamente fuori dai bordi
arrotondati.
Nell’atto di infilare un boccone particolarmente imponente
in bocca, Evelyn scorse qualcosa con la coda dell’occhio.
La ragazza accanto a lei la stava guardando in modo strano.
Anzi. La stava guardando in modo molto strano.
Evelyn si chiese vagamente se nei piccoli paesi il
cannibalismo fosse ancora praticato.
Girò lentissimamente la testa verso di lei, senza osare
masticare il boccone di dolce, il cucchiaio a mezz’aria.
Si fissarono per una manciata di secondi; il tempo pareva
congelato intorno a loro.
Il silenzio era tale che Evelyn poteva sentire i peli
crescerle sotto le ascelle.
“Ne ‘uoi un ‘ho?”, disse, infine.
Deglutì rumorosamente.
Hmmm. Uvetta.
Era terrorizzata.
Fissò la collega con lo sguardo della lepre presa al laccio
che sente arrivare il bracconiere.
Improvvisamente, inaspettatamente, la faccia arcigna di
Cathy si distese in un fanciullesco sorriso. Sulle guance le comparvero due
buffe fossette, e mise in mostra un grazioso spazio fra gli incisivi, che le
dava un’aria simpatica.
Anche Evelyn aveva uno spazio fra gli incisivi, ma a lei
dava più un’aria da scoiattolo. Però riusciva ad aprire le noci con i denti.
“Oh, ti ringrazio, cara, come sei gentile!”, disse la
ragazza, in un’amabile voce di contralto.
Evelyn ne fu grandemente stupita. Per riaversi, leccò il
cucchiaino.
Cathy intanto continuava. “Io adoro il pudding fatto in
casa, ne mangerei a tonnellate, ma non lo preparo mai perché sai, il mio
fidanzato non sopporta i canditi, e io non voglio mangiare qualcosa che lui non
può mangiare, anche se in realtà è lui che non lo vuole mangiare, perché
insomma, anche a me non piace molto il roastbeef, però quando lo cucino
per lui lo assaggio, anche se non mi piace, e se solo lui…”
Evelyn la guardava a occhi sbarrati, il cucchiaio
dimenticato in bocca. Che non le dava un’aria intelligente.
Cathy si interruppe, imbarazzata. Diventò color geranio
imperiale.
“Oh, scusa, davvero, perdonami, lo so, parlo troppo, non so
che farci, cioè, lo so, devo stare zitta, come ho fatto stamattina, quando mi
hai salutato, però non mi piace non rispondere alle persone quando mi rivolgono
la parola, non è gentile, cioè, mi fa sembrare scontrosa…” prese fiato “…e io
non sono affatto scontrosa, anzi, sono una persona socievole, almeno credo di
essere socievole, di solito lo sono, ma non quando sono in mezzo a gente che
non conosco, allora divento timida, cioè, più timida di quanto io sia di solito, non che di solito lo sia, insomma, quel che intendo dire è che in compagnia in effetti sono un po’ più timida, ma non timida-timida, solo un po', e - cosa stavo dicendo? Ah, sì, che di solito non sono una persona timida,
anzi, io --”
Si interruppe di nuovo. Fissò Evelyn. Con movimento
meccanico, prese il piattino dalle sue mani.
“Grazie, lo prendo volentieri.”, disse, rigida.
Si voltò di nuovo e cominciò a mangiare il pudding, lo
sguardo fisso davanti a sè.
Evelyn rimase un attimo paralizzata, poi si voltò di nuovo
verso il suo pannello.
Che giornata intensa.
Certo che la gente, ad Ashford, proprio normale non era.
Ringrazio immensamente: