CAPITOLO 1: LA FINE DEI GIOCHI
Era tutto finito. La guerra.. ma anche la vita.
Niente sarebbe stato più come prima. E benché molte cose sarebbero
migliorate, non avremmo mai smesso di rimpiangere ciò che era stato. Adesso,
sulle macerie del vecchio mondo, cercavamo di ricostruirne uno nuovo. A partire
da quella che era stata la nostra casa, Hogwarts. Le sue mura ci avevano visto
combattere per il mondo magico, e salvarlo. Ma avevano anche seguito la nostra
crescita, tra balli, interrogazioni e primi baci. Adesso, vedendo le mura
distrutte, la polvere, il sangue, con ancora nelle orecchie le grida di quella
notte.. non posso trattenere le lacrime. Non ci provo nemmeno: copiose,
incessanti, mi solcano lentamente il viso. C’è odore di morte, nell’aria, odore
di ricordi.
"Hermione..?"
Finalmente mi volto. Lui è lì. Vorrebbe avvicinarsi, lo so. Vorrei anch’io
che mi stringesse forte, sussurrandomi che andrà tutto bene. Ma sappiamo
entrambi che sarebbe mentire.
Ron.
Vorrei poter pronunciare il suo nome, ma non ce la faccio. Sarebbe troppo
doloroso, ed è troppo presto. So che dovremo parlare, prima o poi. E vorrei
davvero farlo, ma non posso. Chiarire i nostri sentimenti.. vorrebbe dire
pensare al futuro. Un futuro concreto, che ora non esiste. Spazzato via insieme
a coloro che non torneranno mai più. Perché abbiamo vinto la guerra, è vero, ma
nessuno di noi si sente un vincitore. Vedo Harry che si avvicina a noi, gli
occhi velati e freddi. Vorrei dirgli che adesso ho capito. Che so come doveva
sentirsi, come si sente ancora adesso, quando tutti lo acclamano come un eroe.
Come se ogni fibra del corpo bruciasse di rabbia, e di un meschino orgoglio che
lentamente ti divora dall’interno. Volgiamo tutti lo sguardo nella stessa
direzione. Al centro del prato si sta svolgendo una cerimonia in ricordo di
coloro che sono caduti in questa guerra. La professoressa McGranitt scandisce i
loro nomi uno ad uno, facendo scorrere gli occhi su una lunga lista che tiene
tra le mani. Le tremano, ma questo è l’unico segno di cedimento che dimostra.
Non so come faccia. La invidio per la sua forza, per il suo autocontrollo, che
ho sempre cercato di imitare. Capisco di non esserci riuscita, mentre mi asciugo
distrattamente le ultime salate lacrime. Mentre la ascolto, mi guardo attorno,
facendo però in modo che lo sguardo non si posi su nessuno. Non voglio che
vengano qua a chiedermi come sto. Non voglio ingannarli dicendo che sto bene. Si
è rotto qualcosa, dentro di me.
Quando pensavo che Harry fosse morto.
Quando ho visto i cadaveri dei miei compagni.
Quando ho pensato che non avrei mai potuto dire a Ron quanto lo amo.
Seduti sulle sedie bianche ci sono i signori Weasley, ma non sembrano nemmeno
loro. Non c’è allegria sui loro volti, e sembra che non vi si possa posare più
un sorriso. Vicini ci sono i Lovegood, i Jordan, gli Abbott e la nonna di
Neville. Vicino al Platano Picchiatore, miracolosamente ancora in piedi, Hagrid
e Madame Maxime. E poi tanti, forse tutti gli studenti di Hogwarts. Più lontano,
seminascosti, vedo Draco e sua madre. Lucius è stato arrestato, non pensavo
sarebbero venuti. Sento qualcosa di strano, stupore, meraviglia forse. Ma dura
solo un attimo. Il mio corpo si rifiuta di provare qualsiasi cosa. La
professoressa smette di leggere, e invita chiunque voglia parlare a salire sul
palco di legno. Nessuno si muove. Sembra che perfino l’aria si sia fermata. E
poi, vedo Harry avvicinarsi alle scale, e raggiungere il palco. È per questo che
è sempre stato un eroe. Non perché abbia vinto Voldemort ogni volta che lo ha
incontrato. Ma perché ha sempre trovato il coraggio di battersi.
"Remus Lupin era uno dei migliori amici di mio padre. L’ho conosciuto,
rispettato e amato anche prima di sapere questo. Era un lupo mannaro. Già..
questo era il suo segreto. Il suo.. piccolo problema peloso – il
suo volto si piegò spontaneamente in
un sorriso mentre lo disse- Per questo suo
male, credeva di dover restare solo tutta la vita, ma alla fine aveva permesso
che qualcuno lo amasse. Tonks.. bè. Anche lei era speciale. Sapeva far ridere, e
c’era riuscita anche con lui. Voldemort.. ha spezzato le loro vite. È riuscito a
distruggere un amore che non sarebbe cessato se non con la morte, proprio come
già aveva fatto con i miei genitori. Vi chiedo solo una cosa. Di non aver più
paura di pronunciare il suo nome. Voldemort era più forte quando la paura era
maggiore. Non rifate lo stesso errore. Smettete di aver paura, chiamate le cose
col loro nome, non arrendetevi mai più al vostro nemico. Remus e Tonks hanno
combattuto per dare un mondo migliore al loro figlio, senza temere le
conseguenze, e io li ammirerò sempre per questo"
Quando la sua voce si spense si sentirono mormorii confusi e sussurri. Ron
osservava la sua famiglia. Ognuno di loro pensava di doversi alzare, per
raccontare qualcosa di Fred, ma nessuno trovava la forza di farlo. Il dolore era
ancora troppo. Proprio mentre la sedia di George si spostava vidi Ron
attraversare lo spazio che lo separava dal palco. Non pensavo che l’avrebbe
fatto.. pensavo che si vergognasse a parlare di fronte a tutti, ma sbagliavo.
Era cresciuto. Si poteva notare anche dal volto, se lo si osservava
attentamente. Era più duro, più scuro. Non aveva niente della sua infantile
serenità. Solo gli occhi si erano salvati, ancora azzurri e innocenti, come se
il sangue non li avesse macchiati.
"Non sono qui per raccontare che mio fratello era un santo.. perché non lo
era. Lui.. era un uragano. I suoi scherzi hanno sempre creato più confusione che
altro, sia in casa che fuori. Non ha mai preso qualcosa sul serio.. neanche la
vita. Ma Fred era così, libero, felice, nel suo mondo di sogni e fuochi
d’artificio. Voleva aprire un negozio di scherzi, un posto dove poter unire il
cervello, che a scuola usava poco, e il cuore. E ce l’aveva fatta. Adesso.. non
so che fine farà il negozio senza di lui. Ma so che fino a che starà in piedi,
fino a che la gente avrà voglia di ridere, Fred non morirà mai del tutto.
"