Tre sono le vie per
corteggiare la morte nelle locande
di Skyrim: chiamare vile un Nord, dubitare che l'idromele sia una
bevanda degna
degli dei e insultare l'onore del Sangue di Drago o della sua famiglia.
Guida
Tascabile all'Impero, quinta edizione.
"Le nere
ali di Alduin oscurarono il cielo..." cominciò la
strofa, ma una voce cavernosa e sibilante interruppe immediatamente la
giovane
Guardia Nera e il suo liuto:
"Per le ombre sotto
le fronde,
canta qualcosa d'altro Erik: quella la sappiamo tutti a memoria."
Difficile dire di no
a Ombra Chiara,
un Naga, e quindi un Argoniano alto
quasi tre metri, con un impressionante cappuccio di pelle tra le spalle
e la
testa. Per quanto un piccolo gigante, Ombra Chiara ricorda più i
serpenti che i
coccodrilli, di cui condivide diverse similitudini, come il morso molto
velenoso. Non è un caso che in quei dieci anni di guerra, Ombra Chiara
sia
stato l'unico ad non aver mai
imbracciato le armi in battaglia, limitandosi alla sola forza bruta:
anche
rimanendo seduto sul ponte della nave, era più alto di ogni altro suo
commilitone. Senza la sua nera armatura addosso, le sue scaglie pallide
riflettevano la luce del sole come un caleidoscopio. Era per le sue
proporzioni
terribili che il resto delle Guardie Nere lo aveva soprannominato "Il
grosso della truppa", anche se forse il suo comandante, Do'Zahana, lo
trovava piuttosto il perfetto scaldino su cui addormentarsi. La Khajiit
gli si
era addormentata di nuovo fra le gambe incrociate.
Con il suo lituo in
mano, Erik
l'Uccisore sorrise sotto la sua corta barba bionda, pizzicando le corde
e dando
vita ad nuova canzone, un motivetto d'osteria, con cui poteva quasi
dire di
essere cresciuto nel suo villaggio natio. Sulle parole, l'uomo del Nord
improvvisò la melodia, cantando le strofe come se la sua vita
dipendesse da
quello:
"C'era
una volta un eroe chiamato Ragnar il rosso,
che venne
a Whiterun cavalcando a più non posso.
Entrò
tracotante brandendo la lama,
urlando
spavaldo di gloria e di fama..."
il resto delle
guardie nere, da Beor
alla barra del timone, con la lunga barba nera al vento, alla vedetta
in cima
sull'albero maestro, si unirono al coro:
"Ma poi
tutt'un tratto il suo tono scemò,
quando di
Matilda lo sguardo incontròòò...
Siam
stanchi di udire siffatte menzogne,
orsù
diamo un limite a queste vergogne!"
E venne
lo scontro e l'affondo di spada
Che
infranse del rosso i sogni di brama...
E dello
spaccone la sorte è segnataaa!
Di lui ci
rimane una testa mozzata!"
Le Guardie Nere
finirono la canzone con
un ululato che avrebbe tenuto lontano qualsiasi pirata, ridendo e
scambiando
luride battute. La loro mente sapeva che la guerra era finita, ma il
loro cuore
aveva ancora bisogno di accettarlo. Non erano gli unici a bordo: da
quando
avevano preso il mare, la polena della nave era sempre stata rivolta ad
est, solcando
le onde e infrangendo la spuma.
Erano da diversi
giorni che
viaggiavano, ma erano ancora lontani dai freddi venti e dal ghiaccio
del mare
del nord.
Tutte le Guardie Nere
non vedevano
l'ora di arrivare: ci sarebbe stato tempo sulla terraferma di ricordare
coloro
che non ce l'avevano fatta, ma potevano aspettare ancora un poco. Le
onde, il
vento e il cielo erano troppo luminosi, e loro si sentivano troppo vivi
per
poter essere già tristi.
Solo uno dei
passeggeri rimaneva in
disparte da tutti loro, guardando la scia della nave che si allungava
fino
all'orizzonte: il suo cappuccio di lana nascondeva appena il suo unico
occhio
triste.
"Una pinta per i tuoi
pensieri,
Shasara." le disse Lyda, appoggiandosi di schiena al parapetto della
nave.
"È in ritardo." disse
semplicemente l'elfa.
"...Due settimane
sulle onde è
già ti sei stancata della nostra compagnia? È per questo che passi così
tanto
tempo chiusa nella tua cabina?"
"Mi preoccupo. E non
mi sento a
mio agio sotto il sole."
"Preoccuparsi per il
mio thane è
lo stesso che preoccuparsi per le montagne: dolce, in un certo qual
modo, ma
inutile. Sarà rimasto a consigliare Attrebus su cosa fare, e su come
aiutare i
veri Altmer a risollevarsi dal dominio Thalmor. E poi un giorno, senza
preavviso, la sua ombra ci volerà sopra, per aspettarci a Skyrim. E
quando
arriveremo, si lamenterà del nostro ritardo." disse Lydia con un
sorriso,
osservando l'orizzonte a sua volta.
"...Sembri conoscerlo
molto
bene. Ovvio in fondo."
"Non come pensi,
Shasara. Il mio
thane disprezza coloro che vogliono essere suoi schiavi, ma onora
coloro che
gli sono amici: i veri compagni sono preziosi per lui. E io, e alcuni
di noi,
lo siamo stati. Per molti anni."
"E tuttavia ancora lo
chiami
ancora mio thane..."
"Perché ho giurato di
condividere il suo destino Shesara, molto prima che accettasse lui
stesso di
essere il Sangue di Drago. I Nord hanno una sola parola." rispose
Lydia:
"....Anche se non è stato facile all'inizio comprendere le sue
stranezze." aggiunse con un sorriso.
"Perché è un
Argoniano?"
"No. Non solo. È
stato più
difficile accettare che nulla di ciò che fa è per caso. Il suo stesso
nome, e
quello di suo figlio, nascondono segrete profondità: perditi,
e solo la tua coda saprà indicarti da dove sei venuto. Un
proverbio della palude nera, e che spiega i loro nomi."
"... Due Code, per
aver vissuto
due volte. Ma Coda Spezzata?"
"Per non aver mai
conosciuto la
propria origine. Il mio thane è stato cresciuto da una Lamia, nella
profondità
della palude nera, poiché fu una di quelle creature a trovare il suo
uovo alla
deriva sul fiume."
"...Vi state burlando
di
me."
"Potete chiederglielo
voi
stessa. Ma anch'io ebbi una reazione simile alla vostra, quando mi
venne
raccontata quella storia... mmhh... sono passati così tanti anni. Fu
durante la
prima notte in cui divenni suo huscarlo. Ah! Ero così giovane e
ignorante."
"Difficile
crederlo..."
disse Shasara, osservando la donna nella sua incompleta armatura
grigia: Lydia
lasciava che il vento le accarezzasse i capelli e le braccia.
"Eppure lo sono
stata. E il mio
thane lo sapeva, perché mi condusse nella piazza principale di Whiterun
quella
notte, sotto il grande albero sacro a Kyne, e mi disse che non si era
mai
spiegato a nessuno, perché non aveva mai avuto nessuno su cui contare.
E mi raccontò
di sé: la notte più lunga della mia vita. Una storia che ogni Guardia
Nera
conosce."
"...Sarebbe
inopportuno
chiedervi di raccontarla anche a me?"
E Lydia raccontò
anche a lei la
storia che aveva serbato nel cuore per tutti quegli anni: quando finì,
le lune
erano già alte nel cielo, ma Shesara aveva smesso di guardare a est,
rivolgendo
il suo sguardo finalmente verso il futuro che l'aspettava.
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