rimembri ancora
R i m e m b r i a n c o r a
L'avevano legata alla testata del letto con una corda spessa.
Le avevano divaricato le gambe, in modo da poterle a loro volta incatenare ai robusti portanti, di legno, del baldacchino.
Lei si dimenava, scalciava, guaendo come una bestia ferita.
Oh Dignità cancellata dal certo cauto raziocinio umano, certamente superiore, certamente in grado di decidere per la vita e per la morte dei suoi simili, quasi fosse stato Dio.
Dio..
Appena arrivato, non riuscì a oltrepassare la soglia della stanza.
Per un attimo, un capogiro lo travolse: si respirava un'aria stagnante, la finestra era ermeticamente chiusa affinchè lei non potesse scappare; fu costretto a portarsi un fazzoletto alla bocca e a distogliere vilmente lo sguardo.
Passata poi la crisi, si decise a entrare e con circospezione, ma non
minore intensità, si avvicinò a quell'orribile giaciglio.
La sua mano prematuramente incallita sfiorò lentamente, con
deferenza, quella pelle perfetta.
" Silvia..." riuscì ad articolare soltanto, non potendo fare a
meno che la sua voce si incrinasse in un sussulto spezzato.
In ritardo, come intontita, lei voltò il capo verso di lui; i
capelli neri come l'ebano le ricadevano lisci e setosi ai due lati del
viso, fino circa alle spalle; la veste che essi sfioravano con le punte
era bianca, immacolata; perchè lei, se non fosse stata quello
che era, sarebbe stata la perfezione.
Quella consapevolezza gli si strinse il cuore, e velò i suoi
occhi - si riflessero in quelli gialli e felini di lei, nel bianco
accecante dei canini appuntiti - di un pianto silenzioso, tremebondo,
come il vuoto.
...
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