Quel mondo era diverso da
tutti gli altri; non nel senso comune -è ovvio che siano
tutti diversi, diamine!-, ma c'era qualcosa nell'aria che fece capire
immediatamente a Kurogane che lì agivano forze al di
là della loro comprensione.
Aveva sentito la sabbia sotto i piedi, tra i vestiti, e lo sguardo era
spaziato lungo quel deserto immenso, quel placido ed enorme fiume che
lo attraversava al pari di una ferita; piccoli canneti attorno alla
riva, sprazzi di verde con vasti campi coltivati e, in lontananza, il
profilo giallastro di una città. Poi tutto era accaduto
troppo in fretta per i suoi gusti: capire per quale motivo fossero
finiti dentro quella città, precisamente dentro ad un
palazzo -reale, probabilmente, ma Kurogane non è mai stato
pratico di roba come questa- con addosso null'altro che un gonnellino
bianco, trapezoidale, di lino leggero e bracciali ai polsi era davvero arduo.
Sakura si era immediatamente trovata bene con la giovane principessa di
quel mondo. Non avrebbe mai finito di stupirlo la facilità
con cui la ragazza faceva amicizia con le persone di rilievo in ogni
posto essi finissero, e in un attimo erano diventati tutti e quattro
ospiti d'onore e trattati come tali. Aveva dovuto addirittura scacciare
tre giovani donne, presentatesi come sue serve personali, che lo
volevano lavare e vestire!
« Oi, ragazzino, ti ci stai impiccando con quel coso?
»
La voce risultò giusto un po' ruvida, ma era comprensibile.
Ognuno di loro stava in una camera separata, con Sakura accanto alla
principessa nel vasto harem femminile -l'unica cosa che comprendeva di
quel mondo, a ben guardare-, ed in quel momento Kurogane rimaneva in
piedi contro al muro della stanza di Shaoran, le enormi braccia
decorate di bracciali d'oro ai polsi ed un sottile cerchio del medesimo
metallo all'avambraccio destro, ad osservare il più piccolo
e i suoi tentativi di indossare il gonnellino. Va bene, sarebbe dovuto
essere un pelo più indulgente nei suoi confronti, ma non era
possibile che non riuscisse ad annodare la parte ai fianchi per tenere
tutto su!
« K-Kurogane-san, non è facile, insomma-- non ho
mai messo una gonna in vita mia! » La voce di Shaoran era
molto, molto vicina al panico. Erano stati invitati dalla principessa
stessa ad assistere ad una danza sacra, con musica e il banchetto, e di
sicuro nessuno di loro avrebbe voluto sfigurare. Non l'avrebbero mai
ammesso eppure ci tenevano sempre a non essere etichettati come
stranieri incapaci di presentarsi in occasioni formali.
Persino Kurogane, che si staccò dal muro per avvicinarsi a
Shaoran per dargli una mano, aveva un minimo senso del dovere in tal
senso. « Non è una gonna, punto primo. Punto
secondo non è così difficile, devi solo
incrociare e fare un nodo leggero da nascondere sotto il tessuto.
»
Le mani grandi e callose scivolarono piano sul lino, incrociandolo al
di sopra dell'ombelico del ragazzo e nascondendo i lembi rimasti sotto
il pezzo principale di tessuto. Fu un'operazione facile rispetto agli
obi complicati che Tomoyo-hime amava così tanto farsi
mettere da lui giusto per vederlo impazzire e sbraitare peggio di un
bollitore di riso. « Fatto, ora muov- » «
Shaoran-kun, Kurogane-san! »
Dal vano d'entrata della stanza fece capolino Sakura, con un involto in
lino spesso contro il petto. Era incantevole, dovette ammetterlo
persino il rude guerriero con tanto di leggero rossore sulle orecchie:
la tunica lunga fino ai piedi nella parte posteriore delle gambe e
più corta, fino a metà coscia, sul davanti
metteva in evidenza le sottili gambe chiare, ornate dai nastri di
fragilissimi sandaletti oro. Il lino saliva a coprirle il busto giovane
con un delicato monospalla, le braccia cariche di piccoli bracciali
d'oro e lapislazzuli così come il collo, ornato di una
magnifica collana intessuta di pietre oro e blu. I capelli erano
lasciati sciolti e solo un minuscolo diadema li ornava, regalandole al
viso una luce particolare, angelica e quasi divina.
Impossibile non notare quanto Shaoran fosse arrossito, dalle tempie
fino al petto.
« Non dovresti essere qui. » La redarguì
il ninja con tono severo, perché conosceva abbastanza bene
le regole dei quartieri femminil e, beh, Sakura non avrebbe dovuto
girare così impunita e vestita in quel dannato modo.
Tuttavia la principessina sorrise timida e furba -no, stava crescendo
troppo, no!- e poggiò l'involto sul letto, aprendolo
lentamente. « La principessa mi ha chiesto di portarvi
questi. Non si fidava delle ancelle, per cui... » Il tono era
apologetico in modo tutto particolare, tanto che Kurogane si
avvicinò per sollevare uno dei due oggetti. Era un pettorale
in oro battuto e pietre rosse, forse corallo, a formare un disegno
geometrico e spigoloso, regolare. L'altro era molto simile ma
più piccolo, formato da oro e pietre verderame.
« Sono pettorali? »
La voce di Shaoran era sinceramente sorpresa mentre sollevava il
secondo oggetto, poggiandoselo sul petto magro. Sakura annuì
vivacemente e Kurogane, senza colpo ferire, cominciò ad
armeggiare con la chiusura. Evidentemente il suo era stato fatto
apposta, perché copriva alla perfezione il petto ambrato
fino a metà muscolo, lasciando scoperti i capezzoli scuri e
il resto del torace. Accarezzava la linea del collo senza
chiuderlo eccessivamente, con il contrappeso che gli cadeva leggermente
in mezzo alle ampie scapole.
Il colore delle gemme era talmente simile a quello dei suoi occhi che
Sakura battè le mani, ripiegando poi la stoffa su
sé stessa. « Ti sta benissimo, Kurogane-san! Ora
devo proprio andare, appena siete pronti la principessa vi aspetta nel
giardino e- » « Oi, aspetta un attimo ragazzina. Il
mago dove diamine è finito? »
Nessuno oltre Kurogane stesso avrebbe potuto leggere la preoccupazione
in quel tono brusco e affrettato, tanto che Sakura gli sorrise
dolcemente, fermandosi sulla soglia. « Oh, Fay-san
è già sceso da molto tempo! Vi aspetta
giù! » E sparì, praticamente non
rispondendo alla domanda del guerriero, il quale assottigliò
le labbra ancora di più e prese Shaoran per una spalla.
« Tempo esaurito, vieni. » E qualsiasi opinione
contraria sarebbe stata immediatamente messa a tacere.
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Dovette rimanere immobile qualche secondo per abituarsi a quella vista.
Il giardino di quel palazzo era, semplicemente, un tripudio di vita.
Alberi alti come le palme volevano quasi toccare il cielo, e i
più bassi sicomori davano ombra ad un tappeto di erba verde.
Piccoli cespugli di fiori coloravano quell'immensità
monocolore e nel piccolo stagno galleggiavano rosee ninfee, appena
turbate dal movimento di piccoli pesci sotto il pelo dell'acqua.
Attorno ad essa svettavano i bianchissimi gigli d'acqua e piccole
canne, quasi riproducendo il medesimo ecosistema che viveva al di fuori
di quelle mura.
Ghirlande di fiori erano state appese ovunque e l'erba era disseminata
di stuoie, piccole sedie in legno profumato e baldacchini coperti di
cuscini in lino, seta e chissà quale altra stoffa
particolare. L'oro era ovunque: al collo delle donne dagli abiti di
fogge complicate -molte con i seni scoperti, Kurogane si costrinse
fisicamente a non guardare-, alle braccia di uomini che istintivamente
si girarono verso i due, rimanendo sorpresi da quanto Kurogane fosse
simile a loro nella pelle bronzea e nei capelli neri eppure
così diverso, pieno di cicatrici e di muscoli duri come il
marmo.
Realizzare che il lieve sfarfallio alla sua sinistra non era
altri che il richiamo di non una, ma due principesse fu lento, ma
finalmente riuscì a girarsi quanto bastava per incrociarne
gli occhi. Era giovane, la principessa di quel regno, con il corpo
color caramello appena coperto da un velo di lino; la pelle veniva
messa in risalto dall'oro e gli occhi, grandi e scuri sotto la parrucca
nera, erano messi in risalto dal trucco nero attorno alla forma
dell'occhio stesso. Le labbra tinte di rosso si aprirono in un sorriso
di benvenuto, invitando entrambi ad avvicinarsi.
Come non sbagliarsi, Mokona era seduta accanto a lei su un cuscino.
Stupida polpetta, persino il maledetto cuscino!
« Benvenuti. Mi dispiace aver organizzato qualcosa di
così poco conto, ma mio padre è davvero impegnato
ed ho potuto avere solo questo giardino. » Probabilmente
Kurogane non si accorgeva degli occhi di lei, fissi sul suo petto ampio
e sulla linea forte del mento; la ascoltava, ma solo a metà.
Gli occhi erano occupati a scaglionare il giardino alla ricerca di una
testa bionda fin troppo famigliare, di quegli occhi azzurri solo ed
unicamente per saperlo al sicuro. Era inutile mentire a sé
stesso.
Udì Shaoran rispondere qualcosa e non fece caso nemmeno a
quello, anzi. « Perdonami principessa, sai dov'è
il nostro compagno? Alto, biondo, fastidioso ed estremamente rumoroso?
» Lei non rispose, semplicemente indicò uno
spiazzo davanti a loro. Fu allora che lo vide.
I sistri, strumenti in argento e rame che tintinnavano ad ogni colpo di
polso, davano il ritmo: al centro delle suonatrici vi erano cinque
figure, vestite di lini leggerissimi e monete tintinnanti alla vita.
Catene sottili di oro cadevano dai capelli, dalle spalle, cerchi
ornavano le caviglie; Fay era davanti a tutti. Davano le spalle agli
astanti e Kurogane fissò gli occhi, come calamite, sul mago.
Il suo bacino si muoveva al ritmo dei sistri con movimenti scattanti e
fluidi al tempo stesso. A malapena era coperto dalla stoffa e da quegli
affari tintinnanti, le mani ferme tra i capelli biondi in modo che la
schiena ondeggiasse in modo preciso e voluto. Avrebbe riconosciuto
quella schiena ovunque, eppure un brivido lo attraversò: da
quando era così... così...
Il bacino di Fay tremò appena, insieme ai sonagli, e il
sedere -che gli déi ci perdonino- cominciò ad
ondeggiare al ritmo di quella musica trascinante a cui si erano
aggiunte le percussioni. Solo allora si girò, splendendo in
un sorriso così vero che Kurogane ne rimase abbagliato:
l'ombelico, i muscoli del ventre, si muovevano come un'onda sinuosa e
le linee del bacino si tendevano e si restringevano ad ogni onda. Il
piede sinistro messo avanti non era altro che un aiuto per i movimenti
scattanti dei fianchi; le braccia si abbassarono, seguendo la pelle,
rimarcando i movimenti e Fay finalmente lo guardò.
Kurogane sarebbe voluto morire.
Vedeva le gambe attraverso i veli sollevati dai movimenti, gli occhi
bruciavano sui glutei piccoli e dannatamente sodi. Non aveva idea che
Fay potesse muoversi in quel modo; nemmeno batteva le palpebre,
occupato a fissare quel corpo tremare, seguire la musica come se fosse
fatto di note. Le catene che coprivano il torace sottile brillavano
sotto al sole così come i suoi capelli, le monete sui
fianchi che scattavano da un lato all'altro seguendo i rombi delle
percussioni lì dietro.
Avrebbe voluto alzarsi, avrebbe voluto scavalcare tutti e sentire come
quei fianchi si muovevano sotto le dita, sentire il tintinnio dei
pendagli vicino all'orecchio, stringere il tremore dei glutei, passare
le labbra sulle braccia rivolte verso l'alto.
« ... » Fu allora che scese. Fu allora che Fay,
senza smettere di muovere i fianchi, lasciò il piccolo palco
per avvicinarsi alla postazione della principessa, con un sorriso furbo
sulle labbra. Kurogane sentiva la gola arida e la lingua gonfia, le
mani tremavano e non potè impedire al mago di avvicinarsi al
suo corpo fino a sentire il profumo dell'oro e degli unguenti con cui
sicuramente l'idiota si era divertito, direttamente nei polmoni.
Continuava a ballargli quasi addosso, sfiorandogli il bacino col
proprio senza mai toccarlo, le labbra rosate schiuse in un sorriso e
gli occhi fissi nei suoi; era ipnotizzante.
Dimentico di dove fosse, davanti a chi si trovasse, Kurogane
abbassò le dita su quei fianchi sfiorando la pelle morbida,
mordendosi le labbra nel tentativo di non spingerselo addosso.
«O-oi... »
« Ti piace, Kuro-sama? Ho voluto farti una sorpresa...
» Il tempo smise di scorrere. Tutti videro il lampo negli
occhi rossi del guerriero, tutti videro come sollevò Fay con
una mano sola caricandoselo in spalla, tra le risate di quest'ultimo.
« Chiedo quartiere. » Fu la richiesta ruvida del
ninja e nemmeno attese risposta dalla principessa straniera, che
osservava il tutto con un'espressione mesta.
« Allora il mago diceva la verità... che peccato,
il vostro amico sarebbe stato un ottimo amante. »
Quando furono abbastanza distanti dal suono dei sistri Fay decise di
scendere, passando le mani sul pettorale in oro dell'altro, ancora
ansimante come se avesse corso una maratona. « Cosa diavol---
» Fu interrotto, di nuovo. Stavolta da quel corpo sottile, da
quelle labbra irriverenti, da quelle mani morbide sul ventre. Il bacio
fu lungo, languido, bagnato.
« In questo paese ogni cosa ha un significato,
Kuro-guerriero. La principessa, dandoti in dono questo gioiello, ti ha
messo sotto la sua ala di conquista. » Fece una pausa,
sganciando il prezioso dono dal petto del ninja e poggiandolo a terra,
per stringere le mani sottili su quei pettorali tanto ampi.
« Il ballo era il mio gesto per comunicarle che Kuro-sama
è sotto la mia, di conquista. Eterna, possibilmente.
»
E dalla prima volta in quella giornata, Kurogane ghignò.
.Fine.