Ashira

di _Ametista_
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Braccia aperte, volto rilassato, occhi chiusi.
Così si presentava Krukoslik il sacerdote, in piedi al centro del tempio.
-Che fai?- chiedevo osservandolo. Ero ancora piccola, una bambina che giocava con il carretto di legno per le stanze del tempio di Ra.
-Vedi, Ashira- iniziava lui, aprendo gli occhi e guardando il vuoto con fare sognante –ho reperito, in una vecchia biblioteca di Alessandria, un papiro con su citati degli incantesimi che, di dice, conducano al mondo degli dei-
-Cosa?! E’ incredibile! Non ci credo. Mostrameli, mostrameli, mostrameli!- insistevo saltellando euforicamente.
E Krukoslik tirò su il fiato...Mi aspettavo chissà quali formule…
-Hotep mos*-
Tutto qui? Ero assai delusa. Anche perché non era successo nulla.
-Non ci riesco mai, piccola Ashira…Forse non piaccio abbastanza agli dei- mormorò affranto.
“Io ce la farò” pensai subito. Poi scossi la testa, rendendomi conto della ridicolezza del mio pensiero.
 
Il ricordo è tornato improvviso, un brusco salto nel passato.                               Sbatto gli occhi. Ho sonno. Ho freddo.
E’ calata la notte.
Al buio, sotto una betulla, rimugino sul da farsi.
Tornare in villaggio? Neanche per idea.
Restare qui? Ci sono troppi rumori, scricchiolii, ombre, e la mia fantasia si scatena in maniera angosciosa e inverosimile.  
Provare l’incantesimo? E’ la cosa più conveniente.
Anche se è una follia, lo so.
Non ci è riuscito nemmeno Krukoslik, sacerdote fedele agli dei in maniera quasi maniacale, con anni e anni di esperienza sacerdotale alle spalle.
Perché dovrei farcela io?
Ma provare non guasta mai. Soprattutto se c’è di mezzo un membro della mia famiglia.
Mi alzo in piedi. Ho le gambe stanche e doloranti.
Apro le braccia e mi concentro.
Ma nella mia mente aleggia l’immagine del cadavere di mio padre e la musica di un canto funebre, con tanto di strazio delle lamentatrici.
-H-hotep m-mos- mugolò con il mento ancora tremante a causa delle  lacrime che mi sono fatta salire.
La sagoma sfocata del dio Anubi prende il posto della macabra scena.
Poi, la mia testa vortica e sprofonda nel buio.
 
*Hotep significa pace, riposo, offerta, soddisfazione, mentre “mos” è generare, nascere.

 





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