21.
Nell’inganno
Un ciuffo di capelli
corvini le scivolò davanti al viso e lo riportò al suo posto passandosi una
mano sulla fronte, intanto cercava di scaldarsi il più possibile. Il freddo
stava definitivamente arrivando e, anche se sotto le coperte, aveva i piedi
gelati. Sospirò, cercando di scorgere qualcosa oltre le pesanti tende davanti
alla vetrate, ma non era tanto facile.
Il copro accanto a
lei si rigirò con poco grazia, mugugnando in cerca delle coperte.
Aria, infatti, era
seduta al centro del letto, tendendo le lenzuola e lasciando scoperto il petto
del ragazzo.
-Dormi!- farfugliò
Eric contro il cuscino, tirandola per la canottiera che indossava.
Sorridendo, la
ragazza si voltò verso di lui.
Eric che dormiva era
un ossimoro. Era privo della solita aura minacciosa che solitamente lo
avvolgeva, rimanendo comunque una massa di muscoli letali e pronti a scattare.
Anche mentre riposava, era impossibile dissociarlo dal suo carattere tenebroso,
i tatuaggi lo marchiavano con un’ aria selvaggia accentuata dalla muscolatura
solida. I lineamenti del viso, sicuramente meno crudeli senza il suo classico
sguardo, erano comunque contratti.
Allungò una mano verso
il volto del ragazzo e accarezzò, con la punta delle dita, la linea sulla sua
fronte, sperando che sparisse insieme a qualche brutto pensiero. Seguì la linea
del sopracciglio con i due piercing e scese sul suo zigomo, osservando le sue
labbra sottili serrate in una linea rigorosa. A quel punto due occhi grigi si
aprirono contro di lei e la studiarono con attenzione e con una certa serietà,
riuscendo quasi a spaventarla.
La forza ferina di Eric
era solo assopita mentre dormiva, ma era pronta a farlo scattare al minimo
segnale, togliendogli la pace che solitamente il sonno dovrebbe concedere.
-Non riesco a
dormire…- disse ritirando la mano, ancora scossa dai brividi che le procurava
quello sguardo penetrante.
Eric rimase in
silenzio per alcuni secondi, incurvando le sopracciglia. Fece un cenno e si
sistemò meglio contro il cuscino. –Come mai?- chiese con voce rauca.
Aria vide che era
infastidito e ancora assonnato, ma non poteva nascondergli ancora i suoi
pensieri. Abbassò gli occhi sulle proprie gambe e strinse le labbra con
amarezza. –Perché ti ho mentito!-
Le sopracciglia di
Eric si curvarono ancora di più verso il centro.
-Riguardo quello che
mi ha detto mia sorella, non mi ha solo accusato per aver scelto gli Intrepidi.
È convinta che stia per succedere qualcosa, e ha parlato di scelte sbagliate e
del fatto che farò solo la parte del burattino!-
Eric si irrigidì.
-Non riesco a
smettere di pensarci…- concluse la ragazza.
Con la coda
dell’occhio, seguì la reazione di Eric, senza capirla. Il ragazzo aveva
contratto tutti i muscoli del viso e si era portato una mano davanti alle
labbra, come a volersi impedire di dire qualcosa di avventato.
-Dimentica tutto
quello che ti ha detto!- scandì in
seguito a bassa voce, nell’evidente sforzo di controllarsi ad ogni singola
parola per non perdere la calma. –A te ci penso io, non hai di che
preoccuparti.-
La ragazza lo guardò
e piegò di lato la testa, rincuorata dalla sicurezza con cui aveva affermato di
occuparsi personalmente di lei. Tuttavia vide il suo turbamento, il suo petto
che si sollevava freneticamente e la nota folle nel suo sguardo cupo.
-Cosa sapete tu e
mia sorella che io non so?- Chiese.
Eric serrò le
mascella e scosse la testa. –Nulla di cui tu debba interessarti. Me ne occupo
io, e ho tutto sotto controllo.-
-Eric...-
-Non farmi domande
se sai già che non potrò risponderti!- scattò. –Dovrai fidarti di me!-
Aria vide il
malessere che quella discussione aveva provocato in Eric, e rimase in silenzio.
Lo vedeva irrigidirsi sempre di più e coglieva ogni tormento dentro i suoi
occhi, sentendosi quasi in colpa per averlo fatto agitare tanto.
-D’accordo, mi
fiderò ti de!- affermò. –Ma, qualunque questione ci sia dietro, tu non può
fidarti di Jeanine!-
Il ragazzo ebbe un
sussulto decisamente evidente e si voltò di scatto verso di lei, guardandola
come se avesse appena ucciso qualcuno. –Che cosa ne vuoi sapere tu?-
Ignorò il modo
sgarbato e arrogante con cui terminò la domanda, apostrofandola con cattiveria.
–La conosco molto meglio di quanto credi, mio padre è uno dei suoi
collaboratori più fidati. O forse, dovrei dire che fa parte del gruppo dei suoi
fedelissimi, come li chiamo io.-
-Cosa ne sai?-
-So cosa può
arrivare a fare.- gli disse. –Mi ha più o meno minacciata, quando mio padre le
ha detto che volevo cambiare fazione. Ha detto che gli Eruditi avrebbero preso
il governo della città e che gli Intrepidi sarebbero stati usati solo come
mezzo per raggiungere lo scopo. Mi ha chiesto cosa volevo essere, se il braccio
oppure la mente.-
Eric trattenne un
ringhio e si portò entrambe le mani sopra la fronte, stringendosi le ciocche di
capelli. Respirò con ferocia e sibilò fra i denti: -Ora piantala Aria, tieni
chiusa quella bocca!-
Aria arricciò le
labbra e assottigliò lo sguardo, forse Eric era infastidito dal fatto che
Jeanine considerasse gli Intrepidi come un mezzo per raggiungere i suoi scopi,
ma la sua reazione era troppo sentita. Doveva esserci altro.
-Non puoi fidarti di
lei!- continuò Aria, senza darsi pace. –Perché quella donna, nell’inganno, può
farti fare tutto quello che vuole. Ti induce a pensare come lei, a comportarti
come lei. Ti convince che ciò in cui crede lei, non solo è giusto, ma è di
vitale importanza. Poi ti demoralizza, ti fa sentire inutile e debole e riesce
sempre a far crollare ogni tua certezza, spingendoti ad aggrapparti
disperatamente a lei.-
Eric serrò un pugno.
-Ti dà qualcosa in
cui credere, un motivo per cui lottare, o addirittura un motivo per vivere.-
Spiegò Aria. –Fa così con tutti, ecco come riesce sempre a manipolare le
persone. Altro che carisma!-
-Ora basta!- sbottò
Eric, mettendosi seduto ad un palmo dal suo viso. –Chiudi quella bocca, o te la
chiudo io!-
Aria si paralizzò,
ritrovandosi il volto furioso di Eric a pochi centimetri dal suo. Era davvero
spaventoso quando si irrigidiva in quel modo, e il suo sguardo non ammetteva
repliche.
Con gli occhi fissi
sulla vena pulsante del suo collo, Aria prese coraggio e gli rispose. –Sai che
ho ragione!-
-Voglio che questa
discussione si chiuda qua!- sibilò Eric, furioso. –Ho la situazione sotto
controllo e sto facendo di tutto per proteggerti. So quello che faccio, dannazione!-
Aria abbassò la
testa in silenzio, ma mantenne la sua espressione offesa. Odiava quando Eric le
si rivolgeva in quel modo, non aveva paura di lui, sapeva che non le avrebbe
mai fatto del male, ma i suoi picchi d’ira erano comunque poco graditi e la
facevano sentire piccola ed indifesa.
E odiava sentirti in
quel modo.
-Forza vieni qui!-
Le ordinò Eric, stendendosi al suo posto.
La ragazza guardò
con la coda dell’occhio le braccia aperte del ragazzo che le offrivano il suo
petto come appoggio e l’idea era piuttosto invitante, peccato fosse ancora
arrabbiata con lui.
-Avanti vieni qui!-
le disse ancora, con voce rauca ma non più adirata. –Dobbiamo dormire.-
Sospirò pesantemente
e gli lanciò un’occhiata imbronciata ma, alla fine, sbuffò e si lasciò cadere
vicino a lui. Si accoccolò sul suo petto caldo e solido, strofinando la guancia
sulla sua pelle e stringendosi contro il suo fianco.
-Non mi permetti mai
di abbracciati mentre dormiamo, ogni volta che mi avvicino ti giri dall’altra
parte oppure mi cacci via!- brontolò, stendendo una mano sui suoi addominali,
mentre si portava l’altra sotto il mento.
Eric soffocò in gola
una risata e giocò con i capelli della ragazza. –Allora cogli l’occasione!-
Un piccolo sorriso comparve
sulle labbra di Aria e, stringendosi nelle spalle, avvolse una gamba di Eric
con i suoi piedi. -Fa freddo…-
-Aria!- l’ammonì,
scalciando via i suoi piedi gelati. –Poi ti lamanti se ti rimando al tuo
posto?-
Tuttavia, fra un
lamento e l’altro, dopo essersi liberato del contatto con i piedi freddi di
Aria, la mantenne vicino a sé sul suo petto. Avvolse perfino la coperta su
entrambi, assicurandosi che la ragazza fosse ben protetta dalla trapunta,
rimboccandogliela bene attorno alle spalle.
Aria sorrise di
nascosto, sapeva che Eric era impaciato e infastidito da quei gesti così
affettuosi, faticando a dissociarli dalla prepotenza con cui a volte la
prendeva, ma doveva farsi perdonare per essersi arrabbiato.
-Devo farti una
domanda.- Esordì Eric, dopo qualche minuto di tranquillità. –Come mai tua
sorella era con Jeanine. Non è solo un’iniziata?-
-Ma Eric, mia
sorella è speciale!- disse con ironia, senza nascondere la sua amarezza.
-Come mai?-
Aria sospirò. –Ha
preso parte ad un progetto importante e ha fatto una scoperta significativa.
Anche se, a dire la verità, non è stato tutto merito suo…-
Avvolta dal calore
del corpo di Eric, la ragazza sospirò e riuscì a non lasciarsi troppo turbare
dai ricordi, quando chiuse gli occhi e ne fu assalita…
I problemi andavano
risolti.
In quei giorni, in
particolar modo, un fastidioso rompicapo disturbava gli studi e i progetti
degli Eruditi. E, poiché, non era nella natura degli Eruditi arrendersi
difronte alle difficoltà, avevano escogitato un sistema per venire a capo del
problema.
Era stato deciso che
il compito di trovare il tassello mancante, sarebbe stato affidato al gruppo di
sedicenni che quell’anno avrebbero fatto la loro scelta, scegliendo a quale società
appartenere. In quel modo avrebbero avuto occasione di testare le effettive
capacità dai futuri iniziati, vedendo di cosa erano capaci, e sperare di trovare la chiave di volta che gli
sfuggiva.
Ariana era seduta su
uno sgabello ad uno dei tavoli del laboratorio, come tutti gli altri futuri
iniziati, guardandosi intorno annoiata. In realtà non ne poteva più, i suoi
compagni erano entusiasti di quell’occasione che gli era stata concessa,
dandosi da fare per riuscire nel loro compito e mettersi in mostra per le loro
abilità. Sua sorella Amber, seduta al suo fianco, era china sul microscopio che
aveva davanti e non batteva ciglio tanta era la concentrazione.
Ma lei sbuffò
sonoramente, non le importava nulla di mettersi in mostra avendo successo per
prima su quella ricerca, lei non sarebbe rimasta in quella fazione. Era
infastidita dai collant che indossava, infatti si grattò disperatamente una
gamba, con poca grazia e cercando di tirare la propria gonna azzurra di più
sulle gambe.
-Hai finito?- Le
chiese Amber, piccata. –Mi stai distraendo…-
Ariana la guardò di
traverso. –Scusami tanto, non tutti qui si stanno divertendo!-
-Se ti annoi tanto
puoi anche andartene, sto cercando di concentrarmi e non ci riesco con te che
ti muovi in continuazione.-
Alzò gli occhi al
cielo e scosse la testa.
Non poteva andarsene
purtroppo, era un compito obbligatorio e tutti gli altri la pensavo come Amber,
concentrati in una gara per la vittoria.
I membri principali
della fazione stavano lavorando ad un particolare siero di sicurezza che
controllava le azioni a distanza tramite un computer centrale, capace di
inviare segnali tramite dei trasmettitori che venivano iniettati nel sangue.
Ariana non aveva idea di cosa se ne facessero di un siero di quel tipo, le era
stato detto che sarebbe stato usato in caso di guerre e scontri pericolosi, ma
lei cercava di interessarsi il meno possibile delle faccende degli Eruditi.
Il problema
principale era che, dopo studi continui, gli scienziati e gli addetti ai sieri
non erano riusciti a scoprire il sistema che avrebbe legato i trasmettitori al
cervello.
Si erano affidati ai
ragazzini che stavano per entrare in società, forse per disperazione, o forse
perché volevano realmente analizzare il livello dei loro futuri iniziati. O,
molto più semplicemente, speravano che fra di loro si nascondesse qualche mente
brillante che avrebbe risolto l’enigma e scoperto come legare i trasmettitori
alle cellule celebrali.
Gli Eruditi
credevano molto nei talenti giovanili, convinti che una mente giovane fosse più
elastica e più sveglia, affidando senza problemi un lavoro importante a giovani
ragazzi non ancora membri effettivi della società. In particolare, la loro rappresentate,
era convinta che i giovani avrebbero avuto successo dove i migliori avevano fallito,
grazie alla loro innocenza e al loro modo di approcciarsi alla realtà, diverso
e più istintivo rispetto a quello degli esperti di laboratorio.
Ariana incrociò le
braccia sul tavolo e ci nascose il viso sopra, stanca. Poi sollevò lo sguardo e
vide il riflesso di sua sorella in un’ ampolla contenente un liquido
trasparente per gli esperimenti e, se non fosse stato per il colore dei
capelli, avrebbe scambiato il volto di sua sorella per il suo.
Erano davvero simili
e, ad un’ occhiata meno attenta, a causa delle scarse capacità di refrazione
del vetro trasparente, qualcun altro avrebbe potuto confonderla con suo
sorella.
Quando il liquido
dentro l’ampolla vibrò, Ariana spalancò gli occhi e sentì un brivido
attraversarle la mente, in un’ intuizione improvvisa.
-Amber, noi siamo
gemelle, se non fosse per il colore dei capelli non riuscirebbero a
riconoscerci con tanta facilità…-
-Ariana!- sbottò la
sorella. –Adesso basta, stai cercando di distrarmi con le tue assurdità? Certo
che siamo gemelle!-
-Sto dicendo sul
serio!- Le disse seria, mettendole una mano sul braccio. -Se i trasmettitori
avessero la stessa composizione chimica o lo stesso aspetto delle cellule
celebrali, il cervello li confonderebbe e li assorbirebbe senza problemi.-
Amber assottigliò i
suoi occhi color del ghiaccio e la guardò con diffidenza, irrigidendosi.
-Pensaci.- La
incalzò con voce assente, persa nei suoi stessi pensieri. -Ci serve un
travestimento per gemellare i trasmettitori con le cellule celebrali, affinché
vengano confusi e vengano riconosciuti dal cervello.-
L’espressione
scettica di sua sorella cambiò, i suoi occhi si spalancarono e le sue labbra si
schiusero. Si voltò ed iniziò a scrivere freneticamente su un pezzo di carta,
facendo calcoli e analisi.
-Si può fare!-
affermò Amber, a bassa voce. –Potrebbe essere l’idea che serviva e, anche se
con qualche complicazione, possiamo modificare i trasmettitori affinché vengano
riconosciuti come cellule del cervello.-
Ariana non disse
altro, attese in silenzio. Non era abituata ad avere dei successi, era sempre
Amber a fare scoperte brillanti e a rimproverarla quando, continuamente,
falliva.
-Hai trovato il
tassello mancante, il tuo potrebbe essere definito un sistema a spettro
gemello.- dichiarò Amber, con calma. –Hai fatto un ottimo lavoro, Aria.-
Spalancò gli occhi
per lo stupore e avvertì una fitta al cuore. –Mi hai chiamata Aria?-
Sua sorella si voltò
verso di lei e le regalò un vero sorriso, uno di quelli che non le mostrava
mai. –Te lo sei meritato!-
Desiderava sentirsi
chiamare solo Aria, ma nessuno nella sua famiglia voleva accontentarla. Al
contrario, le imponevano il suo nome completo e non accettavano minimamente la
sua richiesta, ritenendola insensata e poco a modo.
Ariana sorrise.
-Domani mattina
andremo da papà e da Jeanine, e gli diremo della scoperta che hai fatto. Ne
saranno entusiasti!- Le disse Amber.
Scosse la testa.
–Gli diremo che abbiamo fatto questa scoperta insieme. Senza i tuoi
calcoli le mie sarebbero state solo
parole al vento.-
-Ma è stata una tua
idea, sei tu che hai trovato la soluzione! Io non ci sarei mai arrivata.-
-Non dire
sciocchezze!- esclamò. –La mia è stata solo fortuna, è stato un pensiero
assurdo che mi è passato per la mente. Tu invece hai capito che era possibile.-
Amber le sorrise
ancora. –Sei sicura?-
-Sì, è davvero una
scoperta che abbiamo fatto insieme. Sei stata tu a farmi avere l’intuizione,
perché sei la mia gemella!-
Ariana vide sua
sorella nascondere un altro sorriso e si sentì felice, non erano molte le
occasioni in cui andavano d’accordo.
-Allora è deciso!-
dichiarò Amber. –Domani comunicheremo la tua scoperta.-
-La nostra
scoperta!- la corresse.
Ma l’indomani
mattina, Ariana ebbe una spiacevole sorpresa.
Arrivate al
laboratorio, Amber si era allontanata senza dire nulla, ma lei non se ne era
preoccupata. Quando, tuttavia, era passato diverso tempo senza che la sorella
tornasse da lei, aveva deciso di andare a cercarla.
Una parte della sua
mente l’aveva guidata verso l’ufficio di suo padre, per chissà quale ragione e,
attraverso le parati di vetro, aveva visto la peggiore delle scene, capendo
immediatamente cosa stava succedendo.
Dentro lo studio
c’erano quattro persone tutte in piedi. Amber era tra i loro genitori, sua
madre la teneva da entrambe le spalle con un sorriso raggiante, mentre il padre
le stava orgogliosamente accanto. Di fronte a loro, in tutta la sua eleganza,
c’era la rappresentante della loro fazione.
Jeanine parlava
cordialmente con Amber, e anche lei sorrideva.
Nessuno sembrava
felice quanto sua sorella.
Era composta, con le
spalle dritte ed un sorriso educato mentre dialogava con Jeanine, ma Ariana la
conosceva bene e vedeva il suo autocompiacimento e tutta la sua arroganza.
E vedeva il modo in
cui i suoi genitori le stavano vicini, con sorrisi entusiasti e pieni di
orgoglio.
Prima che potesse
arrivare alla porta, Amber si voltò verso di lei e fece un’ espressione
terrorizzata, che tuttavia durò un solo istante. Il secondo dopo le regalò il
più gelido dei suoi sorrisini.
Ariana non si mosse,
era paralizzata dalla verità che le era piombata addosso, però vide suo padre
scusarsi con Jeanine e uscire dall’ufficio. Si avvicinò a lei e le mise una
mano sulla spalla accompagnandola verso un corridoio poco distante.
A quel punto la
strattonò da un braccio e la costrinse a guardarlo. –Ascoltami bene, signorina,
tua sorella ha appena fatto una scoperta importantissima che potrebbe cambiare
la sua e le nostre vite. Vedi di non rovinare tutto!-
Ariana sentiva le
orecchie fischiarle e si sentiva vuota dentro, ma pesante come un macigno.
Guardò suo padre e scosse la testa. –Rovinare tutto?-
Suo padre alzò gli
occhi al cielo. –Amber ha capito come far funzionare i trasmettitori del nostro
nuovo siero di simulazione a distanza. Jeanine vuole vederti, cerca di non
combinarne una delle tue e mettere in imbarazzo tua sorella!-
-Perché Jeanine
vuole vedermi?- chiese con un filo di voce.
-Perché Amber ha
detto che le hai dato una mano nella sua ricerca.- serrò la presa attorno al
suo braccio. –Ma io so perfettamente che non è così, è tutto merito di tua
sorella, ed è già tanto se non le hai dato fastidio!-
Ariana sentì le
lacrime pungerle gli occhi ma le ricacciò indietro, decise però di liberare il
proprio braccio dalla presa di suo padre con uno strattone. –Cosa ha detto
Amber di preciso?-
-Che ha capito come
fare perché i trasmettitori vengano assorbiti dal cervello. Poi ha spiegato che
è stata un’intuizione che le è venuta grazie a te, perché siete gemelle…-
Avvertendo un dolore
simile a quello di una lama infuocata che le attraversava il costato, la ragazza
serrò le labbra e rimase in silenzio.
-Sappiamo entrambi
che è una sua scoperta ma, nonostante il modo in cui la tratti, tua sorella ti
ha sempre a cuore e ha cercato di condividere con te il suo successo.- L’umo la
guardò dall’alto con una smorfia. –Ma a te non interessa niente delle nostre
ricerche, Amber merita che questa scoperta le sia riconosciuta interamente!-
Il ronzio nelle sue
orecchie stava iniziando ad allontanarsi, così da permetterle di sentire il
battito del suo cuore. Strinse i pugni con forza e serrò ancora le labbra,
guardando con espressione vuota un punto imprecisato nella parete che aveva
difronte. Erano anni che non piangeva a causa della sua famiglia, e aveva
giurato che non avrebbe ripetuto quell’errore come quando era piccola, così non
pianse.
Alzò il mento e
parlò con voce gelida, senza guardare il padre. –Hai ragione, non mi importa
nulla di voi, della vostra fazione e delle vostre scoperte.-
Si voltò e si
allontanò a grandi passi, sentì suo padre chiamarla ma non vi prestò ascoltò.
Raggiunse l’ufficio dove erano ancora radunati sua madre, sua sorella e
Jeanine, ed entrò. Mascherò i proprio sentimenti con un sorriso composto e
avanzò verso la rappresentante di quella fazione.
-Ariana, è un
piacere vederti!- esordì Jeanine. –Tua sorella mi ha detto che le sei stata
d’aiuto…-
Non le rispose, si
voltò verso Amber, vedendo il suo sorriso tirato, e le sorrise a sua volta.
–Sono venuta apposta per congratularmi
con mia sorella per la sua scoperta.-
Amber ricambiò il
suo sguardo e fece un cenno composto con la testa.
Ariana si voltò
verso Jeanine. –Mia sorella è stata molto gentile, dicendo che le sono stata
d’aiuto, ma è stato tutto merito del suo intelletto.-
-Davvero?- Chiese
Jeanine, assottigliando lo sguardo come se stesse cercando di leggerle nella
mente. –Ha fatto tutto Amber?-
Sorrise
elegantemente. –Assolutamente sì, è stata bravissima!-
Sua madre la guardò
in modo strano, poi abbassò gli occhi verso di Amber e fece un sorriso
accarezzandole una spalla.
Decise di non
guardare sua sorella, rivolse un saluto coriale alla rappresentate degli
Eruditi ed uscì dalla stanza. Si avviò verso l’ esterno con i pugni serrati,
rifiutandosi di piangere mentre si mordeva con forza il labbro inferiore.
Gli altri futuri
trasfazione soffrivano all’idea di dover abbandonare la propria famiglia,
combattuti tra la scelta per una fazione
che ritenevano più adatta al loro futuro, e i loro familiari.
Ma quello non era il
suo caso, per lei il giorno della Scelta sarebbe stato il giorno in cui si
sarebbe liberata della sua famiglia e sarebbe finalmente entrata a far parte
degli Intrepidi.
Sarebbe stata libera.
Continua…