Heart burst into fire_Episode 11
Titolo: Milk shake
(ovvero, come riuscire a far bere un po' di latte ad un certo fagiolino)
Autore: My
Pride
Fandom: FullMetal
Alchemist
Tipologia: Onne-shot
[ 1164 parole ]
Personaggi: Roy
Mustang, Edward Elric
Genere: Slice
of life, Sentimentale, Commedia
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen
ai, What if?
FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All
Rights Reserved.
EPISODIO
11: MILK SHAKE (OVVERO, COME RIUSCIRE A FAR BERE UN PO' DI LATTE AD UN
CERTO FAGIOLINO)
Era
ancora buio, fuori, quando mi svegliai.
Sbirciai appena oltre l'orlo del piumone nel tentativo di focalizzare
la lampada e accenderla per vedere l'orario, la luce resa soffusa dal
debole watt che
usavamo.
Me ne tornai ben presto rintanato nel mio bozzolo, abbracciando
possessivo il calore del corpo di Edward; se ne stava ancora
piacevolmente immerso
nel mondo dei sogni, con la bocca leggermente schiusa a ronfare beato,
senza però che le labbra avessero abbandonato il sorrisino
appagato con cui si era addormentato. Avevo i
piedi e la punta del naso completamente gelati
perché mi
ero accorto che gran parte del piumone se l'era fregato Edward, e
cercai di scaldarmi come potei stringendomi addosso a lui, sentendolo
mugugnare infastidito al contatto della mia pelle nuda e fredda. Di questi
tempi, addormentarsi senza nulla addosso dopo aver fatto
l'amore non era di certo la mossa più grandiosa che poteva
venirci in mente. E adesso,
sveglio, ne pagavo le conseguenze.
Strusciai il viso fra i suoi capelli nel tentativo di riacquistare
almeno in parte la mia temperatura corporea, ma ci rinunciai
ben presto quando lo sentii lamentarsi nel sonno e agitare la mano
d'acciaio per schiaffarmela poi in faccia, ottenendo in quel modo di
aumentare solo il mio gelo. Riluttante, e con un
brivido che mi corse lungo la spina dorsale,
sgusciai fuori dal piumone alla ricerca dei miei vestiti, e una volta
infilato il pigiama presi frenetico a massaggiarmi le mani sulle
braccia, dirigendomi a passi mogi e ciondolanti verso la cucina. Avevo
intenzione di preparare qualcosa di caldo, visto che non riuscivo
a riaddormentarmi a causa del freddo.
Una volta entrato, accesi la luce e
trattenni un sonoro sbadiglio,
scavando nella credenza alla ricerca di qualsiasi cosa. Anche una
tisana mi andava bene, in quel momento. Alla fine
optai per la cosa più ovvia del mondo, dato che su
di
me aveva un buon effetto rilassante, peggio di quello che poteva avere
su un bambino. Un bel
bicchiere di latte caldo. Ancora
assonnato presi il bricco e un bollitore dal mobiletto e, con
un altro sbadiglio, versai abbondantemente il latte al suo interno.
Con gli occhi già mezzi chiusi dal sonno - erano le quattro
di mattina, al mio posto chiunque sarebbe crollato -, mi
apprestai ad accendere il fuoco del fornello e regolare la fiamma, ma
l'improvvisa voce impastata di Edward mi fece sussultare e rovesciare
tutto sul pavimento, nonché scottare due dita.
Ironicamente, il pollice e il medio della sinistra. Un gran
bel colpo per l'alchimista di fuoco, eh? Me le portai subito alle
labbra e succhiai i
polpastrelli, accarezzandoli con la lingua prima di voltarmi verso di
lui,
che si stava stropicciando come se nulla fosse gli occhi, sbadigliando
di tanto in tanto. Indossava
la mia vestaglia nera che gli arrivava ben oltre il
ginocchio, e che lo teneva ben caldo date le gote leggermente arrossate.
«Che
stavi facendo?»
mi chiese, strofinandosi il viso con una mano e avvicinandosi poi a me
per alzare il bollitore da terra, contemplando per poco la chiazza di
latte.
Corrucciato, lo vidi posarlo sul ripiano accanto al lavandino prima di
lanciarmi
un'occhiata a sua volta ,scuotendo la testa nel
vedere la pietosa scena
che stavo allestendo; mi prese con ben poco garbo la mano per
valutare i danni, dandomi poi un buffetto divertito sul naso.
«L'alchimista
di fuoco che si
scotta accendendo un fuocherello»,
ironizzò con un sopracciglio inarcato. «Devo
temere la catastrofe anche verso i piani
inferiori?»
Sbuffai a quell'offesa alla mia virilità, voltando
lo sguardo di lato e notando con la coda dell'occhio Edward cercare
qualcosa da applicare sulle dita, anche se non erano ustionate o messe
poi tanto male. «Non
dovresti avere certi dubbi», lo apostrofai, sobbalzando di
sorpresa al contatto con la crema.
«Fino
a poche ore fa non ti lamentavi affatto».
Sghignazzò, annuendo però divertito alle mie
parole. «Beh, non
è mica colpa mia se non riesci a tenere la pistola nella fondina
a lungo», buttò lì malizioso,
massaggiandomi delicato i polpastrelli con le dita della sinistra.
Gli scoccai un'occhiata obliqua, sorridendo serafico. «Io invece
credo di sì, visto che la tiro fuori per dar battaglia a te»,
replicai con un tono che sfociava vagamente nel bastardo.
Lo vidi immusonirsi prima che si sporgesse oltre la credenza e ne
tirasse fuori due cerotti, che applicò su entrambe le dita.
«A
volte mi chiedo come faccio a sopportarti»,
bofonchiò a
denti stretti, mollandomi la mano per cominciare a ripulire almeno in
parte il disastro che avevo combinato.
«Mi
sopporti perché sono irresistibilmente sexy», mi
vantai con un sorriso, aiutandolo. Ironico e
scettico, mi lanciò un'occhiata, e la sua
espressione, in quel momento, sembrava voler dire tutto. Sia in
positivo sia in negativo.
«Scendi
dal piedistallo», mi disse sarcastico, gettando quasi con una
smorfia di disgusto il poco latte rimasto nel bollitore nel lavandino. «E
poi si può sapere come fai a bere questa roba a
quest'ora?»
Gli tolsi il bollitore da mano e gli scompigliai con l'altra i capelli,
ricevendo da lui un'occhiataccia per come lo trattavo di tanto in
tanto, e cioè come se fosse un ragazzino di quindici o
sedici
anni circa. Beh,
ormai ne aveva ventiquattro... ma, in
qualche modo, lo trovavo divertente e spassoso.
«Questa roba,
come
la chiami tu, è buonissimo e sanissimo latte», lo
informai, vedendolo contrarre il volto in una smorfia. Su quel
punto, nonostante gli anni che passavano, non aveva affatto
cambiato opinione. Ancora
non gli piaceva, bere il latte.
«Questo non
spiega comunque perché sei di qua in cucina con questa roba invece
che di là con
me», borbottò, facendo il
finto offeso. E sapevo
bene come tirarlo su di morale, quando faceva così.
Abbandonai il bollitore e, sorridendogli
ammiccante, registrai con la coda dell'occhio il bricco del latte; sorrisi
ancor di più, con una strana idea che mi era balzata
nella mente. Cinsi i
fianchi di Edward con le braccia, facendo in modo che non
vedesse a sua volta il bricco prima di baciargli il collo. «Non
riuscivo a dormire», sussurrai, sentendolo a sua volta
abbracciarmi attorno ai fianchi per sporgersi verso di me come per
aspirare ad un contatto più profondo,
chiudendo
gli occhi.
A quel punto me ne approfittai, allungando un braccio verso il latte
per bere appena un sorso e baciare subito Edward, più che
sicuro
che, sebbene non lo vedessi, avesse strabuzzato gli occhi. Consumai
quel bacio più in fretta che potei, riuscendo a far
assaggiare anche a lui il latte - un
po' mi colò anche lungo il mento - e quando ci
separammo del tutto lo vidi portarsi frenetico una mano alla bocca,
come se non ci credesse.
«Vedi che
in fondo il latte è buono?» sghignazzai, ricevendo
da lui un'occhiataccia.
Mi fulminò con lo sguardo e io iniziai a correre, ridendo,
con
le sue urla adirate che mi seguivano in ogni dove, infischiandocene
entrambi dei possibili reclami che avrebbero potuto fare le persone
degli altri appartamenti per gli schiamazzi notturni a cui ci
stavamo - anzi, si
stava - dedicando con tanta foga.
«Questa
volta ti castro, parola di Edward Elric!»
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