Fermi tutti! Avevo detto che prima
dei quattro anni l'avrei aggiornata e infatti ne è passato
meno di uno! Che brava, eh? Il fatto è che questa fic mi porta
via il sangue, è difficile da raccontare e la narrazione non è
il mio forte, credo io. È che io so come voglio finirla, ma
sto male al pensiero di come dovrò riadattare certi passaggi
del manga, tra cui l'incontro con Bakura e Kaiba!
Vi prego quindi di non risparmiarvi
con i consigli, in modo da portare questa benedetta fic alla sua
conclusione! Un bacio!
Un calcio, poi un pugno e un altro
ancora; prima sul viso, poi sullo stomaco, poi sulle coste. Un'altra
scossa gli pervase freneticamente le membra per lunghi, interminabili
secondi. Jonouchi era stato appeso per le braccia ad un gancio attaccato al soffitto, aveva la faccia ricoperta di sangue ed ecchimosi,
la vista annebbiata, riusciva giusto ad intravedere quella faccia da
schiaffi di Hirutani gioire per le sue sofferenze, compiaciuto. Che
intenzioni avevano? Volevano ucciderlo? Bé, di questo passo ce
l'avrebbero fatta senza troppi problemi.
Uno della banda gli si stava
avvicinando nuovamente col taser puntato, per quanto avrebbe
resistito a quelle scosse? Strizzò gli occhi aspettando inerme
di essere nuovamente torturato e si chiese se questa volta per lui
sarebbe stata definitivamente l'ultima e, forse, quasi lo sperava.
-Fe...fermatevi!-
una voce spezzò quella strana
atmosfera, si fece avanti timida fra i rumori delle sadiche risate
dei teppisti, tra la foschia e l'odore di sangue misto a pioggia che
invadeva l'aria e faceva pizzicare le narici, portando con sé
il silenzio.
Jonouchi aprì lentamente e a
fatica gli occhi pesti e gonfi, dovette concentrarsi parecchio per
poter mettere a fuoco quella figura che era appena entrata nel suo
campo visivo: un ragazzino. Già, sembrava proprio un
ragazzino.
Sì, un ragazzino era entrato
nel capanno attirando l'attenzione di tutti i presenti: capelli punk,
pelle abbronzata, quello strano pendaglio a forma di piramide più
grosso di lui al collo. Jonouchi lo avrebbe riconosciuto tra mille e
più persone:-A...Atem?-
Eppure non ne era così
convinto, erano le botte ad averlo scombussolato o...in lui c'era
qualcosa di diverso?
Quell' Atem se ne stava lì, gli
occhi grandi, quelle polle viola che si posavano su ogni cosa
avevano un'aria più...come dire? Spaesata! Più
intimorita del solito, nulla a che vedere con le stilettate che Atem
poteva lanciarti con gli occhi.
-Guardate.- Rise Hirutani voltandosi
verso il nuovo arrivato:-E' tornato il gaijin!-
Atem deglutì, stringeva forte al
petto uno strano pacchetto rettangolare:-Vi prego- esordì:-
lasciate stare Jonouchi-kun- Mugolò poi con voce pateticamente
flebile e supplichevole. Hirutani gli si avvicinò chinandosi
su di lui, lo sovrastò e gli sembrò persino più piccolo
rispetto a quando lo aveva incontrato la prima volta:-Ah sì? E
perché dovremmo? Perché ce lo chiedi tu, negretto?-
-Un gioco.- Rispose Atem porgendogli il
pacchettino stretto stretto nelle piccole mani:-Se vinco voglio che
liberi Jonouchi e che tu la smetta di fare il teppista.-
Hirutani, colto dalla sorpresa,
strabuzzò gli occhi mentre, alle sue spalle, i suoi compagni
scoppiarono di rimando in una fragorosa risata, come se avessero
appena udito la barzelletta più divertente mai raccontata.
Anche Jonouchi rimase basito: Atem era
impazzito? Credeva davvero di poter persuadere
quell'energumeno...GIOCANDO? Un ricordo si presentò
prepotentemente nella sua mente come un lampo improvviso. Anche
Ushio, quella volta, quando era venuto a scusarsi con lui aveva
parlato di un gioco e...Anzu! Già, Anzu glielo aveva detto!
Al Burger World lui non aveva assistito da vicino perché si
era nascosto dall'altra parte della stanza, ma anche lei gli aveva
accennato qualcosa di simile, qualcosa riguardante un gioco e...e
sì, gli aveva anche detto che quell'Atem che l'aveva salvata
non sembrava affatto Atem. Non ci aveva mai dato peso, credeva che
Anzu fosse semplicemente scossa, che in quel momento non fosse stata
pienamente in sé a causa della paura, sarebbe stato
comprensibile, molto più logico rispetto all'esistenza di un
“altro Atem”, ma...e se invece avesse avuto ragione?
Poteva davvero esserci un Atem non Atem in grado di redimere i
malvagi sfidandoli a dei giochi?
Hirutani afferrò il pacchetto,
lo rigirò tra le mani esaminandolo attentamente, poi lo aprì
e trattenne a stento una risata quando vide il contenuto: pezzi,
pezzi ovunque. Un puzzle? Un puzzle completamente bianco. Davvero?
-Io e te abbiamo conformazioni fisiche
diverse, in più sono nettamente in minoranza, l'unico modo che
abbiamo per giocare ad armi pari è affidarci al caso.- Disse
Atem, spiegando timidamente le sue motivazioni.
Jonouchi sentì le budella già
abbastanza provate dalle botte rivoltarsi, non poteva assistere un
minuto di più a quella scena! Atem era un ragazzo per bene,
pulito, non aveva nulla a che vedere con gente come Hirtani, gente
come lui! Non doveva essere lì, non avrebbe sopportato di
vederlo mentre si faceva ammazzare senza poter fare nulla,
imprigionato e malconcio com'era, era completamente impossibile
proteggere quel ragazzo che, mio Dio, sembrava aver perso
completamente il senno: -Atem! Ti prego, vattene via!- gridò
col poco fiato che gli rimaneva in corpo cercando di divincolarsi
dalla salda presa alle braccia che lo costringeva sospeso per aria.
Come poteva pensare di presentarsi
davanti ad una banda di teppisti con un gioco da tavolo in mano e
pretendere di essere pure preso sul serio? Come pretendeva di poterne
uscirne illeso? Atem non era uno stupido, tutt'altro, perché
si comportava in questo modo?
-Dovresti dar retta al tuo amichetto,
ragazzino.- Sogghignò Hirutani sentendosi persino in
imbarazzo davanti a tanta ingenuità da parte di quel piccolo
egiziano.
-No.- Fu la risposta di Atem, secca. I
suoi occhi erano fissi e spalancati su quelli del più grande,
forse intimoriti, ma indubbiamente decisi e e privi di titubanza. No,
non avrebbe cambiato idea e, Hirutani ancora non lo poteva sapere,
ma nessuno può sottrarsi al gioco della luce.
Rimasero per un attimo a fissarsi,
studiarsi, senza proferire parola e da lontano Jonouchi pregava
affinché quel silenzio non venisse spezzato da qualcosa che
mai avrebbe voluto vedere infrangersi su un amico.
-Molto bene.- Concluse Hirutani
facendosi scrocchiare le nocche della mano destra:-Ma vedi...- Si
stiracchiò poi il collo, sul viso fece capolino un sorrisetto
divertito:- Io preferisco altri tipi di giochi.- ed era chiaro a
quali giochi stesse alludendo, certamente includevano un divertimento
a senso unico.
Prese la carica, fece per aggredirlo,
ma a pochi centimetri dal viso dell'altro qualcosa lo bloccò
con uno scatto improvviso, come se la sua mano, chiusa a pugno,
fosse andata a sbattere contro un muro invisibile. Vide apparire un
occhio, uno strano occhio brillò sulla fronte di quel
ragazzino, un occhio che emanava una luce intensa, tanto che il più
grande dovette coprirsi per non restare accecato. Quando si guardò
intorno non c'era più niente, tutto era bianco, bianco come i
tasselli di quello strano puzzle. Intorno il nulla, come se tutto
fosse stato risucchiato via da quella luce intensa. I suoi compagni
erano tutti svenuti a terra, solo Jonouchi era rimasto sveglio,
ancora appeso per aria si guardava intorno con lo sguardo incredulo,
spaesato. che cosa diavolo era successo? Sia lui che Hirutani non
potevano credere ai loro occhi, era come se la luce avesse
inghiottito tutto:-Cosa cazzo...?-
-Questo è un gioco della
redenzione- Disse Atem poggiando delicatamente il giocattolo a
terra:- le ombre non esistono se non esiste la luce, solo così
le potrai affrontare faccia a faccia.-
-Le mie ombre?- Chiese Hirutani,
sinceramente spiazzato dalla situazione piuttosto, come dire,
inusuale.
Atem si sedette incrociando le gambe,
posizionandosi di fronte alla scatola:-Sì, ora siamo solo noi,
non puoi prevaricare su di me anche se sei più forte. Siamo
io, te e i tuoi demoni.-
Il ragazzo ascoltò con
attenzione le parole del piccoletto e a guardarlo sembrava
stranamente calmo, la cosa pareva non preoccuparlo particolarmente,
anzi, era persino incuriosito:-Mi sembra che tu stia vaneggiando
moccioso, ma da quel che ho capito per uscire da tutto questo
biancore oltremondo fastidioso devo batterti a quel gioco per
bambini, giusto?- si sedette di fronte ad Atem, imitandolo :- Ebbene,
cominciamo, che devo fare?-
Jonouchi strabuzzò lo sguardo,
nel vedere Hirutani così docile cominciò quasi a
credere di avere le allucinazioni per davvero. Oppure di essere
morto, sì, forse tutte quelle scosse lo avevano spedito
all'altro mondo, ecco il perché di quella luce bianca, ma
perché lì con lui c'erano anche quei due? Era un sogno?
Era svenuto? Un'allucinazione collettiva?
Atem sorrise, un sorriso così
tenero e fanciullesco che mai si era visto su quel viso, prima:- Tu
sei una persona distruttiva, distruggi te stesso e chi ti sta
intorno, ma ora è il momento di ricostruire la tua vita. Devi
guardare cosa sei diventato, Hirutani.-
Hirutani fece una morfia seriamente
infastidita da quell'affermazione, ma che diamine stava blaterando
quel nanerottolo? Credeva forse di essere il suo psicanalista?-
Perché il puzzle è bianco?- chiese mantenendo un tono
completamente tranquillo.
-In modo che tu possa rivedere su
questi tasselli i tuoi peccati.- rispose l'altro altrettanto
serenamente.
Bè, tutto questo era piuttosto
surreale, ma...suonava divertente. Hirutani sorrise, non sapeva cosa
stesse succedendo, cosa fosse lo strano occhio sulla fronte del
ragazzino, cosa fosse quella strana atmosfera, quello strano gioco,
le parole senza senso che uscivano dalla sua bocca, ma nel suo animo
non c'era alcuna titubanza, si sentiva perfettamente a suo agio in
quel luogo. La luce era accecante, sembrava quasi volerlo
inghiottire, sembrava prepotente, sembrava volesse entrargli dentro,
eppure...eppure non gli dava alcun fastidio. Tanto non l'avrebbe
lasciata entrare.
-Devo completarlo per vincere?- chiese,
curioso.
Atem prese un primo tassello dal
mucchio, mostrandoglielo:- Questa è una sfida personale, solo
tu puoi uscirne vincitore o vinto. Quando finirai di completarlo
tutto questo sparirà e tu sarai libero di fare la tua scelta,
su di te e su Jonouchi.- il ragazzino sorrise, quel sorriso puro e
vero che Jonouchi non aveva mai visto su quelle labbra:- ma prima
lascia che la luce ti conduca. Nessuna persona è veramente
cattiva, devi solo lasciarti andare!-
Hirutani gli strappò via il
primo pezzo dalle mani, evidentemente scocciato, ma impaziente: tutte
quelle parole prive di senso erano fastidiose, anzi, odiose e Dio,
odiava quella calma nella sua voce, odiava quei due occhi enormi
fermi lì a fissarlo con tanta intensità e insistenza.
Quel ragazzino sembrava avere la pretesa di volergli guardare dentro,
di giudicarlo ma, rise, non glielo avrebbe permesso. Nessuno poteva
intromettersi nella sua vita, nemmeno quello psicopatico dal sorriso
angelico che si era presentato davanti improvvisandosi giustiziere.
Lui era Hirutani, lui comandava su quella zona, nel suo liceo, nella
sua banda. Lui aveva deciso che Jonouchi gli apparteneva e così
sarebbe stato. Nessuno poteva dirgli di no, nessuno restava indenne
al suo passaggio e chi osava sfidarlo, chi osava disobbedire era
destinato a venir distrutto. Già, faceva ridere, lui di solito
distruggeva, distruggeva tutto e tutti, non ricostruiva.
Inerme nella sua posizione, Jonouchi
osservava la scena cercando di captare le loro parole: non avrebbe
mai pensato che un giorno si sarebbe sentito come una sorta di premio
in palio. Un premio piuttosto malconcio, in verità, ma tant'è.
Vide Hirutani prendere un tassello, unirlo ad un altro e un altro
ancora, le sue mani vagare nella scatola alla ricerca di quello
successivo, estrarre un pezzo, provare a collegarlo agli altri,
rigirarlo sui suoi lati, imprecare, sbagliare, riprovare e poi da
capo. Jonouchi sospirò, esanime. Era senza forze, sì,
era imprigionato, stanco, immobile, la bocca piena di
sangue, ma anche abbastanza lucido per capire che era tutto reale, assurdamente e spaventosamente reale e a confermarlo c'era il rumore assordante del proprio cuore che pompava frenetico contro il suo petto.
La luce che aveva inglobato tutto
sembrava muoversi intorno ad Atem, intorno ad Hirutani, sembrava
voler entrare in lui, come a cercare qualcosa all'interno di quel
ragazzo. Cosa voleva fare? Dove voleva arrivare?
Atem aveva parlato di redenzione,
quindi...redimerlo? Farlo diventare una persona buona? Hirutani? Era
davvero possibile? “nessuna persona è veramente
cattiva” aveva detto, ma davvero? Ma soprattutto Atem avrebbe
mai detto una cosa simile? Jonouchi scosse la testa negativamente:
no, era impossibile. Voleva bene a quel ragazzo proveniente
dall'Egitto, era felice di essere riuscito a conquistare la sua
fiducia almeno un po', aveva avuto modo di conoscerlo e proprio
perché gli era stata data questa possibilità non v'era
alcun dubbio sull'ovvia conclusione: non era Atem, non lo era neanche
vagamente. Sì, gli somigliava, quello era il suo corpo, ma non
era il suo amico, lui. Quel suo amico diffidente, quel suo amico
composto che ha tanta difficoltà a lasciarsi andare, quel
ragazzo un pizzico egoista. E bé, era anche piuttosto certo
che Atem non fosse in grado di farsi spuntare occhi luminosi sulla
fronte, far entrare la gente in strane dimensioni di bianco cosmico o
cose del genere. Atem e nessun altro essere umano al mondo,
probabilmente.
Quindi chi diavolo era quel...quel...?
Jonouchi cercò di aguzzare la
vista oltrepassando le spalle di Hirutani: il puzzle stava piano
piano prendendo forma e...stava accadendo qualcosa di strano. Poté
giurare di vedere i tasselli prendere colore, passare dal bianco
candido ad un tono che si faceva gradualmente sempre più
scuro. Cercò allora lo sguardo di Atem e si sorprese quando vi
trovò preoccupazione. Perché? Cosa stava accadendo
davvero? Le cose non stavano procedendo come voleva?
Dall'altro lato Hirutani prese un
pezzo, lo girò su se stesso un paio di volte, poi trovò
la sua collocazione. Rise, ormai il puzzle era a metà. Questo
assurdo gioco a breve sarebbe finito. Non capiva come tutto questo
fosse possibile, come lui si fosse ritrovato a giocare con quel
ragazzino, a stare alle sue regole, avrebbe potuto alzarsi e spezzare
quel corpicino con una mossa, eppure...eppure non lo aveva fatto, non
voleva. Sì, così era più divertente, c'era
qualcosa che lo intrigava. Forse l'idea di distruggere qualcosa di
soprannaturale, di piegare le regole alle SUE regole; forse la
soddisfazione di dimostrare che nulla poteva fermarlo, che era forte,
che era un leader, che anche la magia doveva arrendersi a lui.
Dimostrare ad Atem che si sbagliava su tutto: lui non aveva demoni,
lui era IL demone.
Posizionò l'ennesimo pezzo al
suo posto accompagnato dal rumore di un clack. Istintivamente scattò
all'indietro nel realizzarlo: il puzzle stava diventando nero. Nel
momento in cui ne prese coscienza si sentì invaso da
qualcosa, qualcosa di non identificabile, di mai provato, una
piacevole sensazione di calore, una scossa che partiva dalla punta
delle dita e finiva su quella dei capelli. La sua vista fu
improvvisamente come oscurata. Si guardò intorno, sembrava
essere finito in un altro luogo, ancora diverso da quello di prima, però
cieco, buio e si sentì spaesato. Eppure...era sereno.
L'oscurità lo faceva sentire tranquillo, molto di più
rispetto alla luce che prima lo stava accecando. Dove era finito,
adesso?
Si alzò in piedi e girò
su se stesso cercando di orientarsi, ma nulla, era tutto nero. :-E
adesso...dove cazzo...? Che diavolo stai combinando, negro?- disse,
ma non ricevette alcuna risposta.
Mosse le mani intorno a sé, come
a voler cercare qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa che potesse
riconoscere, che potesse fargli capire come doveva muoversi, cosa
doveva fare. Ecco, sì, dopo diversi tentativi in cui le sue
mani avevano vagato a vuoto, la sua pelle aveva percepito un lieve
contatto, un contatto leggero, sfiorato appena con la punta dei
polpastrelli. Allora si spinse in avanti ancora un po', curioso, per
afferrare quella cosa e la sentì avvicinarglisi. Gli si
appoggiò con la mano e mosse le dita un istante, giusto
quell'istante necessario per capire di cosa si trattasse, fino a
quando non ebbe più dubbi: una persona.
Una persona, quindi doveva essere Atem?
Perché aveva oscurato tutto? Che aveva intenzione di fare?
Senza alcun tipo di timore, allora, gli
afferrò le spalle saldamente tra le mani,
scuotendolo:-Tu...che cazzo stai...?-
E in quel momento una piccola luce si
accese illuminando il volto dell'altro.
La voce gli morì in gola quando,
tra quel gioco di luci ed ombre, poté riconoscere se stesso.
Un se stesso dagli occhi vacui, dalle
labbra socchiuse, un se stesso che lo guardava dall'alto come in uno
stato di trance apparente. Hirutani deglutì una grossa boccata d'aria e
a quella visione indietreggiò di qualche passo, lasciando
cautamente la presa. Per la prima volta da quando si era trovato in
quella situazione Hirutani vacillò e quella sensazione che
stava provando, ammise, assomigliava terribilmente alla paura.
Rimase un istante in silenzio a
scrutare quella persona che tanto gli somigliava . A ben guardarlo
sembrava un po' più giovane di lui, forse di uno o due anni.
Hirutani lo osservò meglio: sì, l'altro se stesso
indossava la divisa delle medie.
-Cosa...? Cosa cazzo sei tu?- riuscì
a biascicare prima che l'altro Hirutani facesse un passo verso di
lui, poi un altro e un altro ancora. Piano, come la loro andatura,
Hirutani vide le ombre intorno diradarsi, il paesaggio circostante
diventava gradualmente più nitido, sembrava stesse prendendo
le forme di un edificio e altre sagome spuntarono dal terreno
assumendo progressivamente sembianze simili a quelle umane. Tremò
per un momento quando, in uno sprizzo di lucidità, riconobbe
il retro della sua vecchia scuola, riconobbe i visi dei compagni
della sua stessa banda, il viso di Jonouchi. Hirutani era al centro
e tutti lo stavano circondando formando un semicerchio intorno a
lui, si avvicinavano, si avvicinavano sempre di più e il
ragazzo si accorse che non poteva indietreggiare più di
quanto non avesse già fatto, non poteva più scappare da
nessuna parte e lo capì nel momento in cui, alle sue spalle,
si sentì bloccato dalla superficie di un freddo muro di
cemento.
Gli altri si stringevano sempre di più
attorno al suo corpo, Hirutani appoggiò le mani contro la
parete come a cercarne protezione, un appoggio: dove aveva già
visto quella scena?
All'improvviso sentì qualcosa
riempirgli i polmoni, come un palloncino che si stava gonfiando,
ancora e ancora, qualcosa che sembrava volesse fargli esplodere il
torace con una forza prepotente, qualcosa che sembrava voler salire e
uscire dalla sua gola. Allora assecondò questo bisogno e aprì
la bocca, come a voler gridare, come a voler cercare di far defluire
quel qualcosa e quel qualcosa uscì, uscì davvero,
liberandolo:- SMETTETELA PER FAVORE, NON HO SOLDI CON ME!-
Hirutani si portò le mani alle
labbra, le tappò, sconvolto: quella non era la sua voce! E
perché aveva detto quella cosa? Cosa stava succedendo? Alzò
lo sguardo e vi trovò quello sardonico degli altri ragazzi,
dell'altro se stesso, e tutto gli fu improvvisamente chiaro.
Ricordava quel momento, ricordava quando alle medie, per la prima
volta, aveva deciso di prendere di mira un ragazzino di buona
famiglia per guadagnarci qualche soldo, ricordava di come aveva
coinvolto Jonouchi e gli altri promettendogli denaro. Soprattutto
Jonouchi, un ragazzo dall'incredibile forza fisica che avrebbe reso
la sua banda invincibile, con lui al suo fianco avrebbe in poco
tempo imposto la sua supremazia ovunque e sarebbe stato temuto da
tutti. Un bravo ragazzo, Jonouchi, ma chiunque sapeva anche quanto
avesse bisogno di soldi, della sua situazione familiare, della
sorella cagionevole di salute; tutti sapevano come sarebbe stato
facile farlo cedere, era una facile preda, per lui.
Non fece quasi in tempo a realizzare
questo ultimo pensiero quando vide l'altro se stesso alzare il
braccio e scagliarsi con ferocia contro di lui. Gli lanciò un pugno in pieno viso
facendolo cadere rovinosamente a terra.
Hirutani ansimò, spalancò
le labbra cercando di riempirsi i polmoni di grandi boccate d'aria,
come se fosse rimasto in apnea per chissà quanto tempo. Forse,
in effetti, così era stato davvero. Aprì gli occhi, si guardò
intorno e realizzò di essere ancora seduto nello stesso
posto, davanti a sé il puzzle come lo aveva lasciato e, anche
Atem, era fermo nella medesima posizione di prima. Aveva avuto
un'allucinazione? Si toccò titubante la guancia che era stata
colpita, formicolava, ma non faceva poi così male.
-Cosa è successo?- chiese
rivolgendo al suo sfidante uno sguardo confuso.
-Il tuo puzzle sta diventando nero,
significa che il tuo animo è oscuro, più diventerà
oscuro più dovrai affrontare te stesso.- rispose Atem, sul
viso un'espressione triste.
Per un attimo Hirutani, così
pacato fino a poco prima, vacillò. Dopotutto era umano e la
sua psiche non era abituata a vivere certe situazioni, ma ormai aveva
capito, sì, quello era tutto un gioco psicologico, quel
ragazzino stava cercando di suggestionarlo con i suoi trucchetti.
Aprì la bocca per parlare e si
accorse di avere la gola terribilmente secca e provata:-Che cosa?
Significa che avrò altre visioni simili a questa? Che cos'era quello?
-
-Hirutani, eri tu, eri tu il giorno in
cui hai deciso per la prima volta di diventare quello che sei.-
Atem indicò il puzzle:-Il puzzle
ti dà la possibilità di rivivere sulla tua stessa pelle
i tuoi peccati, ti farà rivivere tutto quello che hai fatto
agli altri, ma...- si interruppe un istante assottigliando i grandi
occhi in un'espressione quasi supplichevole:-Hirutani puoi fermare
tutto questo! Puoi vincere questo gioco!- Concluse.
-Come?-
-Fa' tornare il puzzle bianco, usa i
tasselli per ricostruire te stesso, affronta il vecchio Hirutani e
sconfiggilo!- la voce di Atem era carica di speranza, sul suo volto
un sorriso sincero, la mano chiusa a pugno vicino al cuore.
Hirutani lo guardò e rimase in
silenzio per tutto il tempo necessario per riflettere su quelle
parole, rimase in silenzio anche dopo, immobile a fissare e studiare
il suo interlocutore. Poi sorrise, abbassò il capo, prese un
tassello e ne cercò la giusta sistemazione.
Quella reazione spiazzò Atem,
non riusciva davvero a capire! Perché Hirutani non aveva nulla
da dire? Perché non sembrava spaventato dalla sua visione?
Perché non era minimamente turbato? Perché non
esitava? Alzò gli occhi alla ricerca della sua luce e la vide
volteggiare sulle loro teste. Era strano, pensò Atem, la luce
sembrava in difficoltà, sembrava tentare disperatamente di farsi notare da Hirutani, sembrava che lui la stesse ignorando.
Riposizionò preoccupato lo
sguardo sul ragazzo, era nuovamente in stato di trance: stava avendo
un'altra visione. Eppure, notò Atem riportando gli occhi sul
puzzle, questo continuava a diventare inesorabilmente nero.
-È impossibile...-l'affermazione
gli scivolò dalle labbra come un gemito strozzato. Perché
Hirutani non stava affrontando i suoi demoni? Perché sembrava
non risentirne? Perché ora il suo viso stava sorridendo? Tutti
capiscono i loro errori una volta che li vivono sulla loro pelle. Era
brutto, era crudele, Atem lo sapeva, non avrebbe voluto fare questo,
ma come poteva condurli alla luce se prima non attraversavano le
ombre? Come poteva offrirgli la sua mano se questi non sapevano di
averne bisogno?
Vide Hirutani riprendersi e continuare
a completare il suo gioco imperterrito e Atem rabbrividì quando osservò
l'ennesimo pezzo diventare nero. E poi ancora, ancora e ancora, si
alternavano stati di trance e lucentezza, dove Hirutani
proseguiva il suo cammino color della pece.
No, non doveva andare così!
Perché con lui non stava funzionando? Più aggiungeva
pezzi più il puzzle assumeva la tinta dell'oscurità. Non poteva
permetterlo, non poteva! Ne valeva della vita di tutti, sua, di
Hirutani, di Jonouchi! Sentì il panico salire, poteva davvero
essere? Stava davvero perdendo? Stava perdendo contro Hirutani?
Di scatto si spinse in avanti
afferrando la mano dell'altro che si accingeva intrepida ad inserire
l'ultimo, nerissimo tassello:-NO! FERMO!-
Le lacrime si formarono nei suoi grossi
occhi viola, scendendo giù per le guance e scivolando ancora
più giù, infrangendosi sul puzzle completamente
annerito sotto di lui:-Hirutani, no...per favore, ripensaci...quello che hai
visto, che hai provato, tu non...-
Hirutani sorrise, un sorriso
stranamente dolce che, sorpreso, fece sorridere l'altro ragazzo di
rimando, nella speranza di poterlo interpretare come un buon segno da parte sua.
-Oh, Atem, il tuo animo è così
buono...-
L'egiziano prese tra le mani quella di
Hirutani che ancora stringeva fra le dita l'ultimo pezzo:- Anche tu,
Hirutani! Anche tu puoi! Devi solo sforzarti di capire!-
-Oh, ma io capisco, capisco eccome-
continuò il ragazzo:- e ti ringrazio, grazie per avermi fatto
rivivere il mio passato, è stato illuminante, davvero.-
-Hirutani...- Atem deglutì nel
vedere quel sorriso diventare sempre più tagliente, sempre più
scuro e spaventoso. E dire che per un attimo si era illuso che...
-Sì, ti ringrazio, è
stato così...intenso. E vedi, quasi non ricordavo come ero
arrivato fino a qui, ma tu mi hai rinfrescato la memoria.- una luce
strana brillò negli occhi di Hirutani, una luce inquietante,
una luce che non dovrebbe essere ancora lì. Una luce non luce.
Da lontano Jonouchi si sforzava di
sentire cosa si stessero dicendo. Hirutani era girato di spalle, ma
il viso dell'altro Atem lo poteva vedere chiaramente e stava
piangendo e parlava da sé. Sentì il cuore stringersi in una morsa nel vedere
quegli occhi cristallini bagnarsi di lacrime e odiò con tutte
le forze che gli rimanevano il fatto di non poter fare nulla, nulla di
utile. Non sapeva cosa stava accadendo, non capiva, ma le cose non si
stavano mettendo bene, questo era certo. Cercò di
divincolarsi, di allentare la presa che lo imprigionava, ma nulla,
quei bastardi lo avevano legato troppo bene e lui era troppo stanco
per provare seriamente a liberarsi. In quell'istante vide qualcosa di
strano, qualcosa di diverso, qualcosa muoversi intorno ad Hirutani.
Sì, sembrava quasi che la luce intorno a lui stesse iniziando a
sciogliersi, colare come neve al sole, come cera a contatto col fuoco
e...era spaventoso! Così spaventoso da togliere il fiato, da
irrigidire le membra impedendo ai muscoli di dare retta all'istinto e
scappare.
-A...Atem! Atem!- cercò di
chiamarlo, si divincolò ancora e ancora, ma era tutto inutile.
Lui era lì, con lui, ma era inutile. Poteva, doveva guardare e basta. Aspettare
e basta.
-Sai, è stato bello, è
stato grandioso!- Riprese a parlare Hirutani:-ho potuto vedermi
dall'esterno, vedere come sono diventato forte, potente. Oh, sì!
È stato fantastico poter provare sulla mia pelle la paura
delle mie vittime, vedere quanto sono in grado di incutere timore! Il
mio potere...il mio potere è incredibile!-
Il ragazzo con un gesto secco si liberò
dalla presa di Atem, riprendendo possesso della sua mano che
stringeva ancora saldamente l'ultimo elemento del puzzle. La alzò
verso il cielo, quasi in segno di vittoria.
Gli occhi di Atem si spalancarono, le
lacrime non volevano più smettere di scendere copiose dai suoi
occhi: perché? Perché stava succedendo? Nessuno è
completamente cattivo, giusto? Giusto? Nessuno può essere
immune al potere della luce!
-Hirutani, no!- cercò di
dissuaderlo in un ultimo inutile e disperato tentativo:- vuoi davvero
vivere così? Vuoi davvero continuare a fare del male a tutti?
A fare del male a te? Vuoi vivere una vita fatta di ombra? Pensaci,
Hirutani! Non è la soluzione! Non è in questo modo che
otterrai quello che vuoi! Guarda Jonouchi, guarda i tuoi compagni...-
e li indicò svenuti a terra, indicò l'amico senza forze
appeso per le braccia al soffitto:-vuoi continuare a distruggere ogni
cosa al tuo passaggio? Vuoi continuare a distruggerti? Vuoi davvero
perdere la tua anima per sempre?-
Con un definitivo e veloce movimento
Hirutani posizionò l'ultimo tassello al suo posto.
-No Hirutani!-
il puzzle si illuminò di luce
nera e poi esplose con violenza, disseminandosi ovunque per il
capanno. La luce che prima regnava sovrana iniziò lentamente a
farsi meno intensa, sempre di meno, sempre di meno, fino a quando non
scomparve del tutto lasciando che la realtà tornasse a
circondarli al suo posto.
Dove prima era stato appoggiato il
puzzle ora vi era il segno di un'esplosione, come se vi fosse
scoppiata una bomba e il fumo che ne fuoriusciva invadeva i loro
sensi entrandogli in gola, bruciandogli gli occhi.
Hirutani tossì appena, era
fastidioso, ma si sentiva in gran forma, come mai prima d'ora. Aveva
sconfitto la luce, aveva sconfitto la magia, tutto questo lo fece
sentire pieno di sé e inarrestabile. Fece leva sulle braccia
alzandosi in piedi. Guardò dall'alto della sua posizione
l'altro ragazzo ancora seduto a terra, sconvolto, immobile,
piangente. Le braccia ricadevano lungo il suo corpo, le mani
abbandonate sul cemento freddo, senza forza, senza il coraggio di
reagire e, in fondo, che altro avrebbe potuto fare?
Il fumo copriva il viso di Hirutani,
ma i suoi occhi indemoniati sembravano penetrarlo, sembravano
tagliare qualsiasi cosa come lame affilate ed invincibili. Sorrise,
un sorriso trionfante, un sorriso malvagio, un sorriso che non
sarebbe mai cambiato. Hirutani aveva fatto la sua scelta.
- Ho vinto!-
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