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Autore: masayachan    04/01/2015    5 recensioni
Se Atem fosse Yugi e se Yugi fosse Atem, come sarebbe cominciato Yu-Gi-Oh? Io ho provato ad immaginarlo.
Genere: Malinconico, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atemu, Joey Wheeler/Jounouchi Kazuya, Tea Gardner/Anzu Mazaki, Tristan Taylor/Hiroto Honda, Yuugi Mouto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fermi tutti! Avevo detto che prima dei quattro anni l'avrei aggiornata e infatti ne è passato meno di uno! Che brava, eh? Il fatto è che questa fic mi porta via il sangue, è difficile da raccontare e la narrazione non è il mio forte, credo io. È che io so come voglio finirla, ma sto male al pensiero di come dovrò riadattare certi passaggi del manga, tra cui l'incontro con Bakura e Kaiba!

Vi prego quindi di non risparmiarvi con i consigli, in modo da portare questa benedetta fic alla sua conclusione! Un bacio!


Un calcio, poi un pugno e un altro ancora; prima sul viso, poi sullo stomaco, poi sulle coste. Un'altra scossa gli pervase freneticamente le membra per lunghi, interminabili secondi. Jonouchi era stato appeso per le braccia ad un gancio attaccato al soffitto, aveva la faccia ricoperta di sangue ed ecchimosi, la vista annebbiata, riusciva giusto ad intravedere quella faccia da schiaffi di Hirutani gioire per le sue sofferenze, compiaciuto. Che intenzioni avevano? Volevano ucciderlo? Bé, di questo passo ce l'avrebbero fatta senza troppi problemi.

Uno della banda gli si stava avvicinando nuovamente col taser puntato, per quanto avrebbe resistito a quelle scosse? Strizzò gli occhi aspettando inerme di essere nuovamente torturato e si chiese se questa volta per lui sarebbe stata definitivamente l'ultima e, forse, quasi lo sperava.

-Fe...fermatevi!-

una voce spezzò quella strana atmosfera, si fece avanti timida fra i rumori delle sadiche risate dei teppisti, tra la foschia e l'odore di sangue misto a pioggia che invadeva l'aria e faceva pizzicare le narici, portando con sé il silenzio.

Jonouchi aprì lentamente e a fatica gli occhi pesti e gonfi, dovette concentrarsi parecchio per poter mettere a fuoco quella figura che era appena entrata nel suo campo visivo: un ragazzino. Già, sembrava proprio un ragazzino.

Sì, un ragazzino era entrato nel capanno attirando l'attenzione di tutti i presenti: capelli punk, pelle abbronzata, quello strano pendaglio a forma di piramide più grosso di lui al collo. Jonouchi lo avrebbe riconosciuto tra mille e più persone:-A...Atem?-

Eppure non ne era così convinto, erano le botte ad averlo scombussolato o...in lui c'era qualcosa di diverso?

Quell' Atem se ne stava lì, gli occhi grandi, quelle polle viola che si posavano su ogni cosa avevano un'aria più...come dire? Spaesata! Più intimorita del solito, nulla a che vedere con le stilettate che Atem poteva lanciarti con gli occhi.

-Guardate.- Rise Hirutani voltandosi verso il nuovo arrivato:-E' tornato il gaijin!-

Atem deglutì, stringeva forte al petto uno strano pacchetto rettangolare:-Vi prego- esordì:- lasciate stare Jonouchi-kun- Mugolò poi con voce pateticamente flebile e supplichevole. Hirutani gli si avvicinò chinandosi su di lui, lo sovrastò e gli sembrò persino più piccolo rispetto a quando lo aveva incontrato la prima volta:-Ah sì? E perché dovremmo? Perché ce lo chiedi tu, negretto?-

-Un gioco.- Rispose Atem porgendogli il pacchettino stretto stretto nelle piccole mani:-Se vinco voglio che liberi Jonouchi e che tu la smetta di fare il teppista.-

Hirutani, colto dalla sorpresa, strabuzzò gli occhi mentre, alle sue spalle, i suoi compagni scoppiarono di rimando in una fragorosa risata, come se avessero appena udito la barzelletta più divertente mai raccontata.

Anche Jonouchi rimase basito: Atem era impazzito? Credeva davvero di poter persuadere quell'energumeno...GIOCANDO? Un ricordo si presentò prepotentemente nella sua mente come un lampo improvviso. Anche Ushio, quella volta, quando era venuto a scusarsi con lui aveva parlato di un gioco e...Anzu! Già, Anzu glielo aveva detto! Al Burger World lui non aveva assistito da vicino perché si era nascosto dall'altra parte della stanza, ma anche lei gli aveva accennato qualcosa di simile, qualcosa riguardante un gioco e...e sì, gli aveva anche detto che quell'Atem che l'aveva salvata non sembrava affatto Atem. Non ci aveva mai dato peso, credeva che Anzu fosse semplicemente scossa, che in quel momento non fosse stata pienamente in sé a causa della paura, sarebbe stato comprensibile, molto più logico rispetto all'esistenza di un “altro Atem”, ma...e se invece avesse avuto ragione? Poteva davvero esserci un Atem non Atem in grado di redimere i malvagi sfidandoli a dei giochi?

Hirutani afferrò il pacchetto, lo rigirò tra le mani esaminandolo attentamente, poi lo aprì e trattenne a stento una risata quando vide il contenuto: pezzi, pezzi ovunque. Un puzzle? Un puzzle completamente bianco. Davvero?

-Io e te abbiamo conformazioni fisiche diverse, in più sono nettamente in minoranza, l'unico modo che abbiamo per giocare ad armi pari è affidarci al caso.- Disse Atem, spiegando timidamente le sue motivazioni.

Jonouchi sentì le budella già abbastanza provate dalle botte rivoltarsi, non poteva assistere un minuto di più a quella scena! Atem era un ragazzo per bene, pulito, non aveva nulla a che vedere con gente come Hirtani, gente come lui! Non doveva essere lì, non avrebbe sopportato di vederlo mentre si faceva ammazzare senza poter fare nulla, imprigionato e malconcio com'era, era completamente impossibile proteggere quel ragazzo che, mio Dio, sembrava aver perso completamente il senno: -Atem! Ti prego, vattene via!- gridò col poco fiato che gli rimaneva in corpo cercando di divincolarsi dalla salda presa alle braccia che lo costringeva sospeso per aria.

Come poteva pensare di presentarsi davanti ad una banda di teppisti con un gioco da tavolo in mano e pretendere di essere pure preso sul serio? Come pretendeva di poterne uscirne illeso? Atem non era uno stupido, tutt'altro, perché si comportava in questo modo?

-Dovresti dar retta al tuo amichetto, ragazzino.- Sogghignò Hirutani sentendosi persino in imbarazzo davanti a tanta ingenuità da parte di quel piccolo egiziano.

-No.- Fu la risposta di Atem, secca. I suoi occhi erano fissi e spalancati su quelli del più grande, forse intimoriti, ma indubbiamente decisi e e privi di titubanza. No, non avrebbe cambiato idea e, Hirutani ancora non lo poteva sapere, ma nessuno può sottrarsi al gioco della luce.

Rimasero per un attimo a fissarsi, studiarsi, senza proferire parola e da lontano Jonouchi pregava affinché quel silenzio non venisse spezzato da qualcosa che mai avrebbe voluto vedere infrangersi su un amico.

-Molto bene.- Concluse Hirutani facendosi scrocchiare le nocche della mano destra:-Ma vedi...- Si stiracchiò poi il collo, sul viso fece capolino un sorrisetto divertito:- Io preferisco altri tipi di giochi.- ed era chiaro a quali giochi stesse alludendo, certamente includevano un divertimento a senso unico.

Prese la carica, fece per aggredirlo, ma a pochi centimetri dal viso dell'altro qualcosa lo bloccò con uno scatto improvviso, come se la sua mano, chiusa a pugno, fosse andata a sbattere contro un muro invisibile. Vide apparire un occhio, uno strano occhio brillò sulla fronte di quel ragazzino, un occhio che emanava una luce intensa, tanto che il più grande dovette coprirsi per non restare accecato. Quando si guardò intorno non c'era più niente, tutto era bianco, bianco come i tasselli di quello strano puzzle. Intorno il nulla, come se tutto fosse stato risucchiato via da quella luce intensa. I suoi compagni erano tutti svenuti a terra, solo Jonouchi era rimasto sveglio, ancora appeso per aria si guardava intorno con lo sguardo incredulo, spaesato. che cosa diavolo era successo? Sia lui che Hirutani non potevano credere ai loro occhi, era come se la luce avesse inghiottito tutto:-Cosa cazzo...?-

-Questo è un gioco della redenzione- Disse Atem poggiando delicatamente il giocattolo a terra:- le ombre non esistono se non esiste la luce, solo così le potrai affrontare faccia a faccia.-

-Le mie ombre?- Chiese Hirutani, sinceramente spiazzato dalla situazione piuttosto, come dire, inusuale.

Atem si sedette incrociando le gambe, posizionandosi di fronte alla scatola:-Sì, ora siamo solo noi, non puoi prevaricare su di me anche se sei più forte. Siamo io, te e i tuoi demoni.-

Il ragazzo ascoltò con attenzione le parole del piccoletto e a guardarlo sembrava stranamente calmo, la cosa pareva non preoccuparlo particolarmente, anzi, era persino incuriosito:-Mi sembra che tu stia vaneggiando moccioso, ma da quel che ho capito per uscire da tutto questo biancore oltremondo fastidioso devo batterti a quel gioco per bambini, giusto?- si sedette di fronte ad Atem, imitandolo :- Ebbene, cominciamo, che devo fare?-

Jonouchi strabuzzò lo sguardo, nel vedere Hirutani così docile cominciò quasi a credere di avere le allucinazioni per davvero. Oppure di essere morto, sì, forse tutte quelle scosse lo avevano spedito all'altro mondo, ecco il perché di quella luce bianca, ma perché lì con lui c'erano anche quei due? Era un sogno? Era svenuto? Un'allucinazione collettiva?

Atem sorrise, un sorriso così tenero e fanciullesco che mai si era visto su quel viso, prima:- Tu sei una persona distruttiva, distruggi te stesso e chi ti sta intorno, ma ora è il momento di ricostruire la tua vita. Devi guardare cosa sei diventato, Hirutani.-

Hirutani fece una morfia seriamente infastidita da quell'affermazione, ma che diamine stava blaterando quel nanerottolo? Credeva forse di essere il suo psicanalista?- Perché il puzzle è bianco?- chiese mantenendo un tono completamente tranquillo.

-In modo che tu possa rivedere su questi tasselli i tuoi peccati.- rispose l'altro altrettanto serenamente.

Bè, tutto questo era piuttosto surreale, ma...suonava divertente. Hirutani sorrise, non sapeva cosa stesse succedendo, cosa fosse lo strano occhio sulla fronte del ragazzino, cosa fosse quella strana atmosfera, quello strano gioco, le parole senza senso che uscivano dalla sua bocca, ma nel suo animo non c'era alcuna titubanza, si sentiva perfettamente a suo agio in quel luogo. La luce era accecante, sembrava quasi volerlo inghiottire, sembrava prepotente, sembrava volesse entrargli dentro, eppure...eppure non gli dava alcun fastidio. Tanto non l'avrebbe lasciata entrare.

-Devo completarlo per vincere?- chiese, curioso.

Atem prese un primo tassello dal mucchio, mostrandoglielo:- Questa è una sfida personale, solo tu puoi uscirne vincitore o vinto. Quando finirai di completarlo tutto questo sparirà e tu sarai libero di fare la tua scelta, su di te e su Jonouchi.- il ragazzino sorrise, quel sorriso puro e vero che Jonouchi non aveva mai visto su quelle labbra:- ma prima lascia che la luce ti conduca. Nessuna persona è veramente cattiva, devi solo lasciarti andare!-

Hirutani gli strappò via il primo pezzo dalle mani, evidentemente scocciato, ma impaziente: tutte quelle parole prive di senso erano fastidiose, anzi, odiose e Dio, odiava quella calma nella sua voce, odiava quei due occhi enormi fermi lì a fissarlo con tanta intensità e insistenza. Quel ragazzino sembrava avere la pretesa di volergli guardare dentro, di giudicarlo ma, rise, non glielo avrebbe permesso. Nessuno poteva intromettersi nella sua vita, nemmeno quello psicopatico dal sorriso angelico che si era presentato davanti improvvisandosi giustiziere. Lui era Hirutani, lui comandava su quella zona, nel suo liceo, nella sua banda. Lui aveva deciso che Jonouchi gli apparteneva e così sarebbe stato. Nessuno poteva dirgli di no, nessuno restava indenne al suo passaggio e chi osava sfidarlo, chi osava disobbedire era destinato a venir distrutto. Già, faceva ridere, lui di solito distruggeva, distruggeva tutto e tutti, non ricostruiva.

Inerme nella sua posizione, Jonouchi osservava la scena cercando di captare le loro parole: non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe sentito come una sorta di premio in palio. Un premio piuttosto malconcio, in verità, ma tant'è. Vide Hirutani prendere un tassello, unirlo ad un altro e un altro ancora, le sue mani vagare nella scatola alla ricerca di quello successivo, estrarre un pezzo, provare a collegarlo agli altri, rigirarlo sui suoi lati, imprecare, sbagliare, riprovare e poi da capo. Jonouchi sospirò, esanime. Era senza forze, sì, era imprigionato, stanco, immobile, la bocca piena di sangue, ma anche abbastanza lucido per capire che era tutto reale, assurdamente e spaventosamente reale e a confermarlo c'era il rumore assordante del proprio cuore che pompava frenetico contro il suo petto.

La luce che aveva inglobato tutto sembrava muoversi intorno ad Atem, intorno ad Hirutani, sembrava voler entrare in lui, come a cercare qualcosa all'interno di quel ragazzo. Cosa voleva fare? Dove voleva arrivare?

Atem aveva parlato di redenzione, quindi...redimerlo? Farlo diventare una persona buona? Hirutani? Era davvero possibile? “nessuna persona è veramente cattiva” aveva detto, ma davvero? Ma soprattutto Atem avrebbe mai detto una cosa simile? Jonouchi scosse la testa negativamente: no, era impossibile. Voleva bene a quel ragazzo proveniente dall'Egitto, era felice di essere riuscito a conquistare la sua fiducia almeno un po', aveva avuto modo di conoscerlo e proprio perché gli era stata data questa possibilità non v'era alcun dubbio sull'ovvia conclusione: non era Atem, non lo era neanche vagamente. Sì, gli somigliava, quello era il suo corpo, ma non era il suo amico, lui. Quel suo amico diffidente, quel suo amico composto che ha tanta difficoltà a lasciarsi andare, quel ragazzo un pizzico egoista. E bé, era anche piuttosto certo che Atem non fosse in grado di farsi spuntare occhi luminosi sulla fronte, far entrare la gente in strane dimensioni di bianco cosmico o cose del genere. Atem e nessun altro essere umano al mondo, probabilmente.

Quindi chi diavolo era quel...quel...?

Jonouchi cercò di aguzzare la vista oltrepassando le spalle di Hirutani: il puzzle stava piano piano prendendo forma e...stava accadendo qualcosa di strano. Poté giurare di vedere i tasselli prendere colore, passare dal bianco candido ad un tono che si faceva gradualmente sempre più scuro. Cercò allora lo sguardo di Atem e si sorprese quando vi trovò preoccupazione. Perché? Cosa stava accadendo davvero? Le cose non stavano procedendo come voleva?

Dall'altro lato Hirutani prese un pezzo, lo girò su se stesso un paio di volte, poi trovò la sua collocazione. Rise, ormai il puzzle era a metà. Questo assurdo gioco a breve sarebbe finito. Non capiva come tutto questo fosse possibile, come lui si fosse ritrovato a giocare con quel ragazzino, a stare alle sue regole, avrebbe potuto alzarsi e spezzare quel corpicino con una mossa, eppure...eppure non lo aveva fatto, non voleva. Sì, così era più divertente, c'era qualcosa che lo intrigava. Forse l'idea di distruggere qualcosa di soprannaturale, di piegare le regole alle SUE regole; forse la soddisfazione di dimostrare che nulla poteva fermarlo, che era forte, che era un leader, che anche la magia doveva arrendersi a lui. Dimostrare ad Atem che si sbagliava su tutto: lui non aveva demoni, lui era IL demone.

Posizionò l'ennesimo pezzo al suo posto accompagnato dal rumore di un clack. Istintivamente scattò all'indietro nel realizzarlo: il puzzle stava diventando nero. Nel momento in cui ne prese coscienza si sentì invaso da qualcosa, qualcosa di non identificabile, di mai provato, una piacevole sensazione di calore, una scossa che partiva dalla punta delle dita e finiva su quella dei capelli. La sua vista fu improvvisamente come oscurata. Si guardò intorno, sembrava essere finito in un altro luogo, ancora diverso da quello di prima, però cieco, buio e si sentì spaesato. Eppure...era sereno. L'oscurità lo faceva sentire tranquillo, molto di più rispetto alla luce che prima lo stava accecando. Dove era finito, adesso?

Si alzò in piedi e girò su se stesso cercando di orientarsi, ma nulla, era tutto nero. :-E adesso...dove cazzo...? Che diavolo stai combinando, negro?- disse, ma non ricevette alcuna risposta.

Mosse le mani intorno a sé, come a voler cercare qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa che potesse riconoscere, che potesse fargli capire come doveva muoversi, cosa doveva fare. Ecco, sì, dopo diversi tentativi in cui le sue mani avevano vagato a vuoto, la sua pelle aveva percepito un lieve contatto, un contatto leggero, sfiorato appena con la punta dei polpastrelli. Allora si spinse in avanti ancora un po', curioso, per afferrare quella cosa e la sentì avvicinarglisi. Gli si appoggiò con la mano e mosse le dita un istante, giusto quell'istante necessario per capire di cosa si trattasse, fino a quando non ebbe più dubbi: una persona.

Una persona, quindi doveva essere Atem? Perché aveva oscurato tutto? Che aveva intenzione di fare?

Senza alcun tipo di timore, allora, gli afferrò le spalle saldamente tra le mani, scuotendolo:-Tu...che cazzo stai...?-

E in quel momento una piccola luce si accese illuminando il volto dell'altro.

La voce gli morì in gola quando, tra quel gioco di luci ed ombre, poté riconoscere se stesso.

Un se stesso dagli occhi vacui, dalle labbra socchiuse, un se stesso che lo guardava dall'alto come in uno stato di trance apparente. Hirutani deglutì una grossa boccata d'aria e a quella visione indietreggiò di qualche passo, lasciando cautamente la presa. Per la prima volta da quando si era trovato in quella situazione Hirutani vacillò e quella sensazione che stava provando, ammise, assomigliava terribilmente alla paura.

Rimase un istante in silenzio a scrutare quella persona che tanto gli somigliava . A ben guardarlo sembrava un po' più giovane di lui, forse di uno o due anni. Hirutani lo osservò meglio: sì, l'altro se stesso indossava la divisa delle medie.

-Cosa...? Cosa cazzo sei tu?- riuscì a biascicare prima che l'altro Hirutani facesse un passo verso di lui, poi un altro e un altro ancora. Piano, come la loro andatura, Hirutani vide le ombre intorno diradarsi, il paesaggio circostante diventava gradualmente più nitido, sembrava stesse prendendo le forme di un edificio e altre sagome spuntarono dal terreno assumendo progressivamente sembianze simili a quelle umane. Tremò per un momento quando, in uno sprizzo di lucidità, riconobbe il retro della sua vecchia scuola, riconobbe i visi dei compagni della sua stessa banda, il viso di Jonouchi. Hirutani era al centro e tutti lo stavano circondando formando un semicerchio intorno a lui, si avvicinavano, si avvicinavano sempre di più e il ragazzo si accorse che non poteva indietreggiare più di quanto non avesse già fatto, non poteva più scappare da nessuna parte e lo capì nel momento in cui, alle sue spalle, si sentì bloccato dalla superficie di un freddo muro di cemento.

Gli altri si stringevano sempre di più attorno al suo corpo, Hirutani appoggiò le mani contro la parete come a cercarne protezione, un appoggio: dove aveva già visto quella scena?

All'improvviso sentì qualcosa riempirgli i polmoni, come un palloncino che si stava gonfiando, ancora e ancora, qualcosa che sembrava volesse fargli esplodere il torace con una forza prepotente, qualcosa che sembrava voler salire e uscire dalla sua gola. Allora assecondò questo bisogno e aprì la bocca, come a voler gridare, come a voler cercare di far defluire quel qualcosa e quel qualcosa uscì, uscì davvero, liberandolo:- SMETTETELA PER FAVORE, NON HO SOLDI CON ME!-

Hirutani si portò le mani alle labbra, le tappò, sconvolto: quella non era la sua voce! E perché aveva detto quella cosa? Cosa stava succedendo? Alzò lo sguardo e vi trovò quello sardonico degli altri ragazzi, dell'altro se stesso, e tutto gli fu improvvisamente chiaro. Ricordava quel momento, ricordava quando alle medie, per la prima volta, aveva deciso di prendere di mira un ragazzino di buona famiglia per guadagnarci qualche soldo, ricordava di come aveva coinvolto Jonouchi e gli altri promettendogli denaro. Soprattutto Jonouchi, un ragazzo dall'incredibile forza fisica che avrebbe reso la sua banda invincibile, con lui al suo fianco avrebbe in poco tempo imposto la sua supremazia ovunque e sarebbe stato temuto da tutti. Un bravo ragazzo, Jonouchi, ma chiunque sapeva anche quanto avesse bisogno di soldi, della sua situazione familiare, della sorella cagionevole di salute; tutti sapevano come sarebbe stato facile farlo cedere, era una facile preda, per lui.

Non fece quasi in tempo a realizzare questo ultimo pensiero quando vide l'altro se stesso alzare il braccio e scagliarsi con ferocia contro di lui. Gli lanciò un pugno in pieno viso facendolo cadere rovinosamente a terra.

Hirutani ansimò, spalancò le labbra cercando di riempirsi i polmoni di grandi boccate d'aria, come se fosse rimasto in apnea per chissà quanto tempo. Forse, in effetti, così era stato davvero. Aprì gli occhi, si guardò intorno e realizzò di essere ancora seduto nello stesso posto, davanti a sé il puzzle come lo aveva lasciato e, anche Atem, era fermo nella medesima posizione di prima. Aveva avuto un'allucinazione? Si toccò titubante la guancia che era stata colpita, formicolava, ma non faceva poi così male.

-Cosa è successo?- chiese rivolgendo al suo sfidante uno sguardo confuso.

-Il tuo puzzle sta diventando nero, significa che il tuo animo è oscuro, più diventerà oscuro più dovrai affrontare te stesso.- rispose Atem, sul viso un'espressione triste.

Per un attimo Hirutani, così pacato fino a poco prima, vacillò. Dopotutto era umano e la sua psiche non era abituata a vivere certe situazioni, ma ormai aveva capito, sì, quello era tutto un gioco psicologico, quel ragazzino stava cercando di suggestionarlo con i suoi trucchetti.

Aprì la bocca per parlare e si accorse di avere la gola terribilmente secca e provata:-Che cosa? Significa che avrò altre visioni simili a questa? Che cos'era quello? -

-Hirutani, eri tu, eri tu il giorno in cui hai deciso per la prima volta di diventare quello che sei.-

Atem indicò il puzzle:-Il puzzle ti dà la possibilità di rivivere sulla tua stessa pelle i tuoi peccati, ti farà rivivere tutto quello che hai fatto agli altri, ma...- si interruppe un istante assottigliando i grandi occhi in un'espressione quasi supplichevole:-Hirutani puoi fermare tutto questo! Puoi vincere questo gioco!- Concluse.

-Come?-

-Fa' tornare il puzzle bianco, usa i tasselli per ricostruire te stesso, affronta il vecchio Hirutani e sconfiggilo!- la voce di Atem era carica di speranza, sul suo volto un sorriso sincero, la mano chiusa a pugno vicino al cuore.

Hirutani lo guardò e rimase in silenzio per tutto il tempo necessario per riflettere su quelle parole, rimase in silenzio anche dopo, immobile a fissare e studiare il suo interlocutore. Poi sorrise, abbassò il capo, prese un tassello e ne cercò la giusta sistemazione.

Quella reazione spiazzò Atem, non riusciva davvero a capire! Perché Hirutani non aveva nulla da dire? Perché non sembrava spaventato dalla sua visione? Perché non era minimamente turbato? Perché non esitava? Alzò gli occhi alla ricerca della sua luce e la vide volteggiare sulle loro teste. Era strano, pensò Atem, la luce sembrava in difficoltà, sembrava tentare disperatamente di farsi notare da Hirutani, sembrava che lui la stesse ignorando.

Riposizionò preoccupato lo sguardo sul ragazzo, era nuovamente in stato di trance: stava avendo un'altra visione. Eppure, notò Atem riportando gli occhi sul puzzle, questo continuava a diventare inesorabilmente nero.

-È impossibile...-l'affermazione gli scivolò dalle labbra come un gemito strozzato. Perché Hirutani non stava affrontando i suoi demoni? Perché sembrava non risentirne? Perché ora il suo viso stava sorridendo? Tutti capiscono i loro errori una volta che li vivono sulla loro pelle. Era brutto, era crudele, Atem lo sapeva, non avrebbe voluto fare questo, ma come poteva condurli alla luce se prima non attraversavano le ombre? Come poteva offrirgli la sua mano se questi non sapevano di averne bisogno?

Vide Hirutani riprendersi e continuare a completare il suo gioco imperterrito e Atem rabbrividì quando osservò l'ennesimo pezzo diventare nero. E poi ancora, ancora e ancora, si alternavano stati di trance e lucentezza, dove Hirutani proseguiva il suo cammino color della pece.

No, non doveva andare così! Perché con lui non stava funzionando? Più aggiungeva pezzi più il puzzle assumeva la tinta dell'oscurità. Non poteva permetterlo, non poteva! Ne valeva della vita di tutti, sua, di Hirutani, di Jonouchi! Sentì il panico salire, poteva davvero essere? Stava davvero perdendo? Stava perdendo contro Hirutani?

Di scatto si spinse in avanti afferrando la mano dell'altro che si accingeva intrepida ad inserire l'ultimo, nerissimo tassello:-NO! FERMO!-

Le lacrime si formarono nei suoi grossi occhi viola, scendendo giù per le guance e scivolando ancora più giù, infrangendosi sul puzzle completamente annerito sotto di lui:-Hirutani, no...per favore, ripensaci...quello che hai visto, che hai provato, tu non...-

Hirutani sorrise, un sorriso stranamente dolce che, sorpreso, fece sorridere l'altro ragazzo di rimando, nella speranza di poterlo interpretare come un buon segno da parte sua.

-Oh, Atem, il tuo animo è così buono...-

L'egiziano prese tra le mani quella di Hirutani che ancora stringeva fra le dita l'ultimo pezzo:- Anche tu, Hirutani! Anche tu puoi! Devi solo sforzarti di capire!-

-Oh, ma io capisco, capisco eccome- continuò il ragazzo:- e ti ringrazio, grazie per avermi fatto rivivere il mio passato, è stato illuminante, davvero.-

-Hirutani...- Atem deglutì nel vedere quel sorriso diventare sempre più tagliente, sempre più scuro e spaventoso. E dire che per un attimo si era illuso che...

-Sì, ti ringrazio, è stato così...intenso. E vedi, quasi non ricordavo come ero arrivato fino a qui, ma tu mi hai rinfrescato la memoria.- una luce strana brillò negli occhi di Hirutani, una luce inquietante, una luce che non dovrebbe essere ancora lì. Una luce non luce.

Da lontano Jonouchi si sforzava di sentire cosa si stessero dicendo. Hirutani era girato di spalle, ma il viso dell'altro Atem lo poteva vedere chiaramente e stava piangendo e parlava da sé. Sentì il cuore stringersi in una morsa nel vedere quegli occhi cristallini bagnarsi di lacrime e odiò con tutte le forze che gli rimanevano il fatto di non poter fare nulla, nulla di utile. Non sapeva cosa stava accadendo, non capiva, ma le cose non si stavano mettendo bene, questo era certo. Cercò di divincolarsi, di allentare la presa che lo imprigionava, ma nulla, quei bastardi lo avevano legato troppo bene e lui era troppo stanco per provare seriamente a liberarsi. In quell'istante vide qualcosa di strano, qualcosa di diverso, qualcosa muoversi intorno ad Hirutani. Sì, sembrava quasi che la luce intorno a lui stesse iniziando a sciogliersi, colare come neve al sole, come cera a contatto col fuoco e...era spaventoso! Così spaventoso da togliere il fiato, da irrigidire le membra impedendo ai muscoli di dare retta all'istinto e scappare.

-A...Atem! Atem!- cercò di chiamarlo, si divincolò ancora e ancora, ma era tutto inutile. Lui era lì, con lui, ma era inutile. Poteva, doveva guardare e basta. Aspettare e basta.

-Sai, è stato bello, è stato grandioso!- Riprese a parlare Hirutani:-ho potuto vedermi dall'esterno, vedere come sono diventato forte, potente. Oh, sì! È stato fantastico poter provare sulla mia pelle la paura delle mie vittime, vedere quanto sono in grado di incutere timore! Il mio potere...il mio potere è incredibile!-

Il ragazzo con un gesto secco si liberò dalla presa di Atem, riprendendo possesso della sua mano che stringeva ancora saldamente l'ultimo elemento del puzzle. La alzò verso il cielo, quasi in segno di vittoria.

Gli occhi di Atem si spalancarono, le lacrime non volevano più smettere di scendere copiose dai suoi occhi: perché? Perché stava succedendo? Nessuno è completamente cattivo, giusto? Giusto? Nessuno può essere immune al potere della luce!

-Hirutani, no!- cercò di dissuaderlo in un ultimo inutile e disperato tentativo:- vuoi davvero vivere così? Vuoi davvero continuare a fare del male a tutti? A fare del male a te? Vuoi vivere una vita fatta di ombra? Pensaci, Hirutani! Non è la soluzione! Non è in questo modo che otterrai quello che vuoi! Guarda Jonouchi, guarda i tuoi compagni...- e li indicò svenuti a terra, indicò l'amico senza forze appeso per le braccia al soffitto:-vuoi continuare a distruggere ogni cosa al tuo passaggio? Vuoi continuare a distruggerti? Vuoi davvero perdere la tua anima per sempre?-

Con un definitivo e veloce movimento Hirutani posizionò l'ultimo tassello al suo posto.

-No Hirutani!-

il puzzle si illuminò di luce nera e poi esplose con violenza, disseminandosi ovunque per il capanno. La luce che prima regnava sovrana iniziò lentamente a farsi meno intensa, sempre di meno, sempre di meno, fino a quando non scomparve del tutto lasciando che la realtà tornasse a circondarli al suo posto.

Dove prima era stato appoggiato il puzzle ora vi era il segno di un'esplosione, come se vi fosse scoppiata una bomba e il fumo che ne fuoriusciva invadeva i loro sensi entrandogli in gola, bruciandogli gli occhi.

Hirutani tossì appena, era fastidioso, ma si sentiva in gran forma, come mai prima d'ora. Aveva sconfitto la luce, aveva sconfitto la magia, tutto questo lo fece sentire pieno di sé e inarrestabile. Fece leva sulle braccia alzandosi in piedi. Guardò dall'alto della sua posizione l'altro ragazzo ancora seduto a terra, sconvolto, immobile, piangente. Le braccia ricadevano lungo il suo corpo, le mani abbandonate sul cemento freddo, senza forza, senza il coraggio di reagire e, in fondo, che altro avrebbe potuto fare?

Il fumo copriva il viso di Hirutani, ma i suoi occhi indemoniati sembravano penetrarlo, sembravano tagliare qualsiasi cosa come lame affilate ed invincibili. Sorrise, un sorriso trionfante, un sorriso malvagio, un sorriso che non sarebbe mai cambiato. Hirutani aveva fatto la sua scelta.

- Ho vinto!-












   
 
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