CAPITOLO 7
Il ritorno sul cantiere quel lunedì fu
più traumatico del solito. Una nebbia fitta e umida
avvolgeva l’intera campagna attorno allo scavo. Studenti e
responsabili grondavano sudore che gli si appiccicava addosso come una
seconda pelle, fredda e fastidiosa.
Nina non aveva sentito nessuno dei ragazzi per il resto del fine
settimana. Aveva visto solo Roberto, per forza di cose, visto che
condividevano casa. Tuttavia non avevano avuto modo di parlare molto,
dal momento che Nina aveva fatto in modo di passare fuori casa
più tempo possibile.
Quel giorno la ragazza era particolarmente impegnata con il saggio di
AnnaChiara, un’altra delle responsabili sue colleghe.
C’era una situazione poco chiara, che nessuno di loro
riusciva a capire, quindi stavano passando la giornata a scervellarsi
per cercare di dare un senso a quello che vedevano.
Roberto teneva d’occhio gli altri saggi e dirigeva il resto
del lavoro. Passando accanto al saggio di Luigi, vide Silvia spicconare
decisamente con troppo vigore, accanendosi su uno scalino di terreno
come se ne dipendesse la sua stessa vita.
«Stai cercando l’oro? Purtroppo non è
una miniera, è solo un mucchio di terra»
avvicinatosi, Roberto tentò la carta dell’ironia
per indurla a fermarsi e riposarsi. Tuttavia Silvia mantenne il ritmo e
continuò a spicconare senza nemmeno rispondergli.
«Finirai per farti male, Silvia. Riposati un
attimo» Roberto divenne serio, intuendo che l’umore
della ragazza doveva essere particolarmente funesto.
Silvia lo ascoltò quella volta e diede un’ultima
vigorosa picconata facendo conficcare il piccone in una zolla di
terreno tanto in profondità che quando lo lasciò
quello si tenne dritto così in bilico sul terreno.
«Non ero stanca» si lamentò, mentre un
leggero affanno tradiva la menzogna di quell’affermazione.
Roberto recuperò una bottiglia d’acqua da un
angolo lì vicino e gliela porse «Il piccone
è un ottimo antistress, lo so per esperienza personale. Che
è successo?».
Silvia accettò l’acqua e bevve avidamente, poi con
la manica della maglia si asciugò la fronte imperlata di
sudore. Guardò Roberto negli occhi, ma non rispose.
«E’ Nina, vero?» intuì lui.
Silvia fece un sospiro e andò a sedersi su un piccolo masso
al limite dello scavo. Roberto la raggiunse e si sistemò per
terra accanto a lei a gambe incrociate.
«Non me ne frega niente di quello che fa della sua vita,
voglio solo che non faccia la stronza con me. Mi da fastidio».
«Nina purtroppo ha un modo tutto suo di relazionarsi alle
persone. Non ha un carattere semplice, me ne rendo conto».
«C’è qualcosa di più,
vero?» Silvia si voltò a guardare Roberto, gli
occhi attenti per scrutare la sua reazione «Non è
semplicemente stronza di carattere, lo fa per difendersi da
qualcosa».
Roberto ricambiò il suo sguardo solo per un istante, poi
spostò ostinatamente gli occhi sul terreno senza pronunciare
una parola. Per Silvia fu come un ammissione.
«Dovresti guardarti intorno comunque, perché hai
fatto colpo» cambiando decisamente registro Silvia si
alzò facendo un sorrisino malizioso a Roberto, prima di
tornare a prendere il piccone per ricominciare il suo lavoro.
La settimana passò via velocemente. Nina e Silvia non
avevano più avuto modo di incontrarsi o di parlarsi se non
per questioni strettamente lavorative. Silvia era stata ben attenta a
non incrociare Nina, ancora arrabbiata dopo il loro ultimo incontro, e
Nina dal canto suo non aveva sentito la necessità di
spiegarsi con lei.
Roberto era diventato molto più espansivo con le ragazze,
dopo la provocazione di Nina. Cercava di capire se fosse vero che
qualcuna di loro si fosse davvero presa una cotta per lui. Non che gli
interessasse cominciare la storia della sua vita, ma era da tempo che
non frequentava una ragazza ed una piacevole liaison per sentirsi meno
solo non gli sarebbe dispiaciuta. D’altro canto,
però, non poté dedicare troppo tempo alla sua
investigazione, poiché il problema che Nina aveva
riscontrato nel saggio di AnnaChiara ad inizio settimana si
rivelò essere qualcosa di molto più interessante.
Avevano trovato un piccolo tesoretto di monete e quindi i responsabili
furono tutti su di giri per l’intera settimana, impegnati a
scavare, studiare e catalogare i reperti.
Il fine settimana, l’ultimo prima della fine dello scavo,
Nina lo passò a scrivere una relazione circa il ritrovamento
delle monete da presentare al Direttore Scientifico, nonché
suo professore ormai da molti anni, con cui collaborava fin da dopo la
tesi di laurea. Domenica mattina si decise finalmente a mettere il naso
fuori di casa.
Mentre passeggiava per le vie del centro le arrivò un
messaggio di Carla, in cui le chiedeva stupita come mai non
l’avesse vista in giro per locali la sera prima. Nina
sbuffò e ripose il cellulare in tasca, non aveva voglia di
risponderle. Era ovvio, si disse, il lavoro viene prima di qualsiasi
altra cosa. Poteva avere una vita incasinata sotto tanti punti di
vista, ma sul lavoro non transigeva, doveva essere impeccabile.
Passando davanti ad un bar in piazza vide seduta ad un tavolino Lorena.
Si fermò ad osservarla, parlava al cellulare e sembrava
piuttosto concitata. La vide staccare la telefonata e posare il
telefono con un moto di stizza, decise di avvicinarsi.
«Ciao Lorena».
La ragazza sobbalzò, colta di sorpresa, poi si
rilassò vedendo la figura di Nina in piedi accanto al
tavolino «Nina. Ciao. Che ci fai qui?».
«Facevo quattro passi, mi andava di prendere una boccata
d’aria. Posso?» Nina indicò la sedia
accanto a lei e, dopo che Lorena ebbe annuito, si sedette
«Come va?».
«Di merda» Lorena mise su un sorriso chiaramente
artefatto, per sottolineare il concetto.
A Nina scappò una risatina empatica «Conosco la
sensazione. Problemi con…» lasciò
volutamente in sospeso la frase per permettere all’altra di
finirla.
«Marco. Il mio ragazzo. Lui è rimasto a Lecce
quando io ho deciso di venire qui a Siena a studiare, ora gli hanno
offerto un posto in Svizzera. Fa l’ingegnere»
Lorena spiegò il tutto con molta tranquillità,
con la sincerità che la contraddistingueva.
Era una delle poche del gruppo che Nina apprezzava sinceramente come
persona, le sorrise comprensiva.
«Bel casino» commentò semplicemente.
«Senti, stasera c’è una festa in
facoltà. Che fai, passi?» Lorena cambiò
totalmente argomento, ritrovando il suo consueto buon umore.
«Non so, se riesco passo».
«Dai! Ci sarà anche Silvia».
Nina sorrise sarcasticamente, un sopracciglio alzato con aria
strafottente «E la cosa dovrebbe invogliarmi a
venire?».
Lorena non rispose, le fece semplicemente un occhiolino. Nina
alzò gli occhi al cielo, Lorena sapeva tutto. Ora doveva
combattere contro due persone che cercavano di accalappiarle Silvia.
«Come sta la tua amica? Si è vista poco in giro
per l’abbazia questa settimana» decise di deviare
il discorso su un terreno più neutrale, tuttavia non
riuscì a cambiare del tutto il soggetto. Silvia
l’aveva evitata? Se l’era chiesto, ma non aveva
trovato risposta. Era curiosa.
Lorena assunse un’aria vaga e cominciò a
giocherellare con una ciocca di capelli «Sta bene, ha
studiato un po’ in questi giorni. Gli esami si
avvicinano».
«Ti ha detto perché si è trasferita
qui?».
«Non gliel’ho mai chiesto».
Nina annuì, senza aggiungere altro. Il perché di
quella scelta continuava a sfuggirle.
«Dirò anche a Roberto se vuole passare in
facoltà stasera. Magari riusciamo a fare un salto
insieme».
Lorena sorrise soddisfatta «Ottimo!».
«Ora vado. Ciao Lorena» Nina si alzò
mettendo le mani nelle tasche dei jeans, come al suo solito, e si
allontanò riprendendo la sua passeggiata per le vie del
centro.
Silvia aveva passato l’intera domenica a casa a studiare, il
sabato era uscita a divertirsi così aveva deciso di
recuperare. Aveva avuto poco tempo per pensare a Nina e al suo strano
comportamento quella settimana, si era limitata ad incrociarla il meno
possibile. Forse sentiva che la cosa avrebbe potuto rischiare di
sfuggirle di mano, aveva pensato. In effetti Nina aveva qualcosa che
l’aveva colpita, nei rari momenti in cui era stata gentile ed
affabile con lei era come se Silvia avesse intravisto una sua parte che
forse nemmeno lei conosceva. Forse erano solo sue congetture, si era
rimproverata Silvia. Continuare a pensare che lei fosse diversa da come
si dimostrava non l’avrebbe condotta da nessuna parte.
Era così immersa nello studio che il suono del campanello la
fece sobbalzare, pochi istanti dopo Lorena entrò in camera
sua «Mi ha aperto Sofia, sempre più simpatica la
tua coinquilina eh?!» una smorfia contrariata le
deformò il viso. Poi si fermò ad osservare
Silvia, ancora in tuta con i capelli tirati su da un mollettone e gli
occhiali da vista.
«Ancora non sei pronta?».
«Ma perché, che ore sono?».
«E’ tardi!».
Lorena la prese di peso costringendola ad alzarsi e la spinse verso il
bagno «Fatti una doccia, intanto io ti preparo i
vestiti».
Silvia non ebbe modo di obiettare. Fece una doccia veloce, poi si
vestì. Mentre si stava truccando, intercettò la
figura di Lorena allo specchio e la osservò bene. Non
indossava i soliti occhiali dalla montatura pesante, probabilmente
doveva aver messo le lenti a contatto. I capelli neri e lucenti non
erano lisci come al solito, ma mossi in morbide onde che le ricadevano
lungo la schiena. Gli occhi verdi e brillanti sapientemente truccati
per metterne in risalto il colore.
«Ma che hai combinato stasera?» Silvia pareva
sinceramente stupita di vedere l’amica così curata
per una semplice festa in facoltà, dove probabilmente dopo
dieci minuti avrebbero cominciato a sudare a causa della calca e si
sarebbe rovinato comunque tutto il suo certosino lavoro.
Lorena si aprì in un sorriso sornione «Stasera
potrebbe esserci anche Roberto».
«Lorena!» Silvia si voltò a guardarla
con sguardo di rimprovero «Tu sei fidanzata».
Lorena la liquidò con un gesto strafottente della mano
«Marco non c’è, e poi si sta comportando
come un coglione. Non so se ho più voglia di stare con
lui».
Silvia si alzò e le andò vicino, le mise una mano
sulla spalla «Lory, non fare cazzate. State insieme da cinque
anni, siete cresciuti insieme… potrebbe essere solo una
crisi passeggera e tu rischieresti di rovinare tutto per una
scopata».
Lorena strinse la sua mano sulla propria spalla e le rispose con un
sorriso grato «Non preoccuparti per me so quello che
faccio» si scostò per indossare il cappotto e la
sua espressione divenne impaziente «Ma hai visto quanto
è figo Roberto da quando si è fatto crescere la
barba? Dai muoviti, andiamo!».
Silvia scosse la testa con aria sconfitta, ma le scappò
comunque un sorrisino. In fondo se l’amica voleva divertirsi
a flirtare con Roberto chi era lei per impedirglielo? In fondo lei non
faceva lo stesso con Nina? Nina!
Silvia si bloccò con un piede fuori la porta e
tirò Lorena per la manica della giacca «Se ci
sarà Roberto, vuol dire che ci sarà anche Nina,
vero?» con uno sguardo di rimprovero trafisse
l’amica per averglielo tenuto nascosto.
Lorena non si scompose, accentuò il suo sorriso malandrino e
tirò Silvia per la mano prendendola sotto braccio e
trascinandosela dietro per vincere le sue resistenze.
Nina e Roberto erano arrivati da pochi minuti alla festa, avevano preso
da bere e stavano in un angolo a chiacchierare. I ragazzi del comitato
studentesco organizzavano spesso feste in facoltà,
servendosi degli ampi sottoscala e dei lunghi corridoi, approntavano
banchetti per gli alcolici e palchi per piccole band.
Roberto odiava questo genere di feste, infatti aveva seguito
l’amica ben poco volentieri. Era un tipo abbastanza rigido,
puntiglioso, meticoloso. In questa mania del controllo era molto simile
a Nina, con la differenza che lui riusciva a razionalizzare il tutto
evitando di agire impulsivamente ed emotivamente come spesso faceva
l’amica. Preferiva una serata di buona musica live in un wine
bar a quella ressa di studenti alticci e scatenati.
«Ripetimi di nuovo perché siamo qui»
Roberto interrogò Nina con uno sguardo palesemente scocciato.
«Perché l’alcool costa poco»
Nina gli fece un sorrisetto e bevve un lungo sorso del suo cocktail.
Silvia e Lorena entrarono a fatica facendosi largo tra la folla
«Puzza già di canna» si
lamentò la prima.
Lorena non diede segno di aver sentito le sue rimostranze,
poiché era intenta a perlustrare attentamente la sala e,
quando ebbe individuato Nina e Roberto, si diresse verso di loro a
passo spedito tirandosi dietro una interdetta Silvia.
«Ciao ragazzi» Lorena apparve davanti a Nina e
Roberto, i quali reagirono sorpresi, non avendola vista arrivare.
«Ragazze, ce l’avete fatta. Ciao Silvia»
Nina si sporse appena dietro le spalle di Lorena per guardare
l’altra ragazza, le fece un sorriso neutro.
«Ciao» mugugnò Silvia ben poco enfatica.
«Ragazze vi offro da bere, venite» Roberto
allargò le braccia tra la folla per permettere alle altre
due di passare e dirigersi al banchetto degli alcolici. Intanto
osservò Lorena, gli sembrava diversa dal solito. Aveva gli
occhi così verdi, perché non l’aveva
mai notato prima? Ah sì, portava gli occhiali di solito,
ecco perché.
Dopo aver preso da bere Roberto si guardò attorno
«Non dovevano venire anche Luigi, Paolo, e gli
altri?».
«In effetti sì, avevano detto che sarebbero
passati» Silvia si strinse nelle spalle con aria incerta e
bevve un sorso di birra. Roberto portava la barba più lunga
del solito, quel sottile velo sulla mascella, così ben
delineato, lo rendeva ancora più sexy. Non era molto alto,
quindi Lorena riusciva a guardarlo bene negli occhi, e vi si perdeva
tanto erano azzurri. E le labbra, così carnose. Ad un certo
punto il ricordo di Marco era già così lontano.
«Forse dovremmo fare un giro e cercarli» propose
proprio Roberto.
Lorena annuì e prese Silvia sottobraccio per non perderla
tra la folla, ma Nina mise una mano sul braccio di
quest’ultima per fermarla «No. Lei viene con
me» scoccò un’occhiatina irriverente a
Lorena.
Silvia guardò Nina con un punto interrogativo stampato sulla
fronte, poi si voltò verso Lorena per chiedere aiuto con lo
sguardo, ma l’amica alzò entrambe le mani in segno
di resa «Tutta tua».
Nina ghignò soddisfatta e strinse la presa attorno
all’avambraccio di Silvia tirandola verso di sé.
«Ci vediamo tra un po’
all’ingresso» Roberto lanciò a Nina
un’occhiata che sembrava tanto voler dire “Cerca di
non combinare cazzate ed evita di fare la stronza”.
Quando Roberto e Silvia scomparvero inghiottiti dalla calca di
studenti, Nina prese Silvia sottobraccio e si incamminò
dalla parte opposta.
Silvia, che fino a quel momento era stata docile poiché
colta di sorpresa, reagì con veemenza sottraendosi alla
presa di Nina. Si bloccò in mezzo alla folla, le mani
strette a pungo per il nervoso, le braccia dritte lungo i fianchi
«Non sono mica la tua bambolina, sai?!».
Nina rise e le si avvicinò, il viso ad un palmo dal suo
naso, ne sfiorò la punta con le labbra lasciandoci un bacio
«Peccato» scherzò rilassata.
Silvia la spinse via e la guardò in cagnesco, fumante di
rabbia «Io con te non vado proprio da nessuna parte. Vado a
cercare Lorena» si voltò per tornare sui propri
passi e andare a cercare l’amica, ma una presa ferrea sul
polso glielo impedì.
«Ferma» Nina la teneva bloccata e la costrinse a
voltarsi «Non vuoi che la tua amica resti un po’ da
sola con Roberto?» quando Silvia sgranò gli occhi
con aria colpevole, Nina seppe di aver fatto centro
«Sì, ho notato come lo guarda. Non ci vuole un
genio… volevo darle una possibilità».
Silvia si rilassò e la sua aria battagliera
cominciò a svanire. Nina sentì venir meno la sua
resistenza e allentò la presa sul suo polso
«Allora? Ci vieni in un posto con me?» la
incalzò, intravedendo in lei segni di cedimento.
Silvia la guardò. Aveva quel sorriso, quello gentile, glielo
aveva visto così poche volte, eppure il suo viso si
accendeva di una luce diversa e diventava ancora più bella.
Perché non sorrideva così più spesso?
Silvia si arrese e annuì. Il sorriso di Nina si estese anche
agli occhi, fece scivolare la mano lungo il polso di Silvia e prese la
sua mano ricominciando a camminare, guidandola fuori
dall’università.
Fece il giro del campus e cominciò a scendere lungo un
vialetto alberato e poco illuminato. Silvia la seguiva mansueta, persa
nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni. Che cosa si sarebbe
inventata quella volta?
Nina si fermò davanti ad un grande prato, erano sul retro
dell’università. Il baccano della festa era ormai
sparito, non si sentiva nulla a parte il sottile sibilo del vento tra
le foglie degli alberi. Nina si avvicinò ad una panchina e
si sedette, poi batté con la mano sul posto accanto al suo
invitando Silvia a fare lo stesso. La ragazza la accontentò,
non del tutto certa del motivo per cui fossero lì.
Nina non disse nulla per diversi minuti, lo sguardo fisso sul cielo
trapuntato di stelle. Silvia la osservava in silenzio, studiava ogni
particolare del suo profilo. Un riccio ribelle le ricadeva
sull’occhio sinistro, avrebbe voluto scostarglielo e poi
accarezzarle la fronte. Perché erano lì?
Perché lei non parlava? Più passavano i minuti
più l’impazienza di Silvia cresceva,
finché non riuscì più a trattenersi
«Che siamo venute a fare qui, Nina?».
Nina si portò un dito alle labbra e le fece segno di tacere
«Ascolta» sibilò piano.
Silvia aggrottò la fronte non capendo cosa volesse dire,
tuttavia rimase zitta e tese le orecchie. Dopo qualche secondo
sentì qualche rumore sul manto di foglie secche che
ricopriva il prato. Guardò davanti a sé e vide un
animale «Un gatto, e quindi?» domandò
scocciata.
Nina si voltò sorridendole «Guarda
meglio».
Silvia aguzzò la vista e vide l’animale cominciare
a saltellare per tutto il prato. Ben presto a quello se ne aggiunse un
altro e poi ancora uno.
«Ma… cosa sono?» domandò
incuriosita.
«Lepri» Nina osservò divertita la sua
reazione, era così dolce quando restava stupita e piegava la
testa di lato.
«In piena città?».
«Sì».
Silvia restò a guardare gli animali saltellare per tutto il
prato, alcuni azzardavano anche ad avvicinarsi a pochi passi da loro.
Era strano vedere saltellare delle lepri in un prato che a pochi passi
aveva un parcheggio pieno di auto. Perché Nina
l’aveva portata lì? Solo per farle vedere le
lepri? Si voltò nella sua direzione e la trovò a
fissarla a pochi centimetri di distanza. Silvia si sentì a
disagio, era rimasta a fissarla per tutto il tempo «Che
c’è?» domandò.
Nina si schiarì la voce prima di parlare «Ho
voglia di vederti nuda sul mio letto. Ora».
Silvia deglutì, quegli occhi bramosi l’avevano
inchiodata e quelle parole dirette e decise l’avevano
trafissa. Si sentì arrossire e una scossa di desiderio le
pervase tutto il corpo, tuttavia era ancora arrabbiata con Nina per
come l’aveva trattata nell’ultima settimana,
compresa quella sera «Nel tuo letto ci vai da sola».
Silvia fece per alzarsi, ma Nina le afferrò un polso per
trattenerla. Silva si voltò a guardarla con astio e
strattonò il braccio per liberarsi dalla sua presa
«Ce l’hai per vizio stasera».
«Muori dalla voglia anche tu» le rispose Nina. Si
avvicinò, le afferrò il bavero del cappotto con
entrambe le mani e la tirò verso di sé.
I loro nasi si sfiorarono, Silvia le mise le mani sulle spalle e
tentò di spingerla via, ma inutilmente poiché la
sua presa era troppo forte «Lasciami Nina» le
intimò furiosa.
Nina sorrise sarcastica, era entrata in modalità
provocatoria. Staccò le mani dal cappotto e le
alzò entrambe in alto facendo un passo indietro
«Sia mai che io costringa una ragazza a fare qualcosa che non
le va. Vai, se è questo che vuoi. Non ti
tratterrò».
Silvia rimase lì in piedi ad un passo da lei, ancora una
volta spiazzata dai suoi continui cambi di personalità. Nina
stava giocando al gatto col topo, sapeva bene che le faceva un certo
effetto e questa cosa mandava Silvia in bestia. Osservò
Nina, aveva ancora quel sorrisetto beffardo sul volto, gli occhi
illuminati da una scintilla quasi sadica. Silvia era infuriata, e la
voleva. Da morire. L’unico modo che trovò per
sfogare la sua frustrazione in quel momento fu quello di colmare
rapidamente la distanza fra loro, gettarle le braccia al collo e
baciarla con ferocia. Voleva farle male, affinché sentisse
tutta la sua rabbia. Le infilò una mano tra i capelli e
strinse forte tirando per farle tenere ferma la testa. Nina
assorbì l’attacco di Silvia barcollando per un
attimo poi, riguadagnato l’equilibrio la strinse in vita con
un braccio, mentre con l’altra mano le afferrò il
mento per cercare di domarla. Silvia le morse forte un labbro
costringendola ad interrompere il bacio per lasciar andare un rantolo
di dolore.
«Stronza» sibilò Nina, ma sul viso aveva
un’espressione divertita e maliziosa.
Silvia fece un profondo respiro ritrovando la calma e tentò
di divincolarsi dalla presa di Nina, ma ottenne solo di sentirsi
stringere più forte «Si può sapere che
vuoi da me, Nina?» si lamentò esasperata.
«Solo che tu ammetta che ti piace venire a letto con
me».
«E dopo che avrai ottenuto questa “vitale”
confessione?».
«Tu comincia ad ammetterlo».
«E’ ovvio che mi piace venire a letto con te,
altrimenti non ci sarei stata anche diverse volte. Ma non mi pare che a
te faccia proprio schifo l’idea di venire a letto con
me… anzi. Quindi non capisco perché farne una
questione, direi che siamo pari. Ora lasciami andare» Silvia
tentò ancora una volta di sottrarsi al possessivo abbraccio
di Nina, ma di nuovo in vano. Cedette, lasciandosi andare tra le sue
braccia con uno sbuffo esausto.
«E’ giusto, nemmeno a me fa schifo
l’idea… anzi» Nina le strizzò
l’occhio, consapevole che quel gesto l’avrebbe solo
fatta infuriare di più «Quindi vorrei che le cose
potessero proseguire semplicemente senza drammi e scenate. Potremmo
vederci e divertirci quando ci va. Che ne dici?».
Silvia le rivolse uno sguardo scettico «Mi stai proponendo di
diventare scopamiche, Nina?».
«Se ti fa piacere chiamarlo
così…» Nina si strinse nella spalle
sghignazzando.
«Non posso andare a letto con una che soffre di
personalità multipla. C’è un limite a
tutto» l’espressione di Silvia era seria e stanca,
quasi sconfitta.
Nina rise a quell’affermazione «Io non soffro di
personalità multipla».
«Ma sei una stronza» la corresse Silvia
«Certe volte sei insopportabile nella tua arroganza e nella
tua strafottenza. Un attimo prima sei gentile e l’attimo dopo
acida come un limone».
Nina sciolse finalmente l’abbraccio e permise a Silvia di
fare un passo indietro e riprendersi il proprio spazio vitale
«Beh, posso cercare di essere meno acida» concesse
con un’alzata di spalle «Per arroganza e
strafottenza non posso fare molto, sono un marchio di
fabbrica» terminò ridacchiando.
Silvia la guardò per qualche attimo in silenzio poi, forse
per scaricare la tensione accumulata fino a quel momento, forse
perché vedere Nina ridere rilassata le piaceva,
cominciò a ridere a sua volta.
Nina capì che l’altra aveva finalmente sbollito la
rabbia e le tese una mano «Vieni a casa con me
adesso?».
Silvia guardò la mano di Nina e poi il suo viso
«Gli altri?».
«Vuoi davvero preoccuparti degli altri?» Nina la
incitò con lo sguardo a prendere la propria mano
«Vieni con me Silvia».
Silvia tentennò ancora qualche secondo, poi
afferrò la mano di Nina e la seguì a casa sua.
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Attesa un po' più lunga del solito, lo so. Come ho
già detto, però, questa storia la scrivo man mano
che pubblico quindi può risentire di un'ispirazione
ballerina...e in questo periodo anche di stress da esami. Spero
comunque che il capitolo vi sia piaciuto. Prometto che
cercherò di non farvi aspettare troppo per il prossimo
capitolo.
A presto!
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