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Autore: WingsOfButterfly    11/01/2015    2 recensioni
[...]Silvia tentò ancora una volta di rimproverare Nina, ma quest’ultima non le lasciò finire la frase. Le prese il viso tra le mani e la baciò, con forza e prepotenza. Le infilò la lingua tra le labbra senza attendere che fosse lei ad aprirle e con quel bacio le tolse il fiato. [...]
[...]Silvia rimase seduta dov’era, lasciando che lo sguardo di Nina vagasse su di lei. Le piaceva sentirsi i suoi occhi addosso, veder crescere in lei la voglia di prenderla e possederla. [...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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CAPITOLO 7


Il ritorno sul cantiere quel lunedì fu più traumatico del solito. Una nebbia fitta e umida avvolgeva l’intera campagna attorno allo scavo. Studenti e responsabili grondavano sudore che gli si appiccicava addosso come una seconda pelle, fredda e fastidiosa.
Nina non aveva sentito nessuno dei ragazzi per il resto del fine settimana. Aveva visto solo Roberto, per forza di cose, visto che condividevano casa. Tuttavia non avevano avuto modo di parlare molto, dal momento che Nina aveva fatto in modo di passare fuori casa più tempo possibile.
Quel giorno la ragazza era particolarmente impegnata con il saggio di AnnaChiara, un’altra delle responsabili sue colleghe. C’era una situazione poco chiara, che nessuno di loro riusciva a capire, quindi stavano passando la giornata a scervellarsi per cercare di dare un senso a quello che vedevano.
Roberto teneva d’occhio gli altri saggi e dirigeva il resto del lavoro. Passando accanto al saggio di Luigi, vide Silvia spicconare decisamente con troppo vigore, accanendosi su uno scalino di terreno come se ne dipendesse la sua stessa vita.
«Stai cercando l’oro? Purtroppo non è una miniera, è solo un mucchio di terra» avvicinatosi, Roberto tentò la carta dell’ironia per indurla a fermarsi e riposarsi. Tuttavia Silvia mantenne il ritmo e continuò a spicconare senza nemmeno rispondergli.
«Finirai per farti male, Silvia. Riposati un attimo» Roberto divenne serio, intuendo che l’umore della ragazza doveva essere particolarmente funesto.
Silvia lo ascoltò quella volta e diede un’ultima vigorosa picconata facendo conficcare il piccone in una zolla di terreno tanto in profondità che quando lo lasciò quello si tenne dritto così in bilico sul terreno.
«Non ero stanca» si lamentò, mentre un leggero affanno tradiva la menzogna di quell’affermazione.
Roberto recuperò una bottiglia d’acqua da un angolo lì vicino e gliela porse «Il piccone è un ottimo antistress, lo so per esperienza personale. Che è successo?».
Silvia accettò l’acqua e bevve avidamente, poi con la manica della maglia si asciugò la fronte imperlata di sudore. Guardò Roberto negli occhi, ma non rispose.
«E’ Nina, vero?» intuì lui.
Silvia fece un sospiro e andò a sedersi su un piccolo masso al limite dello scavo. Roberto la raggiunse e si sistemò per terra accanto a lei a gambe incrociate.
«Non me ne frega niente di quello che fa della sua vita, voglio solo che non faccia la stronza con me. Mi da fastidio».
«Nina purtroppo ha un modo tutto suo di relazionarsi alle persone. Non ha un carattere semplice, me ne rendo conto».
«C’è qualcosa di più, vero?» Silvia si voltò a guardare Roberto, gli occhi attenti per scrutare la sua reazione «Non è semplicemente stronza di carattere, lo fa per difendersi da qualcosa».
Roberto ricambiò il suo sguardo solo per un istante, poi spostò ostinatamente gli occhi sul terreno senza pronunciare una parola. Per Silvia fu come un ammissione.
«Dovresti guardarti intorno comunque, perché hai fatto colpo» cambiando decisamente registro Silvia si alzò facendo un sorrisino malizioso a Roberto, prima di tornare a prendere il piccone per ricominciare il suo lavoro.

La settimana passò via velocemente. Nina e Silvia non avevano più avuto modo di incontrarsi o di parlarsi se non per questioni strettamente lavorative. Silvia era stata ben attenta a non incrociare Nina, ancora arrabbiata dopo il loro ultimo incontro, e Nina dal canto suo non aveva sentito la necessità di spiegarsi con lei.
Roberto era diventato molto più espansivo con le ragazze, dopo la provocazione di Nina. Cercava di capire se fosse vero che qualcuna di loro si fosse davvero presa una cotta per lui. Non che gli interessasse cominciare la storia della sua vita, ma era da tempo che non frequentava una ragazza ed una piacevole liaison per sentirsi meno solo non gli sarebbe dispiaciuta. D’altro canto, però, non poté dedicare troppo tempo alla sua investigazione, poiché il problema che Nina aveva riscontrato nel saggio di AnnaChiara ad inizio settimana si rivelò essere qualcosa di molto più interessante. Avevano trovato un piccolo tesoretto di monete e quindi i responsabili furono tutti su di giri per l’intera settimana, impegnati a scavare, studiare e catalogare i reperti.

Il fine settimana, l’ultimo prima della fine dello scavo, Nina lo passò a scrivere una relazione circa il ritrovamento delle monete da presentare al Direttore Scientifico, nonché suo professore ormai da molti anni, con cui collaborava fin da dopo la tesi di laurea. Domenica mattina si decise finalmente a mettere il naso fuori di casa.
Mentre passeggiava per le vie del centro le arrivò un messaggio di Carla, in cui le chiedeva stupita come mai non l’avesse vista in giro per locali la sera prima. Nina sbuffò e ripose il cellulare in tasca, non aveva voglia di risponderle. Era ovvio, si disse, il lavoro viene prima di qualsiasi altra cosa. Poteva avere una vita incasinata sotto tanti punti di vista, ma sul lavoro non transigeva, doveva essere impeccabile.
Passando davanti ad un bar in piazza vide seduta ad un tavolino Lorena. Si fermò ad osservarla, parlava al cellulare e sembrava piuttosto concitata. La vide staccare la telefonata e posare il telefono con un moto di stizza, decise di avvicinarsi.
«Ciao Lorena».
La ragazza sobbalzò, colta di sorpresa, poi si rilassò vedendo la figura di Nina in piedi accanto al tavolino «Nina. Ciao. Che ci fai qui?».
«Facevo quattro passi, mi andava di prendere una boccata d’aria. Posso?» Nina indicò la sedia accanto a lei e, dopo che Lorena ebbe annuito, si sedette «Come va?».
«Di merda» Lorena mise su un sorriso chiaramente artefatto, per sottolineare il concetto.
A Nina scappò una risatina empatica «Conosco la sensazione. Problemi con…» lasciò volutamente in sospeso la frase per permettere all’altra di finirla.
«Marco. Il mio ragazzo. Lui è rimasto a Lecce quando io ho deciso di venire qui a Siena a studiare, ora gli hanno offerto un posto in Svizzera. Fa l’ingegnere» Lorena spiegò il tutto con molta tranquillità, con la sincerità che la contraddistingueva.
Era una delle poche del gruppo che Nina apprezzava sinceramente come persona, le sorrise comprensiva.
«Bel casino» commentò semplicemente.
«Senti, stasera c’è una festa in facoltà. Che fai, passi?» Lorena cambiò totalmente argomento, ritrovando il suo consueto buon umore.
«Non so, se riesco passo».
«Dai! Ci sarà anche Silvia».
Nina sorrise sarcasticamente, un sopracciglio alzato con aria strafottente «E la cosa dovrebbe invogliarmi a venire?».
Lorena non rispose, le fece semplicemente un occhiolino. Nina alzò gli occhi al cielo, Lorena sapeva tutto. Ora doveva combattere contro due persone che cercavano di accalappiarle Silvia.
«Come sta la tua amica? Si è vista poco in giro per l’abbazia questa settimana» decise di deviare il discorso su un terreno più neutrale, tuttavia non riuscì a cambiare del tutto il soggetto. Silvia l’aveva evitata? Se l’era chiesto, ma non aveva trovato risposta. Era curiosa.
Lorena assunse un’aria vaga e cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli «Sta bene, ha studiato un po’ in questi giorni. Gli esami si avvicinano».
«Ti ha detto perché si è trasferita qui?».
«Non gliel’ho mai chiesto».
Nina annuì, senza aggiungere altro. Il perché di quella scelta continuava a sfuggirle.
«Dirò anche a Roberto se vuole passare in facoltà stasera. Magari riusciamo a fare un salto insieme».
Lorena sorrise soddisfatta «Ottimo!».
«Ora vado. Ciao Lorena» Nina si alzò mettendo le mani nelle tasche dei jeans, come al suo solito, e si allontanò riprendendo la sua passeggiata per le vie del centro.

Silvia aveva passato l’intera domenica a casa a studiare, il sabato era uscita a divertirsi così aveva deciso di recuperare. Aveva avuto poco tempo per pensare a Nina e al suo strano comportamento quella settimana, si era limitata ad incrociarla il meno possibile. Forse sentiva che la cosa avrebbe potuto rischiare di sfuggirle di mano, aveva pensato. In effetti Nina aveva qualcosa che l’aveva colpita, nei rari momenti in cui era stata gentile ed affabile con lei era come se Silvia avesse intravisto una sua parte che forse nemmeno lei conosceva. Forse erano solo sue congetture, si era rimproverata Silvia. Continuare a pensare che lei fosse diversa da come si dimostrava non l’avrebbe condotta da nessuna parte.
Era così immersa nello studio che il suono del campanello la fece sobbalzare, pochi istanti dopo Lorena entrò in camera sua «Mi ha aperto Sofia, sempre più simpatica la tua coinquilina eh?!» una smorfia contrariata le deformò il viso. Poi si fermò ad osservare Silvia, ancora in tuta con i capelli tirati su da un mollettone e gli occhiali da vista.
«Ancora non sei pronta?».
«Ma perché, che ore sono?».
«E’ tardi!».
Lorena la prese di peso costringendola ad alzarsi e la spinse verso il bagno «Fatti una doccia, intanto io ti preparo i vestiti».
Silvia non ebbe modo di obiettare. Fece una doccia veloce, poi si vestì. Mentre si stava truccando, intercettò la figura di Lorena allo specchio e la osservò bene. Non indossava i soliti occhiali dalla montatura pesante, probabilmente doveva aver messo le lenti a contatto. I capelli neri e lucenti non erano lisci come al solito, ma mossi in morbide onde che le ricadevano lungo la schiena. Gli occhi verdi e brillanti sapientemente truccati per metterne in risalto il colore.
«Ma che hai combinato stasera?» Silvia pareva sinceramente stupita di vedere l’amica così curata per una semplice festa in facoltà, dove probabilmente dopo dieci minuti avrebbero cominciato a sudare a causa della calca e si sarebbe rovinato comunque tutto il suo certosino lavoro.
Lorena si aprì in un sorriso sornione «Stasera potrebbe esserci anche Roberto».
«Lorena!» Silvia si voltò a guardarla con sguardo di rimprovero «Tu sei fidanzata».
Lorena la liquidò con un gesto strafottente della mano «Marco non c’è, e poi si sta comportando come un coglione. Non so se ho più voglia di stare con lui».
Silvia si alzò e le andò vicino, le mise una mano sulla spalla «Lory, non fare cazzate. State insieme da cinque anni, siete cresciuti insieme… potrebbe essere solo una crisi passeggera e tu rischieresti di rovinare tutto per una scopata».
Lorena strinse la sua mano sulla propria spalla e le rispose con un sorriso grato «Non preoccuparti per me so quello che faccio» si scostò per indossare il cappotto e la sua espressione divenne impaziente «Ma hai visto quanto è figo Roberto da quando si è fatto crescere la barba? Dai muoviti, andiamo!».
Silvia scosse la testa con aria sconfitta, ma le scappò comunque un sorrisino. In fondo se l’amica voleva divertirsi a flirtare con Roberto chi era lei per impedirglielo? In fondo lei non faceva lo stesso con Nina? Nina!
Silvia si bloccò con un piede fuori la porta e tirò Lorena per la manica della giacca «Se ci sarà Roberto, vuol dire che ci sarà anche Nina, vero?» con uno sguardo di rimprovero trafisse l’amica per averglielo tenuto nascosto.
Lorena non si scompose, accentuò il suo sorriso malandrino e tirò Silvia per la mano prendendola sotto braccio e trascinandosela dietro per vincere le sue resistenze.
Nina e Roberto erano arrivati da pochi minuti alla festa, avevano preso da bere e stavano in un angolo a chiacchierare. I ragazzi del comitato studentesco organizzavano spesso feste in facoltà, servendosi degli ampi sottoscala e dei lunghi corridoi, approntavano banchetti per gli alcolici e palchi per piccole band.
Roberto odiava questo genere di feste, infatti aveva seguito l’amica ben poco volentieri. Era un tipo abbastanza rigido, puntiglioso, meticoloso. In questa mania del controllo era molto simile a Nina, con la differenza che lui riusciva a razionalizzare il tutto evitando di agire impulsivamente ed emotivamente come spesso faceva l’amica. Preferiva una serata di buona musica live in un wine bar a quella ressa di studenti alticci e scatenati.
«Ripetimi di nuovo perché siamo qui» Roberto interrogò Nina con uno sguardo palesemente scocciato.
«Perché l’alcool costa poco» Nina gli fece un sorrisetto e bevve un lungo sorso del suo cocktail.
Silvia e Lorena entrarono a fatica facendosi largo tra la folla «Puzza già di canna» si lamentò la prima.
Lorena non diede segno di aver sentito le sue rimostranze, poiché era intenta a perlustrare attentamente la sala e, quando ebbe individuato Nina e Roberto, si diresse verso di loro a passo spedito tirandosi dietro una interdetta Silvia.
«Ciao ragazzi» Lorena apparve davanti a Nina e Roberto, i quali reagirono sorpresi, non avendola vista arrivare.
«Ragazze, ce l’avete fatta. Ciao Silvia» Nina si sporse appena dietro le spalle di Lorena per guardare l’altra ragazza, le fece un sorriso neutro.
«Ciao» mugugnò Silvia ben poco enfatica.
«Ragazze vi offro da bere, venite» Roberto allargò le braccia tra la folla per permettere alle altre due di passare e dirigersi al banchetto degli alcolici. Intanto osservò Lorena, gli sembrava diversa dal solito. Aveva gli occhi così verdi, perché non l’aveva mai notato prima? Ah sì, portava gli occhiali di solito, ecco perché.
Dopo aver preso da bere Roberto si guardò attorno «Non dovevano venire anche Luigi, Paolo, e gli altri?».
«In effetti sì, avevano detto che sarebbero passati» Silvia si strinse nelle spalle con aria incerta e bevve un sorso di birra. Roberto portava la barba più lunga del solito, quel sottile velo sulla mascella, così ben delineato, lo rendeva ancora più sexy. Non era molto alto, quindi Lorena riusciva a guardarlo bene negli occhi, e vi si perdeva tanto erano azzurri. E le labbra, così carnose. Ad un certo punto il ricordo di Marco era già così lontano.
«Forse dovremmo fare un giro e cercarli» propose proprio Roberto.
Lorena annuì e prese Silvia sottobraccio per non perderla tra la folla, ma Nina mise una mano sul braccio di quest’ultima per fermarla «No. Lei viene con me» scoccò un’occhiatina irriverente a Lorena.
Silvia guardò Nina con un punto interrogativo stampato sulla fronte, poi si voltò verso Lorena per chiedere aiuto con lo sguardo, ma l’amica alzò entrambe le mani in segno di resa «Tutta tua».
Nina ghignò soddisfatta e strinse la presa attorno all’avambraccio di Silvia tirandola verso di sé.
«Ci vediamo tra un po’ all’ingresso» Roberto lanciò a Nina un’occhiata che sembrava tanto voler dire “Cerca di non combinare cazzate ed evita di fare la stronza”.
Quando Roberto e Silvia scomparvero inghiottiti dalla calca di studenti, Nina prese Silvia sottobraccio e si incamminò dalla parte opposta.
Silvia, che fino a quel momento era stata docile poiché colta di sorpresa, reagì con veemenza sottraendosi alla presa di Nina. Si bloccò in mezzo alla folla, le mani strette a pungo per il nervoso, le braccia dritte lungo i fianchi «Non sono mica la tua bambolina, sai?!».
Nina rise e le si avvicinò, il viso ad un palmo dal suo naso, ne sfiorò la punta con le labbra lasciandoci un bacio «Peccato» scherzò rilassata.
Silvia la spinse via e la guardò in cagnesco, fumante di rabbia «Io con te non vado proprio da nessuna parte. Vado a cercare Lorena» si voltò per tornare sui propri passi e andare a cercare l’amica, ma una presa ferrea sul polso glielo impedì.
«Ferma» Nina la teneva bloccata e la costrinse a voltarsi «Non vuoi che la tua amica resti un po’ da sola con Roberto?» quando Silvia sgranò gli occhi con aria colpevole, Nina seppe di aver fatto centro «Sì, ho notato come lo guarda. Non ci vuole un genio… volevo darle una possibilità».
Silvia si rilassò e la sua aria battagliera cominciò a svanire. Nina sentì venir meno la sua resistenza e allentò la presa sul suo polso «Allora? Ci vieni in un posto con me?» la incalzò, intravedendo in lei segni di cedimento.
Silvia la guardò. Aveva quel sorriso, quello gentile, glielo aveva visto così poche volte, eppure il suo viso si accendeva di una luce diversa e diventava ancora più bella. Perché non sorrideva così più spesso?
Silvia si arrese e annuì. Il sorriso di Nina si estese anche agli occhi, fece scivolare la mano lungo il polso di Silvia e prese la sua mano ricominciando a camminare, guidandola fuori dall’università.
Fece il giro del campus e cominciò a scendere lungo un vialetto alberato e poco illuminato. Silvia la seguiva mansueta, persa nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni. Che cosa si sarebbe inventata quella volta?
Nina si fermò davanti ad un grande prato, erano sul retro dell’università. Il baccano della festa era ormai sparito, non si sentiva nulla a parte il sottile sibilo del vento tra le foglie degli alberi. Nina si avvicinò ad una panchina e si sedette, poi batté con la mano sul posto accanto al suo invitando Silvia a fare lo stesso. La ragazza la accontentò, non del tutto certa del motivo per cui fossero lì.
Nina non disse nulla per diversi minuti, lo sguardo fisso sul cielo trapuntato di stelle. Silvia la osservava in silenzio, studiava ogni particolare del suo profilo. Un riccio ribelle le ricadeva sull’occhio sinistro, avrebbe voluto scostarglielo e poi accarezzarle la fronte. Perché erano lì? Perché lei non parlava? Più passavano i minuti più l’impazienza di Silvia cresceva, finché non riuscì più a trattenersi «Che siamo venute a fare qui, Nina?».
Nina si portò un dito alle labbra e le fece segno di tacere «Ascolta» sibilò piano.
Silvia aggrottò la fronte non capendo cosa volesse dire, tuttavia rimase zitta e tese le orecchie. Dopo qualche secondo sentì qualche rumore sul manto di foglie secche che ricopriva il prato. Guardò davanti a sé e vide un animale «Un gatto, e quindi?» domandò scocciata.
Nina si voltò sorridendole «Guarda meglio».
Silvia aguzzò la vista e vide l’animale cominciare a saltellare per tutto il prato. Ben presto a quello se ne aggiunse un altro e poi ancora uno.
«Ma… cosa sono?» domandò incuriosita.
«Lepri» Nina osservò divertita la sua reazione, era così dolce quando restava stupita e piegava la testa di lato.
«In piena città?».
«Sì».
Silvia restò a guardare gli animali saltellare per tutto il prato, alcuni azzardavano anche ad avvicinarsi a pochi passi da loro. Era strano vedere saltellare delle lepri in un prato che a pochi passi aveva un parcheggio pieno di auto. Perché Nina l’aveva portata lì? Solo per farle vedere le lepri? Si voltò nella sua direzione e la trovò a fissarla a pochi centimetri di distanza. Silvia si sentì a disagio, era rimasta a fissarla per tutto il tempo «Che c’è?» domandò.
Nina si schiarì la voce prima di parlare «Ho voglia di vederti nuda sul mio letto. Ora».
Silvia deglutì, quegli occhi bramosi l’avevano inchiodata e quelle parole dirette e decise l’avevano trafissa. Si sentì arrossire e una scossa di desiderio le pervase tutto il corpo, tuttavia era ancora arrabbiata con Nina per come l’aveva trattata nell’ultima settimana, compresa quella sera «Nel tuo letto ci vai da sola».
Silvia fece per alzarsi, ma Nina le afferrò un polso per trattenerla. Silva si voltò a guardarla con astio e strattonò il braccio per liberarsi dalla sua presa «Ce l’hai per vizio stasera».
«Muori dalla voglia anche tu» le rispose Nina. Si avvicinò, le afferrò il bavero del cappotto con entrambe le mani e la tirò verso di sé.
I loro nasi si sfiorarono, Silvia le mise le mani sulle spalle e tentò di spingerla via, ma inutilmente poiché la sua presa era troppo forte «Lasciami Nina» le intimò furiosa.
Nina sorrise sarcastica, era entrata in modalità provocatoria. Staccò le mani dal cappotto e le alzò entrambe in alto facendo un passo indietro «Sia mai che io costringa una ragazza a fare qualcosa che non le va. Vai, se è questo che vuoi. Non ti tratterrò».
Silvia rimase lì in piedi ad un passo da lei, ancora una volta spiazzata dai suoi continui cambi di personalità. Nina stava giocando al gatto col topo, sapeva bene che le faceva un certo effetto e questa cosa mandava Silvia in bestia. Osservò Nina, aveva ancora quel sorrisetto beffardo sul volto, gli occhi illuminati da una scintilla quasi sadica. Silvia era infuriata, e la voleva. Da morire. L’unico modo che trovò per sfogare la sua frustrazione in quel momento fu quello di colmare rapidamente la distanza fra loro, gettarle le braccia al collo e baciarla con ferocia. Voleva farle male, affinché sentisse tutta la sua rabbia. Le infilò una mano tra i capelli e strinse forte tirando per farle tenere ferma la testa. Nina assorbì l’attacco di Silvia barcollando per un attimo poi, riguadagnato l’equilibrio la strinse in vita con un braccio, mentre con l’altra mano le afferrò il mento per cercare di domarla. Silvia le morse forte un labbro costringendola ad interrompere il bacio per lasciar andare un rantolo di dolore.
«Stronza» sibilò Nina, ma sul viso aveva un’espressione divertita e maliziosa.
Silvia fece un profondo respiro ritrovando la calma e tentò di divincolarsi dalla presa di Nina, ma ottenne solo di sentirsi stringere più forte «Si può sapere che vuoi da me, Nina?» si lamentò esasperata.
«Solo che tu ammetta che ti piace venire a letto con me».
«E dopo che avrai ottenuto questa “vitale” confessione?».
«Tu comincia ad ammetterlo».
«E’ ovvio che mi piace venire a letto con te, altrimenti non ci sarei stata anche diverse volte. Ma non mi pare che a te faccia proprio schifo l’idea di venire a letto con me… anzi. Quindi non capisco perché farne una questione, direi che siamo pari. Ora lasciami andare» Silvia tentò ancora una volta di sottrarsi al possessivo abbraccio di Nina, ma di nuovo in vano. Cedette, lasciandosi andare tra le sue braccia con uno sbuffo esausto.
«E’ giusto, nemmeno a me fa schifo l’idea… anzi» Nina le strizzò l’occhio, consapevole che quel gesto l’avrebbe solo fatta infuriare di più «Quindi vorrei che le cose potessero proseguire semplicemente senza drammi e scenate. Potremmo vederci e divertirci quando ci va. Che ne dici?».
Silvia le rivolse uno sguardo scettico «Mi stai proponendo di diventare scopamiche, Nina?».
«Se ti fa piacere chiamarlo così…» Nina si strinse nella spalle sghignazzando.
«Non posso andare a letto con una che soffre di personalità multipla. C’è un limite a tutto» l’espressione di Silvia era seria e stanca, quasi sconfitta.
Nina rise a quell’affermazione «Io non soffro di personalità multipla».
«Ma sei una stronza» la corresse Silvia «Certe volte sei insopportabile nella tua arroganza e nella tua strafottenza. Un attimo prima sei gentile e l’attimo dopo acida come un limone».
Nina sciolse finalmente l’abbraccio e permise a Silvia di fare un passo indietro e riprendersi il proprio spazio vitale «Beh, posso cercare di essere meno acida» concesse con un’alzata di spalle «Per arroganza e strafottenza non posso fare molto, sono un marchio di fabbrica» terminò ridacchiando.
Silvia la guardò per qualche attimo in silenzio poi, forse per scaricare la tensione accumulata fino a quel momento, forse perché vedere Nina ridere rilassata le piaceva, cominciò a ridere a sua volta.
Nina capì che l’altra aveva finalmente sbollito la rabbia e le tese una mano «Vieni a casa con me adesso?».
Silvia guardò la mano di Nina e poi il suo viso «Gli altri?».
«Vuoi davvero preoccuparti degli altri?» Nina la incitò con lo sguardo a prendere la propria mano «Vieni con me Silvia».
Silvia tentennò ancora qualche secondo, poi afferrò la mano di Nina e la seguì a casa sua.




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Attesa un po' più lunga del solito, lo so. Come ho già detto, però, questa storia la scrivo man mano che pubblico quindi può risentire di un'ispirazione ballerina...e in questo periodo anche di stress da esami. Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto. Prometto che cercherò di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo.
A presto!
  
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