Capitolo 2 – È colpa mia
«Come ho potuto, Goten?! Come ho potuto!»
Trunks
sollevò gli occhi sconvolti sull’amico.
Avevano
cercato tutta la notte in lungo e in largo, ma di Bra non
avevano trovato nemmeno una minima traccia. Anche l’aura
della bambina non si sentiva più, come uno sbuffo di profumo
cancellato dal vento.
«Tu
non sai cosa le ho detto… Ho detto che la
lasciavo lì perché era un posto da
principesse» proseguì il giovane, con voce
straziata. «E lei ci credeva, Goten, mi credeva. Avrei dovuto
pensarci! Avrei dovuto considerare che è solo una
bambina!»
Il moro lo
guardò in un silenzio allarmato. Era agitato a
propria volta – tanto che il sudore iniziava ad attaccargli
la maglia alla schiena –, ma guardando Trunks non poteva fare
a meno di sentirsi maggiormente nervoso.
«Trunks»
disse, tentando di dare alla propria voce
un tono ragionevole, «non preoccuparti. Non può
essere lontana. Andiamo… andiamo a casa tua, poi potremo
chiamare la polizia».
Trunks si
sentì, se possibile, ancor più
sgomento. Dire ai propri genitori quel che era successo… Sua
madre avrebbe sofferto, e tutto per colpa sua. Come aveva potuto
abbandonarsi a quel gesto, cedendo all’esasperazione? Avrebbe
dovuto fermarsi a ragionare, ricordare la risata di Bra e quanto la
bambina sapesse essere affettuosa…
E suo
padre, poi?
Al pensiero
di come avrebbe potuto reagire Vegeta, si sentì
rabbrividire, ma poi si dissi che, qualunque punizione il padre gli
avrebbe inflitto, se la sarebbe meritata.
«Andiamo»
disse, faticando a tirar fuori le parole
dalla propria gola.
Camminarono:
Trunks barcollava ed aveva la nausea, e si sentiva troppo
stremato per volare.
Nel
constatare la propria debolezza, cercò di riprendersi.
“No” pensò, “non devo sembrare
debole di fronte ai miei genitori. Loro devono sapermi dare tutta la
colpa che ho”.
Si
appoggiò a Goten.
Continuava
a pensare a Bra, solo a Bra, al suo sguardo curioso quando
loro madre le faceva vedere qualcosa di nuovo, alle sue manine,
così impacciate ogni volta che provava a sistemarsi
l’elastico per capelli, ai suoi occhi blu… Si
sentiva soffocare dal peso di quel che aveva fatto, a desiderare
disperatamente di poter tornare indietro e cambiare atteggiamento, e la
notte era solo una cornice scura attorno all’impotenza che
minacciava di fargli scoppiare il petto.
Eppure,
nonostante tutto, una parte di lui, un minuscolo angolo della
sua mente, continuava a sperare.
Sperava.
Sperava di
arrivare a casa e trovare la sorellina, al caldo e al
sicuro, con i genitori. Sperava che lei, stufa di attenderlo, fosse
semplicemente tornata alla Capsule Corporation.
E lui
l’avrebbe abbracciata con tutte le proprie forze,
sentendo le lacrime pungergli gli occhi, e non gli sarebbe importato
nemmeno dei rimproveri dei suoi genitori.
E mentre
quei pensieri si agitavano nella sua mente, continuava ad
incespicare dietro a Goten.
Dopo un
po’, la sagoma della Capsule Corporation
iniziò a profilarsi in fondo alla via. I due ragazzi
procedettero lenti, quasi con cautela. I fanali delle auto li
illuminavano per pochi istanti, momenti in cui sembravano spalancarsi
sbalorditi, chiedendosi come mai quell’aria di tragedia.
Infine, a
passi lenti e faticosi, Goten e Trunks giunsero alla porta
dell’abitazione dei Briefs. Il giovane dai capelli lilla
sentì lo stomaco serrarsi maggiormente, mentre la nausea e
l’orrore salivano. Com’era possibile che ci fosse
una tale atmosfera di pace?
Le sue dita
gelate annasparono alla ricerca delle chiavi, a malapena
riuscirono ad afferrarle. Le passò a Goten, poggiandosi
pesantemente allo stipite, colto da un giramento di testa.
Iniziò a sforzarsi di respirare piano, tentando di calmarsi
almeno un po’.
Quando
udì la porta girare sui cardini, si tirò
in piedi, entrando con Goten.
I due
giovani percorsero il corridoio nel più completo
silenzio, sino a sbucare nell’atrio.
Lì,
Trunks si fermò di colpo. Sia sua madre che
suo padre erano davanti a lui. Bulma era evidentemente appena
rincasata, mentre Vegeta sembrava aver soddisfatto da poco il proprio
appetito.
Entrambi si
voltarono simultaneamente verso i mezzi saiyan che avevano
fatto il loro ingresso.
«Già
finita la serata?»
domandò Bulma con un sorriso: evidentemente non si era
accorta dell’assenza di Bra.
Trunks
barcollò in avanti. «Mamma»
iniziò, con voce tremante, «Bra
è…»
Poi, senza
poterne fare a meno, nonostante ciò che si era
ripromesso, vomitò sul pavimento.
Bulma, se
nell’udire quanto suonava incerta la voce del
primogenito si era allarmata, ora era davvero preoccupata.
«Trunks, che è successo?!»
esclamò, balzando verso il figlio.
Il ragazzo
alzò il viso, passandosi un braccio sulla bocca.
«Mamma, io… Bra… oh, mamma!»
Fece una pausa. «È successa una cosa orrenda,
mamma, ed è colpa mia, è tutta colpa
mia».
Bulma si
protese verso di lui, angustiata. «Ma che
dici?»
«Io…
ho lasciato Bra da sola al parco»
riuscì finalmente a dire il ragazzo, sentendosi come se ogni
suono emesso gli avesse trafitto la gola. «E poi, quando sono
tornato…»
Non ebbe la
forza di concludere, ma le sue parole non dette aleggiarono
nell’aria con maggior presenza di quanto avrebbero fatto se
pronunciate.
Dopodiché,
Trunks si girò verso Vegeta, che aveva
assistito a tutta la scena. «Forza,
papà» mormorò, tentando di soffocare il
dolore che gli lacerava il petto. «Puniscimi, fammi del male.
Dammi quel che merito».
Il Principe
dei Saiyan alzò lentamente il capo.
Prima aveva
ricevuto la notizia che la sua secondogenita era scomparsa
– la sua Bra, finita chissà dove – e ora
suo figlio, con espressione sconvolta, lo spronava a ferirlo. Tutto
ciò era troppo per riuscire a mantenere la maschera di
indifferenza che lo contraddistingueva.
«Ma
che vai dicendo, Trunks?!
Piuttosto…» Si rivolse a Goten che, impietrito,
aveva osservato tutto, e gli disse bruscamente: «Accompagnalo
in camera sua. Io vado a cercare Bra. Bulma»
proseguì, rivolgendosi seccamente alla moglie,
«chiama la polizia e tutto ciò che
vuoi…» Si interruppe per un momento, poi concluse:
«Avverti anche Kakaroth e il resto dei tuoi amici».
La donna
annuì e, nonostante avesse le guance pallide rigate
di lacrime, si affrettò a fare come ordinato dal saiyan.
Goten si
riscosse e prese a sospingere Trunks in direzione della sua
stanza, ma ad un certo punto il giovane Brief si voltò.
«Papà, stai sbagliando!»
urlò, in tono disperato. «Sono stato io, non
capisci?! È colpa mia!»
Goten
dovette trattenerlo per evitare che si lanciasse verso Vegeta e
lo costrinse a proseguire, nonostante Trunks si ribellasse con forza.
Il Principe
restò immobile per qualche istante, le linee del
viso più tese del consueto, dopodiché si
girò ed uscì dalla porta.
Nel
frattempo, il secondogenito di Goku era riuscito a far sedere
Trunks sul letto. Il ragazzo fissava un punto indefinito con aria
assente, tremando violentemente, e continuava a ripetere quanto fosse
colpa sua, e a pronunciare il nome della sorella.
Di Bra,
nessuna traccia. La bimba sembrava semplicemente svanita nel
nulla; tutto ciò di tangibile che restava di lei era quel
guantino ricamato che Trunks stringeva in una mano.
Era colpa
sua e non se lo sarebbe mai perdonato.
Il giorno
dopo, la notizia della sparizione della bimba compariva sui
giornali a caratteri cubitali. Su ogni rivista spiccavano titoli che
annunciavano: SCOMPARSA
LA FIGLIA DEI BRIEFS; SVANITA
NEL NULLA LA
PICCOLA BRA BRIEF; ERA
USCITA CON IL FRATELLO MAGGIORE: DI LEI NESSUNA
TRACCIA.
Quell’evento
sembrava aver congelato le vite di tutti.
Persino Goku, che dopo una pausa presso la famiglia sarebbe dovuto
tornare ad allenare il giovane Ub, aveva rinunciato ai suoi progetti.
Goten si
era trasferito momentaneamente alla Capsule Corporation, per
poter sostenere Trunks come poteva. Si trovava appunto nella stanza
dell’amico quando, guardando fuori dalla finestra, scorse
sciami di giornalisti che si accalcavano davanti al cancello
dell’azienda.
Si
girò un attimo ad osservare l’altro giovane,
che stava fissando il vuoto con aria assente e tormentata, e si
sentì disgustato. Perciò, dopo essersi assicurato
che Trunks non si sarebbe mosso, corse fuori, attraversando il giardino
come una furia e andando ad allontanare i cronisti.
Mentre
pressava su un uomo, un microfono gli colpì la nuca.
Il giovane protestò con veemenza, spingendo da parte una
donna che gli domandò: «Com’è
l’atmosfera in casa Brief?»
La maggior
parte degli inviati, quando venne sbattuta fuori,
iniziò a lamentarsi. Solo alcuni sembravano seriamente
preoccupati per quanto stava accadendo, e fissavano dispiaciuti il
ragazzo.
Questi
voltò le spalle a tutti e tornò
nell’abitazione, e quando rientrò nella camera di
Trunks sbatté la porta dietro le proprie spalle.
Il Brief
alzò lo sguardo, con un sorriso tirato che
somigliava ad una smorfia di dolore. «Ho sbagliato,
Goten» affermò, con il tono roco e incerto di chi
ha il pianto bloccato da qualche parte tra la gola e il cuore,
«accidenti se ho sbagliato…»
La sua voce
calò man mano che proseguiva la frase,
finché non restarono altro che le sue labbra socchiuse in un
soffio.
Goten non
seppe cosa rispondere e si limitò a fare un
sorriso triste.
Trunks si
rigirò tra le dita il morbido guantino della
sorella scomparsa, poi, con voce strozzata, dichiarò:
«È colpa mia… Papà avrebbe
dovuto punirmi. Avrebbe dovuto farmi soffrire, come può non
vedere che sono io la causa di tutto?»
Si
alzò di scatto, e Goten sobbalzò.
«Dove vai?!» non poté fare a meno di
esclamare, allarmato.
Sentire
come l’amico sembrava desiderare terribilmente una
punizione fisica da parte del genitore, infatti, gli aveva serrato lo
stomaco.
«A
cercare Bra» replicò Trunks.
Goten lo
guardò, deciso. «Allora vengo con
te».
Sorvolarono
attentamente l’area attorno a quel maledetto
parco giochi.
Scesero a
terra per poter cercare meglio, chiamarono Bra a gran voce
sino a sgolarsi, nulla.
Quando
tornarono alla Capsule Corporation, esausti e demoralizzati,
Trunks, in un impeto di rabbia, scaraventò a terra un vaso
decorato, ed esso si ruppe in innumerevoli schegge di porcellana.
Il giovane,
sotto gli occhi pietrificati di Goten, si chinò,
quasi rammaricato dal proprio gesto, e tese una mano a sfiorare quei
frammenti aguzzi.
Non la
ritirò nemmeno quando si tagliò,
arrestandosi invece a fissare i danni alla pelle.
Solo quando
il sangue purpureo fluì dalla ferita,
bagnandogli il polso, alzò la mano, portandosela davanti al
volto per osservarla.
Goten
contemplava la scena, turbato, sentendosi le gambe bloccate, il
cuore sul punto di scoppiare.
Trunks
alzò lo sguardo sofferente su di lui e
sillabò una frase in silenzio.
Il Son
sentì un brivido corrergli lungo la schiena non
appena comprese quelle parole. “È colpa
mia”.
Spero che questo capitolo non appaia
in qualche modo ridicolo, e di
essere riuscita a comunicare ciò che provano Bulma, Vegeta,
Goten ma soprattutto Trunks. Credo che un senso di colpa
così sia terribile. Se i loro sentimenti vi sono parsi non
appropriati, vi prego di non farvi problemi a comunicarmelo, credo sia
molto probabile. È la prima volta che mi inoltro in un
genere a questo livello di drammaticità^^”. Ed
è una faticaccia descrivere sentimenti di tanta
intensità...
Non mi aspettavo tante recensioni, grazie di cuore a tutti!
DarK_FirE: Gemy!!! Che bello, sei anche qui! (Questa è
autentica fedeltà *-*) Okay, non la cancello, tranquilla^^
In quanto a Bra… si saprà di più
avanti ^-^ L’hai messa anche tra le preferite, grazie mille!
bellissima90: tranquilla, non la cancello. Grazie mille, spero ti
piaccia anche questo capitolo...
Swwtcica: sai che mi hai fatto davvero piacere con la tua recensione?
Sia perché, si sa, è sempre bello ricevere un
commento, ma soprattutto perché mi piace molto come scrivi
(sono una fan del tuo racconto “Io nel mondo di
DBZ”... anche se non l’ho mai recensito ^///^ dato
che l’ho cominciato in ritardo. Comunque prima o poi lo
farò... speriamo^^).
lu88: okay, a questo punto è lampante che non la
cancellerò affatto, spero di essere riuscita a mantenere
vivo il tuo interesse… Dimmi tu!
vegetaismine: che ne dici? La reazione di Trunks è adatta
secondo te (è ancora sotto shock, povero
ç_ç) o ti aspettavi un comportamento diverso?
Oddio, grazie, grazie, grazie (lo so che l’ho già
detto, ma sono talmente contenta delle vostre recensioni…).
Al prossimo capitolo!
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