If
we only die once
AN:
questa
fic sarà composta da 8 capitoli. Il prompt (da forstanakatic
su
Tumblr) è: “Lily
viene attaccata perché sta con James dai puristi del sangue
(mentre
sono ancora ad Hogwarts), e sebbene non abbia mai pensato che le
potesse dar fastidio, invece la ferisce, e viene risucchiata
nell'opinione che la vita di James sarebbe più difficile con
lei, e
pensa di chiudere la questione in fretta così da non ferire
nessuno,
ma James lo scopre e s'infuria.”
E
vi è nata un'intera storia. I titoli dei capitoli sono
canzoni dei
OneRepublic, e il titolo della fic è da “Something
I need.”
One:
Au Revoir
“I
don't love you anymore”
Ormai
ha letto l'articolo quattro volte di seguito, ma gli occhi le
rimangono incollati al giornale. Le sue dita non tremano. Strano. La
mano sinistra non stringe nemmeno la tazza troppo forte. E dovrebbe,
pensa, dovrebbe, giusto; dopo tutto, deve trovare qualche modo per
canalizzare il... questo.
Qualunque cosa sia. Ma che cos'è? Sembra... vuoto. Il suo
corpo è
diventato insensibile. È questo il limbo? Oh dio, si sta
perdendo.
Qualcosa sta iniziando a frullare nel suo cervello, qualcosa per cui
ha lavorato molto per spegnerlo. Lo può sentire risuonare
lentamente
di nuovo in vita. Ha paura. Sa perché è
lì, sa cosa sta dicendo,
ed ha paura che alla fine vi cederà. Ma la sua paura sembra
essersi
abbattuta solo sul battito del suo cuore. Nessun tremito questa
volta. Nessun agitarsi. Nessun mordersi il labbro per l'apprensione.
Il suo cuore, solo il suo cuore, è diventato assolutamente
irregolare, senza controllo. Si sta per scoppiare qui, ora; Merlino,
è fragile, e fa freddo, e qualcosa... qualcosa sta cadendo
dentro di lei, o cercando di uscire a morsi – ma allora
perché
tutto il resto è così fermo
- ?
“Evans?”
Sirius la chiama dall'altro lato del tavolo.
Lei
alza la testa un secondo troppo tardi perché passi per
nonchalance.
“Sì?”
“Stai
bene?”
“Spettacolare.”
“Sei
un po' pallida,” Remus, alla sua destra, le dice.
“No,
sì, sto bene,” lascia cadere il giornale e prende
un sorso di
caffè. I suoi movimenti sono troppo precisi. I suoi occhi si
spostano troppo spesso. Le sue dita troppo aggraziate. C'è
un groppo
nella sua gola che sta cercando di non ingoiare.
Smettila,
Evans. Smettila. Non è -
“Lily.”
Di nuovo Sirius.
“Sì?”
suona sempre così lei?
Sirius,
comunque, non risponde, quindi lei appoggia la tazza per sollevare un
sopracciglio verso di lui. La sta guardando attentamente,
corrucciandosi, mordendosi l'interno del labbro inferiore. Poi si
volta verso Remus, che si agita nel suo posto e prende la parola per
lui.
“Lily,
lo so cosa stai pensando,” inizia Remus, “ma devi
sapere che il
papà di James è da un po' che ha questi problemi
di opposizione al
ministero, e non è -”
“No,
lo so.” sorride ad entrambi. La spaventa la
facilità con cui
arriva l'espressione piacevole, quanto sia determinata a nascondere
ciò da loro.
“Sì?”
domanda Sirius.
Lei
annuisce. “Non preoccupatevi.”
“Okay.”
“Quindi...
ci metteranno ancora molto?” lei chiede, controllando
l'orologio.
“Devo andare su presto e sgobbare un po' su alcuni dettagli
per un
tema di Incantesimi.”
“Non
sono sicuro. James ha promesso a Peter che l'avrebbe aiutato a
parlare con la McGonagall riguardo quel suo compagno; gli hanno
assegnato questo terribile Serpeverde per quel progetto a lungo
termine, l'idiota ha un piano di vendetta contro... Evans, sei sicura
di star bene?”
Lei
ha iniziato a giocherellare col cibo con la forchetta, il silenzio
che spinge il panico a raggiungerla. “Sto bene, Black.
Solo...
nervosa. C'è questo – erm, questo test
più tardi, e non ho -”
“Non
sei tu,
d'accordo?” dice fermo Sirius. “Questo-”
si allunga per
piantare un dito sul giornale “ - non sei tu.”
“Già,”
risponde lei. Può sentire addosso gli occhi di Remus.
“Sì, lo
so.”
Ma
non lo sa. Ed è
colpa sua.
“Ho
sentito che il papà del tuo amichetto ha perso la sua
posizione al
ministero, Evans – dove andrai a pescare i tuoi galeoni,
ora?”
Lily
alza lo sguardo dal lavandino fino al sorriso rosso sangue e beffardo
di Demetria Greengrass. Le sue unghie sono smaltate e di un brillante
scarlatto come le sue labbra, e la sua voce irritante è
amplificata
del triplo nel bagno vuoto. “Avresti dovuto scegliere Black,
eh? Il
ragazzo è stato un idiota a tranciare quelle radici, ma ho
sentito
che ha intascato un bel po' dall'eredità di quello zio
morto...”
Lily
si asciuga le mani con calma e passa le dita tra i capelli, gli occhi
fermi e fissi sul suo riflesso. “Non hanno annullato il tuo
fidanzamento con quel Malfoy, Demetria?” replica
“Perché tuo
padre è stato abbastanza stupido da fare associare il suo
nome a
quegli omicidi di Babbani della settimana scorsa?” Demetria
sembra
appena essere stata schiaffeggiata. Bene. “Non dovresti
preoccuparti di quello?”
Demetria
vacilla. Incrocia le braccia, fa un passo verso Lily.
“Ripetilo?”
Lily
incrocia i suoi occhi, altrettanto freddi. “Dove andrai tu
a pescare i galeoni ora?”
L'ha
fatta davvero infuriare. Demetria si erge in tutta la sua altezza e
guarda Lily con odio, i riccioli neri che quasi tremano di rabbia.
“Mio padre. È innocente.”
Lily
si stringe nelle spalle. “Evviva.”
“Dubito
che possa dire lo stesso di te stessa.”
“Scusami?”
Demetria
piega un sopracciglio perfettamente delineato, guarda il suo riflesso
sorpresa, poi ride. “Mi stupisco che non ti abbia ancora
mollata.”
Lily si irrigidisce, e l'altra se ne delizia. “E' colpa tua
in
fondo, non è vero? La tua... mera
associazione con lui, con chiunque del rango dei Potter –
porta
loro l'inferno.”
Lily
alza gli occhi al cielo, ma le sue mani diventano sudaticce e l'aria
si è essiccata. “Smettila con la
teatralità, Greengrass,” la
rimprovera “Puoi provare a fare la cattiva da sogno con me
quanto
vuoi, e saresti comunque una disperata campagnola che vuole entrare
nel club dei pazzi suprematisti del sangue.”
“Il
padre di James Potter ha perso il lavoro per causa tua,”
l'altra
sottolinea ancora, enunciando ogni sillaba come se ne derivasse
chissà quale contorta gratificazione, come se Lily non
l'avesse
sentito abbastanza nella testa da quando il Profeta
è uscito. “Quando imparerai a sgattaiolare di
nuovo al tuo fetido
posto, Evans? Chissà cos'altro lui perderà a meno
che tu non la
smetta di essere così dannatamente egoista?”
“Non
lo so, un paio di pantaloni?” replica Lily, encomiando il
perfetto
tono di finta incredulità. “Sicuramente non
la
prossima partita di Quidditch. Sembra che lui ti piaccia parecchio,
perché non glielo vai a chiedere?”
Ma
Demetria Greengrass è implacabile, convinta di aver puntato
con
successo un argomento scomodo. “Sei la persona peggiore per
lui, e
lo sai.”
“Ehi,
è quasi una preoccupata, amichevole chiacchierata serale
questa!”
Lily ribatte senza perdere un colpo “Vuoi essere invitata la
prossima volta che Mary ne organizza una?”
Demetria
la guarda con disgusto. Lily vorrebbe correre via, sente le viscere
che balzano all'indietro; ma non può lasciare che la
dannatissima
Demetria Greengrass, tra tutti, sappia quanto la sta già
facendo
diventare matta anche senza che lei puntualizzi così
caritatevolmente la cosa.
“Come
fai a vivere con te stessa?” sibila Demetria, e potrebbe
benissimo
aver innaffiato Lily con dell'acqua ghiacciata.
La
rossa digrigna i denti, deve stringere la cinghia della borsa dei
libri per fermare le dita dal tremolio. In ogni modo, i suoi freddi
occhi induriti non disgelano sotto le forti accuse di Demetria.
“Penso che sceglierei sempre e comunque una sporca
mezzosangue
(*)
piuttosto
che una groupie dei Mangiamorte.”
E
poi se ne va da lì, perché davvero non
è sicura di poter
combattere l'irrefrenabile brama di farle una fattura.
E'
tutta la sera che lui la guarda in modo strano. Lei incontra i suoi
occhi, lui sorride, e poi il volto di lui cambia quasi subito quando
lei si riconcentra sugli appunti. Lui pensa che lei non veda. La
confusione. Il dolore.
Verso
le undici, già da tempo terminati gli appunti di
Trasfigurazione,
lei gli chiede cosa c'è. Quasi se ne pente, spaventata da
ciò che
potrebbe dire. Ma lui si abbandona sulla poltrona, delibera per un
secondo, e poi, “Niente.”
Stanotte,
sono silenziosi. Il fuoco scoppietta nel caminetto, e loro raccolgono
frammenti di conversazioni dalle poche persone rimaste in Sala
Comune. Di solito, si attaccherebbero ad una e la renderebbero
l'inizio di una propria. Chiacchiererebbero per ore. Lui la fa ridere
tanto. Anche lei. Ma stasera c'è solo il fruscio delle
pagine, la
luce tremolante, la piuma di Lily che graffia contro la pergamena e
le occhiate rubate di James che quasi pregano di essere catturate.
Più
tardi, quando lei è ai piedi delle scale e lui sta
raccogliendo le
sue cose dal tavolo, lui la chiama in modo quasi disperato. Lily si
volta – lui è in piedi, con il viso avvolto
dall'indecisione, la
smorfia tutto quello che vorrebbe ma non riesce a dire. Libri e note
quasi gli scivolano dalle mani, gli occhiali stanno per cadere, la
camicia è fuori dai pantaloni, la cravatta allentata. Lui
sospira e
le lancia un sorriso stanco che non raggiunge i suoi occhi, e Lily
conclude, dal modo in cui vuole rubarlo così tanto da qui,
dalle
circostanze e dal sangue, dal tempo e da tutto quello che è
sbagliato su di loro ora, che è semplicemente impossibile
smettere
mai di essere innamorata di questo scemo.
“Stiamo
bene, sì?” le chiede, e il cuore di lei si ferma.
“Certo,”
lei sorride. “Buonanotte, Potter.”
Undici
giorni.
Undici
giorni di tenersi per mano in modo apatico, undici giorni di spostare
lo sguardo all'ultimo minuto che ormai lui raggiunge solo l'angolo
della bocca di lei. Undici giorni di risate vuote e silenzi
taglienti, di secche risposte e deboli scrollate di spalle, di
colazioni mancate troppe volte. Undici giorni di fare coppia con Mary
in tutto; di occhiate che si spostano e labbra strette. Undici
dannati fottuti giorni di sorrisi tirati e mezzi sorrisi e tristi
indugianti sorrisi – quelli probabilmente gli fanno
più paura, gli
ultimi, perché il più delle volte sembra che lei
non sappia nemmeno
che lui capisce.
Non
gli ha voluto dire cosa c'è che non va. Ha continuato a dire
che non
è nulla. Lui sa cos'è, ma lei non lo vuole
ammettere, e lui non
vuole menzionarlo. A volte gli da il bacio della buonanotte e sembra
tutto di nuovo giusto, o si avvicina di più a lui davanti al
fuoco e
lui pensa, oh,
bene. Grazie a Merlino sei tornata.
Non
lo è mai.
Si
sente stupido, radicato in questo posto poco illuminato in
biblioteca, le dita congelate sul dorso di un insignificante libro di
Trasfigurazione riposto sul ripiano.
“Lo
lascio,” lei dice a Mary. La mano di James cade lungo i
fianchi.
Dall'altra
parte del tavolo, Mary boccheggia. “Lily
-”
“No,
è okay. Io – io ci ho pensato. È per il
meglio.”
Per
il meglio.
Giusto.
Giusto.
Mary
non risponde subito, ma quando lo fa, l'esasperazione riecheggia
forte nella sua voce sommessa. “Lo è?”
Lily
è silenziosa.
Undici
giorni.
Lui
ha pensato di essersi dimenticato qualche data importante. Ha pensato
di aver detto qualcosa. Un sacchetto di calderoni di caramello
è
appoggiata sul suo comodino, una patetica offerta di pace per
qualsiasi cosa abbia fatto di sbagliato.
Spinge
forte il libro al suo posto e se ne va da lì.
“Non
lo so,” risponde Lily, la voce spezzata, ma James
è già troppo
lontano per udirla.
Nel
momento in cui lo sente, tira fuori la bacchetta.
Sporca
mezzosangue.
Come
se fosse un incantesimo che lo costringe a farlo.
In
un secondo la mano di lui ha lasciato quella di lei, la bacchetta
già
puntata al petto del responsabile, gli occhi fiammeggianti. Un
Serpeverde del quinto anno, lei nota, e poi nient'altro,
perché
l'incantesimo sta già lasciando la lingua di James. Oggi
è
particolarmente adirato. Non è passata nemmeno
metà giornata ed ha
già tolto cinquanta punti a studenti casuali.
Lei
si mette in silenzio tra loro due, e lui capisce subito.
Sospira,
mormora “va bene”, e lascia cadere la bacchetta. Le
prende la
mano. Non... non è sembrato giusto, quello. È
stato quasi come se –
ci ha appena pensato due volte? Ad allungarsi verso di lei?
Lei
lascia che le dita di lui si avvolgano sulle sue. Lo sa che non
dovrebbe, e sta facendo un così ottimo lavoro ultimamente a
controllarsi attorno a lui, ma dentro di sé si lascia andare
nel
sollievo del contatto. Solo per oggi, insiste. Non può
evitarlo.
Quel secondo di esitazione da parte di lui ha fatto male –
è così
che sarà quando lo lascerà andare per davvero?
Sarà peggio?
Lui
le stringe la mano più forte di quanto ha (permesso a se
stesso) da
un po' di tempo, e lei è così sollevata che si
dimentica di tutto
il resto tranne che delle dita che scorrono sul dorso della sua
mano. Non le dovrebbe importare, non più, non con quello che
ha
intenzione di fare, ma lo fa. Diavolo, lui è qui accanto a
lei e già
le manca terribilmente.
James
piega la testa da un lato per lanciare un'occhiataccia al Serpeverde.
Non dice nulla, ma Lily vede la minaccia nei suoi occhi, sente il
prurito di ricambiare nelle sue dita. Anche lo studente lo sente;
corre via, lanciando a Lily un'ultima occhiata minacciosa quando
è
ad una distanza di sicurezza.
Lei
non ci pensa due volte. Tutto ciò su cui si può
concentrare è il
modo in cui la mano di lui stringe rassicurante la sua, il modo in
cui la guarda e sorride – è da un po' che i
sorrisi di lui
assomigliano di più ai tentativi incerti che lei gli
rivolge, oppure
lei lo sta notando solo ora? Lo sta ferendo altrettanto?
“Tutto
a posto?” le chiede, sistemandole una ciocca di capelli
dietro
l'orecchio.
Lei
non incontra il suo sguardo, scegliendo di sistemargli la cravatta
come scusa. “Sì.”
Lui
si sofferma sul suo volto, cerca qualcosa che lei spera non
troverà.
Sa
che non le crede. E non ha bisogno di chiederglielo per sapere che
non sta bene.
“Allora
quando hai intenzione di dirmelo?”
Non
la guarda. La voce di lui è debole, calcolata, e non la
guarda.
Continua a scartabellare documenti sul tavolo in movimenti rigidi e
frettolosi.
Dal
divano in cui è seduta con un libro di Pozioni aperto sulle
gambe,
Lily si raddrizza. “Cosa?”
Ma
lo sanno entrambi che lei ha capito.
“Ti
ho sentita,” le dice James lo stesso “In
biblioteca, l'altro
giorno.”
Lei
fa un respiro profondo ma non risponde. Il rumore delle carte che
sbattono ripetutamente contro il tavolo la infastidisce.
“Allora
quando?” insiste lui.
Lily
gira una pagina, testando quanto sia affilato il bordo con il dito
indice. “Non lo so.”
“Giusto.”
lui sbatte i documenti sul tavolo e ne prende una pila nuova, gli
occhi che scorrono su quello in cima, senza vedere.
“Perché ho
aspettato tutto ieri, sai. Ho provato a forse prepararmici:”
Lily
si morde il labbro e cerca di respirare attraverso il forte peso che
le schiaccia il petto. “Mi dispiace...”
“Allora
quando? La prossima settimana? Dopo i dannatissimi M.A.G.O.?”
Lei
sospira e chiude il libro, lo ripone lentamente, come se potesse far
qualcosa del tempo che ci vuole per alzarsi dal divano e
raggiungerlo, come se potesse pensare ad un modo migliore per fare
questo.
“Lo
avresti almeno fatto?” lei è a pochi metri e lui
continua a non
guardarla. “O pensavi che potevi essere distaccata e
silenziosa e
io mi sarei arreso?”
“Non
è quello che voglio.”
“Perché
non lo farò. Mai. E non dovresti nemmeno tu.”
“James.”
“Ed
è stupido, questo. Qualunque cosa tu stia facendo.”
Lei
gli prende la mano, gli toglie le carte e si aggrappa a lui. Sta
tremando. “Fermati.”
“No,
tu
fermati.” finalmente le lancia un'occhiata, e qualcosa in lui
si
ammorbidisce quando lei lo guarda di rimando. O si rompe. Ma lui non
può rompersi, pensa Lily. Non ancora. “Credevo che
l'avessimo
superato,” le dice, e suona prosciugato. Undici giorni.
È ora di
finirla. “Possono marcire tutti all'inferno, Evans. Non
importa
nient'altro. Tu. Io. È
tutto.
Dovrebbe esserlo. Lo sai dannatamente bene che non me ne frega
proprio un cazzo del sangue. Tu tra tutti dovresti saperlo.
Pensavo... cosa, lascerai che ti convincano?”
“No,
non è quello,” i muri di lei sono alzati, e il suo
cuore se n'è
andato. Lo può fare. Deve. “Non è per
loro. Non sto lasciando che
nessuno-”
“Allora
cosa?
Perché non puoi farla finire così! È
tutto – questo è tutto
adesso, Lily. Non mi stai lasciando soltanto perché qualche
pazzo
intollerante ti ha detto che tu non sei giusta per me.”
“Per
favore, James, non è.. quello. Okay? Ascolta, non funziona
più,
d'accordo? È per il meglio.”
Lui
sbuffa arrabbiato. “Già. Già, ho
sentito anche quello.
Esattamente, come sarebbe rompere per il meglio? Fermerà la
guerra?
Farà in modo che i Serpeverde ti lascino in pace?
Farà in modo che
a me non importi più di-”
“Stai
capendo tutto sbagliato,” lei risponde sottovoce.
“Smettila
di mentirmi!”
lui urla, togliendo la mano dalla sua.
Lei
segue la sua mano con gli occhi; un pugno dalle nocche bianche
stretto al suo fianco. Un distinto ricordo del perderlo in un secondo
– quella profonda terrificante sensazione di essere un
secondo
troppo tardi per riportarlo indietro, la bacchetta già
fuori, il
sangue già ribollente, solo perché
sporco mezzosangue
è diventato il suo impulso per buttarsi – la
ghiaccia sulla sua
decisione oltre la redenzione. Il mondo là fuori non
è il corridoio
di una scuola. Le persone presidiano le prime linee, i coraggiosi
puntano le loro bacchette, ma il nemico non si arrende. Alcuni
muoiono. Alcuni perdono la ragione. Sporco
mezzosangue
è una sentenza di morte per i cittadini che si associano
con loro, per coloro che altrimenti potrebbero ancora essere, almeno,
intoccati da tutto ciò. Lei porta l'inferno. Lei potrebbe
lasciarlo
andare.
Hai
vinto,
vorrebbe gridare al mondo. Hai
vinto tu.
“Non
ti amo più.”
Lui
fa un respiro veloce, corto, la mascella che si allenta, gli occhi
spalancati in un secondo di incredulità. Lei pensa di
doverlo
ripetere, e ci prova, ma non ci riesce.
“No,”
sussurra lui, e Lily quasi spera che lui continui a non crederci.
“E'...
non più.”
“No.”
“Ero
curiosa-” su
i muri, Lily. Su i muri.
“Ci ho provato perché ero curiosa. Ecco tutto. Ma
ora.. ora penso
che sia finita. Non c'è più altro. E
io-”
“Sono
stronzate, Evans.” la voce di lui è
pericolosamente bassa, sono
tornati gli spigoli sul suo volto, definito al limite della sua
ferocia.
“Sto
con te solo perché pensavo...”
“Mi
hai dato una possibilità perché eri fottutamente
curiosa?”
lui scatta, incredulo “Ma ti ascolti?”
“Non
ti amo più. Io- io non penso di averlo mai fatto. Mi
dispiace.”
“Sta'
zitta.”
si massaggia gli occhi, spingendo in su gli occhiali, le dita che
scorrono per strofinare la fronte. Stringe i denti e dice,
“Non mi
stai facendo questo.”
“Mi
dispiace,” perché davvero, cos'altro
c'è da dire? “Mi dispiace
tanto...”
“Non
è vero!” lui ringhia in completa frustrazione,
voltandosi verso il
tavolo e afferrando il bordo, il peso che gli cade sulle braccia. Gli
occhi si fissano su un punto determinato del legno lucidato, senza
muoversi, confusi. “E' un colpo basso, Evans. Non posso
– non ci
credo.”
“E'
vero,” risponde piatta Lily. “E mi dispiace, ma
è così.”
“Bel
tentativo,” lui ride di una risata orribile, vuota, e poi si
volta
verso di lei con un'occhiata che è più dolorante
che arrabbiata.
“Bel
tentativo.
Fa uno stracazzo di male, ma lo sapevi. Lo
so
che lo sapevi, vero Lily?” si raddrizza “Be', che
sfortuna. Io
non me ne vado. Non vado da nessuna parte.”
“Devi.
Non c'è niente qui per te.”
Lui
fa un passo avanti e le posa le mani sulle spalle, piegando la testa
per guardarla negli occhi. “Tu,”
la implora “Sei qui. E mi stai mentendo.
Perché mi stai mentendo?”
Lei
sposta lo sguardo. “Non è vero.”
“Mio
papà ha perso il suo posto al ministero, Evans. Non sono
stupido. So
di cosa si tratta.”
“Di
cosa si tratta, allora?”
“Dimmelo
tu, cazzo!” la sua presa si stringe, i suoi occhi si
appannano.
“Godric, per qualcuno di così brillante, puoi
essere davvero
idiota, lo sai? Non mi importa di nessuno di loro! Non mi importa da
dove veniamo, o cosa dicano – Lily, io
ti amo,
ti amo da sempre, e non mollerò tutto ciò! Questo
è stupido
– lasciar andare tutto ciò sarebbe la cosa
più inutile -”
“Non
mi rendi felice.”
Le
sue mani la lasciano. “Cosa?”
“Non
riguarda te, non riguarda il lavoro di tuo padre, riguarda me. Non mi
rendi felice.”
Una
pausa – esitante, spezzata – e poi,
“Battuta classica. Non ci
casco. Stiamo bene, Evans, lo sai. Io combatterò per te. Sto
combattendo
per te, okay? Rimani. Non rinunciare a noi. Non lasciare -”
“Non
ti voglio. A combattere per me.”
“Non-”
si passa una mano tra i capelli, le unghie che affondano profonde,
gli occhi che si stringono chiusi. “Non farlo. Lo so che stai
facendo, e devi smetterla. Non lasciare che ti convincano. Per
favore.”
La
voce di lui si spezza, e Lily non ce la fa più. Vuole che
passi,
vuole che finisca, vuole andarsene. Voleva farlo in fretta per
iniziare subito con tutta la faccenda del dimenticare,
perché –
perché è così che va, giusto? Lasci
andare le persone, stai male,
ti senti in colpa, dimentichi? Non vuole perdere lui. Ma non vuole
nemmeno fargli del male. Chissà
che altro perderà a meno che lei non la smetta di essere
egoista?
Perché lui non riesce a vederlo? Perché
è così testardo?
“Lo
siamo?” lei domanda, alzando la voce. Frustata. Spaventata.
Arrabbiata di essere forzata a fare questo, arrabbiata di essere
stata convinta di questo distorto giudizio oltre il riparabile,
arrabbiata di non potersi convincere di ritirare tutto. Di essere
così pazzamente, disperatamente innamorata di lui, che
è così
dannatamente difficile continuare a ricordarsi, ogni secondo che
rimane lì, a guardarlo lottare così tanto per
lei, del perché
lo sta facendo allontanare. “Siamo okay? Lo credi?”
“Sì!”
“Io
no,” dice crudelmente. “Non sono felice con
te.”
Lui
si ferma, lascia che ciò venga assimilato. È
così ferito, ed è
così stanco, e lei vuole che finisca. Ma lui – non
molla. “Lo
stai solo dicendo.”
“Non
ti amo, James.” forse un giorno sarà vero. Forse
un giorno
dimenticherà come una volta lui doveva solo stringerle la
mano ed
erano invincibili
– forse un giorno guarderà indietro e non le
mancherà il modo in
cui le parole si scioglievano quando la baciava, il calore della sua
pelle sotto la maglietta tutte le volte che si premeva contro di lui,
come si sentisse al sicuro tutte le volte che lui premeva le labbra
contro la sua tempia. “Sono solo giusta.”
“Queste
persone ti stanno facendo dire queste cose,” James insiste,
ma lei
prova dolore al notevole cambiamento nella sua voce. È
più
disperata ora. Allora ce l'ha quasi fatta. Ancora un po' di bottoni
da premere, ancora qualche colpo al cuore, e se ne sarà
andato per
sempre. Andato e al sicuro da lei. “Stai giocando nelle loro
mani.”
la implora. Sta convincendo se stesso tanto quanto sta convincendo
lei ora. “Vogliono delle fratture, Lily, e questa
è un gran
diavolo di frattura che gli stai così generosamente
fornendo, non lo
vedi? Non lascerò che accada. Io non
ti credo. Non ci casco. Sono pure, totali stronzate, e lo sappiamo
entrambi.”
Ancora
un po'. “James, ascoltami.”
“Non
ti lascio andare, Lily.”
“Hai
rovinato la mia amicizia con-”
“Wow,”
l'interrompe, aspramente. “Wow.
Tu sei... è così brutto, eh? Usi questa
carta
contro di me? Davvero?
Ti riduci a questo? Incredibile!”
Ma
Lily non si può fermare ora. Non quando ha quasi finito.
“Stai
rovinando la mia relazione con Tunia. E sono – apparentemente
sono
un inferno anche per la tua famiglia, quindi-”
“Chi
te l'ha detto?”
“Io...
nessuno.”
“Perché
non è vero, e giuro su Merlino che ucciderò
chiunque ti stia facendo-”
“Potresti
smetterla ed ascoltare quello che ti sto dicendo?” lei
reagisce
brusca, asciugandosi in fretta le lacrime che traditrici le bagnano
le guance.
Lui
deglutisce, si lecca le labbra come quando è agitato. Si
lascia
scappare un sospiro tremolante mentre guarda verso il soffitto e
sbatte rapidamente le palpebre.
“Nessuno
mi sta costringendo a dire delle cose,” dice fredda Lily.
“Nessuno
mi sta infastidendo,
capisci? Sono io. Tutta io. E tu devi ascoltare.”Ancora
un po'. Al sicuro da te. Per sempre.
“Non ti amo. Ecco tutto. Forse l'ho fatto, ma non importa.
Non vai
bene per me. Non sono felice. Ho perso il mio migliore amico, ho
perso mia sorella, ed io... non posso stare con te. E – e mi
dispiace, per tuo papà, per tutto, mi dispiace davvero, ma
non è
quello, non solo quello, e io – io davvero...”
“Quindi
ti sto rovinando la vita,” lui dice. I suoi occhi riflettono
il
fuoco morente, ma non hanno mai guardato Lily in modo così
depresso. “E' così?”
Lei
non risponde.
Ecco.
L'ha fatto. E... e lo sapeva che avrebbe fatto male, ma non pensava
che avrebbe fatto così
male, non pensava che qualcuno sarebbe stato capace di gestire un
colpo del genere – è insopportabile,
oh
Dio; la sua voce fredda, morta, le sue dita che lentamente si
sciolgono dai pugni stretti, tutto di lui che si sbriciola di fronte
a lei, cedendo infine, il viso che si rilassa e perde ogni traccia di
emozione.
“E'
così, Evans?” lui chiede inanimato.
“Allora dimmelo. Guardami
negli occhi e intendilo.”
“Non
mi rendi felice,” gli dice, guardandolo dritto negli occhi.
“Non
mi hai mai conosciuto come Sev. E... non penso che potrai
mai.”
E'
l'ultima carta. Se nient'altro funziona, questa sì. Lui
forse
potrebbe non credere al resto, ma quando si tratta di Severus Piton,
per qualche ragione la certezza di lui vacilla. Solo di modesto
grado, ma lo fa. Lei sa che lo fa. Che è una cosa idiota,
vuole
dirgli – ridicolo,
James, sei così idiota
– perché come potrebbe? Lui è la
migliore persona che lei
conosca. La miglior persona che lei mai conoscerà.
È la persona che
la conosce di più, la ama di più. L'unica. Per
sempre.
È
la cosa peggiore da dirgli, la cosa peggiore che potrebbe mai dirgli,
e non è nemmeno vera.
Ma
funzionerà. È tutto quello che importa ora, no?
E
dal modo in cui lui apre la bocca per rispondere, due volte e niente
viene fuori, dal modo in cui le sue mani si sollevano verso il suo
viso per liberarsi le guance, per respirare tra le dita, dal modo in
cui morde il labbro e sposta lo sguardo, dal modo in cui scuote la
testa e lascia scappare una spezzata, tremolante risatina che torce
la spina dorsale di Lily finché tutti i suoi nervi si
spengono e lei
non può più respirare, non può
più sentire nulla – lei sa che
ha funzionato. Che quello alla fine l'ha colpito.
“D'accordo,”
lui sospira, la voce roca e rotta e così sottile che lei
quasi non
l'ha sentito.
E
poi è fuori dalla porta.
(*)Ve
lo ricordate “l'errore” che avevano fatto nei primi
libri
traducendo half-blood
e
mudblood
entrambi con “mezzosangue”? Ho ripreso quello
perché
purtroppo/per fortuna ho solo le primissime versioni dei romanzi e
non so se la cosa sia stata corretta. Vale anche per le altre volte
nel chap.
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